lunedì, marzo 24, 2014

Finardi torna a fare Finardi in un disco davvero fibrillante



di Fabio Antonelli

Negli ultimi anni ci siamo abituati a vedere un Finardi dalle molteplici sfaccettature, sempre curioso di provare e sperimentare situazioni diverse. L’abbiamo così visto affrontare il blues in “Anima blues”, il fado in un album d’indubbio fascino come “Il silenzio e lo spirito”, le liriche del poeta russo Vladimir Vysotsky in “Il cantante al microfono”. Ora è tornato sulle scene con “Fibrillante”, un nuovo album di sue canzoni inedite, scritte in italiano. Ecco cosa ci racconta in proposito.



Sono passati un po’ di anni dal tuo ultimo disco d’inediti che, se non erro, è “Accadueo”.

Si, diciamo d’inediti in italiano, perché “Anima blues” in realtà era un disco di canzoni inedite, sebbene in inglese e di altro genere.

Esatto. Diciamo però che, dopo quella parentesi blues, il disco "Il silenzio e lo spirito" dedicato al fado e “Il cantante al microfono” che ti vedeva in veste d’interprete di canzoni del poeta russo Vladimir Vysotsky, disco che ti è valso anche una Targa Tenco, sei tornato a realizzare un disco di canzoni tue e scritte in italiano. Come mai questo ritorno, anche come sonorità, alle origini?

E' venuto naturale, a un certo punto sono cominciate a nascere le canzoni, ho sentito l’esigenza di commentare questo periodo storico terribile che stiamo attraversando, poi la scelta delle sonorità in parte era già insita nelle canzoni, in parte è dovuta al fatto che i due produttori, cioè Max Casacci chitarrista e produttore dei Subsonica e Giovanni “Giuvazza” Maggiore il mio chitarrista, hanno deciso che sarei tornato a fare Finardi, volevano sentire Finardi come lo avevano in mente loro, il Finardi degli inizi, quelli della Cramps.

Un Finardi che in questo disco mette in pieno la sua faccia, sin dalla copertina che ritrae il tuo volto in un’immagine un po’ caleidoscopica.

Si, è una faccia che sta esplodendo, ma direi che è così. Un’immagine che ha creato lo Studio Convertino & Designers e che, secondo me, è molto adatta a sottolineare i contenuti di questo disco.

Detto della copertina, passiamo al titolo del disco “Fibrillante”, che poi è anche il titolo della canzone forse più personale della track-list, no?

Si, fibrillante, è una condizione medica, è una condizione cardiaca ed io, l’anno scorso, ho sofferto di fibrillazione atriale. Fibrillante, però, è anche una delle parole più usate per descrivere questo momento storico, in ogni telegiornale si sente sempre che qualcuno è in fibrillazione, la politica, la Russia, l’Ucraina, la UE, è una condizione generalizzata. Tornando alla sfera personale è successo che un giorno, recandomi dal cardiologo per un controllo, ho visto la mia cartella clinica e sulla copertina di cartone c’era scritto “Eugenio Finardi Fibrillante” e mi sono subito detto, questo è il titolo del disco.

Sei riuscito quindi a trovare ispirazione da un episodio negativo della tua vita.

Si, perché poi, per fortuna, dalla situazione di fibrillazione atriale si esce con una semplice scossa elettrica, non ti devono né tagliare né operare, devono applicare solo questa piccola procedura non invasiva, per cui ti addormenti che sei malato e ti svegli che sei guarito, una cosa molto bella.

Foto Chiara Mirelli
Beh, è forse più facile guarire da una situazione di fibrillazione atriale che non guarire il nostro paese, come si evince anche dalle tracce del disco.

Questo di sicuro. Temo che per il paese e in generale per il mondo, in questo momento storico ci voglia una cura ben più potente.

In proposito si può dire che “Fibrillante” è un disco che guarda molto alla situazione politica attuale o, meglio, al sociale.

Si, più che politico direi appunto che è un disco sociale, che guarda, che fotografa attraverso alcune storie, alcune istantanee una realtà che, purtroppo, è di molte persone in questo triste momento storico.

In questi giorni ho ascoltato più volte il disco e penso che il brano forse più emblematico, in questo senso, sia “Cadere sognare”, uno dei pezzi più belli in assoluto.

Si, una canzone che anche dal vivo rende tantissimo, ci sono delle ovazioni quando la faccio …

E che ha un tema attualissimo …

Purtroppo si, il tema dei licenziamenti e della perdita del lavoro senza colpa, perché il protagonista della canzone non è licenziato perché non sa lavorare ma perché la finanza ha deciso che il suo lavoro non conta più.

In questo pezzo usi parole molto forti contro questo concetto di economia.

Si, purtroppo stiamo subendo questa subdola ideologia liberista che è poi la perversione dell’ideale liberale che, invece, è un ideale alto, che ci ha dato la libertà, la libertà di stampa, la democrazia, la modernità. Invece il liberismo ci sta togliendo tutto questo, in nome dell’idolatria del profitto, del denaro.

Anche se credo che “Cadere sognare” non sia una canzone totalmente pessimista.

Beh, insomma … è vero che, inizialmente, io avevo messo un finale molto più duro, direi quasi violento, poi mi hanno suggerito di ammorbidirlo un po’ …

Si forse ho colto proprio questo cercare di ammorbidire quella che è in fondo una tragedia.

Si, anche se in fondo si parla sempre di questo mettersi in riva al fiume ad aspettare che passi il cadavere del proprio nemico, in una situazione non esattamente morbida.

E’ comunque un Finardi molto combattivo quello che esce da questo disco, basta ascoltare in tal senso il brano “Come Savonarola”, no?

Io penso che in questo momento si debba smettere di subire e si debba, invece, reagire in maniera anche molto forte a quello che stiamo vivendo.

Accanto a questi temi sociali c’è, però, sempre una tua particolare attenzione verso l’universo femminile, sto pensando a due canzoni bellissime come “Lei s’illumina” e “Le donne piangono in macchina”.

Si, anche se io ne aggiungerei una terza che è “Fortefragile”. Diciamo che la speranza o, meglio, la consolazione per l’uomo resta sempre la famiglia e le donne sembrano, con il passare del tempo, diventare sempre più forti e più sicure. E' un po' come se con il crescere dell’età si passasse un po’ il testimone, prima sono gli uomini a essere il pilastro intorno al quale ruota la famiglia poi, a un certo punto, il testimone passa alle donne e gli uomini, che in questo periodo oltre alla perdita del lavoro stanno subendo anche una perdita di senso, di dignità, si devono appoggiare alle donne, che diventano l’ancora di salvezza di tutta la famiglia.

Hai citato appunto, oltre alle due canzoni che dicevo, “Fortefragile”, per la quale hai voluto coniare un neologismo, unendo questi due aggettivi normalmente in antitesi.

Si, in realtà non sono ossimori, non sono l’uno il contrario dell’altro, il vetro per esempio è sia forte sia fragile, la pietra è sia forte sia fragile se colpita nel punto giusto ed io credo che gli uomini siano proprio così, rispetto alle donne che sono più duttili, più elastiche. Gli uomini sono forti, ma se colpiti nel punto giusto cadono in mille pezzi e il fortefragile nasce dalla consapevolezza che, io senza mia moglie sarei finito, mentre lei, senza di me, probabilmente se la caverebbe benisissimo.

Un’altra storia di grandissima attualità cantata nel disco è “La storia di Franco”, com’è nata questa canzone? Si base su una storia reale?

Beh, fotografa una storia ahimè fin troppo comune, ma è nata proprio da un incontro reale fuori dal ristorante cinese dove ogni giovedì pranzo con Elettra, mia figlia maggiore. Un giorno uscendo da lì, ho incontrato un uomo che chiedeva l’elemosina, era seduto per terra e, quando gli sono passato vicino, mi ha chiamato “Eugenio Eugenio, non ti ricordi?”. L’ho guardato bene e così ho riconosciuto un uomo che, negli anni ’80, lavorava in una casa discografica, faceva le promozioni, era uno di quelli che portava in giro gli artisti stranieri quando venivano in Italia a far televisione e a promuovere il loro disco. Gli ho chiesto come stava, cosa fosse successo e lui mi ha raccontato che era stato lasciato dalla moglie, che da quel momento la sua vita si era disintegrata, che aveva poi perso il lavoro, ma la cosa che più mi ha colpito è stata quando mi ha detto “Sai non vedo più mia figlia da cinque anni”. Questa cosa mi ha toccato profondamente. Chiaramente la storia che canto non è la sua storia, ma quell’episodio è stato il punto di partenza per creare la storia di un padre che si trova a dover spiare da lontano propria figlia.

“Moderato” invece è invece un’accusa rivolta a chi, soprattutto politicamente, non prende mai una posizione?

No, la prendono anche una posizione, ma quelli che si definiscono moderati sono in realtà la rovina dei nostri tempi, incarnano un peccato capitale come l’accidia, sono quelli che avrebbero potuto fare, ma non hanno fatto e poi, in realtà, sono degli estremisti liberisti. Monti si definisce un moderato, Berlusconi stesso si definisce un moderato, ma non hanno fatto proprio nulla di moderato, anzi hanno portato alla rovina tantissime persone. Io poi, in generale, detesto la moderazione, la trovo la virtù dei vecchi. Io sono costretto, adesso, avendo avuto questa fibrillazione atriale, a essere moderato, posso bere solo un caffè al giorno, devo mangiare poco, bere poco, fare tutto poco …

E’ quasi una negazione del vivere?

Si, personalmente provo un forte disprezzo verso la moderazione. Gli artisti non sono mai moderati, nessun grande artista è mai stato un moderato. Non era moderato Mozart, non era moderato Caravaggio, né Picasso, né Bernstein, né Stravinsky, né Jimi Hendrix, tanto per citarne alcuni, nessuno di loro è mai stato moderato.

Si può dire che la moderazione vada di pari passo con la mediocrità?

Si, si può dire che è la virtù dei mediocri.

Per chiudere questo micro tour tra le tracce del disco, ci restano due brani, proprio quelli che aprono e chiudono questo nuovo lavoro. Partiamo dall’apripista “Aspettando”, un pezzo che ancora una volta sembra voler rilevare come, in una fase di eterna attesa che qualcosa possa realmente cambiare, siano sempre gli affetti a noi più cari le sole ancore di salvezza.

Si, ma è soprattutto il voler rimarcare questo senso di attesa tanto presente oggi. In realtà stiamo sempre aspettando che cambi qualcosa ma non cambia mai nulla. “Me ne vado”, invece, la canzone che chiude il disco è un omaggio alla Cramps, alla storica etichetta che pubblicò i miei primi album, l’etichetta degli Area, di Camerini, di Claudio Rocchi, di tanti personaggi, la prima vera etichetta alternativa italiana, che aveva una sua sonorità, un suo modo di dire le cose. “Me ne vado” è quasi una micro conferenza in musica, che racchiude i temi del disco e da finalmente una spiegazione del perché è successo tutto quello che io canto nelle canzoni del disco.

Mi ricordo che, in un’intervista rilasciatami in occasione del disco “Il cantante al microfono”, mi dicesti di essere molto soddisfatto di quel disco anche per il fatto di esserti finalmente sentito libero dall’onere di dover scrivere dei testi, com’è stato allora tornare a scrivere e soprattutto a scrivere in italiano, è stato un qualcosa di difficoltoso o il tutto è avvenuto, invece, quasi di getto?

Guarda, devo dire che il disco è nato abbastanza in fretta, i testi sono stati scritti nell’arco di un paio di mesi con l’aiuto anche di qualche amico come Gigi Giancursi e Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione, che mi hanno dato una mano in due pezzi, Max Casacci stesso. Devo però dire che la maggior parte del disco è farina del mio sacco. Era semplicemente arrivato il momento giusto. Dischi come “Anima blues”, quelli sul fado e su Vysotsky, mi hanno aiutato a liberarmi del fardello Finardi, dandomi il gusto di tornare a Finardi quando era il momento giusto.

Ti senti soddisfatto del Finardi scrittore, di essere tornato alla scrittura in italiano e con un disco così attuale?

Mah, si mi sento molto soddisfatto di questo disco, sono veramente molto contento.

Per altro è stato accolto molto bene dalla critica.

Certo. Posso dire, con soddisfazione, che ha avuto delle recensioni veramente stupende.

Sta avendo successo anche da un punto di vista live?

Molto, credo che i concerti fatti fino ad ora siano stati tutti molto belli, vissuti con molto entusiasmo, concerti rock molto vivaci.

L’invito che rivolgo a tutti, quindi, è quello di non perdere l’occasione di ascoltarlo dal vivo. Le date del tour le trovate tutte sul suo sito ufficiale.



Sito ufficiale di Eugenio Finardi: http://www.eugeniofinardi.it/
Il canale Youtube di Eugenio Finardi: http://www.youtube.com/user/eugeniofinardi

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