venerdì, febbraio 02, 2024

Michele Gazich Federico Sirianni – Domani si vive e si muore (inediti di Michele L. Straniero), due diversissimi artisti al servizio di un prezioso lavoro di recupero

     di Fabio Antonelli

Sul finire del 2003 è uscito il booklet+cd “Domani si vive e si muore - Inediti di Michele L. Straniero” (Nota – 2023), un disco scritto a quattro mani da Michele Gazich e Federico Sirianni, che hanno lavorato sapientemente su dei testi inediti di Michele Luciano Straniero ritrovati dal nipote Giovanni Straniero, da cui è partito l’intero progetto e che ha fatto da regia in questo complesso lavoro di recupero. Il risultato è un disco che ha permesso di portare alla luce brani attuali, vividi, urgenti, perché, come scrisse Straniero, domani si vive e si muore.


    Nome?

M.G. – Michele

F.S. - Federico

Cognome?

M.G. – Gazich

F.S. - Sirianni

Nato a?

M.G. - Brescia

F.S. - Genova

Anno di nascita?

M.G. - 1969

F.S. - 1968

Vivi a?

M.G. - Venezia

F.S. - Torino

Professione?

M.G. - Scrittore di canzoni

F.S. - Scrittore di canzoni

Come è cominciato il tuo rapporto con la musica?

M.G. - Mio padre mi ha insegnato a leggere le note ancor prima delle lettere. Credeva che io fossi Mozart. Si sbagliava.

F.S. - Da bambino, a casa con mia madre cantante.

Qual è stato il tuo primo contatto con la musica di Michele Luciano Straniero?

M.G. - A fine anni Novanta vivevo a Torino e conobbi Giovanni, il nipote di Michele Straniero, frequentando il FolkClub fondato dal suo illustre zio e da Franco Lucà. In breve, Giovanni ed io diventammo amici: bevevamo vino e suonavamo insieme. Grazie a lui ho conosciuto le canzoni di Michele Straniero.

F.S. - Più che con la musica di Straniero, col mondo dei Cantacronache: a Genova, conoscendo e frequentando in gioventù Andrea Liberovici, figlio di Margot e Sergio Liberovici.

Gazich e Sirianni - Foto Flavio Dal Molin

    Com’è nata l’idea di realizzare un disco di inediti di Michele Luciano Straniero?

M.G. - Giovanni da decenni mi aveva proposto gli inediti dello zio da musicare. Per qualche motivo, riteneva che io fossi la persona giusta. Da solo, tuttavia, non avevo coraggio di farlo; ero intimorito. Lavorando a quattro mani con Federico, mi sono sbloccato.

F.S. - Da un’idea di Giovanni Straniero, nipote di Michele. Ha ritrovato degli scritti inediti dello zio e ha proposto a Michele Gazich e al sottoscritto di trasformarli in canzoni.

Ritieni sia stato più difficile o emozionante scegliere le poesie inedite da musicare e adattare in forma di canzone?

M.G. - Incredibilmente emozionante. Una volta che mi sono sbloccato, tutto è stato naturale, spontaneo. Non difficile, ma molto, molto emozionante. Michele Straniero è la fonte della canzone d’autore in lingua italiana. E bere l’acqua alla fonte, che è più limpida e pulita, è stato rigenerante!

F.S. - Entrambe le cose in egual misura.

Con quale criterio sono stati scelti gli otto inediti di Straniero?

M.G. - Si sono scelti da soli. Michele Straniero voleva far conoscere a noi (e attraverso di noi a chi ci avrebbe ascoltato) un’altra faccia di sé: più intima e personale. Le canzoni indicano sempre una via. Noi siamo stati strumento.

F.S. - A sensazioni personali, qualcuno l’ho scelto io, qualche altro Michele, trovando gli scritti che ci colpivano maggiormente e che avessero le caratteristiche per essere adattate alla forma canzone.

Com’è stato scelto il titolo del disco Domani si vive e si muore, che trasmette un senso di urgenza, di concretezza, di mancanza di tempo da perdere?

M.G. - Permettimi due parole in più su questo punto, che sento importante. Federico ed io siamo stati immediatamente rapiti dal verso conclusivo di uno tra i testi che Michele Straniero ci ha lasciato: "Domani si vive e si muore", appunto. Abbiamo dapprima pensato che potesse diventare il titolo di quel componimento e infine anche di tutto il disco, perché ne definisce il contenuto: personale, esistenzialista, di riflessione sul male di vivere e morire. Noi umani un domani vivremo e un altro domani moriremo: è una delle poche certezze che abbiamo a disposizione. Il fatto, poi, che Straniero scriva "Domani si vive e si muore" e non "Domani si vive o si muore" propone anche un'altra idea, una molto amara, e cioè che ad alcuni di noi possa capitare di vivere e morire contemporaneamente, sperimentando una sorta di "morte in vita". Il che ci conduce ad altri due versi meravigliosi e terribili scritti da Straniero, in un testo intitolato emblematicamente Lettera ai genitori: "La mia vita oggi è finita / La vostra è mai cominciata?" Al di là di ciò, il titolo per me ha sempre riecheggiato un verso di Pasolini, dalla raccolta giovanile Poesie a Casarsa (1942): "Oggi è domenica, domani si muore", verso che viene ripreso - alla lettera - da Giovanni Lindo Ferretti nella canzone conclusiva (Irata) di uno degli album più importanti nella storia della canzone e del pensiero in Italia: Linea Gotica dei C.S.I. (1996). Quella canzone e quei versi erano per me un ascolto quasi quotidiano in quegli anni. Allora vivevo a Torino, la città dove ancora viveva e scriveva Michele Straniero e già da anni frequentavo lo storico FolkClub, da lui fondato con il musicologo Franco Lucà. Questo titolo provoca dunque in me un cortocircuito di memorie che mi riporta alla mia gioventù, alla musica che allora ascoltavo, a una Torino, oggi scomparsa, in cui vivevano e operavano intellettuali come Michele Straniero.

F.S. - È una frase presente in una delle poesie che abbiamo musicato, ci sembrava molto significativa e capace di descrivere in sei parole il mondo e la poetica di Michele Straniero.

Al FolkClub - Federico Sirianni ripassa, Michele Gazich riordina le carte

Come consideri la collaborazione con il tuo collega musicista in questo lavoro?

M.G. - Una delle cose più belle che mi siano avvenute lo scorso anno.

F.S. - È stata un’esperienza molto positiva e arricchente che, credo e spero, proseguirà in altri progetti artistici.

Credo che musicare dei testi nati per un altro scopo non sia stata un’operazione facile, ti sei mai sentito in difficoltà tale da pensare di rinunciare?

M.G. - Ho rinunciato per vent’anni. Poi ho deciso o, meglio, ho sentito che era giunta l’ora di superare la mia debolezza, che era giunta l’ora di provarci. Spero di aver fatto bene.

F. S. - Non è stato facile perché misurarsi con un personaggio di tale rilevanza nel mondo letterario e musicale è molto rischioso, ma non c’è mai stato un momento in cui abbiamo pensato di non portare avanti il progetto.

Quanto l’essere in due a lavorare sugli inediti è stato un aiuto, quanto una ulteriore difficoltà?

M.G. - Decisamente un aiuto.

F.S. - Per quel che mi riguarda ho goduto solo dei lati positivi di questo lavoro a quattro mani.

Il disco inizia e finisce con due brani appositamente scritti da voi in omaggio a Michele L. Straniero. Il brano che apre il disco, Ho incontrato Michele Straniero, racconta un immaginario incontro tra te e Michele L. Straniero nella sua Torino, mentre il brano che lo chiude Danzacronaca, è una sorta di macabra danza in cui insieme a Michele L. Straniero sono citati tanti altri musicisti che hanno lasciato un segno indelebile nella canzone d’autore. Com’è stato scrivere questi due brani musicali a quattro mani? È un’esperienza che ripeteresti?

M.G - Un’esperienza che ha arricchito il mio percorso artistico e umano. La stiamo già ripetendo…

F.S. - Sentivamo la necessità di due “canzoni-cornice” in cui incontrare virtualmente Michele Straniero raccontando qualcosa di lui. Scrivere insieme a Gazich è stato molto naturale e sereno, ci siamo trovati d’accordo sostanzialmente su tutto.

Tra questi due brani, come si è detto sopra, otto inediti. Quale tra questi ami di più e perché?

M.G - Il corridoio del Nautilus. Perché? Perché è il Blues se hai vissuto a Torino e non nel Mississippi. Abbiamo tentato di scrivere una musica all’altezza del testo: claustrofobica, iterativa, dolorosa, incollocabile.

F.S. - Mi sono affezionato a tutte le canzoni del disco, mi commuove l’intervento di Giovanna Marini in Da un cielo umano.

In questo intenso lavoro discografico hanno preso parte ben dodici ospiti, come sono stati scelti? Qualcuno più di altri ti ha colpito in particolar modo?

M.G. - Tutti (o quasi) avevano conosciuto Michele L. Straniero. Due sono miei amici cari: Gualtiero Bertelli e Moni Ovadia, con i quali collaboro stabilmente. Entrambi in qualche modo sono stati scoperti da Straniero. Gualtiero mi ha raccontato che, quando Straniero lo sentì cantare la prima volta, chiamò Nanni Ricordi e disse: “Ho incontrato un uomo che quando canta urla come un pazzo e suona la fisarmonica come una clava”. Gualtiero la ritiene ancora la miglior definizione della sua arte.

F.S. - Approfitto per ringraziarli tutti per la partecipazione entusiasta. Ho detto di Giovanna Marini e ho da sempre un debole per Moni Ovadia.

Credo che insieme abbiate fatto un lavoro di recupero straordinario, un’opera come questa a quale pubblico è destinata?

M.G. - “Un disco per tutti e per nessuno”, parafrasando il sottotitolo di un libro fortunato... Penso che sia la riscoperta importante di una fonte maggiore della canzone d’autore in lingua italiana. Sono davvero fiero di aver fatto questo disco con Federico e Giovanni!

F.S. I tempi ci dicono che parrebbe destinata a un pubblico di nicchia e non più giovane ma, secondo me, se le nuove generazioni ascoltassero queste parole ci si ritroverebbero profondamente.

Michele Gazich e Federico Sirianni

Non ritieni che il frutto di un’operazione culturale di questo genere potrebbe essere portata nelle scuole? Come sarebbe accolta dai giovani secondo te?

M.G. - Sarebbe certamente accolta bene. Avverrà. Stimo i giovani. Quelli che temo sono i vecchi.

F.S. - Sarebbe molto bello portare Michele Straniero nelle scuole e, come detto prima, credo sarebbe apprezzato davvero.

A conclusione di un lavoro così complesso, cosa ti ha lasciato Michele Luciano Straniero?

M.G. - Il sogno di un’Italia libera.

F.S. - La voglia di rimettermi a scrivere dopo un lungo periodo di inattività creativa.

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