mercoledì, febbraio 29, 2012

Folco Orselli in concerto a Milano, mai più senza generi di conforto

Folco Orselli in concerto a Milano, mai più senza generi di conforto
di Fabio Antonelli



Artista
Folco Orselli

Luogo
Salumeria della Musica - Milano

Data
23.02.2012



E’ una Salumeria della Musica davvero affollata quella che si trova davanti il cantautore milanese Folco Orselli quando, verso le 23, sale sul palco accompagnato dai suoi musicisti e inizia il concerto sulle note di “Dubbi”.

Già, a volte le coincidenze sembrano essere studiate a tavolino, dubbi erano quelli che nutrivo io, in una mia recente intervista fatta a Folco, in merito alla messa in scena live del suo ultimo disco “Generi di conforto”, un disco da Targa Tenco oserei dire, giusto per appuntarselo lì in attesa della prossima votazione delle Targhe e sempre che il governo Monti non decida di tagliare centralmente anche quest’ultimo residuo di cultura musicale in Italia, un disco incredibilmente cinematografico nel suo lento svolgersi quasi fosse una pellicola ma che ha, come esecutore musicale principale, una vera e propria orchestra con tanto di archi e fiati.

In quell’intervista chiedevo a Folco come sarebbe riuscito a rendere dal vivo le ricche atmosfere del disco, perché si sa che un’orchestra non trova certo spazio in qualsiasi locale e si sa anche che l’economia d’esercizio ha una propria valenza, pena l’apertura di un finanziamento inestinguibile in perfetto stile Grecia per mantenersi il tour.

La soluzione scelta da Folco è stata dunque quella di affidarsi alle tastiere, al computer e ai campionamenti di Fulvio Arnoldo. Certo non è come vedere fisicamente all’opera dal vero anche un solo quartetto d’archi, ma, a occhi chiusi vi posso assicurare che l’effetto è stato del tutto paragonabile. Poi, occorre ammetterlo, accanto a lui c’erano altrettanti ottimi musicisti in carne ed ossa, da uno straordinario Enzo Messina alle prese con il piano elettrico e un hammond suonato da brividi, il validissimo Stefano Bandoni alle chitarre, l’affidabile quanto puntuale Piero Orsini al contrabbasso e una New entry, Leif Sercy alla batteria, una presenza la sua, da riconfermare sicuramente e, infine, buon ultimo se come si dice, gli ultimi saranno i primi, proprio lui, Folco Orselli, questa volta quasi totalmente dedito alla parte vocale, con la sua voce calda e graffiante, oramai decisamente affrancatasi dal modello Tom Waits più rovinato, condito da tutta la sua personalità e simpatia da vecchio lupo del palcoscenico.

A voler essere pignoli forse, è mancata solo una presenza quasi costante nei lives di Folco, quella cioè del trombettista Pepe Ragonese, uno che non sfigurerebbe certo affiancato a nomi come quelli di Rava, Fresu, Boltro, ecc., purtroppo impegnato in contemporanea al Ragoo di Milano con la propria jazz band The Thrust.

Torniamo però a Folco, il vero protagonista di questa serata che si potrebbe definire double face, perché nella prima parte l’artista ha attinto a piene mani dalla sua ultima fatica discografica passando attraverso canzoni d’amore come “In caccia di te”, una melodia che sembra essere da sempre residente nella testa degli ascoltatori presenti, commoventi ballate come “La ballata del “Paolone”, una storia d’amore tra barboni … ma si sa, che l’amore un po’ come il bello, si può trovare anche tra le persone o nei luoghi più inaspettati, “è facile” racconta in proposito Folco, “trovare la bellezza di Milano nella piazza del Duomo, io invece l’ho saputa cogliere in periferia di Milano e credo che Piazzale Maciachini abbia un suo fascino”. Una volta però ascoltata l’omonima canzone, penso che anche voi sareste d’accordo con lui. Come non citare poi canzoni come la suggestiva “Macaria”, “Inno alla follia” con la quale ha citato l’amico poeta Vincenzo Costantino, per altro presente tra il pubblico o, a chiudere questa prima parte di programma, la splendida “Manila”, canzone legata ai ricordi.

Nella seconda parte della serata, invece, Folco ha voluto riprendere pezzi del precedente “MlanoBabilonia”, passando così a sonorità totalmente differenti, più dure, direi sospese tra rock e funky, partendo proprio dall’apocalittica “La fine del mondo”, canzone attuale come non mai non tanto perché siamo nel fatidico 2012, ma perché specchio dell’attuale società, in cui sembra quasi che per sopravvivere si debba per forza essere dei pirati senza scrupoli come quelli raccontati in Jack Tar”, ma forse non è così, esiste ancora chi sogna la libertà, proprio come il pianista protagonista di “Jimmy Corea”.

C’è ovviamente spazio in scaletta, anche per qualche pezzo più vecchio, ma sempre sfavillante come “Get Out”, “Il crogiuolo” o la conclusiva “Blues per lei” e, ammetto che, a ben guardare, Folco avrebbe potuto cantare ben oltre le due ore effettive dello spettacolo, anzi durante la serata, proprio lo stesso Folco scherzando, ha detto “tre ore e mezza di concerto, poi faccio una piccola pausa e fino al mattino, un po’ come a Woodstock”.

E’ giunto infine il momento dei bis, Folco rientra da solo, si siede al piano e comincia a parlare di come spesso la vita ci sorprenda, di come invece la nuova amministrazione di Milano, non abbia ancora sorpreso nessuno per qualche propria azione politica davvero efficace, è proprio l’ora di eseguire la pluripremiata “L’amore ci sorprende”. Folco sorprende così non solo il sottoscritto perché l’emozione tra il pubblico è tanta.

Folco l’avverte nell’aria e chiude con “Senza neanche una lira”, ringraziando così i tanti che, pur in un momento di grave crisi come questo, hanno voluto essere lì con lui, aggiungendo che “chi ci governa potrà farci anche i conti in tasca ma i sogni, quelli non ce li potranno portare via mai”.

Scrosciano ovviamente gli applausi per quest’artista meneghino autentico e sincero, spesso ingiustamente accusato di rifarsi troppo a Tom Waits. Che dire in proposito? Si, è vero che l’artista americano è tra le grandi passioni di Folco, ma è altrettanto vero che il nostro si è orami costruito un proprio genere musicale che definirei, è il caso di dirlo, “di conforto”.

Dovesse passare dalle vostre parti, non lasciatevelo sfuggire.


Le foto sono di Fabio Antonelli

Musicisti
Folco Orselli: voce, chitarra e piano
Enzo Messina: piano e hammond
Fulvio Arnoldo: tastiere e percussioni
Stefano "Brando" Brandoni: chitarre
Leif  Sercy: batteria
Piero Orsini: contrabbasso


Links
Salumeria della Musica

mercoledì, febbraio 15, 2012

Intervista a Folco Orselli intorno a “Generi di conforto”

Intervista a Folco Orselli intorno a “Generi di conforto”
di Fabio Antonelli

Folco Orselli, quarantenne cantautore milanese, alle spalle già tre album e un triplo premio al Musicultura nel 2008 (primo premio assoluto, la targa della critica e il riconoscimento per il miglior testo) con la canzone d’amore “L’amore ci sorprende”, è appena tornato all’attivo con un nuovo album d’inediti, intitolato “Generi di conforto”, pubblicato per la sua neonata etichetta Muso Record. La sua può essere considerata a tutti gli effetti una vera e propria sfida in questo mercato discografico a dir poco asfittico. Vediamo allora quali sono le armi, messe in campo da Folco per questa coraggiosa impresa.




Sai Folco, vorrei cominciare questa intervista da una semplice constatazione: prima dell’uscita di questo nuovo disco ne avevi già all’attivo tre (“La stirpe di Caino”, “La spina” e “MilanoBabilonia”), una miriade di concerti, alcuni importanti riconoscimenti da parte della critica, tra cui nel 2008 il Musicultura, grazie alla splendida canzone d’amore “L’amore ci sorprende”. Possibile che per pubblicare questa nuova fatica discografica, che s’intitola “Generi di conforto”, hai dovuto persino creare una tua etichetta, la Muso Records? 

La creazione dell’etichetta è venuta da una semplice constatazione: perché dovrei dare royalties e edizioni a etichette che non mi garantiscono né promozione né booking né management? Ho compiuto quarant'anni il 6 dicembre e preferisco immaginarmi un futuro di vera indipendenza. Se avrò ragione, potrò, con il ricavato, continuare a produrre musica mia e altrui senza scendere a nessun compromesso, gettando le basi per una mia piccola rivoluzione: sottrarre la creatività degli artisti al tritacarne mainstream dimostrando così che il successo di un disco dipende dal suo peso specifico qualitativo e non dalle balle che ci propinano sui gusti della gente.

Non è però ancora giunto il momento di parlare delle canzoni del disco, mi soffermo sulla copertina, un dipinto che ti ritrae e firmato da Renzo Bergamo? Perché questa scelta? 

Renzo Bergamo, prima di essere il grande artista che il mondo prima o poi scoprirà sia stato, era uno dei miei migliori amici. Un maestro nell’arte dell’ascolto della stupefacente meraviglia che questa Terra ci mette davanti agli occhi. Un uomo che ha saputo attraversare i tormenti e le gioie della creatività uscendone con gli occhi pieni di risposte. Il ritratto che mi fece un giorno nel suo studio ora è diventato la copertina di “Generi di conforto” ed io, da lì, lo sento fischiettare il trombone come spesso faceva. Mi manca molto.

Ancora un piccolo passo, il titolo “Generi  di conforto” mi ricorda in qualche modo “L’indispensabile” di Vinicio Capossela. Qui, meno pretenziosamente, la scelta sembra alludere a tutto ciò di cui una volta fatta l’esperienza, è vero che ne può anche fare a meno però, ad avere la possibilità …

Se non ricordo male il disco cui ti riferisci era un best off. Questo è un album d’inediti. I generi di conforto che in filigrana percorrono tutto il disco fanne parte di un codice emozionale che riguarda la mia esistenza fino ad ora. Consegnando a chi ascolta questo bagaglio, cerco vibrazioni simpatiche che mi facciano sentire meno solo nella ricerca permanente della felicità.

“Generi di conforto” è, a tutti gli effetti, un’altra bella sterzata lungo il tuo percorso artistico, se con "MilanoBabilonia" e il suo rock-funky avevi abbandonato quello stile di canzone d’autore che ti aveva portato anche critiche negative, per il solito gioco stupido e tutto italiano per cui se uno ha la voce roca assomiglia per forza a Conte o Capossela, qui cambi nuovamente strada e confidi, per l’occasione, anche all’Orchestra Cantelli. Quale potrà essere la reazione della critica e soprattutto del tuo pubblico pensi di fregartene in ogni caso? 

Si, con “MilanoBabilonia” il gioco degli accostamenti è cessato del tutto. La scelta sonora e compositiva era tutto tranne che un linguaggio cantautorale e la critica se n’è accorta. La gente che mi seguiva da “La spina” è rimasta spiazzata ma, conoscendomi, succederà ancora. Con quest’ultimo lavoro ho esplorato la mia capacità di essere diretto e sincero, anche nell’uso della voce che, comunque, io continuo a considerare uno strumento e come tale libero di essere distorto, contorto o ripulito rispetto alla suggestione che si vuole trasmettere.

E’ innegabile che, soprattutto gli archi, abbiano donato a questi dieci brani un’atmosfera molto cinematografica, potrebbero essere benissimo le colonne sonore di altrettanti cortometraggi o essere loro stessi quasi delle sceneggiature per loro carattere descrittivo, penso però che un contributo particolare per gli arrangiamenti e alcune scelte musicali sia da attribuirsi soprattutto a Vincenzo Messina, com’è nata questa vostra collaborazione?

Vincenzo ha fatto parte del “MilanoBabilonia Tour” e durante quelle date abbiamo trovato quelle “affinità elettive” che avrebbero poi portato alla collaborazione per “Generi di conforto”. La sua è stata la prima esperienza arrangiativa con un ensemble orchestrale e, devo dire, è stato eccezionale sotto tutti gli aspetti. La pre-produzione è stata una sorta di magia. Nel giro di un paio di settimane mi ha fatto avere le prime idee che nell’80% sono rimaste quelle. Stiamo già pensando al lato B.

E’ ora di guardare un po’ più da vicino il disco, che parte con una grande canzone d’amore “In caccia di te”, con questo brano punti a un altro Musicultura?

No, non credo sia giusto. Ho vinto tre premi nel 2008… largo ai giovani. “In caccia di te” l’ho scritta circa cinque anni fa su un vecchio pianoforte Clement molto scordato, che tenevo in camera in una mia vecchia casa. Il mio amico Pepe Ragonese ci dormiva sempre sotto con un materasso per terra. Non ho mai capito perché lo preferisse al letto… non il mio … ce n’erano due nella mia stanza… se no l’avrei capito.

E’ davvero compito arduo dire quale tra le dieci tracce sia la più bella in assoluto, io dico solo che quella che più mi commuove, a ogni nuovo ascolto, è “La ballata del Paolone”, com’è nata questa perla?  

"La ballata del Paolone" è stata scritta in un pomeriggio d’inverno dopo essere rientrato da un concerto in treno. Alla stazione mi avvicinò un barbone e chiedendomi qualche moneta mi raccontò brevemente di come gli mancasse l’amore della sua vecchia vita. Il farfuglio era sconclusionato ma io capii cosa volesse dire e, non so come, mi ci immedesimai completamente e immaginai il rimpianto e la tenerezza del suo ricordo. Ho sceneggiato l’idea e ne è venuta fuori “La ballata del Paolone”. La feci sentire per primo al mio amico Gianluca de Angelis che ci vide una continuazione di “El purtava i scarp del tennis” di Jannacci. Non ci avevo pensato. Mi piacque ancora di più.

Un’altra canzone che mi piace molto, per quel suo swing un po’ retrò è “La ballata di piazzale Maciachini”, ho forse il chiodo fisso per le ballate? Scherzi a parte, quanto è stato difficile cogliere della bellezza in questa periferica piazza di Milano? 

E’ il mio inno all’antimovida. Basta con questi luoghi comuni della Milano aperitivi e cocaina, andate in piazzale Maciachini, in una giornata fresca di maggio, portatevi i panini e sedetevi sul ceppo con un amore allegro tra le mani. Traffico e filobus, mignotte e tombini, una bella birra fresca e va a da via al cu! (come si dice da quelle parti).

Prima ancora che uscisse il disco, hai fatto girare su Youtube, quasi fosse il lancio di un singolo, un vero e proprio antipasto musicale, il brano “Manila”, perché proprio questo brano? 

Volevo partire dal fondo, infatti, Manila è il pezzo che chiude l’album. C’è un po’ tutto quello che volevo arrivasse: archi, piano, ricordi, hammond, tromba sognante (Pepe quando suona alla Chet alza il pelo anche ai gatti randagi).

Ti dico poi due brani che stanno un po’ all’opposto nella mia scala di ascolti, “In equilibrio (cadendo nel blues)” ha un fascino direi molto anni ’40 ’50 che me lo fa amare follemente (mirabile la tromba di Pepe Ragonese) e, se si fosse trattato di un vinile, ne avrei già consumati i solchi, mentre “Inno alla follia”, che paradossalmente con quel titolo avrei dovuto amare senza limiti, non mi convince fino in fondo, forse perché troppo autobiografico? A te il compito di invertire o riequilibrare le sorti di queste tracce.

In “In equilibrio” sono i tromboni di Luciano Macchia non la tromba (tranquillo capita di confondersi quando suonano su registri alti), colgo l’occasione per ringraziare anche Daniele Moretto alle restanti trombe e ai corni, un musicista eccezionale che si commuove durante le session di registrazione. Amore per la musica. La canzone è di quelle che non creano mai problemi, si è presentata con una personalità da gran signora dai provini. Per me la regina indiscussa del disco. Inno alla follia fa parte di quel filone teatrale che scorre in me ed è dedicata a tutti gli artisti che rischiano camminando sul filo del burrone. Non ci sono sorti da invertire, ogni canzone possiede chiavi che aprono e chiudono.

In questo disco, come s’è detto, c’è una forte essenziale presenza dell’orchestra, questa scelta, però dal punto di vista dei concerti temo sia difficile da sostenere (sia come logistica sia come costi), come stai gestendo quest’aspetto anzi, a proposito di live, c’è qualche ghiotta occasione in vista, per vedere come questo disco, sontuosamente vestito in studio, regga anche in versione live?

Le canzoni sono state scritte pianoforte e voce e così devono reggere, altrimenti significa che sono artificiose e fragili. Live le presentiamo con un combo jazz (piano, contrabbasso, batteria) con, in aggiunta, chitarra elettrica e un jolly di nome Fulvio Arnoldi che sintetizza l’orchestra con una tastiera. Ti assicuro che la resa è all’altezza del disco. Provare per credere il 23 febbraio 2012 alla Salumeria della musica di Milano.




Sito ufficiale di Folco Orselli

lunedì, febbraio 13, 2012

Intervista a Giorgio Conte intorno a “C.Q.F.P.”

Intervista a Giorgio Conte intorno a “C.Q.F.P.”
di Fabio Antonelli

Sono passati ormai otto anni da “Il Contestorie”, l’ultimo disco d’inediti del cantautore astigiano Giorgio Conte. Il suo nuovo lavoro s’intitola, curiosamente, “C.Q.F.P.” (Come Quando Fuori Piove”) proprio come l’espressione con cui ci si può ricordare facilmente quale seme conta più di un altro nel mazzo di carte francesi (o carte da poker). Non è certo però per parlare di carte, che abbiamo preso contatto con Giorgio, bensì per ragionare intorno a questa sua, ultima fatica discografica. Ecco cosa ci ha raccontato.

 
“C.Q.F.P.” è il titolo del tuo nuovo disco, uscito a ben otto anni di distanza dal tuo ultimo disco d’inediti “Il Contestorie”, come mai è passato tanto tempo e com’è nata l’idea di questo titolo “strano”?
Otto anni dall'ultimo cd! Già, sono tanti... mi ero distratto, preso dai tanti concerti un po' dappertutto...
Finalmente mi è venuta la voglia di arricchire il mio repertorio, accantonato qualche vecchio pezzo, un po' di noia per la ripetitività dei monologhi ecc. pressato dalle istanze di Emiliano Ardini mio manager, mi sono messo all'opera.
Fortunato fu l'incontro con Walter Porro, musicista e tecnico del suono capacissimo (sua l'idea di incidere a casa mia con i miei strumenti e la mia pace). Sicché i nuovi brani son sgorgati come da una miracolosa sorgente dimenticata e si son fatti "imbottigliare" a dovere!
Come Quando Fuori Piove è un bel titolo, non trovi? Poi è il brano che apre l'album! A me piacciono le filastrocche "pro memoria" come quella che ci insegnavano alle Elementari per ricordare il nome delle Alpi: "Ma con gran pena le reti cala giù!" (Marittime, Cozie, Graie, Pennine, Retiche, Carsiche e Giulie).

“Come Quando Fuori Piove” oltre che essere la title-track, è anche la prima traccia del disco, un brano che sembra voler sottolineare il tuo amore per la famiglia, l’intimità, il chiudersi in casa quasi fosse un rifugio dalle intemperie e le avversità non solo meteorologiche, sbaglio?
Certo, quando fuori il cielo sta cadendo, l'unico rimedio è mettersi al riparo!

“Ieri si” parte da una costatazione: quando si diventa vecchi, è inevitabile che la memoria cominci a far cilecca e spesso si finisce per dimenticare quel che si è appena fatto magari il giorno prima ma, incredibilmente, non si dimentica mai ciò che più si è amato nella giovinezza, è dovuto all’inevitabile nostalgia di quegli anni che non torneranno più?
A una certa età il computer di bordo comincia a fare i capricci sull'attualità, ma il suo archivio è inossidabile e intatto!
L’amore è elemento sempre molto presente nelle tue canzoni, “Tu” e “Di vaniglia e di fior” fanno parte di questo filone inesauribile, allora è proprio vero che non si può vivere senza l’amore?
L'Amore è un meraviglioso giocattolo che Madre Natura ti regala… bisogna saperlo usare, conservarlo con cura, cercare di non guastarlo e, a volte, se ti sembra di averlo perduto, non perdersi d'animo, andare a vedere dove sia finito e riprenderselo.

“Aria, terra e mare” tratta invece un tema a te molto caro, quello dell’abbandono. Come mai è sempre l’uomo a essere abbandonato e non viceversa?
L'uomo abbandonato mi fa più tenerezza di una donna abbandonata... costei è più forte, più leonessa, ce la farà anche da sola... l'uomo, invece...
C’è ancora l’amore al centro della canzone “Gli innamorati e la marina”, è la genesi di una canzone che trae origine dalla fotografia di due innamorati se non ho inteso male…
Come sempre hai capito tutto! Niente da aggiungere!

L’ironia la fa da padrona invece in “Al museo d’Orsay”, qui protagonisti sono una donna e un uomo, dagli interessi un po’ divergenti dico bene? Mi sembra quasi il seguito ideale di “Cannelloni”, che dici?
Lo sai, spesso le mie canzoni traggono spunto da episodi di vita vissuta. Sono scenette di un film con colonna sonora. Mi trovavo a Parigi per promuovere l'album, mai uscito in Italia, "La vita fosse". Day off, il discografico mi affida alle cure di una piacente segretaria, che mi porti un po' in giro. Lei opta per il Museo d'Orsay, non batto ciglio. Coda di un'ora per fare il biglietto, finalmente i grandi pittori sono lì. Lei è preparatissima e sensualmente attratta dalle opere d'arte... io, "di media cultura, coi piedi gonfi" sto al gioco ma intanto ho adocchiato, all'interno del museo, un fantastico ristorante e le offro un pranzo da "Pascià". Siamo a Parigi, come si fa a rinunciare a ostriche e champagne?

Tralascio il divertissement “Balancer” del cui testo non so davvero cosa chiederti. A parte gli scherzi, com’è nata invece l’idea di dedicare una canzone a Geo Chavez, il primo trasvolatore delle Alpi?
In "Balancer" la musica, con i suoi continui cambi di tonalità, non poteva che richiedere un testo/ domanda pressante: "Veux tu dancer?". Non c'è finale. Rimane l'incertezza sulla risposta... ma io dico che alla fine, lei accetterà l'invito.
La genesi di "Gèo"? Ho appreso la storia di questo eroico trasvolatore sulla sua macchina volante, da Carlo Grande scrittore e giornalista de "La Stampa": me ne sono innamorato e l'ho messa in musica, tutto qui.

E’ secondo me ancora la tua grande ironia, unita a raffinatezza, a permetterti di creare una canzone come “Scaricabarile”, che ha per tema una scorreggia, senza che il testo cada mai nel volgare e anzi volando alto, con grande eleganza, musicalmente poi sa molto di canzone popolare, non trovi?
Effettivamente il tema è scabroso (?) e dopo aver tentato altre soluzioni, poco convincenti, ho fatto ricorso a Padre Dante, al suo celebre e grazioso verso.

A un certo punto del disco sembri quasi voler portare su temi più seri l’intero discorso, “Continua così” è innegabilmente un inno alla vita, una dichiarazione d’amore per la vita e i suoi piaceri, dietro l’angolo c’è però, questa volta, anche il pensiero della morte, anche se tale parola non è mai pronunciata, “La sorpresa” è invece un viaggio che è metafora della vita e in cui a un certo punto il carburante finisce. Ne esci, però da entrambe le situazioni con brillante ironia, quest’ironia è una forma di esorcismo, una sorta di potente amuleto?
La Morte, già, Lei, "la Signora vestita di nulla... ", quando verrà a prendermi, le chiederò di pazientare un attimo… "Vado a restituir la chiave e a pagare il mini bar". Uscirò dalla mia vita come da un Albergo, più che altro un 3 stelle, qualche volta a 5.

Penso che spesso ti sia capitato di dover rispondere a domande su tuo fratello Paolo, in questo caso però potrei dire che la zappa sui piedi te la sei tirata un po’ da solo. Come mai hai voluto chiudere il disco con una cover di Paolo e come mai sei andato a pescare proprio “Monticone”, un brano scritto tanti anni fa da Paolo per Gipo Farassino? Si può dire che questa canzone chiude idealmente un cerchio immaginario con “Come Quando Fuori Piove”? Anche se con stili totalmente differenti, nella tua canzone c’è l’attaccamento profondo a ciò che c’è più caro, la propria casa e i propri affetti, in quella di Paolo c’è una grande nostalgia per la propria terra d’origine provata da chi è invece ormai lontana dalla propria terra, è forse una mia forzatura?
"Non c'è mai stata invidia né rivalità tra me e Paolo. Abbiamo passato momenti esaltanti nella nostra comune avventura musicale. Gli ho chiesto di poter interpretare la sua canzone perché mi è sempre piaciuta, mi ha sempre commosso... e poi lui non l'ha mai cantata... gli è piaciuta la mia versione e questa è cosa buona e giusta!


domenica, febbraio 12, 2012

Aida Satta Flores: «Vergogna!» - Intervista a Aida Satta Flores

di Fabio Antonelli



La cantautrice siciliana, dalla sua pagina Facebook, si scaglia contro le leggi che non sono uguali per tutti. Ecco cosa mi racconta del "Caso Civello" e di altre piccole storie di malcostume italiano.

Comunicato pubblicato da Aida Satta Flores su Facebook
A NOME DI TUTTI GLI ARTISTI OFFESI DA UN SISTEMA MALATO: CONDIVIDETE QUANTO SEGUE!!!!


Domattina vorrei trovare 5000 condivisioni!
Notte e sogni d'oro!
Piccole Vergogne Italiche! Un Regolamento (come quello di Sanremo), in Italia, non è uguale per tutti, come la Legge! Offesa e oltraggiata a nome di tutti gli Artisti, come me, che non godono di nessuna alta protezione!!! Il Regolamento del Festival di Sanremo parla chiaro: tra i Big cantanti di chiara fama nazionale, Contemporanei, e con canzoni inedite!!! INEDITE! Chiara Civello, tra i Big, canta "Al posto del mondo", già cantata da Daniele Magro, e presente anche su Youtube da oltre 2 anni! Chi protegge la Civello? Parlo a nome di tutti gli Artisti Liberi, e non "protetti", che non metteranno mai piede e voce a Sanremo! VERGOGNA! Altresì, hanno offeso la memoria del mio amico produttore Augusto Daolio, dicendomi che è morto e sepolto da 20 anni! Un Regolamento, come la Legge, dovrebbe essere UGUALE X TUTTI! Attendo reazioni planetarie ... solo per Regolamento, per Legge, e per divertimento! Come è possibile che Notai e Rai permettano ciò? Ah Mazzi! Ah Morandi! Non offendete gli ARTISTI! Non siate così sfacciati! Se volete fare "inciuci", fateli con delicatezza! Un inedito è un inedito! Una canzone già circolante non può partecipare!!! Altrimenti l'anno prossimo presento "La donna cannone" e guai se non mi fate partecipare!!! ;-) Armatevi di parole e coraggio, popolo di Facebook, e suscitiamo, in loro, almeno, il senso di Vergogna, se riusciranno a provarlo!


Abbiamo letto tutti quanto hai scritto sulla tua pagina di Facebook, questo tuo appello, com'è nata la situazione che denunci?
Denuncio l'illegalità, sempre, comunque, ovunque...
Sotto ai portici, nelle zone d'ombra delle civiltà e anche in TV, nel nostro caso a Sanremo, perché la gente deve smetterla di avere il "prosciutto sugli occhi"!
Tangentopoli scoppiò perché qualcuno, furbetto, voleva arricchirsi troppo. Quando "rubacchiavano" in tanti, non scoppiò "tangentopoli"! Possono fare e disfare quel che vogliono, anche in Musica. Tanto la gente sa e conosce solo quel che ascolta e che passa il convento... ma se, platealmente, scrivono le "regole", come in un Regolamento e poi se le mettono sotto ai piedi, per loro interessi, allora c'è da fare la rivoluzione!
Lo dico in nome di tutti gli artisti veri in ombra!!!

Calma calma, prima di armarti e partire per la rivoluzione. Come sei venuta a conoscenza di questa irregolarità, per altro grave?
Ho orecchie per ascoltare e occhi per guardare e me l'avevano detto in molti! Se vai su Youtube c'è la foto di Daniele Magro con l'audio della sua esibizione pubblica della stessa canzone, firmata già all'epoca (due anni fa) da Tejera e Civello!
L'irregolarità è davvero gravissima, se per partecipare tra i Big, da Regolamento, la canzone dev'essere inedita!

Mi pare di aver capito che c'è stato anche un tentativo maldestro di far sparire da Youtube questo video o sbaglio?
Penso di si! Ma se vai adesso, c'è ancora l'audio di Magro e poi, scusami, ma se proprio doveva partecipare, quest'artista sconosciuta, tra i Big, dopo il putiferio accaduto non aveva altre canzoni? Mah! Se ti va, parliamo di altro, ok? Ad esempio delle oltre 280 mie canzoni inedite che vorrei pubblicare, sto lavorando, giusto giusto, sembra fatto apposta, a un nuovo disco che ha come filo conduttore la latitanza di Bellezza e Poesia, nel mondo, per colpa di un certo tipo di adulti...

Ah, non vale questa è pubblicità occulta... (rido) Dimmi piuttosto, ma questo tuo risentimento è forse legato a una tua esclusione da questa edizione di Sanremo? Avevi forse presentato un tuo brano?
Ma cosa dici? Non ho nemmeno una casa discografica! A Morandi, comunque, piaceva una mia canzone "INEDITA", dedicata al rapporto madre-figlio (il mio rapporto con mio figlio Joshua), ma questo fatto non c'entra con il mio senso civico e di "legalità"!!!

Ecco, piuttosto, pensi che dietro un'operazione del genere ci possano essere manovre legate alle major?
Dietro a quest'assurda "operazione" c'è lo specchio dei nostri tempi! Arroganza, dittature di vario tipo, sfrontataggine...
L'artista in questione, Chiara Civello, non ha colpe, se non quella di non aver avuto il minimo "pudore", nei confronti degli altri artisti che leggono il Regolamento, di cambiare canzone: non ne aveva altre? Io, al suo posto, forte della mia certa partecipazione, avrei cantato una canzone inedita!
Nel "regno dei poveretti" (noi tutti, gli "umani") non ha senso la "guerra dei poveri"! Sono indignata con la sfrontataggine di organizzatori e Rai, la TV di Stato, che addirittura cita, con parole notarili, la non esclusione di detta canzone EDITA, EDITISSIMA, spacciandola come inedita!

Sono d'accordo con questa tua osservazione, mi spieghi però la citazione che hai fatto in merito alla figura di Augusto Daolio?
Augusto Daolio fu l'ultimo mio produttore, nel 1992. Produsse, con gli amici Nomadi, il mio album "Il profumo dei limoni", duettando con me in "Un bersaglio al centro". Addirittura voleva cantare tutte le mie canzoni, ma era malato da tempo! Sparì da questo mondo nel novembre 1992. Ebbene, un collaboratore di Morandi, di cui non so se farne il nome, mi ha detto che non sono "artista CONTEMPORANEA" perché il mio produttore, Augusto Daolio, è morto venti anni fa! Vergogna!!!
Gli risposi che proprio quest'anno, nel 2012, c'è la ricorrenza del ventennale della sua morte, e non sarebbe stata una cattiva idea ricordarlo anche su quel palco, anche senza la mia presenza!
Non penso che detto collaboratore di Morandi si sia permesso di dire alla Civello "ma chi cazzo ti conosce, per partecipare tra i Big!" per poi parlare in questi termini di Daolio!!! Davvero non c'è più mondo!

Davvero, non ho parole. Lasciamo, però il Festival di Sanremo in balia di se stesso e, poiché prima hai accennato a un ricco canzoniere pronto e, soprattutto, a un tuo progetto discografico, dimmi qualcosa di più in attesa che questo si concretizzi.
Sto preparando un "masterino" (mi piace chiamarlo così!), una fotografia di canzoni e cortometraggi! Voglio preparare un cofanetto, cd + dvd di corti. Il titolo? Una frase tratta da "A cuore nudo", una mia canzone "inedita" (ovvero non pubblicata), che ha ricevuto, però, diversi riconoscimenti. Nella canzone scrivo e canto del ruolo dell'Artista. Duetta con me uno strepitoso Leo Gullotta, che ho voluto nei panni di un antico banditore che urla, per le strade, la notizia della morte della Poesia (una volta, le notizie, erano date per strada, nelle piazze, prima dell'avvento delle televisioni). La frase tratta dalla canzone e, che diventa il lungo titolo del mio progetto, è "C'E' UN'ASSENZA IN GIRO DI BELLEZZA, QUI CI VUOLE UN VIAGGIO ALL'INCONTRARIO".
E, a proposito del "viaggio all'incontrario", tanti giovani registi Siciliani faranno dei piccoli film, dei cortometraggi (non dei videoclip), ispirandosi ai testi delle nuove canzoni, ove son disseminate le cose per cui vivo e vale la pena di vivere: i cosiddetti "valori morali" come la mamma, i figli, l'Amore, la Musica, la Legalità, la Vita.
Di solito un musicista scrive le colonne sonore guardando le immagini del film che si ha da fare! Nel mio caso, il contrario!
Eredità immateriali di cui tutti siamo ricchi, e valori "morali" che stiamo perdendo di vista, nell'epoca del "se non appari, non esisti", nell'era dei "Grandi Fratelli" e delle “Isolette dei Famosi".

Direi, se sei d'accordo, che può bastare, altrimenti ne esce un libro non un'intervista, sei come un'eruzione vulcanica, sarà la vicinanza dell'Etna?
Mia madre è di Catania: sarà l'Etna ereditata! (ride) O sarà che sto zitta, "NON CONTEMPORANEA", da venti anni! (ride). Anche se la mia isola, la Sicilia, non ha mai smesso di sentirmi in concerto!!!
Aggiungo solo un'ultima cosa. Fabrizio De André mi citò tra i migliori giovani autori dell'ultimo ventennio del '900 ... vorrei dargli qualche bella "soddisfazione", poiché ho trascurato del tutto l'Aida Artista per tentare di realizzare l'Aida Persona!



Sito ufficiale di Aida Satta Flores

Sito ufficiale di Aida Satta Flores: www.aidasattaflores.it

venerdì, febbraio 10, 2012

Recensione EP "I mè pensee" di Keko Folkimia

Keko Folkimia: “I mè pensee”
La lunghezza non è tutto, ma …

di Fabio Antonelli

No, non vuole assolutamente essere un’allusione sessuale, l’affermazione fatta in merito a questo disco d’esordio dei Keko Folkimia, tecnicamente un EP trattandosi di un cd di soli sei brani per un minutaggio complessivo di circa venticinque minuti, diciamolo subito ben cantato e ben suonato.

Procediamo però per gradi, prima di tutto dal protagonista “Keko”, all’anagrafe Francesco Zucchi classe ’72, voce piuttosto calda e un po’ graffiante, provenienza la Valtellina. Leggo dalla sua biografia che è nato a Sondrio e cresciuto a Polaggia in Berbenno di Valtellina, che è appassionato da sempre di musica e canto e che nel 2003 ha dato vita al progetto Keko & Folkimia, anche su suggerimento di ex membri di alcuni gruppi locali come gli Scrokabbestia, i Caven e la più nota Desfroos Band, si proprio quella da cui prenderà poi il largo Davide.

Poi vengono i musicisti, primo fra tutti un certo Davide “Billa” Brambilla che, guarda caso, è il fisarmonicista di Davide Van de Sfroos e che qui, oltre che produttore artistico, è coautore con Francesco degli arrangiamenti, poi ci sono alcuni nomi a me già noti come il violinista Angapiemage Galiano Persico (violinista inseparabile del solito Davide) che qui ci delizia della sua presenza in “Tra il cielo e mare”, Camilla Uboldi nella duplice veste di violinista e mandolinista, già protagonista nel disco d’esordio di Lelecomplici e infine una voce davvero inconfondibile, quella di Dario Canossi dei Luf che qui duetta con Francesco in “L’umbrìa”, dopo aver volentieri ceduto in prestito la canzone “Fiore amore e disertore”, tratta dal penultimo disco dei Luf “Paradis del diaol”. Gli altri musicisti, pur non conoscendoli già, devo dire che costituiscono una macchina sonora ben oliata e amalgamata.

Infine, ma dovrebbero essere messe in prima posizione, ci sono le canzoni, solo sei tracce come si diceva, ma che rendono bene l’idea delle potenzialità di questo progetto che spazia senza problemi dalla canzone d’autore al folk, dal blues al reggae, dal country allo swing.

L’EP si apre con A vülèss tücc ben, un brano abbastanza intimista e disteso, almeno nei primi passi con quel fischiettare molto rassicurante, poi il ritmo si fa sicuramente più sincopato, un po’ reggae. Il testo parte da una è una semplice riflessione “A vüless tücc ben risulvaressum tücc i prublem / l’è l’egoismo l’ünica vera brüta guera / l’egoismo de la gent, gent cativ, gent villan, / gent che ga troop o gent che möer de fam” e se la prende un po’ ironicamente con chi ha generato tutto questo “Chel vegnis giò un bel dì / quel sü la con scià la mèla / a dila tuta a me al me par un gran risott”.

Non penso ci sia invece molto da dire sulla cover dell’epico brano o forse meglio dire anti-epico brano dei Luf intitolato “Fiore amore disertore” essendo piuttosto conosciuto, bella comunque la versione che qui è proposta, meno lenta dell’originale ma egualmente efficace.

Con la title-track “I me pensee” si torna a sonorità più lente e tranquille, direi da canzone d’autore, anche la chitarra elettrica di Paolo Costola sembra riposarsi e nella versione slide ci fa sognare e ci aiuta, insieme al suono disteso della fisarmonica di Billa, a calarci nei pensieri di Francesco, pensieri d’amore “So setà giù ghìlò a ripensà ala mia vita / a quant temp l’è già pasaa dala prima volta / a quant temp l’è già pasaa dala prima volta / c’ho basà na tusa”, ma gli anni dell’incoscienza sono passati “Ma sa l’è düra sta vita / ma quant la na facc sufrì / ma adés ca tò incüntraa / l’è il temp che’l sé fermaa!”.

Introdotta dall’armonica ecco partire a suon di country swing “La Cicala e la Formica” in cui la fisarmonica di Billa e il mandolino di Camilla spingono che è un piacere, la favola si sa è nota, ma la morale è un’altra, dopo una giornata di duro lavoro la cicala invita la formica in discoteca e lì c’è la rivalsa della cicala “la Cicala vispa e contenta il suo ritmo non rallenta / dalla sera alla mattina, canta, balla ed è un po’ sgualdrina”, già la storia ormai è cambiata “Basta cun sta storia che me, föe mai nient / e al dimustrarò a tutta la gent … / E la storia adesso è cambiata e a me al me par una grand cazzada / E la storia adesso è cambiata …”. E’ proprio cambiata, ormai non c’è più una morale!

L’energia intrinseca di Keko non si placa, ecco allora un bel blues “Tra il Cielo e il Sole” cantato interamente in italiano e impreziosito, è proprio il caso di dirlo, dal magico violino di Angapiemage G. Persico, nel testo questa canzone sembra un po’ un inno all’amore stile anni ’70, con quel passaggio “E voglio solo amore / soltanto pace e amore” ma ha in sé una carica che saprebbe risollevare anche le sorti di un ormai spento Zucchero.

Il brano di chiusura “L’umbrìa” è invece decisamente folk, s’intuisce anche dalla presenza carismatica di Dario Canossi dei Luf. E’ la storia, in chiave poetica, dell’indissolubile incontro con la propria ombra che è sempre presente anche quando la notte si fa avanti, anzi è lì che “E de nöcc di cal fà scüar / mi ghe parli e poe la vardi / fin quanda la se ne và / L’ho supurtada silenziusa / vuraresi ades sentì la sua vüss  e perché nó / vist che la me rump miga / diventà anca il soe spüss!!”.

Che dire di più, le basi per far bene ci sono tutte, le sei canzoni presenti in questo EP sono senza dubbio ben cantate, suonate e arrangiate con gran cura, è anche vero che il terreno lungo il quale si muove “Keko” è già stato ben arato e seminato da nomi come Davide Van de Sfroos o gli stessi Luf, però penso che un proprio appezzamento saprà senza dubbio ricavarselo e con buoni risultati, ora è solo questione di crescere e magari cimentarsi in un disco “vero”, perché anche in musica la lunghezza non è tutto, ma qualcosa conta …



Keko Folkimia
I mè pensee

Autoprodotto - 2011

In vendita ai concerti o su richiesta

Tracklist
01. A vülèss tücc ben
02. Fiore amore disertore
03. I mè pensee
04. La Cicala e la Furmiga
05. Tra il Cielo e il Sole
06. L’umbrìa

Crediti
Francesco “Keko” Zucchi: voce, flauto (2), cori (3), armonica (4, 5, 6)
Davide “Billa” Brambilla: fisarmonica (1, 3, 4, 5, 6)
Diego Scaffidi: batteria, percussioni (1, 4)
Rachele Rebuscini: basso elettrico
Paolo “P” Cazzaniga: chitarra acustica (1, 2, 4), chitarra elettrica (1, 2, 3)
Camilla Uboldi: violino (1), mandolino (4, 5)
Paolo Costola: chitarra elettrica 12 corde (1), Dulcimer (1), chitarra elettrica (2, 5), chitarra slide (3), chitarra acustica (3), chitarre elettriche (6)
Angapiemage G. Persico: violino (5)

Testi di Francesco Zucchi, musiche di Francesco Zucchi e Folkimìa eccetto:
“Fiore amore disertore”, testo e musica di Dario canossi e i Luf

Registrato, mixato e masterizzato da Paolo Costola presso i Macwavestudios di Brescia
www.paolocostola.com

Produzione artistica Davide Brambilla

Arrangiamenti Francesco Zucchi e Davide Brambilla

Produzione esecutiva Francesco Zucchi e Davide Brambilla


Fotografie: Valeria Beltrami “La Vale”

Keko Folkimia su Myspace: www.myspace.com/kekofolkimia

giovedì, febbraio 02, 2012

Recensione CD "C.Q.F.P." di Giorgio Conte

Giorgio Conte: “C.Q.F.P.”
Un’home-production divertente e di sopraffina eleganza

di Fabio Antonelli

“Un grazie speciale a Michela, Lucilla e Tommaso per essersi fatti amorevolmente sconvolgere nelle loro casalinghe abitudini; a mio fratello Paolo per il privilegio concessomi di interpretare la sua “Monticone”; a Tell, Zed, Jeff e Tapis per non aver abbaiato e Bis per non aver miagolato durante le registrazioni.”

Penso che questi ringraziamenti di Giorgio a fine libretto inquadrino perfettamente più di tante inutili parole la vera natura di questo nuovo progetto che, nel valutare i migliori dischi del 2011, ho definito un riuscito esempio di home-production.

Già, perché il pigro Giorgio questa volta ha voluto realizzare tutto quanto senza neppure muoversi dalla propria casa immersa nella collina di Viatosto alle porte di Asti, si è fatto aiutare dall’amico fisarmonicista Walter Porro che l’ha accompagnato in questa splendida avventura musicale suonando non solo la sua amata fisarmonica, ma anche il pianoforte di Giorgio (uno Steinbach non di gran pregio), pietra e falce, scatole di chiodi, i piatti di una batteria giocattolo che Giorgio usava da bambino e tanto altro.

Lo stesso Giorgio si è cimentato con chitarre, alcuni carillons e creando alcuni effetti speciali con alcuni richiami di tortora, quaglia, poiana, civetta, gallo domestico, cinghiale in amore.

Gli altri musicisti? Non ci sono altri musicisti, ci sono solo Giorgio e Walter ma non crediate di annoiarvi, qui non c’è nulla di cui annoiarsi, anzi ci si diverte perché la buona musica non manca e la consueta ironia di Giorgio è agli apici.

Si parte con la title-track “C.Q.F.P.” un inno gioioso alla propria pigrizia “Noi due all’asciutto / e chi se ne frega / se di là dei vetri / sta cadendo il cielo” che in queste giornate d’intenso freddo e neve mi trovo di condividere pienamente, il motivo come dicevo è notevolmente festoso e di quelli che vien subito voglia di canticchiare, una novità è la moderata presenza di spruzzatine elettroniche costituite dalla programmazione ritmica di Walter Porro.

La memoria con il passare degli anni si sa che comincia a fare cilecca, questo è l’assunto di “Ieri si”, chissà perché le cose piacevoli però, anche quelle legate a un lontanissimo passato, non si scordano mai e, accostate, possono creare un dolcissimo quadretto “Dei miei primi calzoni lunghi / di una rubata sigaretta / di una rossa bicicletta / di una’enigmistica interrotta / di un respiro spezzato / di un biglietto da mille lire / per un amore comprato”. Miracoli della nostalgia.

Poi viene l’amore, tanto amore, quello affrontato con la consueta delicatezza in “Tu” con quell’invocazione finale “Tu, stammi a sentire / Tu, solo un minuto / Tu, non gridare / Tu, fammi sognare”, quello dolcissimo della successiva “Di vaniglia e di fior” dove ai richiami si sostituisce il fischiettare quasi afono di Giorgio e in cui è in atto una caccia al tesoro e il tesoro è “un besito d’amor” smarrito chissà dove “In cantina, chissà? / O in solaio, chissà?”.

In “Aria, terra e mare” c’è poi un classico di Giorgio, il tema dell’addio o meglio dell’uomo abbandonato, il protagonista sembra quasi chiederselo in anticipo come potrà finire questo rapporto “Quando te ne andrai / e so che te ne andrai / come sarà l’addio / che mi confezionerai / Sarà un sorriso tenero / una carezza languida / una frase acida / una sequenza rapida?”, in questi casi entra in gioco l’arma dell’ironia “E’ stata colpa mia / io dovevo sparare / Ti avevo sul mirino / non c’era da esitare / Adesso ho un bel cercare / per aria terra e mare”.

“Gli innamorati e la marina” invece, a passo di marcetta, quasi si trattasse di una fanciullesca filastrocca, è una cartolina musicale, un idilliaco sogno, che all’improvviso svanisce “Invece poi tutto è svanito / da solo sotto quelle stelle / volevo uccidermi morire e mi sembrava d’impazzire” ma il tempo mitiga il dolore “Quella canzone malandrina / adesso non fa più paura / E’ una sbiadita cartolina / gli innamorati e la marina”.

Più serio sembra essere il clima che si respira in “Il Museo d’Orsay”, la storia molto francese di due amanti cantata con un tono quasi confidenziale: lei “vibra e si apre in enormi sorrisi / eccitata ti spiega e s’infiamma e ti azzanna / Sa tutto dei pittori del Museo d’Orsay / le luci, le ombre gli spazi e i colori”, lui invece è “stanco e affamato / di media cultura coi piedi gonfi”, lei ha in mente solo la pittura, lui invece pensa “I grandi pittori non scappano, vieni / che dopo torniamo ma adesso mangiamo”. Davvero geniale, come lo era “Cannelloni”.

Sorvolo sul testo di “Balancer” però constato che si può crear canzone e con grazia anche cantando solo “uridididì uridididì urididibamba”, certo non è da tutti e ammetto che a Giorgio l’operazione riesce con grande naturalezza.

C’è poi “Gèo”, un valzerino quasi d’altri tempi, un gentile omaggio all’impresa di Geo Chavez, primo trasvolatore delle Alpi, uno di quei personaggi direi mitici, davvero d'altri tempi e così a entrambi i fratelli Conte.

Ancor più d’altri tempi, anzi quasi senza tempo, è la divertente “Scaricabarile”, una canzoncina a ritmo di campestre polka in cui Giorgio canta con tatto e delicatezza proverbiale di una scorreggia, si avete capito bene, è lei la protagonista indiscussa di questa storia “Nell’erba medica, nel campo, laggiù / cantan le quaglie, canta il cucù / si guarda intorno e con semplicità / del cul trombetta di nuovo lui fa”, ovvio che qui gli “effetti speciali” giocano un ruolo da protagonisti.

E’ giunto il momento di una seria riflessione, perché è normale che a una certa età si cominci pensare anche a quella cosa che fa rima con "forte", in “Continua così” una vera e propria dichiarazione d’amore per la vita, gestita voce e chitarra, il pensiero della morte sembra essere sempre dietro l’angolo, ma chissà com’è, quella parolina non è mai pronunciata, in pieno stile contiano.

Questa riflessione sembra continuare nella successiva “La sorpresa”, un allegorico viaggio che sembra essere di sola andata “Comandante, io insisto, mi vuol dire più o meno, suppergiù, / quanto manca all’arrivo, giorni, me4si o forse più?”, la voce del comandante al megafono pur non spiegando sembra chiarire un po’ la situazione “Il contratto parla chiaro, la risposta io la so ma non la do, / non insista, faccia il bravo: prima o poi si arriverà”, ma a un certo punto il carburante che sembrava dover durare all’infinito finisce “Neanche un goccio più, ahimè! Ah! Era questa la sorpresa? Ora posso dirlo, sì, ebbene sì! Vado a prender la mia roba / chissà mai possa servirmi anche di là". Non manca però l’ironico finale “Vado a restituir la chiave / e a pagare il mini bar” esorcizzato da un festante crescendo di campanelli.

Quasi a non voler rovinare questo magico clima di riflessioni sull’esistenza, in chiusura di mano Giorgio cala l’asso, una cover di "Monticone", una canzone scritta dal fratello Paolo, molti anni addietro, per Gipo Farassino, è il ritratto dell’uomo piemontese di provincia che, giunto nella grande città coltiva nostalgie e sogna “un paese / un Cortanze, un Mongardino / ina nivula au su”, è ancora il ritmo del valzer a dominare e ancora una volta sembra di trovarsi immersi in una cartolina dai colori sbiaditi.

Grazie Giorgio per averci permesso di entrare nella tua vita, ci hai aperto la porta di casa, ci hai fatto accomodare in salotto, ci hai offerto un bicchiere di vino e ci hai raccontato della vita dell’amore e della morte, lo hai fatto alla tua maniera, con il sorriso sulle labbra e noi te ne saremo sempre grati, in fondo hai proprio ragione “chi se ne frega / se di là dei vetri / sta cadendo il cielo” le tue canzoni sanno farci sorridere con sopraffina eleganza.



















Giorgio Conte
C.Q.F.P.

Ala Bianca Records - 2011

Nei negozi di dischi


Tracklist

01. Come Quando Fuori Piove
02. Ieri si
03. Tu
04. Di vaniglia e di fior
05. Aria, terra e mare
06. Gli innamorati e la marina
07. Al Museo d’Orsay
08. Balancer
09. Géo
10. Scaricabarile
11. Continua così
12. La sorpresa
13. Monticone

Crediti

Giorgio Conte: chitarra classica "Gallinotti Pietro (Solero 1959)" modello Ramirez, chitarra 12 corde "Simone Patrick", chitarra acustica Peavey, alcuni richiami (tortora, quaglia, poiana, civetta, gallo domestico, cinghiale in amore), carillons

Walter Porro: fisarmonica f.lli Alessandrini, fisarmonica P.Soprani, fisarmonica Cooperfisa, il pianoforte di Giorgio "Steinbach", master keyboard Evolution, Hammond C3, synth Arp e Prologue, pietra e falce, pan flute (utilizzato anche come ritmica guiro), tamburino, cajon DG- De Gregorio, armonica a bocca, scatole di chiodi, piatti della batteria di Giorgio (che usava da bambino), timpano adattato a cassa

Programmazione ritmica in “C.Q.F.P.”: Walter Porro

Testi e musiche di Giorgio Conte, eccetto "Monticone" di Paolo Conte
Produzione artistica, arrangiamenti, mixaggi: Giorgio Conte e Walter Porro
Produzione esecutiva: Toni Verona
Registrazione: Walter Porro
Registrato e mixato a casa di Giorgio, salvo “Tu” e “Al Museo d’Orsay” registrati parte (voce e chitarre) allo Studiottanta Fortuna Records (Calliano, AT)
Segreteria e condivisione emotiva: Emiliano Ardini
Mastering: Roberto Barillari - Fonoprint (Bologna)
Fotografie: Mara Mayer
Impaginazione grafica: Giovanni Levratti

Sito ufficiale di Giorgio Conte: http://www.giorgioconte.com/