di Fabio Antonelli
Il
secondo personaggio che andiamo a incontrare in questa rubrica che
crea un punto d'incontro tra canzone d'autore e noir, è Giuseppe
Righini, che così si presenta nel suo sito ufficiale:
Sono
nato a Rimini il 2 aprile 1973. Lo stesso mese e lo stesso giorno di
Serge Gainsbourg, Umberto Orsini, Giacomo Casanova, Carlo Magno, Marc
Caro, Marvin Gaye, Michael Fassbender e Alec Guinness, aka Obi-Wan
Kenobi. Alè. Da quando avevo dodici anni me la canto, me la suono e
scrivo parolacce. Il mio colore preferito è il bianco, mi piace il riso
ben cucinato e Alex de la Iglesia e non ho la minima idea di chi o
cosa sarò nelle prossime vite. Ma neanche fra un mese. E qui mi
fermerei perché mi sembra di aver già detto un po' tutto. Ma per
chiunque fosse interessato anche a dettagli tecnici, nomi, cognomi,
fatti, misfatti e date la bio continua. Rigorosamente in terza persona.
Il
resto lo potrete trovare tra quelle pagine, ma ora ascoltiamo cosa ci
ha raccontato dei rapporti esistenti tra le sue canzoni e il genere
noir.
Pensando al rapporto tra canzone d'autore e genere noir, mi sei subito
venuto in mente per il tuo affascinante disco d'esordio come solista
"Spettri Sospetti", un titolo che già di suo potrebbe essere il titolo
di un avvincente romanzo giallo, perché hai voluto dare proprio questo
titolo a un disco che è sicuramente tra le proposte più originali degli
ultimi anni?
"Spettri Sospetti" è l'inizio di un
verso de "La Nave Fantasma", brano incluso nell'album. Il titolo viene
da lì. "Spettri Sospetti" è anche il nome del primissimo spettacolo in
cui presentai dal vivo alcune delle canzoni finite nel disco, ben
prima della sua uscita e della possibilità concreta di realizzarlo. E
pur non essendo propriamente un concept, certamente uno dei tre temi
dell'intero lavoro è quello degli spettri, veri e presunti. Poi ci sono
anche ragioni estetiche. Ho sempre subito il fascino delle parole, la
bellezza della fonetica, l'eleganza delle assonanze più che delle rime.
E quelle due parole specifiche, messe una accanto all'altra, mi sono
sempre piaciute. Aggiungiamo poi che la numerologia mi ha sempre
incuriosito e quando ho scoperto che il mio nome aveva lo stesso numero
di lettere del titolo il gioco era fatto.
La
seconda traccia del disco "Tango Santo" ci narra di un killer "Mi
presento sono Santo / e come un nero guanto uccido a pagamento / Sono
magro ben vestito / mi nascondo facilmente dietro un dito / Chi mi paga
poi lo nega / e la sua coscienza non farà una piega" ma la sua storia
sembra nascondere qualcosa, fantasmi del passato direi, dai versi
finali "Ho guidato ed ho spinto / l'automobile in fondo al labirinto /
La palude si richiude / le mie mani non saranno mai più nude",
illuminaci?
Quando scrivo una storia, mi piace
cercare di suggerire quel che accade piuttosto che metterlo
inequivocabilmente nero su bianco. Credo fondamentale lasciare spiragli
d'interpretazione personale e spazio di movimento all'immaginazione, la
lettura e la sensibilità di chi ascolta. Anche quando ho le idee
chiarissime, cerco sempre di nascondere con una mano e con l'altra
svelare, dunque non so se faccio bene o male a spiegare nello specifico
le mie canzonacce! Ma, scherzi a parte, Santo è un sicario di vecchia
data che tra il risparmiare o sacrificare l'ennesima vittima
commissionata sceglie la seconda opzione, senza capire che forse, questa
volta, la mossa più giusta per lui sarebbe stata la misericordia. E'
un uomo completamente identificato con il proprio ruolo e la propria
missione, convinto di avere un'unica possibilità di scelta, convinto di
essere incapace - o immeritevole - di redenzione. Quest'ultimo delitto,
fortemente simbolico, rappresenterà per lui l'ultima occasione -
perduta - di cambiare il destino delle proprie carte, e lo condannerà
irrevocabilmente. Santo, come Jack Torrance, rimane così per sempre
prigioniero del proprio labirinto, e come Norman Bates si sbarazzerà del
cadavere racchiuso nell'auto lasciandolo sprofondare nella palude del
proprio fato. Le sue mani non saranno mai più nude perché impossibile
oramai mondarle della colpa.
Altra canzone che
svela solo in parte e in tal senso considero sorprendente la tua
capacità di lasciare intuire ciò che potrebbe essere, mantenendo però
un alone di mistero, è "Strage di San Valentino", cito solo i brevi
versi che fanno da ritornello "Scendono giù sul mondo / Scendono giù
sul mondo / Il nostro girotondo non finirà" che poi in chiusura si
trasformano in "Scendono giù sul fondo / Scendono giù sul fondo / Il
nostro girotondo non finirà", ci spieghi cosa realmente è successo è il
perché di questo cambio di versi?
Si tratta di
una canzone d'amore, molto intima e, proprio per questo, credo molto
... nuda. In entrambi i casi, l'affondare di un sentimento profondo, i
frammenti di una danza che diventa eco. Una fine che proprio perché
insopportabile diventa indimenticabile e infinita.
"Ninna
Landa" sembra essere più esplicita con i suoi versi finali "Bianco
tormento / vento che spinge / contro questa porta di legno dipinto /
soglia pesante che non cederà / Ma l'assassino è proprio qui / ed è
davvero più pericoloso / star dentro che fuori stanotte", ma è davvero
tutto così come appare?
"Ninna Landa" è una
canzone d'amor dedicata a un lupo, che spesso è la presenza più
amorevole, fidata del nostro sonno più intimo e disarmato. Almeno fino
alla prossima luna piena.
Un'ultima domanda. Con
il successivo disco "In apnea", oltre che dimostrare ottime doti
cantautorali, hai fornito una valida prova nel ruolo di scrittore,
infatti, nel bel cofanetto a forma di libro che racchiude il disco è
contenuto un libricino con 17 racconti brevi o brevissimi, capaci però
in poche righe di coinvolgere e sorprendere il lettore. Tra questi
almeno due "Scarafaggi" e "L'ultimo Avvertimento" rientrano a buon
titolo nel genere noir, sei d'accordo?
Si,
concordo. "Spettri Sospetti", a suo tempo, fu un disco con un taglio
fortemente narrativo proprio perché figlio soprattutto del desiderio di
tornare a raccontare storie. E tornare a farlo in lingua madre. In
quell'album personaggi, scenari e situazioni sono ricche di suggestioni
certamente musicali ma anche cinematografiche, teatrali e letterarie,
proprio perché ho naturalmente attinto a diversi modi di raccontare e
rappresentare una storia, senza limitarmi a un solo codice, un solo
modo. C'è una grandissima tradizione, cantautorale e non, che ha fatto
dello storytelling un grande cinematografo, utilizzando la forma
canzone come cavallo di Troia. Nel mio ultimo album "In Apnea"
quest'approccio sopravvive solo in alcuni degli episodi che compongono
il disco, mentre il resto della scrittura è decisamente più fotografica
e pittorica. Ma ho dato corpo ai miei personaggi attraverso i
diciassette racconti. E certamente "Scarafaggi" e "L'ultimo
Avvertimento" sono due episodi in cui il mio gusto per il noir trova la
possibilità di esprimersi. C'è poi da dire che una storia scritta su
carta piuttosto che registrata per l'ascolto è una grande opportunità
di esprimere con colori e toni differenti lo stesso episodio. Per un
autore è questo un grande privilegio, un grande piacere e, in
definitiva, anche una grande palestra. Il fascino del noir su di me ha
facile presa tanto che uno dei miei progetti, già ampiamente
strutturato ma ancora nel cassetto, affronterà in maniera ancora più
specifica e filologica l'argomento. Aspetto solo la luna giusta.
Sito ufficiale di Giuseppe Righini
intervista tratta dalla rubrica "Noir & Song" di Orasenzombra
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