Ruben: “Il lavoro più duro”
Un prodotto artigianale, forse per questo ancor più sincero
di Fabio Antonelli
La copertina del nuovo disco di
Ruben non cede certo alla moda attuale fatta di foto patinate, perfette in ogni
dettaglio, frutto di abusati ritocchi con Photoshop, ma ritrae invece lo stesso
Ruben in un bianconero dai grigi molto morbidi, il volto che non cela il
passare degli anni, una barba non fatta, quasi a voler sottolineare, anche
visivamente, quel versetto della Genesi che è riportato all’interno della
copertina del disco:
“Mangerai il pane con il sudore del tuo volto” (Genesi 19)
Già, perché “Il lavoro più duro”, quinto
disco in studio del cantautore veronese Ruben,
è un concept album sul tema del lavoro, scritto in un lungo arco temporale, un
progetto che parte da lontano e che ora approda finalmente al pubblico. E’
stato presentato alla stampa, non a caso, proprio il 1° maggio scorso, Festa
dei Lavoratori.
Trattare del tema del lavoro e
trattarne in un disco a tema, non sarebbero probabilmente sufficienti a farne
un unicum, se non entrassero in gioco alcune particolarità, prima fra tutte il
fatto di aver voluto registrare il tutto in analogico, cercando così un suono il
più naturale possibile e utilizzando solo strumenti acustici (una novità
assoluta per Ruben).
Altra particolarità è che i mestieri
trattati nel disco non sono visti attraverso gli occhi dell’autore, ma
attraverso le parole stesse dei protagonisti che narrano in prima persona la
propria esistenza.
Alla fine dell’ascolto il titolo del
disco “Il lavoro più duro”, che nasce come un’affermazione sembra
trasformarsi inevitabilmente nella domanda “Qual
è il lavoro più duro?”.
Il disco si apre con “Killer
(un assassino a pagamento)” storia di un uomo cosciente del proprio
ruolo “I guanti in pelle pelle vera / E
con la pelle io vivo” ma anche del proprio punto debole “Ho qualcosa dentro al petto / Un congegno
ormai disfatto / Qualche volta fa un dispetto e salta il battito / Un giorno o
l’altro poi, di brutto / si fermerà per quanto basta / ed allora addio Carletto
/ finirò come gli altri in quella fossa”.
Arriva “Prega per me (un prete)”,
in soli 1'52” di mestizia e nella preghiera finale “Prega per me questa notte / Io solo in questo tormento / La luce ora
spengo, mi coglie un momento / di nero sconforto per me” sembra emergere tutto
quel vuoto di fede che caratterizza il film “Luci d’inverno”,
capolavoro di Bergman. Il violino di
Michele Gazich è, come sempre,
superbo.
E’ a suon di rock, sorretto dai
fiati e con tanto di coretti, quasi a voler stridere con il vero dramma della
società odierna, ossia l’assenza di lavoro, che in “Disoccupato” emerge
tutta la disillusione di chi un lavoro non lo riesce proprio a ottenere “Lo vuoi, il lavoro ce l’hai / Sono stanco
di sentire le cazzate oramai”.
“Anche questo è andato (un impresario di pompe funebri)” è un
bellissimo pezzo country-folk, in cui non manca certo l’ironia “Ma chi mi dà il lavoro / non manca mai la
sua ora / La committente, in fondo, / è persona seria!”.
“A.R. (pubbliche relazioni) ”
resta sotto il minuto di durata e in questo brevissimo minutaggio direi che
riesce a ripetere all’ossessione il nulla, proprio come di nulla è fatta quest’attività
così tanto diffusa oggi. Concisa quanto geniale.
Quasi epica, sin dal titolo, “Vinceremo! (un avvocato)” è un’altra
delle canzoni più riuscite, sarà forse perché in parte autobiografica, giacché
Ruben nella vita è un avvocato? Anche qui direi che l’autoironia non manchi “E poi faremo un gran casino / fra tante
carte bravo è chi qualcosa ci capisce! / E quello che era bianco sarà nero in
un momento” così come quando alla fine il protagonista ammette “Sono il re del Foro / Sono il re del
Diritto / Un uomo dritto / Chiami pure, son qua!”.
Lenta e compassata a dispetto del
titolo, in “Ridere (un comico)” è rappresentato forse quello che è a tutti
gli effetti, il lavoro più duro in questo frangente “Lo so ben io / che il mestiere più duro è il mio / che una bella
risata è difficile da fare scoppiare / ma è come una ciliegia da mangiare / e
una tira l’altra”.
Sono dei fiati brillanti e tirati,
a introdurci in “Ti racconterò (un insegnate di lettere)”, in cui coppie di personaggi
storici come ad esempio Dante Alighieri / Beatrice Portinari e Paride / Elena si
mescolano a Dodi Al-Fayed / Diana Spencer e Yoko Ono / John Lennon, sarà forse
per questo che mi viene in mente l’istituto sperimentale “Marylin Monroe” del
film “Bianca”
di Nanni Moretti. Anche qui, in
fondo, c’è il senso d’impotenza di un insegnate davanti alla volontà di
chiudersi in se stessi degli alunni, ma soprattutto c’è l’inefficacia di una
trasmissione del sapere vuota e meccanica “Ma
non posso fare a meno di dirti che / diecimila anni fa mi hanno detto che /
sono cose che hanno una loro funzione / Per cui ti sciroppi pure questa lezione”.
“L’ozio (intermezzo)” non
aggiunge molto ma è proprio ciò cui porta l’ozio.
Si apre e si chiude con un
vociare di popolo, la bella e toccante “Primo maggio (un sindacalista)”, una
ballata che si dipana lentamente, in cui gli archi dominano fino al
sopraggiungere di quel senso di disillusione che si fa largo nel finale “Se qualcosa ti resta / E’ un senso di noia
/ Un senso di irrealtà”.
E’ il momento di uno scatenato
rock’n’roll, stile anni ’50, si tratta di “Bucato (una casalinga)”, il contesto
sembra allegro e spensierato ma in realtà cela un dramma di quelli sempre più frequenti
nelle pagine di cronaca nera dei quotidiani locali “Ho mollato il lavoro / Ho rifiutato un impiego / Mi alzo presto alla
mattina, vado a letto alle tre / Ma tu mi dici sempre che non hai bisogno di me
/ Ho comprato una sega / Ti ho tagliato la testa / mentre guardavi sul divano
la partita / L’ho messa nel bucato e domani la ritrovo pulita”.
“Mammolo (un camionista)”
è invece un rock on the road, che ci parla di un’esistenza spesso solitaria “Ho il poster di Selen che mi tiene
compagnia” ma fatta anche di fatiche estenuanti fino a una simbiosi definitiva
con il proprio mezzo di trasporto “Non mi
fermo mai un momento (chi si frema è perduto) / La strada è un sentimento, ma a
volte è un imbuto / ma quando è finita ma finita veramente / Sarò tranquillo io
/ All’altro mondo ci arrivo sul mio camion io”.
Dopo un pezzo rock, ci voleva
proprio un brano lento e compassato come “Contratto a termine (un precario)”,
in cui lavoro e vita si fondono nella precarietà della vita stessa, direi che
il violino di Gazich rende quasi solenne questo breve ma intenso pezzo. Bello.
Non è ancora finita, chiude il
tutto “Lucciola (una prostituta)”, una dolcissima ballata voce e chitarra,
eseguita in solitaria da Ruben, sul mestiere più vecchio del mondo. Difficile
forse dire qualcosa di nuovo sul tema ma quel verso “Tutti quanti, nessuno escluso / Neanche te” sembra non assolvere
nessuno o per lo meno porta alla mente quel verso evangelico pieno di pietas “chi è senza peccato scagli la prima pietra”
(Giovanni 8, 7).
Come definire quindi questo
disco?
La nuova fatica di Ruben ha tutto
il sapore genuino dei prodotti artigianali, vi sono raccolte 14 tracce che ci
parlano di 13 lavori diversi, sono canzoni scritte e cantate con cuore e
sincerità, non vi sono effetti speciali e non ce n’è neppure bisogno perché i
suoi personaggi ci parlano in prima persona confidandoci la propria natura, se
ne esce emozionati e toccati.
Torniamo però alla domanda
iniziale da cui eravamo partiti, qual è il lavoro più duro?
Io azzarderei quello del
cantautore, un lavoro che è diventato più difficile che praticare uno sport
estremo. C’è ancora qualcuno, oggi, che riesca a vivere dignitosamente della
propria creatività artistica senza dover fare il produttore, il promoter, il
distributore di se stesso più una serie di tante altre attività che nulla hanno
a che vedere con la musica ma che servono a tirare alla fine del mese?
Buon ascolto e un plauso a Ruben
che si è autoprodotto questo disco fuori da ogni logica di mercato e che spesso,
ho notato, si spende per sostenere la musica dei colleghi, riporto in proposito
un commento lasciatomi dall’amico Pippo
Pollina sulla mia bacheca di Facebook, ritengo sia di stimolo per tutti:
“Sono certo che ci sono tanti bravi rappresentanti della buona canzone
d'autore in Italia.Artisti che vuoi o non vuoi sono rimasti in patria. Tuttavia
ci sono pochi utenti e i motivi sono tanti. Ma c'è anche poca solidarietà fra
gli artisti stessi. Lo noto a ogni visita ( peraltro frequente ) che faccio in
Italia. Io ho provato spesso ad aprire discussioni e cercare corrispondenze ma
non ho trovato riscontri significativi. Gli interessi di bottega superano
quelli generali e non ci si rende conto che, invece, è proprio il contesto che
deve subire una profonda trasformazione. Solo grazie a quel cambiamento anche
"la propria cosa" potrà trovare spazio all'interno di quel quadro
generale”.
Ruben
Il lavoro più duro
VREC/VENUS - 2012
Nei migliori negozi di dischi o su iTunes
Tracklist
01. Killer (un assassino a
pagamento)
02. Prega per me (un prete)
03. Disoccupato
04. Anche questo è andato (un
impresario di pompe funebri)
05. p.r. (pubbliche relazioni)
06. Vinceremo! (un avvocato)
07.
Ridere (un comico)
08. Ti racconterò (un insegnante
di lettere)
09. L’ozio
(intermezzo)
10. Primo maggio (un sindacalista)
11. Bucato (una casalinga)
12. Mammolo (un camionista)
13. Contratto a termine (un
precario)
14. Lucciola (una puttana)
Crediti
Ruben: voce, chitarra
acustica
Bianca Caraman: violino (1,
7, 9, 10)
Marco Pennacchio:
violoncello (1, 7, 10)
Carmelo Leotta: piano (1, 7,
10), contrabbasso (2, 3, 4, 6, 7, 8, 11, 13)
Michele Gazich: violino (2,
13)
Carlo Poddighe: armonium (2,
13), chitarra acustica (3, 8, 11, 12), mandolino (4), fisarmonica (4), seconda
voce (4, 8, 10, 11, 12), batteria (4, 6, 8, 11), percussioni (4, 8), chitarra
classica (6), piano (8)
Stefano Naclerio: sax
tenore (3, 8)
Carlo Barbieri: sax alto (3,
8)
Paolo Malacarne: tromba (3,
8)
Andrea Poddighe: coro (3)
Isaia Mori: coro (3)
Cek Franceschetti: dobro
(6)
Testi e musiche di Ruben (P. Coppolella)
Ideato e arrangiato da Ruben
Archi e piano su “Killer”, “Ridere” e “Primo maggio” arrangiati da
Carmelo Leotta
Fiati su “Disoccupato” e “Ti racconterò” arrangiati da Carmelo Leotta
Riprese e missaggi effettuati da Andrea e Carlo Poddighe al Poddighe
Studio di Brescia
Mastering realizzato da Luca Tacconi presso Sotto il Mare Recording
Studios, Verona
Grafica a cura di Silvia Mirandola – silvia@studiomirandola.eu
Disegni di Fabrizio Mirandola
Foto di Giuliano Guarnieri
Prodotto da Ruben
Sito ufficiale di Ruben:
www.rubenrock.com
Ruben su MySpace: http://www.myspace.com/rubenmyspace
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