Le canzoni da marciapiede: “Al
pranzo di nozze”
Tra canzone e teatro, un
pranzo pieno di varia umanità
di Fabio Antonelli
“Il pranzo di nozze è
un gioco di ruolo
che poco discosta da una lotteria,
lo specchio del mondo è magari un po’ troppo
ma è un posto tranquillo per farsi un’idea”
che poco discosta da una lotteria,
lo specchio del mondo è magari un po’ troppo
ma è un posto tranquillo per farsi un’idea”
Sono i versi che chiudono la
canzone “Il pranzo di nozze”, prima traccia di questo interessante
disco che si pone a metà strada tra il teatro canzone e la canzone di strada,
un concept album i cui s’immagina che, attorno ad un banchetto di nozze, si
stringano personaggi diversi, ognuno con la propria storia, dei segreti ormai
non più così segreti, pregi e difetti. Ne esce così un crudo ritratto della
nostra società, raccontato, direi senza troppi peli sulla lingua, ma soprattutto
senza mai tradire grazia e poesia.
Protagonisti di questa
bell’avventura che risente degli echi della Parigi anni ’30 e della Berlino di Bertolt Brecht sono gli spezzini Andrea Belmonte e Valentina Pira, coppia nell’arte e nella vita.
Lui è pianista, compositore,
nonché autore di tutti i testi del disco, lei è la voce e che bella voce, capace
di dar vita a questi strambi quanto umani personaggi.
Valentina e Andrea sono artisti a
tutto tondo, la loro arte non si esaurisce nella musica vera e propria, pensate
un po’ che per portarsi in giro per l’Italia il loro spettacolo di
teatro-canzone si sono inventati una pittoresca roulotte teatro che hanno
chiamato Edith (come la loro musa ispiratrice Edith Piaf) utilizzando un caravan pieghevole Rapido, datato fine
anni '70. Il caravan è stato così personalizzato per ospitare nelle piazze o
anche al chiuso il loro spettacolo, tutto l’interno è stato decorato da loro
stessi, mentre gli esterni sono stati decorati dall'artista spezzino Alessandro Ratti.
E’ giunto però il momento di
entrare nel loro personalissimo pranzo di nozze, babele di voci, campionario di
varia umanità.
Con la prima canzone abbiamo già
fatto un po’ di conoscenza, introdotta da voci festanti, è capace di introdurci
nel mondo variegato di questo immaginario pranzo nuziale da cui emergono,
descritti da pochi ma incisivi tratti, alcuni personaggi tra cui “L’amica di lei / la conoscono tutti /
almeno un buon numero d’ospiti maschi, è rosa che sembra un confetto, / quando
apre la bocca non sembra che parli.” oppure “Il fratello di lui / siede con un
amico / e gli parla vicino, così sottovoce, / sorride tenero chi ha capito, /
che la strada audace gli ha detto il cuore / e s’immagina gli occhi del padre /
orgoglio antico di padre padrone, / cui oggi il destino / sposando una figlia /
cala l’inverno sul proprio cognome”. Non manca un accenno al sociale, la
cravatta tagliata ha fatto il giro dei tavoli ma il ritorno economico è misero “Son tempi che in casa si tira la cinghia /
tra disoccupati, lavoro e le tasse, / non si compra carne e le casse son rosse,
/ abbuffiamoci al pranzo di nozze”. E’ vero, mi sono forse dilungato un po’
su questa prima traccia, ma penso ne valesse la pena perché è quella che
racchiude l’intera filosofia del disco, quasi ne fosse il manifesto
programmatico.
Si cambia registro, il pianoforte
si fa triste e, d’altronde, come non potrebbe esserlo, visto che la
protagonista di “Accontentarsi delle briciole” è una prostituta che, nonostante
tutto, immagina “Sono quella che mangia gli
avanzi / dai piatti già freddi / lasciati sui tavoli / mangiati con scarso
appetito, / serviti con noia, / un oltraggio per quella tovaglia” e più
avanti “Chissà cosa ti fa pensare / che a
me stia poi bene così / senza orari e impegni / nessun rischio di sbagli /
confinata tra l’auto e il motel. / Il matrimonio? Son fogli, / mai una fede,
mai figli, / esisto solo tra letto e moquette”.
Bellissima è “Il giro di giostra”, un
cadenzato e triste valzer che racchiude tutto il dramma e la beffa di una
violenza subita “Fidati, tra un po' ti
piacerà, / stai buona femmina, nessuno ascolterà se urli, / né verrà a
salvarti, che da queste parti è meglio stare zitti e muti, / d'altro canto,
questa Italia, / che si batte il petto la domenica mattina a messa / è frigida
repressa, se confesso e piango pegno certo assolverà”. Credo che, per la
livida drammaticità e lo stile del canto, sarebbe potuta essere senza alcun
demerito una canzone di Pasolini
cantata da Laura Betti. Notevole.
Segue “Il valzer di Alice” un romanticissimo
e vorticoso valzer, dedicato alla loro piccola.
“La fermata” è un altro
bel brano, lento, quasi trattenuto, sofferto, come sofferto è questo rapporto
tra una donna e un uomo vicini di casa, emblema dell’incomunicabilità tipica
dei nostri tempi, di questo mondo in cui, sebbene le alte tecnologie e i tanti
social-network, i rapporti interpersonali reali restano difficili e il
manifestare il proprio amore verso un’altra persona, può essere ancora un muro
insormontabile “ogni giorno, ad ogni
gradino, / ho sperato muovesse i capelli / il tuo respiro sul collo, poi si
chiudeva la porta / e tornavo a pensarti tra me”.
Tintinnare di bicchieri e appassionate
risate aprono un’altra bella canzone “Di carne e di legno”, quadretto
d’insieme da cui emergono le quotidiane di meschinità “Le nozze col riso, coi fiori alla testa e nel grembo tra tulle e
pancera, / ballo d'addio alle uscite la sera, benvenuto a grembiule e dovere, /
il miele si secca sul tappo del vaso e la luna la mangiano i tarli, / dalla
mano alle cosce alla mano alla faccia è questione di vino e di giorni” di
un matrimonio sbagliato fin dal principio “la
sposa saluta parenti e serpenti, lo sposo non conta i bicchieri, / consuoceri
in imbarazzo quando il figlio comincia il suo andirivieni / dal bagno, con la
testimone, rossetto sbavato, ma forse è uno scherzo, / mio marito fa segno
"sta muta!", "perché l'uomo è di carne, non legno".
E’ invece il gracchiare della
puntina lungo i solchi di un vinile ad aprire la successiva “L’ultima
della quindicina” che, a ritmo di ragtime, quasi fosse uscita dalle
magiche mani di Jelly Roll Morton,
ci illustra quasi come una colorata cartolina, l’atmosfera delle case chiuse
così come le illusioni di sempre “ma il
viver mio lo scrive il vento oggi soffia un altro verso caro amore non tentar,
/ domani sul divano rosso troverete un'altra gatta e l'amerete quanto me, / in
paradiso o giù all'inferno, dono, tentazione e danno, in seta morbida e
guepiere”.
Questa magica atmosfera anni ’20
non ci lascia neppure alla fine del brano, quando da quell’immaginario
grammofono chiuso in soffitta, si dipana un altro ragtime, “Il
ragtime del sempliciotto” che dà ad
Andrea la possibilità di esprimere la qualità del proprio tocco, se ancora ce
ne fosse stato bisogno.
“L’albero
dei soldi” è ancora una magnifica
riflessione sull’attualità, spesso incomprensibile, piena di futili cose “No, non sono matta, forse un pizzico
distratta / ma col caldo dica lei come si fa, / ho il carrello pieno, ma una
cosa che mi serva / a cercarla con la lente, no, non c'è”, lontane dal vero
senso del vivere. E’ ovvio che, in questo bazar di mondo, sia un attimo
perdersi “Cerco libertà dalle catene che
non ho / ma che acquisterò col tempo, / cerco identità, tenuta bene, se si può,
/ chi sono non so”.
In “Il
piatto forte”, l’incontro occasionale nato intorno al tavolo nuziale,
anche grazie all’alcol, deborda e si trascina fino ai margini di una
carreggiata “Auto che accosta la dove
nessuno la vedrà, / scendono a scatti lenti i sedili, / tremano tintinnando orecchini,
/ appanna i vetri la fame affannata del pasto aspettato di più, / serviti e
gusta, a piene mani, il piatto forte del menu”, ma un nuovo giorno sta per
arrivare e con sé porta i dubbi e le recriminazioni di sempre “Fa capolino la luce del giorno, mentre
idealizzo di un prossimo incontro, / talmente immersa nel nuovo ricordo da non
far caso alla schiena che scontro, / passato il sonno mi restano addosso gli
odori e il sapore dei doni concessi, / ma mi domando se è peggio tradire o
mentire a se stessi...”. Una grande interpretazione di Valentina, in cui
non mancano neppure ansimi e sussulti di questo focoso amplesso.
I suoni
del Brasile ci portano a conoscere un’altra protagonista di questo pranzo
nuziale, “Janine” ragazza dalla duplice vita, cameriera ai tavoli di
giorno e spogliarellista di notte, forse l’unica figura che in questo
matrimonio sembra vivere, senza soffrirne, il proprio ruolo “Ma lei balla stretta, solo con chi le
gusta, / la garota è provocante ma non la compri all'asta, / conquista la
pista, a prima vista l'ameresti già, / incantato dal suo samba.”, ma forse
è solo innocente incoscienza.
“Sabbia
e conchiglie” è una languida, poetica
canzone d’amore piena di sogni e di se “Tu
raccogli le conchiglie / come fossero meraviglie / nella sabbia che è d'argento
fatto blu, / mentre sogni d'esser moglie / di un pescatore di coralli / che ti
vesta di attenzioni e di cristalli” che fanno a pugni con amare partenze
senza ritorni “Tu che attendi sulla
soglia / il tuo uomo che non torna, / verso altri lidi punta la sua prora”.
Bella canzone, cantata divinamente.
Il
disco si chiude con “Il ritorno di Camillo”, in cui un invitato tornato al proprio
paese dopo tanti anni di “latitanza”, non si ritrova più in questo nuovo ambiente,
in cui anche il mare è stato chiuso dal cemento, le spiagge sostituite dal
porto “… va così, che il mondo corre e la
città deve adeguarsi, / donare un po' di sangue ai propri figli, / barattare
bagni e spiaggia con navigli. / La bilancia vuole così, / chiede un mucchio di
sassi per un pugno d'oro, / qualche morto per un lavoro che ci sta, / un porto
e scatoloni gialli e blu”, alla fine non ce la fa a sopportare questo
scempio e ripartirà verso la libertà “Sono
nato e cresciuto qui, / e il respiro dell'onda riempie le mie vele, / sono
goccia che scava il sasso / e riguadagna la sua libertà”.
Non sono le solite canzoni, sono
le canzoni da marciapiede.
Le canzoni da marciapiede
Al pranzo di nozze
Red Waves Label – 2012
In alcuni negozi della provincia di La Spezia, scrivendo a info@lecanzonidamarciapiede.it o al link http://itunes.apple.com/us/album/al-pranzo-di-nozze/id522558018
Tracklist
1. Il pranzo di nozze
2. Accontentarsi delle briciole
3. Il giro di giostra
4. Il valzer di Alice
5. La fermata
6. Di carne e di legno
7. L'ultima della quindicina
8. Il ragtime del sempliciotto
9. L'albero dei soldi
10. Il piatto forte
11. Janine
12. Sabbia e conchiglie
13. Il ritorno di Camillo
Crediti
Valentina Pira: voce
Andrea Belmonte: pianoforte
Le voci “da matrimonio” sono di: Aino, Claudio barone, Simone Biggi,
Giusy Breve, Enrico Casale, Alessandro Cecchinelli, Davide Faggiani, Giovanni
Franceschini
Testi e musiche di Andrea Belmonte
Registrato e mixato tra ottobre e novembre 2011 al Basement Studio di
La Spezia da Armando Fiorenza e Piero Spanu
Produzione artistica de Le canzoni da marciapiede
Produzione esecutiva di Claudio Barone e Andrea Foce
Illustrazioni di Giuseppe “Pepe” Vitale
Sito ufficiale di Le canzoni da
marciapede: www.lecanzonidamarciapede.it
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