di Fabio Antonelli
Negli ultimi anni ci siamo abituati a vedere un Finardi dalle
molteplici sfaccettature, sempre curioso di provare e sperimentare situazioni
diverse. L’abbiamo così visto affrontare il blues in “Anima blues”, il fado in
un album d’indubbio fascino come “Il silenzio e lo spirito”, le liriche del
poeta russo Vladimir Vysotsky in “Il cantante al microfono”. Ora è tornato
sulle scene con “Fibrillante”, un nuovo album di sue canzoni inedite, scritte
in italiano. Ecco cosa ci racconta in proposito.
Sono passati un po’ di anni dal tuo ultimo disco d’inediti che, se non
erro, è “Accadueo”.
Si, diciamo d’inediti in
italiano, perché “Anima blues” in realtà era un disco di canzoni inedite, sebbene
in inglese e di altro genere.
Esatto. Diciamo però che, dopo quella parentesi blues, il disco "Il
silenzio e lo spirito" dedicato al fado e “Il cantante al microfono” che
ti vedeva in veste d’interprete di canzoni del poeta russo Vladimir Vysotsky,
disco che ti è valso anche una Targa Tenco, sei tornato a realizzare un disco
di canzoni tue e scritte in italiano. Come mai questo ritorno, anche come
sonorità, alle origini?
E' venuto naturale, a un certo
punto sono cominciate a nascere le canzoni, ho sentito l’esigenza di commentare
questo periodo storico terribile che stiamo attraversando, poi la scelta delle
sonorità in parte era già insita nelle canzoni, in parte è dovuta al fatto che
i due produttori, cioè Max Casacci chitarrista e produttore dei Subsonica e
Giovanni “Giuvazza” Maggiore il mio chitarrista, hanno deciso che sarei tornato
a fare Finardi, volevano sentire Finardi come lo avevano in mente loro, il
Finardi degli inizi, quelli della Cramps.
Un Finardi che in questo disco mette in pieno la sua faccia, sin dalla
copertina che ritrae il tuo volto in un’immagine un po’ caleidoscopica.
Si, è una faccia che sta esplodendo,
ma direi che è così. Un’immagine che ha creato lo Studio Convertino &
Designers e che, secondo me, è molto adatta a sottolineare i contenuti di
questo disco.
Detto della copertina, passiamo al titolo del disco “Fibrillante”, che
poi è anche il titolo della canzone forse più personale della track-list, no?
Si, fibrillante, è una condizione
medica, è una condizione cardiaca ed io, l’anno scorso, ho sofferto di
fibrillazione atriale. Fibrillante, però, è anche una delle parole più usate
per descrivere questo momento storico, in ogni telegiornale si sente sempre che
qualcuno è in fibrillazione, la politica, la Russia, l’Ucraina, la UE, è una
condizione generalizzata. Tornando alla sfera personale è successo che un
giorno, recandomi dal cardiologo per un controllo, ho visto la mia cartella
clinica e sulla copertina di cartone c’era scritto “Eugenio Finardi
Fibrillante” e mi sono subito detto, questo è il titolo del disco.
Sei riuscito quindi a trovare ispirazione da un episodio negativo della
tua vita.
Si, perché poi, per fortuna,
dalla situazione di fibrillazione atriale si esce con una semplice scossa
elettrica, non ti devono né tagliare né operare, devono applicare solo questa
piccola procedura non invasiva, per cui ti addormenti che sei malato e ti
svegli che sei guarito, una cosa molto bella.
Foto Chiara Mirelli |
Beh, è forse più facile guarire da una situazione di fibrillazione
atriale che non guarire il nostro paese, come si evince anche dalle tracce del
disco.
Questo di sicuro. Temo che per il
paese e in generale per il mondo, in questo momento storico ci voglia una cura
ben più potente.
In proposito si può dire che “Fibrillante” è un disco che guarda molto
alla situazione politica attuale o, meglio, al sociale.
Si, più che politico direi
appunto che è un disco sociale, che guarda, che fotografa attraverso alcune
storie, alcune istantanee una realtà che, purtroppo, è di molte persone in
questo triste momento storico.
In questi giorni ho ascoltato più volte il disco e penso che il brano
forse più emblematico, in questo senso, sia “Cadere sognare”, uno dei pezzi più
belli in assoluto.
Si, una canzone che anche dal
vivo rende tantissimo, ci sono delle ovazioni quando la faccio …
E che ha un tema attualissimo …
Purtroppo si, il tema dei
licenziamenti e della perdita del lavoro senza colpa, perché il protagonista
della canzone non è licenziato perché non sa lavorare ma perché la finanza ha
deciso che il suo lavoro non conta più.
In questo pezzo usi parole molto forti contro questo concetto di
economia.
Si, purtroppo stiamo subendo
questa subdola ideologia liberista che è poi la perversione dell’ideale
liberale che, invece, è un ideale alto, che ci ha dato la libertà, la libertà
di stampa, la democrazia, la modernità. Invece il liberismo ci sta togliendo
tutto questo, in nome dell’idolatria del profitto, del denaro.
Anche se credo che “Cadere sognare” non sia una canzone totalmente
pessimista.
Beh, insomma … è vero che, inizialmente,
io avevo messo un finale molto più duro, direi quasi violento, poi mi hanno
suggerito di ammorbidirlo un po’ …
Si forse ho colto proprio questo cercare di ammorbidire quella che è in
fondo una tragedia.
Si, anche se in fondo si parla
sempre di questo mettersi in riva al fiume ad aspettare che passi il cadavere
del proprio nemico, in una situazione non esattamente morbida.
E’ comunque un Finardi molto combattivo quello che esce da questo
disco, basta ascoltare in tal senso il brano “Come Savonarola”, no?
Io penso che in questo momento si
debba smettere di subire e si debba, invece, reagire in maniera anche molto
forte a quello che stiamo vivendo.
Accanto a questi temi sociali c’è, però, sempre una tua particolare
attenzione verso l’universo femminile, sto pensando a due canzoni bellissime
come “Lei s’illumina” e “Le donne piangono in macchina”.
Si, anche se io ne aggiungerei
una terza che è “Fortefragile”. Diciamo che la speranza o, meglio, la
consolazione per l’uomo resta sempre la famiglia e le donne sembrano, con il
passare del tempo, diventare sempre più forti e più sicure. E' un po' come se
con il crescere dell’età si passasse un po’ il testimone, prima sono gli uomini
a essere il pilastro intorno al quale ruota la famiglia poi, a un certo punto,
il testimone passa alle donne e gli uomini, che in questo periodo oltre alla
perdita del lavoro stanno subendo anche una perdita di senso, di dignità, si
devono appoggiare alle donne, che diventano l’ancora di salvezza di tutta la
famiglia.
Hai citato appunto, oltre alle due canzoni che dicevo, “Fortefragile”, per
la quale hai voluto coniare un neologismo, unendo questi due aggettivi
normalmente in antitesi.
Si, in realtà non sono ossimori,
non sono l’uno il contrario dell’altro, il vetro per esempio è sia forte sia
fragile, la pietra è sia forte sia fragile se colpita nel punto giusto ed io
credo che gli uomini siano proprio così, rispetto alle donne che sono più
duttili, più elastiche. Gli uomini sono forti, ma se colpiti nel punto giusto cadono
in mille pezzi e il fortefragile nasce dalla consapevolezza che, io senza mia
moglie sarei finito, mentre lei, senza di me, probabilmente se la caverebbe benisissimo.
Un’altra storia di grandissima attualità cantata nel disco è “La storia
di Franco”, com’è nata questa canzone? Si base su una storia reale?
Beh, fotografa una storia ahimè fin
troppo comune, ma è nata proprio da un incontro reale fuori dal ristorante cinese
dove ogni giovedì pranzo con Elettra, mia figlia maggiore. Un giorno uscendo da
lì, ho incontrato un uomo che chiedeva l’elemosina, era seduto per terra e,
quando gli sono passato vicino, mi ha chiamato “Eugenio Eugenio, non ti
ricordi?”. L’ho guardato bene e così ho riconosciuto un uomo che, negli anni
’80, lavorava in una casa discografica, faceva le promozioni, era uno di quelli
che portava in giro gli artisti stranieri quando venivano in Italia a far
televisione e a promuovere il loro disco. Gli ho chiesto come stava, cosa fosse
successo e lui mi ha raccontato che era stato lasciato dalla moglie, che da
quel momento la sua vita si era disintegrata, che aveva poi perso il lavoro, ma
la cosa che più mi ha colpito è stata quando mi ha detto “Sai non vedo più mia
figlia da cinque anni”. Questa cosa mi ha toccato profondamente. Chiaramente la
storia che canto non è la sua storia, ma quell’episodio è stato il punto di
partenza per creare la storia di un padre che si trova a dover spiare da
lontano propria figlia.
“Moderato” invece è invece un’accusa rivolta a chi, soprattutto
politicamente, non prende mai una posizione?
No, la prendono anche una
posizione, ma quelli che si definiscono moderati sono in realtà la rovina dei
nostri tempi, incarnano un peccato capitale come l’accidia, sono quelli che
avrebbero potuto fare, ma non hanno fatto e poi, in realtà, sono degli
estremisti liberisti. Monti si definisce un moderato, Berlusconi stesso si
definisce un moderato, ma non hanno fatto proprio nulla di moderato, anzi hanno
portato alla rovina tantissime persone. Io poi, in generale, detesto la moderazione,
la trovo la virtù dei vecchi. Io sono costretto, adesso, avendo avuto questa
fibrillazione atriale, a essere moderato, posso bere solo un caffè al giorno,
devo mangiare poco, bere poco, fare tutto poco …
E’ quasi una negazione del vivere?
Si, personalmente provo un forte
disprezzo verso la moderazione. Gli artisti non sono mai moderati, nessun
grande artista è mai stato un moderato. Non era moderato Mozart, non era
moderato Caravaggio, né Picasso, né Bernstein, né Stravinsky, né Jimi Hendrix, tanto
per citarne alcuni, nessuno di loro è mai stato moderato.
Si può dire che la moderazione vada di pari passo con la mediocrità?
Si, si può dire che è la virtù
dei mediocri.
Per chiudere questo micro tour tra le tracce del disco, ci restano due
brani, proprio quelli che aprono e chiudono questo nuovo lavoro. Partiamo
dall’apripista “Aspettando”, un pezzo che ancora una volta sembra voler rilevare
come, in una fase di eterna attesa che qualcosa possa realmente cambiare, siano
sempre gli affetti a noi più cari le sole ancore di salvezza.
Si, ma è soprattutto il voler
rimarcare questo senso di attesa tanto presente oggi. In realtà stiamo sempre
aspettando che cambi qualcosa ma non cambia mai nulla. “Me ne vado”, invece, la
canzone che chiude il disco è un omaggio alla Cramps, alla storica etichetta
che pubblicò i miei primi album, l’etichetta degli Area, di Camerini, di
Claudio Rocchi, di tanti personaggi, la prima vera etichetta alternativa
italiana, che aveva una sua sonorità, un suo modo di dire le cose. “Me ne vado”
è quasi una micro conferenza in musica, che racchiude i temi del disco e da
finalmente una spiegazione del perché è successo tutto quello che io canto
nelle canzoni del disco.
Mi ricordo che, in un’intervista rilasciatami in occasione del disco
“Il cantante al microfono”, mi dicesti di essere molto soddisfatto di quel
disco anche per il fatto di esserti finalmente sentito libero dall’onere di
dover scrivere dei testi, com’è stato allora tornare a scrivere e soprattutto a
scrivere in italiano, è stato un qualcosa di difficoltoso o il tutto è avvenuto,
invece, quasi di getto?
Guarda, devo dire che il disco è
nato abbastanza in fretta, i testi sono stati scritti nell’arco di un paio di
mesi con l’aiuto anche di qualche amico come Gigi Giancursi e Tommaso Cerasuolo
dei Perturbazione, che mi hanno dato una mano in due pezzi, Max Casacci stesso.
Devo però dire che la maggior parte del disco è farina del mio sacco. Era semplicemente
arrivato il momento giusto. Dischi come “Anima blues”, quelli sul fado e su Vysotsky,
mi hanno aiutato a liberarmi del fardello Finardi, dandomi il gusto di tornare
a Finardi quando era il momento giusto.
Ti senti soddisfatto del Finardi scrittore, di essere tornato alla
scrittura in italiano e con un disco così attuale?
Mah, si mi sento molto
soddisfatto di questo disco, sono veramente molto contento.
Per altro è stato accolto molto bene dalla critica.
Certo. Posso dire, con
soddisfazione, che ha avuto delle recensioni veramente stupende.
Sta avendo successo anche da un punto di vista live?
Molto, credo che i concerti fatti
fino ad ora siano stati tutti molto belli, vissuti con molto entusiasmo,
concerti rock molto vivaci.
L’invito che rivolgo a tutti, quindi, è quello di non perdere
l’occasione di ascoltarlo dal vivo. Le date del tour le trovate tutte sul suo
sito ufficiale.
Sito ufficiale di Eugenio Finardi: http://www.eugeniofinardi.it/
Eugenio Finardi su Facebook: http://www.facebook.com/EUGENIOFINARDIOFFICIAL
Il canale Youtube di Eugenio Finardi: http://www.youtube.com/user/eugeniofinardi
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