di Fabio Antonelli
Sono ormai passati quindici anni dall’esordio discografico della cantautrice leccese Francesca Romana Perrotta, era infatti il 2008 l’anno in cui debuttò con Vermiglio (2008 – ed. Universo), cui seguirono Lo specchio (2011 – ed. Edel/Curci) e L’ora di mezzo (2017- ed. Filibusta Records S.r.l./ Curci). Tutti album ben accolti dalla critica. Eccoci quindi giungere a giugno 2023 e quindi alla pubblicazione del suo nuovo album intitolato Fuori dalle labbra (2023 – ed. Curci). Anticipato da due singoli, il primo uscito addirittura un anno prima, il suo nuovo lavoro sembra nuovamente aver fatto centro.
Se sei d'accordo, Francesca, comincerei com'è mia consuetudine dalla copertina del tuo nuovo album, perché è poi quella a costituire il biglietto da visita per chi si trovi a guardare il tuo disco. Personalmente la trovo molto attraente perché ti mostra fotografata su un ricco fondale floreale, il tuo bel viso però mi risulta enigmatico, sembra non voler lasciar trapelare nulla di ciò che è il contenuto del disco, soprattutto se messo in relazione con il titolo dell'album Fuori dalle labbra. Credo che nulla sia mai lasciato al caso. Mi spieghi com'è nata l'idea e com'è stata elaborata?
La copertina dell'album mi piace tantissimo. La fotografia è di Margherita Cenni, mia fotografa da anni. Il progetto grafico di Riccardo Cardelli, bravissimo cantante, musicista e grafico e fratello del mio bassista, Francesco. È stato lui a proporre questa immagine come cover di Fuori dalle labbra ed ho subito gioito, pensando fosse perfetta! I colori esprimono vitalità e, come dici tu, il mio volto è immobile. Esprime il concetto dell'album, la difficoltà delle parole che difficilmente trovano la strada per uscire fuori dalle labbra. Nello stesso tempo i fiori, però, sullo sfondo, diventano preziosi custodi di tutte quelle parole che alla fine vengono "viste", sebbene non "dette". Io sono così, non parlo con le parole. Uso altre forme espressive per comunicare, il parlare "normale" mi affatica. Sarà per questo che scrivo canzoni: per dire quello che non riesco a dire con i discorsi normali.
"Hai voglia di ascoltarmi? Sì, io non so parlare / Ci metterò cent’anni, per dirtelo e spiegare / Quando sei qui con me…", così canti in Alchemica, la canzone che apre il disco e sembra quasi voler continuare quel discorso iniziato intorno all'immagine di copertina. C'è una sorta di difficoltà di comunicazione tra donna e uomo all'interno di una coppia, ma alla fine ove mancano le parole sembrano venire in soccorso chimica e alchimia?
Certamente è così. La chimica aiuta la comunicazione, anzi, ne fa parte. Non sempre bastano o sono necessarie le parole. Ci sono altre cose, nei gesti, negli sguardi, negli intenti, che spiegano e trasmettono le emozioni. Tuttavia, poche o tante che siano le parole, l'ascolto è necessario. L'incomunicabilità parte dal mancato ascolto dell'altro, aperto ed accogliente. Non è facile, perché spesso dobbiamo ascoltare ciò che non vogliamo sentire, non ci piace. Vorremmo ascoltare solo ciò che ci va bene, ma questo non è un modo per capirsi e conoscersi. Nel brano Fuori dalle labbra, infatti, lo dico e lo sottolineo con enfasi. La verità, per essere conosciuta, ha bisogno di coraggio.
"Io e come mi chiamo / tu e tutto quello che c'è tra noi / spolveriamo la paura di sanguinare un po'" dalla title track Fuori dalle labbra sembrano proprio voler approfondire il discorso iniziato con la precedente canzone, sembrano un invito ad avere più coraggio nei rapporti, a lasciare fuoriuscire dalle labbra il non detto, perché poi il non detto rischia ...
Fuori dalle labbra è stato un brano scaturito dalla consapevolezza personale di non riuscire facilmente a parlare... E, come ho detto, scrivo infatti canzoni, per dire cose che altrimenti non direi. Ciò che rende poi prezioso il dialogo è l'ascolto, che deve essere aperto, pronto ad accogliere le verità altrui. Anche quando queste pesano. Se manca l'ascolto, dall'altra parte è facile che succeda che si smetta di dire le cose importanti e che il dialogo diventi vuoto, convenzionale e superficiale. È così che poi si deteriorano i rapporti umani. Bisogna avere il coraggio di dire e di ascoltare la verità. Per non pugnalarsi alla schiena. Fuori dalle labbra è un brano che è stato particolarmente impreziosito e valorizzato dall'apporto creativo del chitarrista che ha registrato quasi tutti i miei album, Massimo Marches. Ha trovato l'arrangiamento perfetto per evidenziare l'atmosfera particolare di questo brano.
"Questa è la scena, dentro a un bar all’incrocio di due oceani / Vedo te, di schiena, bevi rhum e tequila / Mentre la burrasca imperversa", così inizia la splendida Dentro un bar, sembra l'inizio di un film o forse meglio di un cortometraggio. In 4'55" si è come proiettati dentro un film, in un incontro tra una donna e un uomo e verrebbe voglia di essere anche noi dentro quel bar. Com'è nata questa canzone?
Una sera di fine settembre, ero in un bar immerso in un'atmosfera particolarmente elettrica. Ho immaginato una scena: un uomo seduto al bancone di un bar e quel bar era su un'altissima scogliera a picco sul mar Mediterraneo che si incrocia con il mar Jonio, nel mio luogo d'origine, il Salento. Il luogo e i personaggi erano alquanto felliniani. Esseri variegati che sembravano lì da tempo immemore. Il vento di tramontana stravolgeva gli animi ed è così, in quell'aria di tempesta, che ho concepito Dentro a un bar ed una scena d'amore tra un Ulisse mai tornato ad Itaca ed una Penelope, che non aspetta immobile il suo ritorno ma lo va a cercare proprio lì, all'incrocio di due mari. Quando lei arriva e lo vede lì, seduto di schiena, pensa "non girarti adesso, mi serve ancora l'ultimo respiro", tanta è l'emozione di rincontrare l'uomo che ha tanto atteso. È un brano molto suggestivo, che i miei fan stanno apprezzando molto.
"E non più solitudini da nord, le abitudini d'antan riprenderemo" è il verso di L'evento straordinario che da subito mi ha colpito, forse perché uomo del nord e perché il termine d'antan era tantissimo che non lo sentivo più utilizzare. In questa canzone trovo un indicibile voglia di riprendersi in mano la propria vita, di scacciare le malinconie, di innamorarsi, di riavvicinare il proprio prossimo, non si parla più di metri, neppure di centimetri bensì di millimetri. Quanto hai sofferto questa forzata lontananza dagli altri?
Questa canzone ed in particolare questa parte del ritornello riprende quella sensazione di silenzio assoluto, di fermo immagine della vita che mi mandavano amici e colleghi e anche i miei editori dalla città di Milano nel periodo del lockdown... Le abitudini d'antan, usando questo termine desueto, descrivono proprio abitudini che in quel momento sembravano lontane, come perdute nel passato: dal caffè al bar, alle chiacchiere col compagno di banco, ad andare a vedere i film al cinema, eccetera. Più che un indicibile voglia di riprendere in mano la propria esistenza, c'è stata la consapevolezza che neanche una pandemia ed un conseguente lockdown possono arrestare le emozioni, i sentimenti, le passioni umane. Infatti, in quel periodo le persone per vedersi e "sentirsi" hanno pensato ed inventato di tutto. Io non ho particolarmente sofferto il lockdown, più che altro ho sofferto tutto ciò che si scatenava attorno al lockdown... Sono addirittura finite delle amicizie, oppure ci sono stati momenti di vera paura, ma la chiusura in sé per me è stato un momento prezioso.
“E' tutto facile e non è colpa mia / Se tu sei solo un uomo, solamente un uomo / Ed io lo so un uomo cosa sia… / lo so, un uomo cosa sia” con questi versi, che esprimono il pensiero della protagonista, si chiude il successivo brano La canzone segreta. Canzone segreta come segreto rimarrà sempre l’amore struggente che Eleonora d’Aquitania provava in cuor suo per il proprio tutore Raimondo d’Antiochia. Siamo a cavallo tra il 1100 e il 1200, attingi quindi ancora una volta da una figura femminile del passato, ma la vicenda narrata è una storia che purtroppo si ripete, quella cioè delle convenzioni sociali, non è vero?
In realtà la storia di Eleonora d'Aquitania mi ha ispirato dal punto di vista sentimentale più che sociale. Ho pensato che in fondo alcune dinamiche riferite alle passioni umane restano sempre le stesse, al di là dei secoli e della condizione sociale. Ho pensato che in fondo anche una regina del medioevo, nonostante il suo ruolo anche politico, era sempre comunque un'adolescente innamorata e come gli adolescenti innamorate dei nostri tempi, viveva di passione. È per questo che l'ispirazione parte da una figura femminile antica per poi trasferirsi in uno scenario metropolitano, in una sera di fine estate. La mia ricerca sulle figure femminili del passato ha sempre come intento di mettere a paragone le dinamiche umane riferite alla donna, tra passato e contemporaneità. Non c'è una donna antica ed una donna moderna perché essa è caratterizzata da una natura complessa, che non può prescindere da un'essenza creatrice e distruttrice sempre in bilico tra il sublime ed il terreno.
La successiva canzone è una cover di Ritornerai di Bruno Lauzi, che reinterpreti in duetto con Simone Cristicchi. Ho una duplice curiosità. La prima riguarda la scelta della canzone, io una mia idea in proposito me la sono fatta, ma lascio spazio a te. La seconda è come mai questa collaborazione proprio con Simone, come vi siete conosciuti e com’è nata l’idea di duettare in questa reinterpretazione?
La scelta di questo brano dipende dal fatto che, sin da quando ero piccola, Ritornerai è sempre stata una canzone che ho adorato, per una serie di motivi: dalla melodia, alla voce di Lauzi, al testo… una canzone meravigliosa nella sua assoluta semplicità. Poi, quattro anni fa, ho deciso di partecipare al Premio Lauzi dove casualmente era ospite anche Simone Cristicchi, col quale mi conoscevo da anni perché aveva già lavorato con mio fratello (l’attore/drammaturgo Mario Perrotta). Durante le serate del Premio, nei camerini ed in attesa di salire sul palco, io e Simone strimpellavamo la chitarra ed io ho intonato questo brano. Lui mi ha seguita, facendo la seconda voce. In quel momento è arrivato il patron del Premio, Giordano Sangiorgi, il quale ha detto: dovreste assolutamente registrarla, così come la state cantando adesso. E così è stato. Simone è venuto a Rimini, dove io registro abitualmente. Ha registrato la sua parte. Il mio storico bassista, Francesco Cardelli, ha suonato la chitarra acustica. Poi toccava a me, ma è arrivato il lockdown… Ho registrato la mia voce due anni dopo, ma finalmente eccola qua, nell’album Fuori dalle labbra, in versione acustica, così com’era nei camerini del Premio Lauzi.
Con Canzone d’inverno ci si trova catapultati, improvvisamente, dentro un clima gelido, non è inverno solo dal punto di vista climatico, è inverno musicalmente e lo è nei versi che canti “Rido forte, so che smetterò per giorni di mangiare / mi basta quello che ho da bere, lacrime di sale / e non ci penseremo più alla vita / maledetta scusa per morire!”. Mi sembra che ancora una volta tu vada a scavare nei sentimenti spesso duri e crudi dei rapporti di coppia, mi spieghi meglio ciò che cogli dal tuo punto di osservazione?
Canzone d'inverno è un brano al quale sono molto legata, perché la sua atmosfera così algida in realtà nasconde un turbinio di sentimenti profondissimi. Questa canzone è come se fosse il sequel di un altro brano che ho pubblicato nel mio secondo album Lo specchio (Edel/Curci Edizioni). Quel brano s' intitolava Giovanna la pazza ed era appunto dedicato alla figura storica di Giovanna di Castiglia. La sua storia mi aveva profondamente colpita e, a quanto pare, non mi era bastata una sola canzone per dare voce a questa mancata regina, triste e maltrattata dall'uomo di cui era innamorata, suo marito Filippo. L'ingiusta reclusione di vent'anni in una torre isolata dal mondo, proprio ad opera di Filippo, mi aveva sempre indignata e ho letto molti libri su questa storia, cercando di capire come si possa arrivare a certe dinamiche. Quindi Giovanna, come un personaggio pirandelliano, è rivenuta a me; l'ho vista rinchiusa nella torre quando si disperava, smetteva di mangiare, rideva senza motivo per sbeffeggiare la sua sorte infausta e guardava il mondo fuori dalla fessura dentro al muro di quella torre gelida, aspettando invano che Filippo un giorno avrebbe deciso di riprenderla con sé.
Con la successiva canzone Lucrezia e Roma, siamo proiettati ancora una volta dentro una storia che arriva dal passato, dal periodo rinascimentale, il tuo sguardo si posa sulla figura di Lucrezia Borgia, spesso dipinta dai suoi contemporanei come avvelenatrice e donna malvagia, ma dai tuoi versi che le fai pronunciare in prima persona “Il sangue scorre sulla nostra casa / mescola il vino con la verità / portami via da tutta questa vita / che mi deruba di ogni libertà” mi sembra di intravedere una realtà abbastanza diversa. Una donna forse più vittima che libera artefice della propria esistenza, è così?
Lucrezia Borgia è uno dei personaggi a cui pensavo da tempo, proprio perché nei libri di testo o comunque nell'immaginario collettivo viene sempre raffigurata ed interpretata come una donna maledetta. È stato sorprendente anche per me scoprire quanto invece Lucrezia sia stata una vittima del suo tempo e del contesto storico-culturale e sociale in cui ha vissuto. Donna intelligente con una grande forza d'animo ed un amore per l'arte e la cultura sconfinato, assieme a Lorenzo de' Medici, Ludovico Sforza ed altri personaggi del Rinascimento, Lucrezia è stata una grandissima mecenate che ha favorito il fiorire della cultura e dell'arte italiane. Essendo figlia di Alessandro Borgia (il Papa) e sorella di Cesare Borgia, ha subìto le più incredibili angherie e violenze da parte degli uomini della sua famiglia. Il tradimento più inconcepibile per una figlia e per una sorella che ha sacrificato tutta la sua vita per gli interessi politici. È un tradimento generale, non solo familiare, la storia, il suo tempo e la sua stessa città, Roma, sono i suoi più efferati carnefici. E la sofferenza è tanta poiché queste entità sono i punti di riferimento di una fanciulla ricca, bellissima ma profondamente sfortunata.
La rivoluzione ti vede duettare, anche a livello di scrittura, con Marco Ancona, un altro cantautore salentino, in una canzone che, secondo me, lascia quasi volutamente la porta aperta a personali interpretazioni, in modo che ognuno possa farla propria. Personalmente i versi “Lascia stare la tua bella perfezione / non cambi idea, lasciala andare, per favore / Cosa te ne fai? Lo vedi, non ti serve più / ha inizio la rivoluzione” mi sembrano un invito a lasciarsi comunque coinvolgere dalle proprie emozioni, altrimenti il rischio è quello di non riuscire mai ad accogliere veramente chi ci sta accanto, è così?
Sì, anche se non è una canzone d'amore. È una canzone di amicizia, scritta per un amico ed interpretata con un amico storico. Gli amici veri certe volte devono scuotere, spronare, svegliare... Arrivano dei momenti in cui bisogna smuovere le acque, le rivoluzioni sono da assecondare, perché portano vita! La Rivoluzione è stato il primo singolo pubblicato in anteprima di un anno rispetto all'uscita del mio nuovo album. L'ha pubblicata Marco Ancona, abbiamo registrato anche un bel videoclip. Poi l'ho inserita anche in Fuori dalle labbra, poiché ne sono autrice ed interprete, come lo è anche lui.
Dopo una canzone sull’amicizia, in Tu non capisci niente canti “Ti piace la notorietà / ma chi si ricorda di te? / Ti fai troppo compatire / la gente ti guarda e ride / Cosa è stato di un passato tutto d’oro?”. una canzone che rappresenta la visione disincantata di una donna verso un uomo egocentrico la cui esistenza sembra ormai in disfacimento. L’uomo in questione appartiene o è appartenuto alla tua vita?
È una storia sempre di amicizia. Lunghissima intensa amicizia. Ovviamente stiamo parlando di un collega... La notorietà, il passato di successi etc. e poi un declino in realtà voluto, cercato, tra l'alcol e la vita dissoluta. Non di certo scontato, visto che il talento c'era e ci sarebbe ancora! E Tu non capisci niente si riferisce proprio a questo. Molti musicisti finiscono così, purtroppo. Vivono assecondando una natura bisognosa di continui stimoli, di una vita fuori dalle righe, ma poi si ritrovano vittime di dipendenze devastanti, gettando alle ortiche il proprio talento. "Tu non capisci niente" è una frase arrabbiata, che rimarca la frustrazione di vedere un amico, straordinario musicista, rovinarsi la vita. Il mio produttore artistico C. Bonato, era perplesso sull'inserire un brano così crudo nell'album, ma io gli ho detto che era necessario farlo, proprio per rispetto al senso di questo lavoro, che si fonda sulle verità scomode, ma che vanno raccontate.
“Liquido scivola, scioglie il rossetto / Segna il tragitto da un mondo virtuale, negando ogni inutile slancio / E cieca davanti allo smacco del mondo reale rifiuti il sospetto / E intanto l'arsenico scivola lento…”, sono i versi con cui descrivi in Madame Bovary gli ultimi istanti di vita di Emma Bovary, la protagonista del celeberrimo romanzo di Gustave Flaubert. La canzone si spegne, come la sua esistenza, su queste parole “Rinuncia per sempre, rinuncia per sempre Madame Bovary”, ancora una volta una donna vittima, sconfitta dai suoi stessi sogni?
Questo personaggio, come affermava lo stesso Flaubert, soffre la sua natura. È una donna dall'anima romantica e passionale, costretta ad una vita mediocre e provinciale. Il suo pathos, la voglia di sentimenti assoluti, si infrangono contro il mondo piccolo-borghese in cui si ritrova a vivere. Agli spiriti come Emma, così come a noi artisti, capita di avere bisogno di sfuggire alla mediocrità, al borghesismo, alle cosiddette gioie quotidiane. L'ossigeno arriva dal palcoscenico, dalla creatività, dalla condivisione dell'energia che si sprigiona quando facciamo musica. Se non avessimo questo ossigeno, moriremmo come muore Emma Bovary. Questa indole sognatrice è la nostra croce e la nostra delizia. Ci dà vita e ci rovina la vita. Prende e toglie energia. Ci rende inquieti. La Bovary riflette perfettamente questo spirito, che poi era quello dell'artista che l'aveva creata, il quale diceva, appunto: "Madame Bovary, c'est moi". E questo lo posso dire anch'io.
In L'hiver est fini, la canzone piena di malinconia che chiude il disco, i versi “Mais aujourd’hui l’hiver, c’est fini / et meme mon coeur qui était si triste / cède à la joie qui danse dans l’air” descrivono forse meglio di tante altre parole, l’istante in cui si pone fine ad un amore e ci si predispone a intraprendere un nuovo percorso. È una canzone che sembra uscire da un altro tempo, da un passato remoto, con quei crepitii iniziali da grammofono e una dolente e struggente melodia che sembra suggerire che, così come l’amore ivi descritto, anche questa esperienza musicale sta per chiudersi. Ci lasci con un velo di nostalgia…
Sì, l'atmosfera nostalgica e retrò mi appartiene. Mi piace mischiare una sorta di romanticismo letterario con la musica. Uno Sturm und Drang stemperato dalla sensibilità femminile. Ed è così che voglio lasciarvi: sognate di amare, di soffrire e di ritrovare poi ogni volta il soffio vitale che vi riporta a respirare la Bellezza. Fuori dalle labbra è un viaggio che parte dalla chimica e finisce, appunto, fuori da noi, che arriva attraverso le parole e la musica a trasportarci dove le emozioni ci avvolgono davvero, fuori dal quotidiano e da ciò che è scontato.
Mi permetti un’ultima domanda? Come hai ricordato prima, il videoclip La rivoluzione ha anticipato di un anno l’uscita di questo tuo ultimo lavoro discografico, poi è stata la volta del singolo La canzone segreta e, a disco già pubblicato, il nuovissimo videoclip di Alchemica. Ne seguiranno altri? Credo che Dentro un bar sarebbe un cortometraggio meraviglioso…
Ecco ci vorrebbe appunto un cortometraggio... Cosa che non riuscirei a collocare in contesti promozionali... però sto pensando ad un video di Fuori dalle Labbra, che in realtà è la canzone che racchiude l'essenza di questo nuovo album.
Francesca Romana Perrotta pagina ufficiale
Francesca Romana Perrotta su Facebook
Francesca Romana Perrotta su Instagram
Francesca Romana Perrotta su Wikipedia
Nessun commento:
Posta un commento