marzo 2009
In differenze: un disco che non può lasciare indifferente
di Fabio Antonelli
“È un miracolo, né di più, né di meno. Il miracolo può essere di nostro gradimento o meno, censurato o meno. Ma resta pur sempre un miracolo… C’è qualcosa di commovente in questo progetto di Susanna… Straordinario perché non troviamo altre parole per questo album IN DIFFERENZE che sicuramente dà uno schiaffo all’indifferenza e insieme alle differenze (musicali, di pensiero, di percorso, di nazionalità, di scelte) cerca uno spazio, un luogo dove poter esistere”.
Con queste parole Vince Tempera nel 2006 descrisse questo nuovo disco di Susanna Parigi (ormai non più nuovo, è, infatti, di imminente uscita un suo nuovo lavoro) nel comunicato stampa di presentazione dell’intero progetto ed io, sottoscrivendolo in pieno, potrei una volta tanto chiudere immediatamente qui le mie considerazioni, però non mi riesce di non dire la mia di questo magnifico disco, purtroppo capitatomi tra le mani solo ora ed allora, procediamo nello smontaggio del giocattolo, un po’ come fanno i bambini curiosi.
Prima di cominciare voglio però sottolineare alcuni aspetti notevoli di questo progetto: la copertina che è una magnifica eloquente fotografia del fotografo brasiliano Sebastiao Salgado che ha ispirato a Susanna Parigi la canzone In differenze, brano che ha dato il titolo anche all’intero album; la voce splendida di Susanna Parigi capace sia di accarezzarti con delicatezza sia di scuoterti dal torpore o di affascinarti raccontando; i grandi musicisti che hanno collaborato alla realizzazione del disco da Pat Metheny a Tony Levin, passando per Ellade Bandini, Ares Tavolazzi, Flaco Biondini, il quartetto Picasso String e l’orchestra sinfonica di Sofia.
Tutto questo senza dimenticare la capacità di scrittura di Susanna Parigi, arguta osservatrice di sé stessa e della società, tutti elementi che hanno reso grande questo disco.
Ma veniamo all’ascolto vero e
proprio del disco che si apre con Opera
buffa canzone che inizia con un intervento degli archi che fa molto
musica da camera per poi lasciar spazio al cantato arioso e limpido di Susanna
ed ai suoi versi disincantati “Rido
alla storia, rido alla memoria / rido…non compro il sistema m'ingoia / rido
all'orrore della nuova economia…” e poi più avanti “Rido e mi pento di non aver ucciso / chi ha
licenziato talento e sorriso, e quasi soffoco in questa mia risata”.
Percussioni e sonorità pop contraddistinguono il brano La fatica e la pazienza una sorta di lettera di Susanna a suo padre, che se lei avesse portato in una qualche edizione del Festival di Sanremo probabilmente avrebbe stravinto perché coniuga alla perfezione uno splendido testo “Dietro vicoli di pane, lungo fiumi d'ombra e sole, / acquaragia, terra rossa…mi insegnavi a colorare…/ La fine cambia verbi, / prospettive, angolazioni, lascia senza fiato, / sarà carico il futuro di tutto quello che mi hai dato” ad una musicalità ad una vena melodica che prende al primo ascolto. Toccante.
Vera perla di questo disco è poi Amada che vede all’opera in veste sia di esecutore sia di compositore della musica, quel geniaccio di Juan Flaco Biondini che tanti conoscono per averlo visto per anni all’opera al fianco di Francesco Guccini e che qui delizia con immaginifici e sognanti arpeggi donando un fascino ad un testo magistrale che ci descrive i momenti ultimi di preparazione della protagonista al grande passo del matrimonio con immagini come queste “Amada davanti allo specchio si spoglia e si scioglie i capelli, / prepara la festa nuziale, si vede già sposa all'altare. / Si dedica all'ultima notte e libera corre nel bosco, / si stende su un letto di foglie ed è pronta all'assedio del mondo”.
Con Più grandi di Dio, Susanna affronta un tema mistico, ma con sonorità a ritmo di valzer tipiche di un circo o di una giostra, il brano dopo un’apertura che vede in primo piano ancora gli archi ed una chiusura con la fisarmonica, ha questo bello incipit “Quello che ci fa / creature grandi a metà, / a metà tra cielo e terra, / sono le nostre mancanze, / la nostra innocenza incosciente, / quello che ci viene tolto, ce ci sarà tolto / del male che fa. Quello che si sa del grande inganno dell'età / siamo corpi senza pelle / e l'inverno completa il disastro, / del disco graffiato del mondo / è in questo che forse noi siamo / più grandi di Dio”.
Altro pezzo da novanta è In differenze, che dà il titolo all’intero lavoro e che affronta il tema delle tante differenze e delle tante sofferenze che caratterizzano questo nostro mondo con una melodia lieve ed affascinante e con un testo coinvolgente “Ci sarà / Un dio che passa e che si ferma / Ci sarà? / Con un biglietto di seconda classe andata poi ritorno / noi giriamo il mondo, e il mondo gira noi / in differenze di seconda classe che non sanno niente; / occhi d'occidente noi: / lungo i binari scorrono veloci restano lontani / dolori, stanchi e mani poi non ci sono più, / hanno lo sguardo di chi sta aspettando un treno che è in ritardo o che non passa più”.
Dopo tanta poesia e tanta sensibilità è il momento di un brano strumentale Una porta nel tempo di una bellezza strabiliante, degno del miglior Morricone e che lascia Susanna libera di vocalizzare mettendo i brividi. Senza parole.
Brusca virata per un pezzo Amore che m’invita decisamente pop e a tratti quasi rap, percussioni a dettare il ritmo e testo che dimostra un’abilità ed una confidenza con l’uso delle parole notevole “Espando la mia bocca perché di bacio avvolga; / disegno draghi e cervi sul mio corpo / perché possa al tuo passaggio cacciatore / essere preda. / Fiorisce la mia rosa, la mia rosa-trina / sotto il fresco filo della tua saliva-brina / e la mia lingua anguilla… / pesca, esca, esca, esca”. Chi mi ricorda? Quel giocoliere della parola che è Max Manfredi.
Una melodia delicata firmata da Pat Metheny e suonata in maniera egregia dalla stessa Susanna al pianoforte accompagna, invece, Di spazio perfetto, brano intimistico ed introspettivo che grazie alla “ripulitura” da ogni altra presenza musicale, se non quella del solo pianoforte e poi degli archi, mette ancor più in risalto il perfetto dominio vocale di Susanna oltre alla sua poeticità, ecco solo un esempio “Cedono le mura, si stringe l'alleanza / di una debolezza che confesso essere tanta, / siamo l'impero alla fine della decadenza / in questa immensa stanza”.
Sonorità elettroniche ci portano a False in cui Susanna, con la collaborazione del filosofo Umberto Galimberti, si esprime senza peli sulla lingua su chi sceglie di accettare il ruolo di donna oggetto in cambio del successo a tutti i costi e lo fa con lucidità “Labbrose come cocomeri, / tettose che di gomma scoppiano AH AH / False. / Votate a chiese mediatiche, / galline che si fanno aquile AH AH / False / Tenere si sa / sesso esposto senza qualità, / ma patetiche e ridicole / se proposte sulle prime pagine" e con la solita abilità vocale.
Brano d’amore, ma quasi sacrale è Dall’anima al corpo, introdotto in maniera perentoria da pianoforte ed archi e cantato con tonalità decisamente più alta quasi a farne un canto d’epico amore con il suo lirico testo “Sopra scogliere di ambra e cristallo, / volando sul manto del mio suono bianco, / nel vento eterno di una conchiglia, / nel suono-ricordo delle campane, / a stelle disperse su panni d'altare, / nel grembo infinito e nascosto degli anni, / nelle carni segrete dei santi, / tra schegge, rubini e diamanti”.
Un tambureggiare ed un coro gregoriano introducono il tetro ed ossessivo Una stagione all’inferno che s’apre così “I sassi, la carne e noi / i denti masticano vita, / e il flauto inganna la pace che si vergogna, / di noi cannibali di anime. / Saliva che annaffia il senso / e sesso ruffiano di natura che richiede carne sacrificale, / il male non arriva da destra o dagli altri / è rituale, è nota tenuta a mente dalle puttane indegne”. Resta il brano che mi piace meno, è forse eccessivo.
Con 42,3, introdotto da un recitativo di Flavio Oreglio, Susanna torna a guardarsi dentro o, meglio, a confrontarsi con un mondo circostante in cui non si ritrova “Io vivo in quei non colori che sono le sfumature, / io vivo nelle parole mai dette, sentite, / nel vuoto totale che la mente non sa immaginare. / Io vivo di mio fratello che non ho mai avuto, / in quello che poteva ma non è mai stato, / in quella coincidenza che è la probabilità di una vita” e lo fa con un brano che presenta aperture melodiche davvero belle, per nulla “fredde e calcolate” a dispetto del tema trattato.
Un carillon, il pianoforte che si intreccia con gli archi ed è magia per Valige che lasci, brano non cantato ma recitato con intimità e sensualità da Susanna e che si apre con questi versi “Le valigie sono sempre troppo pesanti / di quello che lasci, del cibo clandestino degli amanti, / degli alberghi tristi delle nebbiose albe alle stazioni, / delle inutili ovulazioni, / del tempo imposto delle distanze / di tutte le cose non fatte, / della rassegnata certezza / che la normalità sarebbe bella”.
Chiude Cinì Cinì splendido e solare brano corale, sospeso tra musica popolare e musica etnica che vede alternarsi un dialetto del sud Italia con una lingua africana, un brano che sicuramente sarebbe piaciuto al grande Pasolini, chissà magari l’avrebbe utilizzato a commento della sua sognata e mai realizzata Orestiade Africana.
Che dire di più per concludere, Susanna Parigi ha una voce stupenda ed è una brava scrittrice sia dal punto di vista letterario che musicale, si è circondata per questo lavoro di grandi nomi, il tutto è perfetto quasi fin troppo, forse avrebbe dovuto osare di più con brani come Di spazio perfetto, cioè con brani che vedono all’opera lei sola al pianoforte e solo qualche altro strumento perché lì, secondo me, emerge ancor più la sua grandezza.
Ma stiamo decisamente cercando il classico pelo nell’uovo, questo è un disco davvero imperdibile.
Susanna Parigi
In differenze
Sette Ottavi / Delta – 2006
Nei migliori
negozi di dischi.
Tracklist
01. Opera buffa
02. La fatica e la pazienza
03. Amada
04. Più grandi di Dio
06. Una porta nel tempo
07. Amore che m’invita
08. Di spazio perfetto
09. False
10. Dall’anima al corpo
11. Una stagione all’inferno
12. 42,3%
13. Le valigie che lasci
14. Cinì cinì
Crediti:
Susanna Parigi: voce, pianoforte e fisarmonica
Ellade Bandini: batteria
Ares Tavolazzi: basso e contrabbasso
Juan Carlos “Flaco” Biondini: chitarra
Elvis Fortunato: chitarre
Gianni Coscia: fisarmonica
Tony Levin: basso
Mario Arcari: oboe
Tamburi di San Marino
Quartetto Picasso String
Orchestra sinfonica di Sofia
Prodotto da Vince Tempera
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