di Fabio Antonelli
Il cantautore gaLoni, classe 1981, originario di Latina, è tornato
sulla scena discografica dopo il buon esordio discografico del 2011 con
“Greenwich”, per raccontarci ancora nuove situazioni di vita precaria. Il suo secondo
lavoro discografico, intitolato “Troppo bassi per i podi”, uscito lo scorso
marzo ha subito ottenuto un’ottima accoglienza dalla critica, mi sono messo in
contatto con lui ed ecco cosa mi ha raccontato.
Prima di parlare subito del tuo nuovo disco, ho una curiosità da
soddisfare perché credo che nulla sia mai dovuto al caso. Perché Emanuele
Galoni è diventato semplicemente gaLoni e scritto così?
Non c'è un motivo particolare. Ho
voluto usare solo il mio cognome. La L maiuscola è stata un’idea del mio
grafico durante la progettazione grafica appunto del mio primo disco "Greenwich".
Poi è rimasto così ...
Tuffiamoci allora subito in questo tuo secondo lavoro discografico che
è stato accolto molto bene dalla critica, partirei dal titolo "Troppo
bassi per i podi", perché questo titolo e com'è nata l'idea della
copertina che ti vede inserito in un disegno camminare sopra il tetto di un
palazzo?
Il disco segue il discorso
cominciato con "Greenwich". Nella copertina del primo disco comparivo
io, intento a spostare il meridiano 0, Greenwich, punto di riferimento
geografico della civiltà occidentale. Il gioco stava in questo, spostare il
punto di vista occidentale e provare a vedere il mondo da altre angolazioni. "Greenwich"
lo definisco un disco prettamente geografico, fatto di longitudini e
latitudini. In "troppo bassi per i podi" invece cammino sui tetti di
una città di provincia, da dove vengo io alla fine. Ci sono dei percorsi sui
tetti che andrebbero scoperti, valorizzati. Il concept sta nella ricerca delle
altezze che contano. Siamo troppo bassi per i podi, quindi inadatti per le
vittorie, per le sfide, ma abbastanza alti per i tetti. Nella copertina
compaiono inoltre moltissimi elementi delle canzoni, occorre scoprirli, è un
bel gioco.
Le canzoni, si sa, sono fatte di parole e musica, oltre che dalla voce
di chi le canta. Non sempre però queste componenti si amalgamo alla perfezione.
Trovo, invece, che il tuo disco sia esemplare da questo punto di vista. Da una
parte ci sono musiche accattivanti, dall’altra testi che s’incastrano alla
perfezione, con un’attenzione quasi maniacale per la parola. Nulla è lasciato
al caso e per questo, se sei d’accordo, vorrei passare in rassegna le varie
canzoni prendendo spunto da una frase delle stesse. La prima è “Spara sui
treni” da cui ho estratto “Credi che gli animalisti non ammazzano zanzare / o
gli scarafaggi in fuga sulle scale / credi che gli animalisti proteggono
zanzare / o i tuoi occhi tristi dalla luce del sole”. Il tema le tante
contraddizioni dei nostri giorni?
Sì, penso che alla fine non
facciamo mai interamente parte di qualcosa, o quantomeno non riusciamo a fare
delle scelte radicali per le quali ci sentiamo parte integrante e completa di
qualcosa. Riusciamo a stare sempre con un piede dentro e uno fuori, pronti a
uscirne quando ci fa comodo o per il mancato coraggio di arrivare fino in fondo
alle cose.
“Per vederti partire” è, tra le canzoni del disco, forse la più pop,
concedimi il termine, dal punto di vista musicale, però a livello di testi ci
sono almeno due chicche “La matematica è opinione / da quando ti ho intravisto
/ oltrepassare queste nuvole cariche di piscio” e “ed io ho un plantare sotto
il cuore / per appoggiarlo meglio sulla lunghezza delle ore”, è una riflessione
sui meccanismi dell’amore o l’amore è solo la scusa per parlare di altro?
L'amore naturalmente fa da sfondo
a queste storie. In questa canzone credo che il tema principale sia la
rassegnazione alle partenze che non sono più un desiderio ma costrizione.
“Carta da parati” è stato il primo singolo estratto dal disco, finito per
altro tra le canzoni candidate alla Targa Tenco 2014 Canzone singola, te lo
aspettavi? Rimasto deluso dal non essere finito tra i finalisti? La frase
scelta è “Ti staccherò la carta da parati dalla schiena / i costruttori
edificano i vuoti di memoria”, com’è nata questa canzone? Si può definire
surreale?
La candidatura al Tenco, devo
dire, è arrivata all'improvviso, con mia sorpresa. Deluso assolutamente no.
Sarei incoerente con il titolo del mio disco.
Con questa canzone volevo riscoprire certe bellezze nascoste laddove
l'uomo ha edificato in modo sregolato. Il nostro contesto urbano incide
sull'umore, sullo stato d'animo, sullo stress. Vivere in questi posti significa
anche passare intere giornate in appartamenti e fondersi con gli stessi.
Diventare mura, pareti, arredamento. L'immagine di staccarla vuole essere dire
proprio questo. Tagliamo le radici e proseguiamo verso posti diversi, dove
ancora si può celebrare bellezza.
L’amore invece è ancora una volta il protagonista di “Il migliore dei
cecchini”. Prima di tutto complimenti per la scelta spiazzante dei titoli, solo
apparentemente estranei all’argomento delle canzoni stesse, m’è particolarmente
piaciuta la frase introduttiva “Ti ricordi mi aiutavi a fare i compiti /
dell’amore conoscevo solo i miei testicoli”, ma non si parla di amori
adolescenziali? Vero?
No assolutamente no. Si parla di
ritorni. Quando ognuno di noi ha fatto il proprio percorso e ci si rincontra in
proprio bagaglio di esperienze. Il migliore dei cecchini è un po' la resa dei
conti col passato. Quelle cose che ci sono sfuggite perché non le abbiamo
sapute mantenere perché troppo concentrati su noi stessi. È quando proteggiamo
esclusivamente le nostre cose sotterrandoci dentro mine, per paura che qualcuno
venga a togliercele. Poi le mine si disinnescano ma quel terreno rimane ormai
incoltivabile.
“Ballata sulla gru” è canzone di strettissima attualità, legata la tema
del lavoro o meglio dell’assenza del lavoro. Un tema doveroso ma affrontato con
la consueta originalità “Quest'anno per Natale non farò auguri né regali / solo
in bocca al lupo ai cani / agli orefici e ai dopati / sempre in culo agli
operai troppo bassi per i podi / non ci saliranno mai eppure li hanno costruiti”.
Perché in chiusura hai citato proprio Monicelli?
Monicelli credo sia stato
l'ultimo baluardo dell'Italia che resiste. Ha ripercorso con i suoi film
l'Italia vera, genuina, popolare. Vicino alla malattia e alla morte era uno dei
pochi che parlava di rivoluzione. Mi ha colpito molto la sua morte. Un gesto
lucido e insolito per una persona di quell’età. Un gesto espresso sempre in
altezza, dal quinto piano, per cui non poteva non esserci in questo disco e
sopratutto in questa canzone dove gli operai cercano il vuoto della gru per
rivendicare i propri diritti. Salire sulla gru è un altro gesto che mi ha
colpito. E' come se loro avessero bisogno di rappresentare un vuoto interiore
con un vuoto fisico, visibile, afferrabile.
“I navigatori” è tra le mie preferite in assoluto, una canzone in cui
si viaggia, magari anche solo con l’immaginazione, come mi sembra si deduca dai
versi “E' tanto che non ci sentiamo dalla voce ti sento dimagrita / è tanto
ormai che non ci vediamo / la distanza non è distanza ma è benzina”. Com’è nata
questa canzone?
E' nata quando non avevo un
navigatore satellitare. Oggi purtroppo sono uno di quelli che ne fa un uso
eccessivo. Anche per andare in posti che conosco. E' come si mi facesse
compagnia, mi piace osservare i chilometri che diminuiscono, il nome delle
strade, cambiare via improvvisamente per trovare percorsi alternativi. E' quasi
un gioco. In questa canzone ci sono le cose vicine che non riusciamo a
raggiungere proprio perché le diamo per certe essendo esse non distanti da noi.
“Ho perso palla a centrocampo” è una canzone che mi ricorda un po’ lo
stile ironico del miglior Rino Gaetano, che non parla per niente di calcio con
belle considerazioni tipo “Quanti né ho visti di italiani / clandestini
regolari” oppure “Roma non è più la capitale / Roma è solo capitale / se capita
di incontrare un tale / che investe tutto a un videopoker”. Quanto è il senso di spaesamento nel quotidiano
vivere in questa nostra società?
E' un brano che parla di evasori
fiscali. Sono loro i veri clandestini regolari. Pensai di scrivere il pezzo
quando, rincasando con degli amici in tarda nottata, trovammo un tizio nel bar
sotto casa che giocava ai videopoker in pigiama. Il giorno dopo verso le 11
scesi per la colazione e lo ritrovai allo stesso posto col pigiama. Tuttavia se
ai miei occhi sembrava una cosa inverosimile per il barista e i frequentatori
del posto era tutto normale. Il senso di spaesamento è proprio questo. Certe
cose che ti sembrano surreali, per la maggior parte di noi sono la piena normalità.
“Tu dì loro che sto bene” ha le cadenze di un’accorata preghiera
rivolta da un figlio alla propria madre nel momento in cui sa che perderà da lì
a poco la libertà, preghiera fatta anche di parole come queste “Madre blocca
l’ascensore / vogliono cose di valore / dagli i quaderni delle Medie / o la mia
scheda elettorale”. Nasce per caso da qualche episodio reale in particolare?
Non precisamente. La storia narra
di qualcuno che è ricercato, e qui possiamo metterci di tutto, Agenzie delle
entrate, Equitalia ecc... ma l'idea era di partire da un verso rivisitato di “Knockin'
on heaven's door” di Bob Dylan "Mama, put my guns in the ground" da
cui "Madre dissotterra le pistole" che dobbiamo ancora difenderci, io
sono via ma non ti preoccupare che sto bene, anzi dillo anche loro. E' sicuramente
un atto d'amore tra una madre e un figlio. E' come dire, possono toglierci
tutto ma non il fatto che possiamo ancora difenderci da qualsiasi cosa e in
qualsiasi modo.
Con “Autostrada per i cani”, canzone dal titolo ancora una volta
originale e spiazzante, torna prepotente il tema dell’amore, anche se qui
sembra mescolarsi con temi ambientalisti “Lascia stare il mio anulare / che mi
son tagliato con un foglio A4 di Fabriano / sarà il saldo che ci chiede
l'Amazzonia / o per i nostri nomi incisi come graffi sugli alberi dei parchi” o
sbaglio?
Hai perfettamente ragione. La
passiamo così questa? (sorride)
Si si, te la passo (sorrido). Altra canzone stupenda, carica di
sofferenza, con quel mesto coro, quasi un lamento in sottofondo è assolutamente
“Primavere arabe”, con quei suoi versi estranianti tipo “così un uomo in giacca
con gli occhiali a goccia / carica i suoi occhi con proiettili di gomma / con i
resti di una donna ti fabbrica una bomba / la tiene avvolta nel suo
elettrocardiogramma”. Penso che renda bene l’orrore portato dalla guerra o
repressione della libertà, qualsiasi sia l'origine, no?
Spero di sì. “Primavere Arabe” è l'atto
rivoluzionario portato sulla piazza. Un atto che si può avere solo per mano di
quelle persone che hanno abbracciato la follia e non hanno più nulla da
perdere. Il parto nella piazza è il gesto ultimo, quello più rivoluzionario e
femminista allo stesso tempo, poiché la rivoluzione è Donna.
Il disco si chiude con “Nobel”, un brano pieno d’ironia e di sarcasmo,
credo nate nel guardare le contraddizioni celate dietro alcuni premi Nobel, a
dir poco forieri di dubbi, questi i versi che ho scelto “Per le pallottole di
gomma della tua reflex digitale / le tue missioni nel mio cuore, i tuoi occhi
verdi militare / io ci vedo rotatorie e troppi mi dispiace / c’è che ti danno
favorita per il Nobel per la pace". Credi ancora, invece, che la musica
possa essere strumento per la pace? Strumento di resistenza contro ogni
privazione della libertà, come il Premio Tenco ha voluto sottolineare,
intitolando la Rassegna appena conclusasi alle Resistenze?
E' un veicolo che può accomunarci
tutti. E' un linguaggio unico, che non ha bisogno d’interpreti, traduzioni. Non
possono nascere dunque incomprensioni ed equivoci. Direi quindi di sì.
Sito ufficiale di gaLoni: http://www.galoni.it/
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Il canale Youtube di gaLoni: http://www.youtube.com/user/emanuelegaloni