Elsa Martin: “vERsO”
Diretta verso il futuro e
oltre, senza mai dimenticare com’ero …
di Fabio Antonelli
Eppure, ci deve essere una
spiegazione logica, se in terra di Friuli, ogni volta che si viene a contatto
con un nuovo cantautore, non se ne esca mai delusi.
Sarà forse il forte legame con il
terroir, come si dice in gergo enologico quando un vino ben realizzato rivela
un fortissimo connubio con il proprio territorio, dimostrato dalla maggior
parte dei cantautori friulani? Mi vengono in mente a tal proposito Luigi Maieron, Lino Straulino, Aldo Rossi,
giusto per fare qualche nome, tutti musicisti dai quali le canzoni nascono
direttamente in lingua furlana.
Sarà forse che la vita in quei
luoghi di confine lavora, scava lentamente nel cuore delle persone più
sensibili, proprio come fanno le acque del Timavo, fiume che nasce per solo un
paio di km in Croazia e che con un percorso sommerso di circa quaranta
chilometri attraversa la Slovenia ed emerge in territorio friulano per
abbandonarsi finalmente al mare, un’acqua-vita che scava, lascia i segni e poi
ritorna alla luce come fonte viva di poesia, vera poesia.
Elsa Martin, cantante e autrice, educatrice professionale e
musicoterapista, non esce certo dai solchi della tradizione, ma ha in se i
germi dell’innovazione, lo sguardo costantemente proiettato verso il futuro e
il titolo del suo disco d’esordio “vERsO”,
è già di per se una geniale intuizione. Scritto così, rivela da subito la
duplice valenza di questo progetto, da una parte troviamo la componente tradizionale,
quell’”ERO” che non rinnega mai il proprio passato e il legame fortissimo con il
territorio, la lingua furlana e non solo, dall’altra quel “vERsO” che, pur
mantenendo in se questo legame con il proprio passato, guarda però avanti,
verso nuovi percorsi musicali da intraprendere con fiducia, perché forieri di ottimi
risultati artistici.
Se vogliamo analizzare meglio il
disco, si può dire che si presenta costituito da un cocktail di canzoni
popolari riprese dalla tradizione e di canzoni in parte in friulano, in parte
in italiano, i cui testi sono stati scritti da Stefano Montello, membro dei FLK,
mentre la musica è stata composta da Elsa.
Affrontiamo prima la parte legata
alla tradizione, si tratta di sei brani, di cui tre “Al vaive lu soreil”, “E jo
cjanti” e “Griot” sono cantati solo voce dal Trio vocale di Virgiliana, mentre gli altri tre “Al
vaive ancje il soreli”, “Gjoldin gjoldin” e “O
staimi atenz” sono rielaborazioni che partono da basi tradizionali,
cercando però di aggiungere qualcosa di nuovo e di personalissimo.
Ecco dunque che “Al
vaive lu soreil” e “Al vaive ancje il soreli” si
impiantano sulle medesime radici, rappresentate da questi brevissimi versi “Al vaive ancje li soreli a vedelu a partì e
io li la … / E jo ch’i soi la so murose jo no àjo di vai? e io li la …”. Se provate ad ascoltarle, sono però qualcosa
di straordinariamente diverso, quasi agli antipodi, mesto canto di addio il
primo, canto pieno di speranza e di un futuro comune il secondo, ma in fondo sono
solo un diverso modo di guardare la medesima realtà, come se lo sguardo nel
primo si fermasse al triste presente, mentre nel secondo guardasse con fiducia
a un possibile futuro.
Guardando ancora per un attimo questi
brani, trovo molto piacevole e spensierato “Gjoldin gjoldin“, il cui testo
tradizionale è musicato da Lazaro
Valvasensi, mentre gli arrangiamenti sono curati da Elsa e Marco Bianchi. Introdotto dalle
percussioni, è poi colorito dalla presenza di dialoganti violino e clarinetto,
dal punto di vista dei testi in fondo c’è anche qui il duplice aspetto
sottolineato prima, dal ripetuto verso introduttivo “che stentà non mancje mai” fino al finale pieno di speranza “cualchedun mi maridarà”.
“O staimi atenz” è,
invece, giocato su tinte più solenni, lo s’intuisce già dalla stupenda
introduzione di chitarra, dalla presenza di violino e clarinetto basso che
s’intrecciano con la chitarra, si avviluppano, salgono su su fino al cielo ad
annunciare a tutti che “il redentôr al’è
nassût / al’è nassût pal nestri amôr”.
Ottimi direi gli arrangiamenti di Marco Bianchi.
Questo, per chiudere la parentesi
legata alla tradizione, vediamo ora cosa è stata capace di partorire di suo,
questa giovane cantautrice.
In ordine d’ascolto il primo
brano che troviamo è “Neule scure”, canzone d’aria, molto
ispirata e poetica, in cui il legame con il mondo circostante si estende al
cielo, a quelle nuvole scure che ci sovrastano e sembrano suggerire strani
codici numerici, dove però non sempre è facile comprenderne la chiave di
lettura, poiché è “libri scrit in blanc
cun candide scriture di neif”, sono certo che Van de Sfroos apprezzerebbe.
Con “Come un aquilone”, di
cui Elsa Martin è autrice della musica mentre il testo è di Stefano Montello,
ci si trova immersi in sonorità jazz molto rassicuranti, con aperture melodiche
che le permettono di mettere in mostra buone doti vocali, il momento della
giornata rappresentato, è quello della sera, l’ora in cui Elsa canta “vorrei, io mai, no non vorrei / osare
l’impossibile / sfidare ogni mio limite”, sfida direi più che riuscita.
Molto bella è “Calda
sera”, in cui il testo del giovane cantautore abruzzese Paolo Fiorucci, è rivestito da una
musica dolcissima, un po’ nordica, siamo immersi ancora nelle ore crepuscolari,
quando il giorno sta finendo e il testo è tutta poesia “Tieni stretta la mia mano / come fossi una preghiera, / l’ago e filo
del ricamo / da disfare quand’è sera / quand’è tempo che vorrei, ma se …”, uno
dei momenti più alti dell’intero disco.
O forse no, provate ad ascoltare
la sua voce in “Neve”, dove di freddo sembra davvero esserci solo la neve, che
però è come lasciata fuori “Può il bianco
sfumare in intimi gesti o in mani che / s’intrecciano piano piano in confidenze
/ e nevica …”, c’è ancora il mondo del jazz in questa canzone, un mood molto
raffinato.
Un discorso a parte meriterebbe “Dentrifur”,
testo di Stefano Montello e musica di Elsa, brano che ha permesso ad Elsa, dopo
essere stata tra i finalisti in corsa per la Targa Tenco 2012 per la migliore
opera prima, di aggiudicarsi a pieno merito il Premio Andrea Parodi.
Accattivante sin dalle prime note, introdotte dagli archi, pervaso a tratti anche
da influenze mediorientali, ricco di dolce melodia, brano che vede
l’accompagnamento anche di un coro, è una vera e propria dichiarazione d’amore
verso la musica “Musiche che e duarm cun
me / che a vai cun me / che a rit di me, che no mi scolte / musiche che a ferme
i dis / che a ponte i pits ch’a vegle i vifs / musiche che e sa il parcè /
domanda a je / che a sa di me e no mi scolte / musiche simpri su or / che a
sponte il cur / a sta dentrifur”.
Ci vorrebbe un brano intimo,
pacato, ma che allo stesso tempo riporti al brano introduttivo, per chiudere
degnamente questo prezioso lavoro, così deve aver pensato Elsa nel comporre “La
lus”, in cui protagonista è ancora una volta il cielo, non più colto
nelle prime luci della sera, ma in quelle notturne, un cielo terso “si pant biel blanc / Che lus d’arint / cun
l’arie dal vint / puartarà / novità”, quasi un canto di speranza, quella
speranza che ci viene dall’osservazione della bellezza del creato e che, troppo
spesso, sembra esserci negata da tanto male. Bellissima la presenza, quasi
celestiale, del Coro dei Bambini di
Betania.
Non è tutto, c’è ancora spazio, in
veste di ghost track, per una dolcissima ninna nanna cantata in italiano, un
bellissimo regalo a chi ha la fortuna di avere bambini ancor piccoli per casa
ma apprezzabilissima anche dagli adulti.
Direi che, come disco d’esordio, questo
“vERsO” sia un ottimo biglietto da visita e, ora che siamo a fine anno, posso ben
dire che sia anche tra le migliori sorprese di questo 2012.
Certo però, che dopo una partenza
col botto così, mantenere quanto fatto intravedere sarà una bella impresa,
vediamo come questa ragazza saprà muoversi in questo disastrato e bistrattato mondo
della canzone d’autore italiana …
Elsa Martin
vERsO
Autoprodotto - 2012
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Tracklist
01. Neule scure
02. Al vajve lu soreli
03. Al vajve ancje il soreli
04. Come un aquilone
05. E jo cjanti
06. Gjoldin gjoldin
07. Calda sera
08. O staimi atenz
09. Neve
10. Griot
11. Dentifrur
12. La Lus
Crediti
Elsa Martin: voce
Marco Bianchi: chitarra,
arrangiamenti, computer programming
Alessandro Turchet: contrabbasso
Emanuel Donadelli: batteria
Luca Clonfero: violino
Francesco Socal: clarinetto,
clarinetto basso
Alberto Roveroni: batterie
aggiuntive, programmazioni aggiuntive (1, 3, 4, 7, 9, 11, ghost track Ninna
Nanna)
Mauro Costantini: piano (4,
7)
Trio di Givigliana: voce
(2, 5, 10)
Bambini di Betania: coro
(12)
Testi di Stefano Montello, musiche di Elsa Martin
Registrazioni: Effettonote (MI), Chelalè (UD), Q recording studio (MI)
Missaggi: Alberto Roveroni presso Q recording studio
Mastering: Nautilus (MI) e Q studio (MI)
Produzione esecutiva: Aberto Roveroni, Elsa Martin, Effettonote –
Mattia Panzarini
Produzione artistica: Alberto Roveroni
Foto e grafica: Elisa Caldana
Sito ufficiale di Elsa Martin: www.elsamartin.it
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