venerdì, maggio 25, 2018

Se per arrivare “In testa alle classifiche” … allora …


di Fabio Antonelli

Carlo Mercadante, per chi non lo conoscesse, è un cantautore siciliano, per la precisione di Barcellona Pozzo di Gotto, ma un cantautore decisamente fuori dagli schemi, basti pensare che nel 2014 pubblica a “rate” l’album “7 briciole lungo la strada” (Isola Tobia Label 2014). Direi che è un cantautore difficilmente classificabile ma per questo ancor più interessante ed eccolo ora mettersi in gioco con un nuovo sorprendente album “In testa alle classifiche” (Isola Tobia Label 2018). Ce ne parla qui, in maniera originale, come non poteva esserlo?

Cover CD "In testa alle classifiche"


Direi di partire, come mia consuetudine, dalla copertina, una foto con un primo piano su fronte ed occhi. Sulla fronte vi campeggia un bel codice a barre con il tuo nome e il titolo dell'album "In testa alle classifiche", gli occhi sembrano un po' quelli tanto espressivi di un Carmelo Bene. Direi che il protagonista ha un unico chiodo fisso nella testa?

Paragone meravigliosamente pesante! È un concept sull'ossessione del successo, sull'arrivismo. Mettere da parte le proprie idee e diventare accondiscendenti, facendo quello che gli altri vogliono ascoltare pur di ottenere fama. Mettersi in vendita. Il codice a barre mi sembrava rendere l'idea.

Giusto, un concept album. Già questa è quasi una novità nel panorama musicale attuale, per lo più questo disco è davvero musicalmente vario perché in questo concept il protagonista, un povero cantautore che vuole raggiungere a tutti i costi la cima delle classiche, si trova a dover dare ascolto ai consigli di molti personaggi, alcuni davvero bizzarri e non mancano neppure alcuni nomi importanti ad interpretarli, vero?

Sì. Prima di ogni canzone c'è un personaggio che mi consiglia sul brano giusto che dovrei proporre per scalare le classifiche. L'ufficio stampa (Daniela Esposito, il mio vero ufficio stampa) colleghi, gente che ascolta la radio, e qualche voce nota come quelle di Elena Ledda e Caparezza. E io ... che accetto tutti i consigli man mano che scorre l'ascolto pur di essere quello che gli altri vogliono che io sia.

Carlo Mercadante - Foto di Tamara Casula


Io ho trovato il disco molto intelligente, profondo, ma anche, grazie a questa sorta di sceneggiatura che lega i brani fra loro, molto divertente. Credi però che questa compattezza dell'intero progetto possa finire per danneggiare ogni singola canzone? Nel senso che i vari pezzi, ascoltati singolarmente, potrebbero perdere l'intrinseco valore?

Dubbio che mi sono posto. Ma alla fine mi interessava raccontare più la storia. Anche per la pubblicazione in digitale ero in difficoltà. Poi ho stabilito che l'ironia, l'autoironia dovevano rimanere per dare il senso che avevo in mente. C'è un gioco di fondo. Perché toglierlo?

Assolutamente d'accordo. Nell'altrettanto ironico libretto che accompagna il disco, sono riportate alcune tue riflessioni che si concludono con "Niente di impegnativo. Solo musica ... E' solo un gioco" che ricorda tanto il “sono solo canzonette” di Edoardo Bennato, ma io ci credo poco. Mi spiego meglio, le canzoni è vero sono molto ironiche, anche auto ironiche, ma dietro questa veste anche un po’ scanzonata e divertente, secondo me si cela un'acuta analisi e una forte critica che non riguarda solo il mondo musicale, quello è forse solo un pretesto, ma che ha come bersaglio la nostra realtà sociale. Dico una fesseria?

Dire cose sorridendo è il mio modo di comunicare. Mi piace giocare. Sta a chi ascolta stabilire se dietro un messaggio apparentemente comico c'è una verità importante. Contrariamente al ruolo del cantautore disperato che cerca il consenso ritengo che l'ascoltatore debba sforzarsi di comprendere il gioco e metterci il suo nell'interpretazione della proposta. Quello non è ruolo mio. Lo lascio a chi ha voglia di essere attivo nell'ascolto.

Entrando un po' più nel disco, ad un certo punto al protagonista viene proposto di fare un po' come nei talent, il suggeritore di turno gli dice che in fondo se non è nessuno, non può permettersi di scrivere in maniera credibile canzoni d'amore e allora tanto vale affidarsi ad una cover ... nello specifico una splendida interpretazione di "Ma che sarà" di Edoardo Bennato (guarda caso). Cosa ne pensi sia dei talent televisivi sia delle tante cover band che riempiono locali e piazze?

Non demonizzo i talent ma fare una distinzione tra persona di spettacolo e artista è importante. Nessun artista si sottoporrebbe a un giudizio o alla gogna di un televoto perché un artista dice il suo e basta. Chi fa spettacolo, invece, è completamente sottomesso al gradimento, ne dipende. Inoltre delegare al pubblico la responsabilità di votare il talento è il più grande atto di codardia discografica degli ultimi anni, ci si toglie la responsabilità di scegliere testando direttamente prima ancora il gradimento del prossimo "prodotto". "Se papa Giulio avesse delegato per far prima / al televoto il nome del pittore per la sua Sistina / di certo Michelangelo sarebbe andato a casa / ma oggi ammireremmo tanti bei gattini in posa", l'ho scritto in versi quello che penso. Le cover band sono un discorso a parte, sono una palestra per tanti e che ben vengano, il discorso riguarda l'impossibilità di distinguere un dopolavorista da un operatore dello spettacolo, ovvio che l'hobbista si svenda per due birre e metta in crisi chi fa questo lavoro h24. Per quel che mi riguarda ho fatto tour meravigliosi in stalle e mulini pur di evitare locali e adesso mi sto approcciando al teatro. La musica d'autore deve avere spazi e attenzione. I locali, com'è giusto che sia, devono vendere birra e risparmiare sulla musica. Anche se nessuno li obbliga a fare live.

Hai parlato di locali, di teatro? Quale ritieni possa essere la giusta collocazione per le date di presentazione del disco che immagino tu stia predisponendo? Come sarà dal vivo lo spettacolo vista anche la particolarità del disco con i vari interventi "esterni" alle canzoni?

Lavoro ormai da anni per portare la mia musica fuori dai locali. Niente contro, ci sono cresciuto come tutti ma ho anche l'esigenza di raccontare con piccoli monologhi le cose. Ho presentato il disco al teatro Kopò seguendo un canovaccio e proponendo per la prima volta dei monologhi, tra l'altro accompagnato da una band che mi ha garantito un muro sonoro eccezionale (Giuseppe Scarpato, Marco Polidori, Paolo Baglioni). Ho avuto un ottimo riscontro e ho tolto le paure di dosso per poter adottare questa formula. Quando la gente ti dice che due ore sono passate in un attimo è confortante. Adesso sto lavorando per un tour teatrale da portare in giro. Vediamo che succede …

Carlo Mercadante - Foto di Tamara Casula


Io spesso ho avuto occasione di guardare i tuoi video interventi presenti su Facebook o YouTube e non avevo dubbi sulle tua capacità di far volare due ore di spettacolo ... Se sei d'accordo, vorrei farti un'ultima domanda, tesa a incuriosire un po' chi ci legge. Del disco ho apprezzato tantissimo la tua personalissima interpretazione di "Vitti na crozza", proprio perché così diversa dalla versione di Modugno, vorrei però mi dicessi a quale delle tue creature sei più affezionato o meglio ti rappresenta. Io credo di saperlo, però a te la parola.

Oddio ... è la domanda alla quale si risponde "non posso sceglierne una, sono tutte figlie mie". In realtà il gioco delle opinioni degli intermezzi mi permette di spaziare tantissimo. "Gli amanti di Galway" mi ha permesso di scrivere una canzone d'amore che ho sempre fatto fatica a proporre. "Non bisogna credere al cantante" è intimamente mia. Se ne devo citare una cito la ghost track "Era settembre" perché è la conclusione del disco e dà il senso al concept. Sono io nella mia stanza a scrivere solo per me e non per gli altri e poi perché è il mio gancio con il prossimo album. Come? non ve lo dico … giochiamo insieme.

Accidenti, avessi scommesso avrei vinto! Lasciamo allora aperta questa porta sul futuro e direi godiamoci il presente, ok?

C'avevi azzeccato? Eheheheh



mercoledì, maggio 23, 2018

Lucina Lanzara dà voce e suono a Salina


di Fabio Antonelli

Nella biografia di Lucina Lanzara troviamo scritto: cantautrice, sperimentatrice vocale, produttrice musicale e teatrale. Di sicuro è artista mai propensa a ripercorrere strade già battute, se nel 2015 realizza il disco “Lucina canta e racconta De Andrè” (Kelikon Edizioni 2015), una rivisitazione in chiave mediterranea di vita e opere di Fabrizio De Andrè in realtà nata nel 2007, eccola ora proporci il suo “Isòla” (Nota Preziosa Edizioni 2018), un opera strumentale, sperimentale tra vocalizzi e jazz, tutta da ascoltare, nata come sonorizzazione live del documentario "Il resto dell'anno". Come resistere alla tentazione di saperne di più …

Cover cd "Isòla"


Sono sempre attratto dalle copertine dei dischi, in fondo sono il biglietto da visita di un progetto. La copertina di "Isòla" ti vede fasciata da un bellissimo abito e un altrettanto bel turbante in testa, com'è nata l'idea della copertina e perché quell'Isòla con evidenziato l'accento sulla o?

Rosa è il colore dominante di Isòla. Isòla è femmina. L’abito rosa evoca il viaggio in un mondo fatato, in un mondo di sogni ed emozioni. Il turbante mi restituisce il sapore d’oriente, il gioco di perle in mano come se con loro fossi stata germinata dalle acque. Isòla con l’accento sulla “o” come se fosse un neutro plurale: le cose che si fanno da sola, Isòla con un chiaro richiamo all’isola, al sole, al sale, alla completezza della donna.

Isola è un disco, per chi ti avesse conosciuta per il tuo progetto su De Andrè, decisamente spiazzante, tu qui è come se fossi completamente un'altra artista, compositrice raffinata sperimentale ma se poi ne conosci la genesi diventa tutto più comprensibile, me ne parli approfonditamente?

Nella mia rivisitazione di De Andrè c’è la donna, la donna amante, l’innamorata di De Andrè. C’è tutta l’acqua del Mediterraneo. Io sono Isòla, Isòla è la mia poetica. Il mio primo disco edito dalla RAI nel 2003 fu “Il canto del Sole”, un concerto per la Pace per voce sola e percussioni, scritto a margine dello scoppio della guerra in Iraq. Prima ancora, 1997, vivevo a Genova, intrisa dell’odore dei carruggi di Faber, e scrissi “De Mare”, assolutamente cantautorale, dopo alcuni anni (2006) edito ancora dalla RAI. Alcuni produttori mi chiesero di rispettare il mio pubblico, così lo avrei spiazzato ed io risposi che sono questa: in eterna evoluzione. Oggi sono felice di avere avuto il coraggio delle mie scelte: 6 dischi, 12 opere, tutte apparentemente diverse. Cerco sempre e solo il Suono e le Emozioni, nel Mediterraneo.

Credo tu sia riuscita pienamente ad essere te stessa ma come classificheresti, operazione orribile a dire il vero, questo tuo nuovo progetto? O meglio, come lo presenteresti ad un potenziale fruitore?

Lasciati prendere per mano e ti condurrò nel mondo dei sogni, tra Word Music jazz e New Age.
Hai visto, a proposito, questo post di Andrea Podestà "Dopo di che è successa la magia..."


in cui parla di me a Pieve Ligure accompagnata dagli straordinari Edmondo Romano al clarinetto e Riccardo Barbera al contrabbasso e loop station?

Si, ho visto, credo sottolinei soprattutto la dimensione concertistica di questo lavoro discografico, un'opera che è nata proprio per essere eseguita dal vivo vero? Qual è stata la genesi di questo bellissimo lavoro?

Ti ringrazio! Per la verità il disco ed il live sono due mondi a se stanti. Nel disco, Daniele Camarda, lo straordinario bassista cosmopolita, utilizza una loop station anni’70 che segue un algoritmo per cui il Suono si evolve e diventa irriproducibile, sempre diverso. In più il suo strumento è un basso a 7 corde che si è fatto costruire apposta e che Camarda utilizza talvolta come liuto, talvolta come contrabbasso, talvolta come Arpa. Non esisterà mai un live uguale al disco ma ciò che conta è il racconto e come il pubblico diventa parte integrante del racconto stesso. La genesi è la colonna sono del Documentario “il resto dell’anno”, di cui ho curato la colonna sonora, di Michele Di Salle e Luca Papaleo: mi fu chiesto di essere, con la mia voce, l’Isola di Salina. Così è stato. Una colonna sonora minimalista. Molta voce sola. Poi il giro del mondo per i Festival più importanti del Documentario. Nicchia. Sempre meravigliosa nicchia …

Lucina Lanzara - foto di Giuseppe Sinatra


A proposito di nicchia, c'è un artista di nicchia uomo o donna con cui vorresti collaborare ed unire la tua creatività, la tua voglia di sperimentare cose nuove?

Patrizia Laquidara, Max Manfredi, il compositore violoncellista Giovanni Sollima.

Tornando al tuo disco credi che in qualche modo il fatto che sia un lavoro puramente strumentale possa in qualche modo aprire le porte ad un ascolto oltre i confini nazionali? È vero che risuona di Mediterraneo ma è pur vero che la musica di qualità quella capace di emozionare supera ogni barriera, no?

Oh! Grazie! Si! Lo penso, lo vivo così. Non sono arrivata a pubblicare i testi nel Booklet in inglese ma on line lo è già. Alla presentazione del disco a Palermo ho avuto contatti con Roma Milano Genova con la traduzione estemporanea in inglese. Ho avviato una serie di contatti con l’estero ma non posso sbilanciarmi ancora. 

Nel citare tre artisti con i quali gradiresti collaborare hai fatto nomi molto interessanti, chissà che da ciò non possa nascere davvero un qualcosa di nuovo. Quando un artista pubblica un disco è come se mettesse la parola fine, il sigillo definitivo ad un proprio progetto e comincia a guardare oltre. Hai già in cantiere qualcosa di nuovo, nel caso si può già parlarne?

Esatto!!! Dovrei registrare tre lavori teatrali di cui esistono i DVD live, sono oratori moderni sperimentali: “Dies Natalis”, “Canto della Santuzza”, “Canta San Mercurio”. Dovrei finire il libro sulle “Voci Vicine” ma soprattutto registrare e pubblicare il nuovo disco da cantautrice! Già ho le canzoni! Mi manca il tempo!