lunedì, novembre 27, 2023

Marco Ongaro – La spia che ti amava, quinto episodio della sua indagine sull’amore

di Fabio Antonelli

Il 24 di novembre è uscito su tutte le piattaforme digitali il videoclip “La spia che ti amava”, il nuovo singolo di Marco Ongaro. Un brano che anticipa la pubblicazione dell’album omonimo, anche su CD, prevista a metà febbraio 2024 a cura della Long Digital Playing di Milano. Il nuovo progetto musicale verrà presentato in anteprima live con un concerto che si terrà venerdì 1° dicembre all’ESOTERICPROAUDIO THEATER di Villafranca (VR).


Il 24 novembre, è uscito il videoclip La spia che ti amava, il singolo che anticipa il nuovo album in uscita a febbraio 2024 e che avrà lo stesso titolo. Due domande in una: perché l’idea di riprendere nel titolo proprio quel James Bond interpretato da Roger Moore, piegandolo però su te stesso (in Bond c’è un mi e non un ti amava) e se, la copertina, che mostra una tua immagine in movimento ripetuta più volte a sovrapporsi, ti rappresenta, io direi di sì perché sei sempre stato un artista in movimento, mai rivolto al proprio passato ma pronto a cercare nuovi stimoli e lo hai fatto mutando continuamente la modalità, un po’ scrittore, un po’ saggista, un po’ drammaturgo, un po’ cantautore, un po’ rocker come in quest’ultima produzione, è così?

Ho modificato il titolo di 007 La spia che mi amava togliendo al significato patetico del film quel tocco di intimismo per farne, con la seconda persona singolare che ben si adatta all’impersonale, una versione più universalizzata. La spia che ti amava è l’altra parte nel gioco delle parti allestito da Eros, l’altro individuo in un intreccio amoroso, quello della cui autenticità non si può mai essere certi fino in fondo. Come non si può mai essere certi fino in fondo dell’esattezza del proprio amore, della propria buona fede e infine della propria identità - chi è il tanto sbandierato sé stesso? di quanti me stesso dovremmo rispondere? – così un più o meno debole dubbio rimane sempre in merito a chi si ha nel letto, alle sue intime motivazioni, alla miscela di desiderio e bisogno che ce l’ha messo accanto. Il dubbio su di sé si riflette bene nel dubbio sull’altro, sospetti reciproci s’insinuano e vengono messi a tacere, il gioco di specchi si moltiplica come le incertezze, più disincantate che paranoiche, e l’universo spionistico, che passa spesso anche attraverso commerci sessuali, ne sintetizza perfettamente l’aspetto metaforico.

Lo smartphone consultato spesso a tradimento per leggere l’animo altrui non può certo restituirne una foto attendibile. Perché l’algoritmo del cellulare è meno complesso delle pur ripetitive dinamiche amorose, e questo a dispetto delle mille password da decifrare ogni giorno per spiare l’essenza della persona “amata”.

La molteplicità della foto di copertina del singolo riflette bene questo concetto come pure, hai ragione, la mutazione reiterativa dell’artista che cerca di sfuggire alla propria gabbia ricreando continue versioni di sé. La spia che ti amava in effetti è il quinto personaggio creato nella mia carriera nel tentativo di indagare l’amore: Landru in Archivio Postumia, poi Il Salvatore delle donne tristi e Il sostegno delle massaie in Canzoni per adulti, quindi Il fantasma baciatore nell’omonimo album. Con La spia siamo alla pentalogia. Chissà se ho finito. Comunque il rocker c’era già in Dio è altrove ed Esplosioni nucleari a Los Alamos. Viene da lontano. 



Hai parlato di rocker, in effetti il rock mi sembra oramai diventato la tua cifra stilistica, soprattutto se andiamo ad ascoltare i tuoi ultimi lavori musicali. Magari cambia la formazione musicale che ti accompagna e quindi lo stile, passando dal prog al rock vero e proprio, ma pur sempre di genere rock si tratta. Solitamente il rock è lo stile che si abbraccia da giovani per poi approdare a stili più “tranquilli” mentre tu sembri muoverti a ritroso un po’ come cantavi nel brano di apertura del precedente disco.
È una scelta precisa e definitiva o è dettata dai compagni di viaggio che di volta in volta imbarchi nell’impresa?

L’influenza di amici, direttori artistici, produttori ha guidato il mio tragitto fino a qui. Nell’album precedente, Solitari, le scelte stilistiche erano dovute a due fattori: uno, le direttive del produttore Gandalf Boschini cui avevo lasciato come mai prima carta bianca, e due, lo strumento con cui ho scritto le canzoni. Gandalf ha scelto arrangiatore e musicisti, io ho scelto la chitarra. Scrivere alla chitarra porta più verso il rock, nel mio caso. Mentre lo swing è tipicamente pianistico. Archivio Postumia e Canzoni per adulti li ho scritti interamente al pianoforte: l’universo orbitante tra il Tom Waits di Blue Valentine, il Paolo Conte di Aguaplano e i retaggi delle indicazioni di Lilli Greco ne erano all’origine. Dio è altrove e Esplosioni nucleari a Los Alamos risentono massicciamente della mia scrittura alla chitarra e dell’incontro con il chitarrista Roby Ceruti, un archeologo dell’elettrica. Gli incontri decidono come le cose nascono. La spia che ti amava è nata praticamente a Parigi, con la mia chitarra comprata in loco e i concerti quotidiani cui assistevo alla Guinness Tavern. C’erano cover band rodate, un modello trio di base, basso chitarra e batteria, cui abbiamo aggiunto due voci femminili. Ecco a voi Le Cifre. Vi si è aggiunto il piacere dell’uso tarantiniano delle colonne sonore vintage. Ma lo si scoprirà meglio all’uscita dell’album.

Beh, con questo tuo finale dico non dico, apri uno spiraglio di luce davvero interessante sull’intero nuovo lavoro che uscirà a febbraio. Non credo tu voglia anticipare altro in merito al contenuto del nuovo disco, allora ti faccio un’ultima domanda più ampia. Il nuovo disco lo pubblicherai anche in vinile e, in ogni caso, lo diffonderai comunque sulle varie piattaforme digitali? Te lo chiedo perché alcuni artisti (mi vengono in mente Pippo Pollina e Davide Van De Sfroos) hanno deciso di intraprendere una battaglia che, sinceramente, ritengo un po’ donchisciottesca, contro la musica definita liquida, ossia la fruizione musicale in digitale della musica, affidando le vendite del loro ultimo album esclusivamente ai supporti fisici (cd ed il ritornato di moda vinile). Che ne pensi in merito?

La mia scelta discografica stavolta è caduta sulla Long Digital Playing di Luca Bonaffini, un’etichetta principalmente digitale, come dice il nome, ma che per l’occasione stamperà e distribuirà anche i CD. Dunque, tutte le piattaforme virtuali sono coinvolte in prima istanza, poi il supporto fisico, ma al vinile non credo arriveremo a meno che non ci siano prenotazioni a prezzi da collezione. In tal caso al denaro non diremmo di no. Il mio anacronismo non si spinge all’irrealismo, il mondo è digitale, la mia etichetta lo è, quando mi pubblicherà la rivista Vinile rivedrò semmai la mia posizione. Stavolta vorrei aumentare l’impegno dal vivo, vista la band così ben affiatata. Nulla è più concreto di un concerto.


Sito ufficiale di Marco Ongaro

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