di Fabio Antonelli
"Il
ranuncolo indossato dai cantanti di Sanremo è solo una foglia di fico che serve
a nascondere il maschilismo evidente nella scelta delle canzoni. Non solo c’è
una drammatica assenza di donne tra le interpreti in gara, ma neppure a livello
autoriale è stato rispettato il contributo delle donne, che si ritrovano a
cantare brani scritti da uomini, a farsi interpreti di sentimenti filtrati da
una sensibilità maschile. Non solo fiori, la prossima volta, ma opere di
bene".
Grazia Di Michele |
Partirei
subito, se s ei d’accordo, dalla tua critica rivolta alla direzione artistica
del Festival di Sanremo, in cui sottolinei con forza l’assenza quasi assoluta
di interpreti femminili o, qualora presenti, in ogni caso con pezzi scritti da
colleghi uomini …
Beh, sai sono una cantautrice da una
vita e ho scritto tantissime canzoni, con alcune di queste sono stata anche al
Festival di Sanremo, però parliamo di canzoni, come ad esempio “Io e mio padre”
(1990) la primissima che ho scritto che, credo, solo una donna possa descrivere
così il rapporto tra una figlia e suo padre, un uomo ha ovviamente un altro
tipo di rapporto. Se io scrivessi una canzone su mia madre, su mio figlio o sul
mio modo di vivere la condizione femminile nel mondo, questa sarebbe
conseguenza del mio essere donna o di aver vissuto in prima persona negli anni ’70 il
movimento femminista. Ritengo che nel mondo della musica cantautorale italiana,
le donne ci sono,ma faticano ad uscire fuori.
Quando in questi giorni ho visto il Festival di Sanremo, dove tutti hanno messo
un fiore per sensibilizzare tutti sul tema della violenza che le donne
subiscono ogni giorno, poi mi sono detta “E’ giustissimo però perché in questo
Festival alla fine non sono presenti testi scritti da donne e così poche
interpreti? Non è certo una questione di quote perché le trovo in sé assurde".
Sì,
lo sono in ambito politico, figuriamoci in ambito musicale …
Infatti, è però questione di riconoscere
una realtà. Ad esempio trovo anche strano che in questo Festival sia totalmente
assente il rap, assenza che puoi giustificare con il gusto personale,
soggettivo, ma resta il fatto che noto delle stranezze … Sai poi perché ho
notato l’assenza di storie femminili? Perché io con le donne ci parlo, parlo
con loro quando vado a fare le master class, lì incontro cantautrici emergenti o
affermate, ma questa realtà assai diffusa emerge. Mi sarei quindi aspettata una
maggiore attenzione verso l’universo femminile, non so tu cosa ne pensi …
Sono
d’accordo, perché credo non sia possibile che l’unico spazio in cui si possa
sentire la canzone d’autore femminile sia quasi solo il Premio Bianca d’Aponte.
Sì certo, metti per assurdo che fossi stata io il
direttore artistico di questo Festival di Sanremo, credi che il Festival
sarebbe stato così? Tu hai citato il Premio Bianca d’Aponte, certo è ottimo ma
tante donne hanno provato ad entrare anche
nella vetrina sanremese, sia
quelle affermate che quelle meno, c’è un bel gruppo di cantautrici valide, dove
sono?
Al
Festival eri appena stata nel 2015 …
Sì, con Platinette, però anche quella
operazione è nata per una mia
attenzione nei confronti della
discriminazione sessuale, Plati è un amico
e ho cercato di stabilire con lui un
dialogo sulla sua condizione e ne è nata una canzone. Altre donne raccontano il loro modo di
relazionarsi con la vita, con gli uomini, con l’amore, con i problemi, ed hanno
una loro cifra poetica.
Assolutamente,
penso ad esempio a Susanna Parigi, Patrizia Laquidara, due nomi che mi vengono
in mente in questo istante …
Certamente, ma anche di più giovani e
meno conosciute, è pieno di artiste valide. Cito Cristina Donà così come Erica
Mou, ma sono davvero tantissime, in questo Festival sarebbe bastato mettere un
Pooh in meno e chissà … (ride)
Cover CD "Folli voli" |
Assolutamente si. Anche nel tuo nuovo disco “Folli voli”, d'altronde, in cui tra l’altro
abbandoni il tuo ruolo classico di cantautrice per assumere quello di
interprete, attingi a piene mani dal mondo musicale femminile e, direi,
trasversalmente, visto che ascoltarlo è un po’ come girare per il mondo alla
ricerca di vere e proprie perle musicali.
Beh, ho voluto fare questo esperimento,
anche se poi in realtà non è che abbia mai smesso di scrivere, solo che questa
volta ho avuto voglia di giocare un po’ con la possibilità di interpretare
brani scritti da altri che, però, parlassero di cose di cui avrei potuto
parlare anche io, del mio rapporto con la musica, del modo di vivere l’amore.
E’
un po’ come se fossero sempre state dentro di te?
Sì, sì, anche perché alcune canzoni le
conoscevo da tantissimo tempo come, ad esempio, “Uri” un brano di Noa che ho
ascoltato ed amato tantissimo. Quindi, quando poi si è trattato di scegliere i
brani, su alcuni sono andata a colpo sicuro, in maniera affettiva, come nel caso di “Uri”, così come anche per il
brano di Damien Rice (“The Blower’s Daughter” diventato “Non so guardare che te”)
che ho ascoltato fino all’esasperazione. Non sono “cover”, ma adattamenti in italiano di brani che in
qualche modo sono entrati nella mia vita, perché quando si parla di “cover” in
realtà si sbaglia perché la cover è riproporre
una canzone così com’è…
Ah,
lo so bene, sono stato cazziato su questo punto da Marco Ongaro (cantautore
veronese) quando ho definito “cover” una sua traduzione di “Hallelujah” di
Leonard Cohen e, ci ha tenuto molto a precisare che una cover è una cover,
mentre una traduzione comporta un lavoro molto più complesso.
Assolutamente sì, i brani sono stati
tradotti in italiano cercando di mantenere integro sia il significato sia il
suono, il che non è facilissimo. Ti faccio l’esempio di “Falling Slowly” che è
diventato “Folli voli”, che come vedi suona allo stesso modo pur avendo un
significato letterale diverso, però racconta quello che effettivamente dice la
canzone nella sua versione originale. Il disco, è nato per gioco, un pezzo
dietro l’altro e, quando mi sono accorta che ne avevo fatti dieci, mi sono
detta “Ecco, abbiamo pronto il cd”. Il disco è una parentesi molto leggera tra
quanto fatto fino ad oggi e quanto sto, invece, scrivendo ora. E’ stato anche molto
interessante da realizzare, perché entrare nel mondo degli altri a volte ti fa
conoscere delle cose di te stesso, che non sai. Questo disco, come dicevi bene,
è un viaggio e un viaggio arricchisce sempre…
Sai
però, devo dirti che, ascoltando il disco, quello che sto dicendo non è un
aspetto negativo ma è un pregio, è un po’ come se ci fosse un filo conduttore
che lega tutti i brani, sarà forse il tuo modo di porgere le canzoni che le
rende quasi tue, quasi fossero state scritte da te, certamente un modo di
essere assolutamente riconoscibile.
Beh, forse è dovuto anche alla mia voce
che è quella che è e, in qualche modo, lega tutto, anche se io non credo mai
che la voce sia solo un fatto timbrico. In effetti, il fatto che tu dica che
sembrano quasi essere state scritte da me è vero. Prendi, l’ultima canzone del
disco ad esempio, “Come la musica” che è stata scritta da Bungaro ed è l’unico
pezzo inedito presente nel disco, serviva un brano che fosse scritto italiano
perché questo viaggio immaginario ad un certo punto doveva come riportarmi a
casa e, ti giuro che quando l’ho sentito per la prima volta sono rimasta
fulminata, perché avrei potuto partorirlo io tranquillamente, come se Bungaro mi
avesse letto nel pensiero.
In
questo disco, inoltre, duetti con alcuni degli autori dei brani.
Sì, c’è il brano greco “Anemos”
(“Anime”) che è cantato con Kaiti Garbi, una cantante molto popolare in Grecia e, in questo caso,
l’abbiamo cantata in trio, insieme a Maurizio Lauzi, figlio di Bruno. Poi c’è
“Embarcacao”, un brano della polacca Kayah che ha secondo me una voce
strepitosa e che in italiano è diventato “Vele al vento” e, per finire, c’è “Folli
voli” il brano che dà il titolo al disco, cantato con Ivan Segreto, un
cantautore di origini siciliane che io adoro, bravissimo, originale, particolare.
In questo caso l’ho chiamato, non conoscendolo, dicendogli che avevo una
canzone che era la traduzione di “Falling Slowly”, canzone cantata da Glen
Hansard e Markéta Irglovà, ci siamo dati appuntamento e, senza mai esserci
visti prima, l’abbiamo cantata insieme alla velocità della luce. Ora stiamo
preparando una presentazione alla Feltrinelli di Roma, cui seguiranno altre
date presso varie sedi della Feltrinelli. Saremo, ad esempio, il 16 febbraio a
Verona , il 2 marzo a Milano.
Ivan Segreto con Grazia Di Michele |
Queste
presentazioni come saranno, visto che il disco presenta sonorità particolari e
dato che, credo, sarà impossibile ripresentare dal vivo i duetti in esso
presenti.
Sarà presentato così, come spesso
nascono i brani, cioè al pianoforte o alla chitarra, comunque in forma acustica,
saranno eseguiti cinque o sei brani, quelli più adatti, perché difficilmente
sarà possibile eseguirli tutti. In ogni caso credo che una canzone, se bella,
anche la più energica, la più ricca di arrangiamenti, possa alla fine essere
ricondotta in una forma più semplice,
senza perdere il proprio valore, penso ad esempio ad “Anemos”, anche se la fai
in versione voce e chitarra sta in piedi comunque.
Tornando
un attimo al discorso fatto sui testi, per le traduzioni hai fatto tu il lavoro
o ti sei affidata a qualcuno?
Mi sono affidata ad Alberto Zeppieri,
per un motivo molto semplice, le lingue da tradurre erano troppe. Alberto ha
dovuto tradurre dall’israeliano al capoverdiano al brasiliano, ecc. Lui è
proprio esperto in questo, non è solo un traduttore letterario ma è un
musicista, quindi riesce a fare benissimo questa operazione che è molto
complessa.
Lasciando
questo disco che, come detto, ti vede protagonista come interprete, hai in
cantiere qualcosa di nuovo a livello di scrittura?
Sì, non ti dico che è pronto ma quasi, un
cd scritto a quattro mani con mia sorella Joanna, che si chiama “Ritratti” ed è
un disco che parla di storie femminili
Tanto
per cambiare …
(ride) No, ma queste sono dei ritratti
molto particolari. Abbiamo cominciato a lavorarci quasi in contemporanea con
“Folli voli” e sono stata per un po’ di tempo come su due binari, poi “Folli
voli” ha preso la sua strada e a questo altro disco continuo a lavoraci finché
non sarà pronto.
Vorrei
farti una domanda che un po’ una provocazione, visto che s’è parlato così tanto
di mondo musicale femminile, se dovessi invece farti scrivere un brano da un
cantautore uomo da chi vorresti fartelo scrivere?
Che domandona che mi hai fatto … Accidenti,
beh, se fosse italiano, mi piacerebbe fosse Paolo Conte.
Ah,
punti in alto ….
(ride) Beh, mi hai fatto tu la domanda,
io l’adoro, perché trovo che sia uno che, sia che scriva in maniera ironica sia
che non scriva in maniera ironica, abbia comunque una poesia sottile, delle immagini straordinarie,
mi piace moltissimo.
Se,
invece, dovessimo allargare il discorso oltre confine?
Beh, andando all’estero mi piacerebbe un
brasiliano, Chico Buarque de
Hollanda, tu sai che anche lì i cantautori sono poeti.
Ma lì trovi molto
poetici più per i testi o per le sonorità?
Per tutte due gli aspetti, mi piace molto la musica
brasiliana, poi Chico racconta la vita con una sensibilità unica.
Quindi, restando
all’Italia, potresti duettare con Joe Barbieri?
Yess (ride). Ma io ne ho fatti davvero tanti di duetti, con Eugenio
Finardi, Cristiano De Andrè, Massimo Ranieri, Tosca, Rossana Casale, Platinette,
Randy Crawford e tanti altri. A me piace molto condividere con gli altri
l’esperienza della musica, essendo anche musico terapeuta.
Visto che siamo
nella settimana del Festival di Sanremo, al di là del discorso fatto sulle
presenze o, peggio, non presenze femminili, come ti è sembrato il Festival
quest’anno?
Mi sembra che ci siano poche canzoni belle, però ci sono. Mi
piace molto la canzone di Ron o meglio di Dalla cantata da Ron, mi piace la
canzone di Barbarossa, quella di Bungaro e Pacifico cantata con la Vanoni. Mi
piace quella dei Decibel che non piace a nessuno e non so perché …secondo me è
scritta e cantata bene.
Forse il fatto di
averla dedicata ad un’artista così importante e famoso ha fatto si che la gente
pensasse che l’ha fatto per trarne vantaggio, un po’ come è avvenuto con
Mirkoeilcane, con la sua canzone sui migranti … non può essere?
Guarda, l’ho pensato, poi però c’è il pop di Metal-Moro in
cui cantano un brano sul terrorismo, quindi se fosse vero ciò che dici, che
viene punita la strumentalizzazione, credo allora sarebbe grave strumentalizzare
anche il terrorismo in una canzone, cosa su cui non concordo assolutamente. In
fondo il brano dei Decibel è molto spirituale, intelligente e originale Non sopporto i brani inutili invece, e ce ne
sono…
Dei Volo, che mi
dici? Mi pare di aver letto da qualche parte una tua esternazione …
Guarda, hanno fatto questo omaggio a Sergio Endrigo, sembrava
una marcia funebre. Non si può fare una romanza di una canzone di Endrigo, non
puoi fare un tributo ad uno dei massimi esponenti della canzone d’autore e,
invece che entrare tu nel suo mondo, di rispettarne la semplicità la classicità,
lo trascini a tutti i costi nel tuo … Poi l’hanno rallentata tanto che quasi mi
sono addormentata, non ho parole.
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