Partiamo dalla tua vittoria al Premio Bianca D’Aponte 2012, che
esperienza è stata?
Beh, è stata senza dubbio
l’esperienza più bella per quanto riguarda premi o concorsi per canzone
d’autore cui ho partecipato, innanzitutto perché sono stati due giorni, quasi
tre con le prove, durante i quali c’è stato modo di conoscersi non solo tra le
concorrenti ma anche con la giuria e con il patron del Premio, Gaetano
d’Aponte, che è stato carinissimo. Devo dire poi che, nonostante fossimo undici
donne, il che avrebbe potuto far pensare che dietro le quinte fossimo lì pronte
con i coltelli tra i denti, in verità io non ho sentito per niente la
competizione. A parte il fatto che trovo proprio assurdo, parlare di competizione,
perché quando in gioco c’è la canzone d’autore non c’è uno sfoggio di doti
vocali semmai di mondi diversi di scrittura, di melodia, non solo di vocalità.
Direi che ognuna di noi proponeva un
qualcosa di totalmente diverso dalle altre, così particolare e proprio, che
sarebbe stato anche stupido mettersi a competere. Ecco perchè è stata una bella
esperienza umana oltre che professionale, che secondo me, è anche la cosa più
interessante in assoluto, poiché attualmente sono sempre meno le occasioni d’incontro
e soprattutto confronto tra musicisti. Per quanto mi riguarda non mi aspettavo
per nulla di vincere, non so se hai visto il video realizzato da Red Ronnie,
lì, si vede che io ero proprio ignara di tutto e c’è stato anche un momento di
commozione sul palco, giacché sebbene come dicevo non ci fosse quel clima da
competizione, la tensione però all’ultima serata s’è sentita e quindi, dopo tre
ore di concerto, siamo salite sul palco che eravamo tese come corde di violino
e non so se sai com’è strutturato il Premio, non c’è solo il premio principale
ma ci sono altri premi per l’interpretazione, la composizione, quello assegnato
dalla critica, quindi quando ho visto sfilare tutti gli altri premi mi sono
detta “va beh anche questa volta è andata male”... Poi però hanno fatto il mio
nome e lì proprio non ho capito più nulla. E’ stata una bella soddisfazione
personale, perché non era facile e penso che la qualità in generale fosse piuttosto alta, inoltre
ritengo che il cognome che porto soprattutto quando si partecipa a gare sia più
uno svantaggio che un vantaggio …
Ritieni quindi che il fatto di essere la figlia di Marco Ferradini sia
stato forse più un problema che non una facilitazione?
Quello sicuramente, m’è successo
diverse volte.
Beh, in realtà a me piace il mio
cognome, però soprattutto in Italia c’è questa tendenza a tracciare dei
paragoni tra padre e figlio anche quando sono entità totalmente diverse, solo
già per il fatto ad esempio che io sia una donna e Marco è un uomo, la voce è
ovviamente diversa, tante cose sono diverse, però c’è sempre questa tendenza.
Secondo me invece bisognerebbe valutare caso per caso, poi se uno è bravo è
bravo, ma ritengo che anche se sei figlio di chissà chi, ma non vali nulla
continuerai a non valere nulla ...
La canzone “Martarossa”, quella con cui hai vinto il Premio Bianca
d’Aponte, com’è nata?
Sia “Martarossa”, sia la canzone
in francese che ho cantato il giorno prima della finalissima e che s’intitola
“Tremblante” sono nate a quattro mani con Bungaro. “Martarossa” in particolare
richiama fin dal titolo il mio colore preferito, il rosso appunto, perché forte e dirompente, ma in questa forza
estrema trovo ci sia anche la fragilità delle emozioni. Martarossa quindi è un
monito a dispiegare la propria emotività in modo costruttivo, a darsi il
massimo delle possibilità nella vita, a mettere a frutto al massimo le proprie
potenzialità. Lo stesso incipit “La fame agli occhi/ di aria selvatica/ su
spiagge notturne/ di terra umida” riassume bene il senso del brano. Questa “Fame
agli occhi” è, secondo me, quella spinta che di solito hanno solo le persone
più interessanti e grazie alla quale poi riescono a raggiungere traguardi
importanti.
“Martarossa” vede quindi un tuo
testo su musica di Bungaro, se ho ben capito.
Si, una fusione (ride).
Quella con Bungaro è stata una collaborazione casuale o c’è qualcosa in
programma?
In realtà abbiamo scritto più di
una canzone insieme, sono almeno cinque o sei brani, poi vedremo come andrà la
vita, perché in realtà è stato un incontro casuale, non è accaduto una cosa del
tipo ti chiamo ti scrivo e ti faccio realizzare un album, come magari succede
in altri ambiti. La nostra collaborazione è nata dal fatto che lui apprezzava
alcune cose che io facevo, gli avevo mandato alcuni miei pezzi da ascoltare,
mentre a me è piaciuto da subito il suo modo di approcciarsi a un mondo
cantautorale che non fosse il suo, cercando di trovare una chiave di lettura
nuova, di creare un mondo condiviso.
Il fatto che tu abbia scritto cinque o sei brani con Bungaro fa presupporre
che ci sia dietro il progetto di un tuo disco a venire?
Mah, questo non posso dirlo
(ride), certo non posso dire che ci siamo messi a scrivere quei pezzi perché
non sapevamo cosa fare, bisogna però vedere un attimo come gira il mondo in
questo momento (ride), comunque sì, sicuramente.
Di là di questa collaborazione con Bungaro, vedi la possibilità di
qualche altra collaborazione con altri artisti italiani o preferiresti
piuttosto percorrere una tua strada personale?
No, a me piace il confronto, penso
che da esso possano nascere mondi sonori molto interessanti purchè i due
artisti che si mettono in gioco abbiano un mondo e un’identità ben precisa,
quindi non lo escludo, perché girando tanto, ho accumulato una serie di
contatti con persone che stimo molto a livello artistico. Con alcuni ho già
messo in piedi qualche idea. E poi sono convinta che dal confronto si possa
solo crescere.
So che hai partecipato ad anche altri concorsi, sul tuo profilo di
Facebook ho appena visto alcune foto che ti ritraggono al Pigro 2012 …
In realtà lì ero come ospite, è
stata una bellissima esperienza anche quella, ho conosciuto il figlio di Ivan
Graziani, Filippo, che ho trovato molto bravo tra l’altro. In passato, in
realtà, ho partecipato a Musicultura, dove sono stata tra i quaranta finalisti,
ma ero ancora agli inizi di questo progetto cantautorale. Più di recente, un
anno fa, ho invece partecipato al Lunezia, dove sono arrivata in finale con un
brano completamente mio che s’intitolava “A fior di pelle”. Non ho comunque
partecipato a moltissimi concorsi, anche perché ritengo sia bene valutare dove
andare, onde evitare di trovarsi in contesti non propri. Siccome faccio un
genere ben definito, ritengo sia utile confrontarsi con chi sta percorrendo
strade simili alle mie. Come cantautrice ho partecipato anche a un altro
progetto tutto al femminile, voluto dal critico musicale e scrittore Michele
Monina, dal titolo “Anatomia femminile”.
L'idea di fondo è molto interessante: Monina ha chiamato ventitré cantautrici
emergenti a raccontare il corpo della donna ed io per quell’occasione ho scelto
i polsi, con un brano dal sapore un po’ latino che s’intitola “Rosso Amarena”.
Volente o nolete il rosso circola sempre nelle mie canzoni.... Prima di
approdare al mondo cantautorale mi sono divertita per molti anni a fare la
cantante, partecipando a diversi progetti solo come voce, solo più recentemente
ho sentito l'esigenza di dare voce anche ai miei pensieri in musica.
Poiché in queste tue esperienze passate hai spesso avuto a che fare con
il mondo della canzone d’autore al femminile, hai qualche cantautrice che stimi
in particolar modo?
Bella domanda questa (ride)
Mah, in quest’album “Anatomia
femminile”, c’era ad esempio la cantautrice Veronica Marchi, che mi è piaciuta
particolarmente, alla finale di Musicultura ho invece trovato molto
interessante Angelica Lubian. C’è poi un’amica mia romana, che fa un genere
molto diverso dal mio, che però mi piace molto e si chiama Chiara Vidonis. Ho
appena letto poi che, a Sanremo Giovani, è passata questa Irene Ghiotto, non la
conosco, però da un suo video di una cover che ho visto su Youtube, anche se
forse è un po’ poco per giudicare, devo dire che mi sembra proprio valida come
artista …
Tornando a te, per chiudere questa intervista, quali parole
rivolgeresti a chi ancora non ti conosce, affinché si accosti alla tua musica?
Mah sicuramente le persone si
avvicinano e si affezionano a un artista per “affinità elettiva” - per citare
l'amico Goethe! - un po' come succede in amore: bisogna innamorarsi di un
artista, del suo modo di esprimere forza e fragilità insieme, nelle sfumature
della sua voce o negli anfratti del suo testo. Quando si parla poi di mondo
cantautorale credo che questo discorso sia ancora più valido, perché un
cantautore è una voce pensante, che canta quello che realmente sente e osserva
della realtà che lo circonda. Per questo credo che sia sempre il pubblico a
“scegliere” l'artista, non il contrario. Per quanto mi riguarda, sento di
essere “vera” quando scrivo, suono e salgo su un palco portando la mia musica,
poi non so se questa verità arrivi sempre al pubblico che mi ascolta, ma sono
convinta che risieda lì il vero fattore x di un artista perché l'arte è
comunicazione e solo chi si emoziona ed è coerente con quello che propone,
riesce ad arrivare alla gente.
Pagina ufficiale di Charlotte Ferradini su Facebook: www.facebook.com/marta.ferradini
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