di Fabio Antonelli
Il 24 di novembre è uscito su tutte
le piattaforme digitali il videoclip “La spia che ti amava”, il nuovo singolo
di Marco Ongaro. Un brano che anticipa la pubblicazione dell’album omonimo,
anche su CD, prevista a metà febbraio 2024 a cura della Long Digital Playing di
Milano. Il nuovo progetto musicale verrà presentato in anteprima live con un
concerto che si terrà venerdì 1° dicembre all’ESOTERICPROAUDIO THEATER di
Villafranca (VR).
Il 24 novembre, è uscito il
videoclip La spia che ti amava, il singolo che anticipa il nuovo album
in uscita a febbraio 2024 e che avrà lo stesso titolo. Due domande in una:
perché l’idea di riprendere nel titolo proprio quel James Bond interpretato da
Roger Moore, piegandolo però su te stesso (in Bond c’è un mi e non un ti amava)
e se, la copertina, che mostra una tua immagine in movimento ripetuta più volte
a sovrapporsi, ti rappresenta, io direi di sì perché sei sempre stato un
artista in movimento, mai rivolto al proprio passato ma pronto a cercare nuovi
stimoli e lo hai fatto mutando continuamente la modalità, un po’ scrittore, un
po’ saggista, un po’ drammaturgo, un po’ cantautore, un po’ rocker come in
quest’ultima produzione, è così?
Ho modificato
il titolo di 007 La spia che mi amava togliendo
al significato patetico del film quel tocco di intimismo per farne, con la
seconda persona singolare che ben si adatta all’impersonale, una versione più
universalizzata. La spia che ti amava è l’altra parte nel gioco delle parti
allestito da Eros, l’altro individuo in un intreccio amoroso, quello della cui
autenticità non si può mai essere certi fino in fondo. Come non si può mai
essere certi fino in fondo dell’esattezza del proprio amore, della propria
buona fede e infine della propria identità - chi è il tanto sbandierato sé
stesso? di quanti me stesso dovremmo rispondere? – così un più o meno debole
dubbio rimane sempre in merito a chi si ha nel letto, alle sue intime
motivazioni, alla miscela di desiderio e bisogno che ce l’ha messo accanto. Il
dubbio su di sé si riflette bene nel dubbio sull’altro, sospetti reciproci
s’insinuano e vengono messi a tacere, il gioco di specchi si moltiplica come le
incertezze, più disincantate che paranoiche, e l’universo spionistico, che
passa spesso anche attraverso commerci sessuali, ne sintetizza perfettamente
l’aspetto metaforico.
Lo smartphone
consultato spesso a tradimento per leggere l’animo altrui non può certo
restituirne una foto attendibile. Perché l’algoritmo del cellulare è meno
complesso delle pur ripetitive dinamiche amorose, e questo a dispetto delle
mille password da decifrare ogni giorno per spiare l’essenza della persona
“amata”.
La
molteplicità della foto di copertina del singolo riflette bene questo concetto
come pure, hai ragione, la mutazione reiterativa dell’artista che cerca di
sfuggire alla propria gabbia ricreando continue versioni di sé. La spia che ti amava in effetti è il
quinto personaggio creato nella mia carriera nel tentativo di indagare l’amore:
Landru in Archivio Postumia, poi Il
Salvatore delle donne tristi e Il
sostegno delle massaie in Canzoni per
adulti, quindi Il fantasma baciatore
nell’omonimo album. Con La spia siamo
alla pentalogia. Chissà se ho finito. Comunque il rocker c’era già in Dio è altrove ed Esplosioni nucleari a Los Alamos. Viene da lontano.
Hai parlato
di rocker, in effetti il rock mi sembra oramai diventato la tua cifra
stilistica, soprattutto se andiamo ad ascoltare i tuoi ultimi lavori musicali.
Magari cambia la formazione musicale che ti accompagna e quindi lo stile,
passando dal prog al rock vero e proprio, ma pur sempre di genere rock si
tratta. Solitamente il rock è lo stile che si abbraccia da giovani per poi
approdare a stili più “tranquilli” mentre tu sembri muoverti a ritroso un po’
come cantavi nel brano di apertura del precedente disco. È una scelta precisa e definitiva o è dettata dai compagni di viaggio
che di volta in volta imbarchi nell’impresa?
L’influenza di
amici, direttori artistici, produttori ha guidato
il mio tragitto fino a qui. Nell’album precedente, Solitari, le scelte stilistiche erano dovute a due fattori: uno, le
direttive del produttore Gandalf Boschini cui avevo lasciato come mai prima
carta bianca, e due, lo strumento con cui ho scritto le canzoni. Gandalf ha
scelto arrangiatore e musicisti, io ho scelto la chitarra. Scrivere alla
chitarra porta più verso il rock, nel mio caso. Mentre lo swing è tipicamente
pianistico. Archivio Postumia e Canzoni per adulti li ho scritti
interamente al pianoforte: l’universo orbitante tra il Tom Waits di Blue Valentine, il Paolo Conte di Aguaplano e i retaggi delle indicazioni
di Lilli Greco ne erano all’origine. Dio
è altrove e Esplosioni nucleari a Los
Alamos risentono massicciamente della mia scrittura alla chitarra e
dell’incontro con il chitarrista Roby Ceruti, un archeologo dell’elettrica. Gli
incontri decidono come le cose nascono. La
spia che ti amava è nata praticamente a Parigi, con la mia chitarra comprata
in loco e i concerti quotidiani cui assistevo alla Guinness Tavern. C’erano cover
band rodate, un modello trio di base, basso chitarra e batteria, cui abbiamo
aggiunto due voci femminili. Ecco a voi Le Cifre. Vi si è aggiunto il piacere
dell’uso tarantiniano delle colonne sonore vintage. Ma lo si scoprirà meglio
all’uscita dell’album.
Beh, con
questo tuo finale dico non dico, apri uno spiraglio di luce davvero
interessante sull’intero nuovo lavoro che uscirà a febbraio. Non credo tu
voglia anticipare altro in merito al contenuto del nuovo disco, allora ti
faccio un’ultima domanda più ampia. Il nuovo disco lo pubblicherai anche in
vinile e, in ogni caso, lo diffonderai comunque sulle varie piattaforme
digitali? Te lo chiedo perché alcuni artisti (mi vengono in mente Pippo Pollina
e Davide Van De Sfroos) hanno deciso di intraprendere una battaglia che,
sinceramente, ritengo un po’ donchisciottesca, contro la musica definita
liquida, ossia la fruizione musicale in digitale della musica, affidando le
vendite del loro ultimo album esclusivamente ai supporti fisici (cd ed il
ritornato di moda vinile). Che ne pensi in merito?
La mia scelta
discografica stavolta è caduta sulla Long Digital Playing di Luca Bonaffini,
un’etichetta principalmente digitale, come dice il nome, ma che per l’occasione
stamperà e distribuirà anche i CD. Dunque, tutte le piattaforme virtuali sono
coinvolte in prima istanza, poi il supporto fisico, ma al vinile non credo
arriveremo a meno che non ci siano prenotazioni a prezzi da collezione. In tal
caso al denaro non diremmo di no. Il mio anacronismo non si spinge
all’irrealismo, il mondo è digitale, la mia etichetta lo è, quando mi
pubblicherà la rivista Vinile rivedrò
semmai la mia posizione. Stavolta vorrei aumentare l’impegno dal vivo, vista la
band così ben affiatata. Nulla è più concreto di un concerto.