di Fabio Antonelli
Non so
se il migrare all’estero sia condizione, sine qua non, per trovare,
musicalmente parlando, un proprio spazio vitale, ma l’esperienza vissuta dal
giovane Giacomo Lariccia sembra
quasi avvalorarne la tesi.
Romano
d’origine, a un certo punto decide di percorrere in autostop le autostrade
d’Europa e, chitarra in spalla, giunge a Bruxelles, città di cui s’innamora. Lì
si diploma in chitarra jazz e pubblica il suo primo disco da jazzista
(Spellbound/Label Travers). Poi nel 2011, dopo alcuni anni passati a suonare in
festival in giro per il mondo, scopre l’importanza della parola e allora decide
di iniziare a scrivere canzoni di cui sia autore di musica e di parole,
pubblicando così, con l’aiuto di una cordata di amici Colpo di sole. In Italia
il disco si aggiudica premi prestigiosi e le finali del Premio Tenco (nella
categoria Migliore Opera Prima) e del Premio De Andrè.
Non
male, si potrebbe dire, come esordio.
E' però
della sua opera seconda Sempre avanti che si sta per
scrivere e si sa che, se con il disco d’esordio l’effetto sorpresa ha il suo
peso, confermarsi poi a buoni livelli non sempre è cosa facile.
Beh, dopo
aver ascoltato questa sua nuova fatica, direi che Giacomo conferma quanto di
buono aveva mostrato nel suo primo lavoro, anzi forse si coglie maggiore
maturità e direi nessuna pecca d’ingenuità.
E’ un
disco che si lascia ascoltare con piacere sin dal primo ascolto ma precisiamo
subito, non è segno di banalità, è solo per dire che non è uno di quei dischi
che per farseli piacere necessitano di ripetuti ascolti per poi lasciarsi
sfuggire ancora dei se e dei ma.
Eppure, momenti d’impegno civile
e denuncia sociale non mancano assolutamente, basta ascoltare il blocco
centrale di canzoni tutte dedicate alla vita durissima degli emigranti italiani
in Belgio, spesso impegnati nel durissimo lavoro nelle miniere di carbone.
Canzoni come ad esempio Sessanta
sacchi di carbone, che si apre con il respiro di un minatore che sta
entrando in miniera, dando così il senso angosciante dell’immergersi nelle
viscere della terra e che narra di quando un uomo non valeva per legge che
sessanta sacchi di carbone, di quando alcuni negozi esponevano cartelli con
scritto “Interdit aux chiens et aux italiens”, tempi in cui ai minatori, per
cercare di rimediare ai danni provocati loro dalla polvere di carbone, era
consigliato di bere latte e cospargersi di burro.
Lo stesso Belgio, o meglio la
città di Bruxelles, è però cantata con grande affetto in Bruxelles, dolce canzone
dedicata alla città “che è di tutti e di
nessuno” in cui ha comunque imparato a vivere e convivere, nonostante “l’indifferenza della gente” che “poco sopporta tutta questa umanità”.
E’, però forse l’ironia a dare
una vera sferzata in positivo a questo disco, come quella che si respira a
pieni polmoni in La fine del mondo, un brano che è un mini tour fra i sette
peccati capitali, con un'esilarante finale barzelletta in cui Giacomo immagina
l’arrivo della fine del mondo per l’ex premier Berlusconi, il quale a un certo
punto chiede “Posso telefonare? A Mubarak
davvero … Giuro sono sincero”.
La stessa ironia, unita a una
certa dose di sarcasmo, la troviamo nella rappeggiante Piuttosto in cui è preso
di mira l’uso errato dell’avverbio “piuttosto”, che nel gergo soprattutto della
Milano bene è oramai inutilizzato nel suo significato originale di
preferibilmente.
C’è in fondo ironia anche in Il
primo capello bianco, che racconta l’avvisaglia allo specchio del primo
capello bianco e che forse, in un mondo dove sempre più contano bellezza ed
eterna giovinezza, può sembrare paradossalmente il preambolo di un’imminente
tragedia.
Divertente e più che mai ironico
anche il trascinante mambo conclusivo Mambo della gonna di Marilyn Monroe,
quasi un divertissement in cui però la critica al mondo circostante non manca “Se scrivessi una canzone potrei anche
andare a Sanremo, io pensavo al gran successo di un bel ritornello scemo, tipo:
Mambo della gonna di Marilyn Monroe”.
Beh, direi che in questo nuovo
disco Giacomo ha saputo dosare sapientemente ingredienti principali e spezie, anche
a livello musicale e vi è un equilibrio quasi perfetto tra la canzone più
marcatamente impegnata, categoria cui farei rientrare anche le canzoni Bella
è la vita e A chi e quella magari più venata d’intelligente ironia come, ad
esempio, la title-track Sempre avanti.
In tal senso, mi verrebbe di
paragonare questo giovane artista, per intelligenza e sensibilità, artista a
Simone Cristicchi.
Artista: Giacomo Lariccia
Titolo album: Sempre avanti
Etichetta: Autoprodotto
Distributore:
Produzione artistica: Marco Locurcio
Anno di uscita: 2014
Durata totale: 41:32
Elenco tracce:
01. Sempre avanti
02. La fine del mondo
03. Bella è la vita
04. Piuttosto
05. Il primo capello bianco
06. A chi
07. Dallo zolfo al carbone
08. La miniera
09. Sessanta sacchi di carbone
10. Bruxelles
11. Sotto terra
12. Due fratelli in un bosco
13. Mambo della gonna di Marilyn Monroe
Brani migliori:
La fine del mondo
Sessanta sacchi di carbone
A chi
Musicisti e Ospiti:
Giacomo Lariccia:
voce, chitarra acustica, weissenborn, chitarra resofonica
Marco Locurcio: chitarre
elettriche, chitarre acustiche, basso, contrabbasso, violoncello, tastiere,
percussioni, cori
Fabio Locurcio: batteria,
percussioni
Mathieu Maron: fisarmonica,
Fender Rhodes (4, 7), pianoforte (13)
Jean-Paul Estievenart:
tromba
Nicolas Kummert: sax
Pucio Diaz: voce
(13)
Jennifer Scavuzzo:
cori
Raphael Debacker:
Fender Rhodes (5)
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