di Fabio Antonelli
Dal 27 settembre, su tutte le piattaforme digitali e su
Youtube, è disponibile Hotel Bella Italia di Marco Ongaro, singolo prodotto da Gandalf
Boschini per l’etichetta D’autore/AzzurraMusic, la versione italiana di Hotel
California degli Eagles, canzone che nel 1977 riscosse un successo planetario
nella rappresentazione disillusa delle generazioni rock che registravano il
crollo dei sogni libertari e pacifisti del decennio precedente, incuriosito da
questa scelta dell’autore ho voluto intervistarlo.
Venerdì 27 settembre è uscito Hotel Bella Italia, un
nuovo singolo, prodotto da Gandalf Boschini per l’etichetta D’Autore/Azzurra
Music, ancora una volta si tratta di una traduzione ma questa volta non da
Leonard Cohen bensì dagli Eagles, perché l’originale non è che la celeberrima Hotel California. Si può dire che
abbiamo uno spostamento geografico cui segue, in un certo senso, anche uno
spostamento temporale?
Certo che sì. Quando
ho sentito l’impulso di tradurla mi interessava innanzitutto il senso del
testo: questa visione gotica della realtà, un po’ tra il film horror anni
Ottanta e una distopia da realtà parallela, inspiegabile eppure così vicina a
noi. Volevo che chi non ha dimestichezza con l’inglese cantato potesse capire
al volo la canzone, questo è sempre il primo movente delle mie traduzioni. Nel
tradurla mi sono reso conto che non avrei potuto lasciarla in California, uno
stato che ci dice poco, in una nazione da cui ci separa un oceano. È stata
l’universalità del tema a convincermi che dovevo avvicinare l’ambientazione
alla nostra posizione geografica. Niente di esotico se non il significato
intimo, imprendibile. Nel farla venire in Italia, mi sono reso conto che il
brano uscito l’8 dicembre del 1976 subiva un’improvvisa attualizzazione. I
fisici lo sanno che lo spazio e il tempo sono strettamente connessi.
Il video che accompagna il singolo, per altro molto
bello, è nato da una tua idea o del tuo produttore? Dove è stato girato per
l’esattezza?
La sceneggiatura
del video è del videomaker Oscar Serio. L’idea di girarlo è stata di Gandalf
Boschini, l’idea di tradurre la canzone è stata mia. Un pomeriggio andando nel
mio studio canticchiavo la canzone degli Eagles, avevo voglia di impadronirmene
meglio, la sentivo vicina ma non abbastanza. Mi è successa la stessa cosa con La canzone dello straniero di Cohen, un
brano che mi canticchiavo da trent’anni nella testa e che ho sentito a un certo
punto fosse arrivata l’ora di cogliere completamente. Quando mi capita questo,
di solito traduco la canzone per cantarmela in italiano. Il video è stato
girato a Verona, tra le colline soprastanti e il Due Torri Hotel, un rinomato
cinque stelle.
Pur avendo visto più volte il video, non tutto m’è
chiaro, ma la stessa ambiguità o per lo meno molteplicità di interpretazioni
possibili, appartiene anche al testo, sia nella versione originale inglese, sia in
questa tua traduzione e attualizzazione. E' forse nascosta qui la chiave di
lettura di questo grandissimo successo mondiale?
L’ambiguità, a dir
poco, del testo è il segreto della sua longevità, unita a un giro di accordi
avvolgente e magnetico. Il video, con l’interpretazione di Jesusleny Gomes,
offre un’ulteriore chiave di lettura, che non intendo analizzare per lo
spettatore. Amo pensare che questi differenti stimoli di senso arricchiscano l’insieme.
Non mi piacciono le cose troppo spiegate. Chi ascolta la canzone e vede il
video è esposto a un fascio di impressioni sufficientemente denso. Può capire quello
che volevano dire gli Eagles, più quello che volevo dire io attraverso il loro
testo, più quello che la musica evoca nella mia versione evocata dalla loro, il
tutto shakerato nelle immagini di un piccolo film che segue gli schemi del
thriller. Ne ho fatto un singolo perché
era già così intensamente significante da non tollerare alcuna compagnia.
Tradurre è per te anche tradire? Quanto hai tradito in
questo caso specifico l’originale?
Tradire è una
necessità per rendere al meglio il senso ultimo di un testo straniero. Ciascuna
lingua sopporta solo se stessa, le si deve dunque pagare un pedaggio doganale a
ogni passaggio. Solo nel ritornello ho operato una scelta discostandomi
dall’originale, portando in Italia quanto si trovava in California, o in Baja
California, Messico. Ho arricchito lievemente anche la ridondanza originale sul
bell’aspetto dell’hotel rimarcandone invece la categoria, cinque stelle
appunto. Il resto è di una fedeltà al di sopra di ogni sospetto. Anche quando
porto la Mercedes verso la Porsche, lo faccio solo per aderire a doppi sensi
erotici presenti nel gergo dell’originale. Le gemme della cannabis, colitas, diventano sbuffi di marijuana,
il paradiso diventa “cielo in una stanza”, altro avvicinamento alla cultura
italica che offre in più la connotazione del bordello. Insomma, ho fatto il mio
porco lavoro.
Concludo con una domanda che vuol essere una battuta, in Menelao la bella Jesusleny Gomes giocava
a sedurti, qui la vediamo in dolce attesa e con una bella pancia, nel prossimo
singolo ti vedremo cantare una dolce ninna nanna?
Lascia che ti dica
che non sono il padre, anche se il bambino si chiamerà Marco. Non c’entro
proprio. Ma il progetto del prossimo video con il neonato è già stato suggerito
dall’amica Jesusleny, cui non manca certo il dono dell’ironia. Omnia munda mundis.