di Fabio Antonelli
Com’è nata l’idea di realizzare questo disco? Conoscevi già bene la
produzione di Battisti per cui il discorso è nato da lì o c’è altro?
Beh, conosci forse qualcuno che
non lo conosca? Sappiamo tutti chi è, poi è chiaro che può piacere o no, come
tutte le cose, credo però che la sua genialità non possa essere messa in
discussione, di là dei gusti. Il discorso di questo disco, in generale, è nato
parlando con Franco Zanetti, ormai sono passati cinque anni da quell’incontro
in cui è stato lui a dirmi “Perché non provi a cantare qualche brano di questo
disco di Lucio”. Io, in realtà, non ci avevo mai pensato, però mi sono subito
detta non penso che abbia scelto una persona a caso, come mai gli sono venuta
in mente io, ci sarà un motivo. Poi, a casa, sono andata ad ascoltare quelle canzoni
e qualcosa ho capito (ride), questa per lo meno è la mia opinione ma credo che
sia anche la sua. Di là di tutti i discorsi su Battisti, su quello che può
rappresentare questo disco, poi magari ne parliamo, c’è qualche canzone, magari
non tutte, qualcuna ha qualcosa di pertinente con il mio mondo, con il mio modo
di approcciarsi alle cose, perché se tu vai a vedere, ci sono argomenti
trattati che vanno a scavare nella profondità, nell’interiorità dell’essere
umano, per cui secondo me è questo l’aggancio che era scattato
inconsapevolmente, forse, (ride) nella mente di Zanetti, quando me ne aveva
parlato in quell’incontro. Con lui, però, se ne era solo parlato, tutto questo
è avvenuto dopo, quando sono tornata a casa e sono andata a riascoltarmi il
disco, perché se tu ascolti il disco originale è completamente elettronico, un
po’ spiazzante, a volte non riesci neanche a cogliere quello che Battisti sta dicendo,
quasi che avesse voluto un po’ mascherare quello che stava facendo e dicendo.
Se tu invece prendi queste canzoni come ho fatto io e provi a cantarle, solo
vice e chitarra, con il testo di fronte, a metterti in relazione …
Beh, in tal caso penso che emergano di più anche i testi.
Esatto, emergono di più i testi e
senti che c’è un qualcosa che devi andare a scavare, di là dalla poetica e
dell’estetica del testo per trovarvi il contenuto, questo ovviamente accade in
alcune canzoni più che in altre come avviene in tutti i dischi. Questa cosa mi
ha affascinato molto, così come l’idea di fare una cosa completamente opposta,
rispetto al disco originale che era completamente elettronico, pensare invece una
cosa acustica, questo mi ha ancora più affascinato e da lì in poi sono andata
avanti da sola. Ho poi incontrato (ride), Francesco Paracchini il direttore
dell’Isola che non c’era, cui ho portato dei provini eseguiti solo con la
chitarra, registrati in casa, perché sapevo che lui amava il mondo di Battisti,
in realtà anche lui rimase sorpreso perché come sai anche tu, questo disco non
l’ha mai considerato nessuno.
In effetti, è forse il disco di Battisti meno conosciuto in assoluto.
Esatto, anche quando vedi i
programmi in televisione, piuttosto che sentirne parlare in qualche evento,
pare che per Battisti sia esistito solo, forse giustamente, il periodo d’oro di
Mogol o quello criptico di Panella, visto come momento ultimo della sua fase di
creatività, ma questo stadio lo saltano sempre (ride). Francesco ed io,
condividendo quest’amore, abbiamo cominciato piano a pensare, sull’onda
dell’entusiasmo, di voler creare qualcosa di bello e valido. Così è nato tutto,
abbiamo cominciato a pensare, canzone per canzone, a chi avrebbe potuto
suonarla, quindi abbiamo cominciato a pensare a un chitarrista per ogni
canzone, abbiamo provato a farci venire in mente dei nomi, cercando di abbinare
nomi a canzoni sull’onda di ciò che provavamo in quel momento. Abbiamo allora
cominciato a contattarli, hanno accettato tutti subito, poi magari non sono
riusciti tutti subito a realizzare la cosa, come ti ho detto, abbiamo impiegato
cinque anni (ride) a mettere insieme tutti. Sai, ci sono nomi importanti, c’è
Mario Venuti, c’è Pacifico, c’è Mesolella, Marrale, tanto per citarne qualcuno e
ognuno aveva i suoi impegni, concerti, dischi, per cui hanno detto di si tutti,
subito, ma poi magari per fornirti la canzone scelta ci hanno messo cinque mesi
per la parte operativa, però credo che il bello sia che tutti abbaino reagito
con entusiasmo all’idea.
Ognuno poi con il proprio stile e la propria personalità, per cui ne è
venuto fuori un qualcosa di veramente bello da ascoltare.
Sono contento che ti sia piaciuto
anche perché mi dicevi che non sei proprio battistiano, ma in fondo, forse, nemmeno
io.
No, guarda, ci tengo a precisare il concetto, riconosco il genio e le
capacità innovative di Battisti però, a essere sincero, lo conosco ancora poco
e, soprattutto, non m’è proprio mai piaciuto a livello vocale. Invece il tuo
disco, con quei brani cantati con un timbro vocale totalmente diverso, direi
agli antipodi, m’è piaciuto subito.
Grazie, sono molto contenta di
questo tuo entusiasmo.
Volevo chiederti però, a proposito dei vari brani contenuti nel disco, se
sei d’accordo con me, nel fatto che la chiave di lettura di questo disco è
proprio il brano di apertura, “Scrivi il tuo nome”.
Bravo, è vero.
In questo momento stavo leggendo nuovamente il passo di quella canzone,
in cui dice “mostra a te stesso che non sei un vegetale / e per provare che si
può cambiare / sposta il confine di ciò che è normale” ecco, secondo me, in
quel passaggio è racchiuso l’intero significato di quel disco, il voler
cambiare rispetto a quanto fatto fino a quel momento, il non rispettare più
soltanto le logiche di mercato. Lucio in quel momento era così lanciato che,
qualsiasi cosa avesse scritto restando nei solchi di quanto già fatto, avrebbe
funzionato a meraviglia, qui invece decide di botto di tentare nuovi percorsi, basti
pensare al solo fatto di aver realizzato questo disco utilizzando
massicciamente suoni elettronici, cosa che non aveva mai fatto in precedenza.
Infatti, penso sia stato uno dei
primi se non il primo a utilizzare questa elettronica in Italia per un intero
lavoro discografico e se pensiamo che, ancor oggi, la maggior parte degli
artisti più conosciuti, farebbe qualunque cosa pur di rimanere in cima alle
vendite, al primo posto in classifica …
Comunque il discorso che facevo io, direi che si può comunque legare
anche al disco che hai realizzato tu, perché nel tuo piccolo hai preso un disco
che era totalmente elettronico e ne hai fatto un disco totalmente acustico o
quasi, ne hai fatto un qualcosa di totalmente diverso ed è un puro azzardo, perché
dell’immensa discografia di Battisti hai scelto in assoluto il suo lavoro meno
conosciuto.
Si hai ragione, è vero. Infatti,
qualcuno che mi conosce bene, me l’ha anche detto (ride), notando proprio quello
che hai rilevato tu adesso e dicendomi, col sorriso sulle labbra, che Lucio quest’operazione
se la poteva permettere sia dal punto di vista economico sia di popolarità,
mentre io ho fatto la stessa operazione, senza però essere né ricca né famosa
come lui (ride). Tanto è quello che tu senti dentro, che ti spinge a realizzare
certe cose, almeno questo per quel che mi riguarda. Come hai detto tu, non è
un’operazione commerciale, altrimenti una avrebbe scelto altre cose per
mostrarsi, per andare su tutti i canali, in realtà è proprio il processo
contrario, perché come avviene anche con le mie produzioni, non ho mai scritto canzoni
per cercare di far presa sulle persone, sui discografici, non ho mai cercato la
canzonetta un po’ ruffiana, è proprio il mio modo di pormi di fronte alle cose
alla musica, alla vita in generale, il fare solo quello che mi piace e che è
buono per me e, se poi (ride) piace anche agli altri, tanto meglio. Questo
disco è nato allo stesso modo.
Questo progetto sta avendo un seguito live?
Si, abbiamo fatto questi due bei concerti
di presentazione, uno a Milano alla Palazzina Liberty a novembre, l’altro alla
fine di novembre a Roma all’Auditorium del Parco della Musica, nei quali hanno
partecipato anche alcuni ospiti del disco e, adesso, stiamo programmando altri
concerti che da febbraio – marzo, andranno in scena anche in altre città
d’Italia.
Dal vivo da chi ti fai accompagnare, visto che il disco è stato
realizzato con uno stuolo di chitarristi?
(ride) Il chitarrista che ha
lavorato con me fino ad ora è stato Davide Ferrario, che purtroppo dal 19 di
gennaio mi abbandonerà perché inizia la tournée con Franco Battiato, meglio per
lui ovviamente, però dispiace più a noi, perché sarà impegnato parecchio e quindi
non potrà garantire sempre la sua presenza, anche perché poi, appena terminerà
con Battiato, comincerà con la Nannini, quindi … (ride)
Ti ha proprio lasciata fuori dalla sua agenda …
(ride) Già, orami è già prenotato.
A parte gli scherzi, fino ad ora c’è stato lui più alcuni ospiti tra quelli
presenti nel disco, probabilmente sarà poi Giorgio Mastrocola, che è il
collaboratore di Lele Battista, di Battiato poi, quasi sicuramente ci sarà in
alcune date Fausto Mesolella, che verrà in veste di ospite.
La risposta da parte della critica, invece, com’è stata fino a ora?
Guarda, direi che è stato accolto
in modo positivo, soprattutto da quei gruppi di fan di Lucio Battisti, che
ovviamente sono le persone più attente a questo genere di discorso musicale, commenti
positivi sono venuti proprio anche da loro, alcuni all’inizio magari un po’
scettici perché sai che se vai a toccare il loro idolo (ride) ma il bello è che
poi hanno molto apprezzato, perché comunque hanno visto che c’è stato un
rispetto in questa mia interpretazione, si può dire che sia stata semplicemente
una rilettura. Mentre da parte dei giornalisti finora sono arrivati solo
commenti positivi, quindi direi che stia andando molto bene.
Tornando al titolo del disco, “Qualcosa che vale”, com’è nato?
Come ben sai, “Qualcosa che vale”
è una frase scritta nella canzone che citavi prima, “Scrivi il tuo nome” e che,
come dicevi tu giustamente, è un po’ il simbolo di tutto il disco. E’ stata la
prima canzone che ho cantato a casa, con la chitarra ed è stata proprio quella la
frase chi mi ha colpito più di tutte, perché è talmente importante, così bella.
Prova a pensare al fatto di scrivere il tuo nome su qualcosa che vale, questo
testo ti sta dicendo tremila cose che non hanno a che fare con la musica, hanno
a che fare con la vita, c’è l’importanza di dare valore alle cose e a se
stessi, quindi da lì m’è venuta questa idea e mi sono detta, perché non
chiamare questo disco proprio “Qualcosa che vale”? E’ un po’ un simbolo, il
portarsi dietro questo concetto sia dal punto esecutivo visto che ci sono ben quattordici
chitarristi straordinari, che non si sono limitati a eseguire un brano ma hanno
portato la loro personalità e creatività, sia delle canzoni scritte da Battisti
e da sua moglie Grazia Letizia Veronese (nel disco accreditata come Velezia). Per
me il valore di quel disco è insito nella creatività di aver scritto queste
canzoni di cui mi sono innamorata, per cui perché non dare valore a tutto
questo e chiamarlo “Qualcosa che vale” e così è stato.
Che in sintesi, aggiungo io, potrebbe essere anche il giudizio su
questo progetto, un disco che vale la pena assolutamente di ascoltare.
Beh, ma allora tu … (ride), grazie.
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Servizio del TG2 sull'evento di presentazione del disco
"Qualcosa che vale", rivisitazione in acustico dell'album "E
già" di Lucio Battisti del 1982
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