di Fabio Antonelli
Sul finire
del 2003 è uscito il booklet+cd “Domani si vive e si muore - Inediti di Michele
L. Straniero” (Nota – 2023), un disco scritto a quattro mani da Michele Gazich
e Federico Sirianni, che hanno lavorato sapientemente su dei testi inediti di Michele
Luciano Straniero ritrovati dal nipote Giovanni Straniero, da cui è partito
l’intero progetto e che ha fatto da regia in questo complesso lavoro di recupero.
Il risultato è un disco che ha permesso di portare alla luce brani attuali,
vividi, urgenti, perché, come scrisse Straniero, domani si vive e si muore.
M.G. – Michele
F.S. - Federico
Cognome?
M.G. – Gazich
F.S. -
Sirianni
Nato a?
M.G. - Brescia
F.S. - Genova
Anno di
nascita?
M.G. - 1969
F.S. - 1968
Vivi a?
M.G. - Venezia
F.S. - Torino
Professione?
M.G. - Scrittore
di canzoni
F.S. - Scrittore di canzoni
Come è
cominciato il tuo rapporto con la musica?
M.G. - Mio
padre mi ha insegnato a leggere le note ancor prima delle lettere. Credeva che
io fossi Mozart. Si sbagliava.
F.S. - Da bambino, a casa con mia
madre cantante.
Qual è
stato il tuo primo contatto con la musica di Michele Luciano Straniero?
M.G. - A fine
anni Novanta vivevo a Torino e conobbi Giovanni, il nipote di Michele
Straniero, frequentando il FolkClub fondato dal suo illustre zio e da Franco
Lucà. In breve, Giovanni ed io diventammo amici: bevevamo vino e suonavamo
insieme. Grazie a lui ho conosciuto le canzoni di Michele Straniero.
F.S. - Più che con la musica di
Straniero, col mondo dei Cantacronache: a Genova, conoscendo e frequentando in
gioventù Andrea Liberovici, figlio di Margot e Sergio Liberovici.
Gazich e Sirianni - Foto Flavio Dal Molin |
Com’è nata l’idea di realizzare un disco di inediti di Michele Luciano Straniero?
M.G. - Giovanni
da decenni mi aveva proposto gli inediti dello zio da musicare. Per qualche
motivo, riteneva che io fossi la persona giusta. Da solo, tuttavia, non avevo
coraggio di farlo; ero intimorito. Lavorando a quattro mani con Federico, mi
sono sbloccato.
F.S. - Da un’idea di Giovanni
Straniero, nipote di Michele. Ha ritrovato degli scritti inediti dello zio e ha
proposto a Michele Gazich e al sottoscritto di trasformarli in canzoni.
Ritieni
sia stato più difficile o emozionante scegliere le poesie inedite da musicare e
adattare in forma di canzone?
M.G. - Incredibilmente
emozionante. Una volta che mi sono sbloccato, tutto è stato naturale,
spontaneo. Non difficile, ma molto, molto emozionante. Michele Straniero è la
fonte della canzone d’autore in lingua italiana. E bere l’acqua alla fonte, che
è più limpida e pulita, è stato rigenerante!
F.S. - Entrambe le cose in egual
misura.
Con quale
criterio sono stati scelti gli otto inediti di Straniero?
M.G. - Si
sono scelti da soli. Michele Straniero voleva far conoscere a noi (e attraverso
di noi a chi ci avrebbe ascoltato) un’altra faccia di sé: più intima e personale.
Le canzoni indicano sempre una via. Noi siamo stati strumento.
F.S. - A sensazioni personali,
qualcuno l’ho scelto io, qualche altro Michele, trovando gli scritti che ci
colpivano maggiormente e che avessero le caratteristiche per essere adattate
alla forma canzone.
Com’è
stato scelto il titolo del disco Domani si vive e si muore, che
trasmette un senso di urgenza, di concretezza, di mancanza di tempo da perdere?
M.G. - Permettimi
due parole in più su questo punto, che sento importante. Federico ed io siamo
stati immediatamente rapiti dal verso conclusivo di uno tra i testi che Michele
Straniero ci ha lasciato: "Domani si vive e si muore", appunto.
Abbiamo dapprima pensato che potesse diventare il titolo di quel componimento e
infine anche di tutto il disco, perché ne definisce il contenuto: personale,
esistenzialista, di riflessione sul male di vivere e morire. Noi umani un
domani vivremo e un altro domani moriremo: è una delle poche certezze che
abbiamo a disposizione. Il fatto, poi, che Straniero scriva "Domani si
vive e si muore" e non "Domani si vive o si
muore" propone anche un'altra idea, una molto amara, e cioè che ad alcuni
di noi possa capitare di vivere e morire contemporaneamente, sperimentando una
sorta di "morte in vita". Il che ci conduce ad altri due versi
meravigliosi e terribili scritti da Straniero, in un testo intitolato
emblematicamente Lettera ai genitori: "La mia vita oggi è finita / La
vostra è mai cominciata?" Al di là di ciò, il titolo per me ha sempre
riecheggiato un verso di Pasolini, dalla raccolta giovanile Poesie a
Casarsa (1942): "Oggi è domenica, domani si muore", verso
che viene ripreso - alla lettera - da Giovanni Lindo Ferretti nella canzone
conclusiva (Irata) di uno degli album più importanti nella storia della
canzone e del pensiero in Italia: Linea Gotica dei C.S.I.
(1996). Quella canzone e quei versi erano per me un ascolto quasi quotidiano in
quegli anni. Allora vivevo a Torino, la città dove ancora viveva e scriveva
Michele Straniero e già da anni frequentavo lo storico FolkClub, da lui fondato
con il musicologo Franco Lucà. Questo titolo provoca dunque in me un
cortocircuito di memorie che mi riporta alla mia gioventù, alla musica che
allora ascoltavo, a una Torino, oggi scomparsa, in cui vivevano e operavano
intellettuali come Michele Straniero.
F.S. - È una frase presente in una
delle poesie che abbiamo musicato, ci sembrava molto significativa e capace di
descrivere in sei parole il mondo e la poetica di Michele Straniero.
Al FolkClub - Federico Sirianni ripassa, Michele Gazich riordina le carte |
Come consideri la collaborazione con il tuo collega musicista in questo lavoro?
M.G. - Una
delle cose più belle che mi siano avvenute lo scorso anno.
F.S. - È stata un’esperienza
molto positiva e arricchente che, credo e spero, proseguirà in altri progetti
artistici.
Credo che
musicare dei testi nati per un altro scopo non sia stata un’operazione facile,
ti sei mai sentito in difficoltà tale da pensare di rinunciare?
M.G. - Ho
rinunciato per vent’anni. Poi ho deciso o, meglio, ho sentito che era giunta
l’ora di superare la mia debolezza, che era giunta l’ora di provarci. Spero di
aver fatto bene.
F. S. - Non è stato facile
perché misurarsi con un personaggio di tale rilevanza nel mondo letterario e
musicale è molto rischioso, ma non c’è mai stato un momento in cui abbiamo
pensato di non portare avanti il progetto.
Quanto
l’essere in due a lavorare sugli inediti è stato un aiuto, quanto una ulteriore
difficoltà?
M.G. - Decisamente
un aiuto.
F.S. - Per quel che mi riguarda
ho goduto solo dei lati positivi di questo lavoro a quattro mani.
Il disco inizia e finisce con
due brani appositamente scritti da voi in omaggio a Michele L. Straniero. Il
brano che apre il disco, Ho incontrato Michele Straniero, racconta un
immaginario incontro tra te e Michele L. Straniero nella sua Torino, mentre il
brano che lo chiude Danzacronaca, è una sorta di macabra danza in cui
insieme a Michele L. Straniero sono citati tanti altri musicisti che hanno
lasciato un segno indelebile nella canzone d’autore. Com’è stato scrivere
questi due brani musicali a quattro mani? È un’esperienza che ripeteresti?
M.G - Un’esperienza
che ha arricchito il mio percorso artistico e umano. La stiamo già ripetendo…
F.S. - Sentivamo la necessità
di due “canzoni-cornice” in cui incontrare virtualmente Michele Straniero
raccontando qualcosa di lui. Scrivere insieme a Gazich è stato molto naturale e
sereno, ci siamo trovati d’accordo sostanzialmente su tutto.
Tra questi
due brani, come si è detto sopra, otto inediti. Quale tra questi ami di più e
perché?
M.G - Il
corridoio del Nautilus. Perché? Perché è il Blues se hai vissuto a Torino e
non nel Mississippi. Abbiamo tentato di scrivere una musica all’altezza del
testo: claustrofobica, iterativa, dolorosa, incollocabile.
F.S. - Mi sono affezionato a
tutte le canzoni del disco, mi commuove l’intervento di Giovanna Marini in Da
un cielo umano.
In questo
intenso lavoro discografico hanno preso parte ben dodici ospiti, come sono
stati scelti? Qualcuno più di altri ti ha colpito in particolar modo?
M.G. - Tutti
(o quasi) avevano conosciuto Michele L. Straniero. Due sono miei amici cari:
Gualtiero Bertelli e Moni Ovadia, con i quali collaboro stabilmente. Entrambi
in qualche modo sono stati scoperti da Straniero. Gualtiero mi ha raccontato
che, quando Straniero lo sentì cantare la prima volta, chiamò Nanni Ricordi e
disse: “Ho incontrato un uomo che quando canta urla come un pazzo e suona la
fisarmonica come una clava”. Gualtiero la ritiene ancora la miglior definizione
della sua arte.
F.S. - Approfitto per
ringraziarli tutti per la partecipazione entusiasta. Ho detto di Giovanna
Marini e ho da sempre un debole per Moni Ovadia.
Credo che
insieme abbiate fatto un lavoro di recupero straordinario, un’opera come questa
a quale pubblico è destinata?
M.G. - “Un
disco per tutti e per nessuno”, parafrasando il sottotitolo di un libro
fortunato... Penso che sia la riscoperta importante di una fonte maggiore della
canzone d’autore in lingua italiana. Sono davvero fiero di aver fatto questo
disco con Federico e Giovanni!
F.S. I tempi ci dicono che
parrebbe destinata a un pubblico di nicchia e non più giovane ma, secondo me,
se le nuove generazioni ascoltassero queste parole ci si ritroverebbero
profondamente.
Michele Gazich e Federico Sirianni |
Non
ritieni che il frutto di un’operazione culturale di questo genere potrebbe
essere portata nelle scuole? Come sarebbe accolta dai giovani secondo te?
M.G. - Sarebbe
certamente accolta bene. Avverrà. Stimo i giovani. Quelli che temo sono i
vecchi.
F.S. - Sarebbe molto bello
portare Michele Straniero nelle scuole e, come detto prima, credo sarebbe
apprezzato davvero.
A
conclusione di un lavoro così complesso, cosa ti ha lasciato Michele Luciano
Straniero?
M.G. - Il
sogno di un’Italia libera.
F.S. - La voglia di rimettermi
a scrivere dopo un lungo periodo di inattività creativa.
Sito ufficiale di Michele Gazich
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