di Fabio Antonelli
Il 12 aprile scorso, è
uscito IL SOGNO DI PARTENOPE (Disques Dom) del cantautore napoletano Roberto
Michelangelo Giordi, un disco che l’ha visto impegnato nel ruolo d’interprete,
trattandosi sostanzialmente di un omaggio alla canzone classica partenopea con
l’aggiunta di qualche nuova storia scritta dallo stesso Giordi. Un disco che
non è passato inosservato, non solo al sottoscritto, poiché è finito dritto tra
i finalisti per l’assegnazione delle Targhe Tenco 2019 nella sezione
Interpreti, quale migliore occasione allora per fare con lui il punto della
situazione.
Nello scegliere un disco,
spesso è proprio la copertina a colpire l'attenzione del possibile acquirente,
partirei allora proprio da quella, in cui vi è dipinta Partenope che dorme con
il capo reclinato sul Vesuvio. Ci sono almeno tre cose che vorrei chiederti, il
titolo Il sogno di Partenope com'è
nato? Il sottotitolo Chansons sur Naples
non è né in italiano né in napoletano, ma in francese, come mai? Chi è l'autore
del dipinto che dona un'atmosfera onirica al disco?
Il titolo del disco viene da uno dei brani inediti
da me scritti, Il sogno di Partenope
appunto. Si tratta di una canzone che racconta il sogno che la sirena
Partenope, fondatrice di Napoli, fa su un evento particolarissimo della storia
della città: l’esperienza intensa e breve della Repubblica giacobina del 1799.
Il sottotitolo in lingua francese serve a dichiarare agli acquirenti che si
tratta principalmente di un disco di canzoni tradizionali napoletane. La scelta
di usare il francese è dovuta al fatto che la mia etichetta è parigina e il
disco è ben distribuito su tutto il territorio nazionale francese. L’autrice
del dipinto in copertina, invece, è un’artista e illustratrice napoletana che
vive e lavora a Napoli, Clelia Le Boeuf; a lei vanno ancora i miei complimenti
e la mia gratitudine per avermi fatto dono di questo suo splendido lavoro.
Ciò che mi ha colpito subito
di questo lavoro di ripresa di brani appartenenti alla canzone tradizionale
napoletana è la ricerca musicale che hai messo in campo per dare nuove chiavi
di lettura, spesso attingendo a sonorità tipicamente jazz ma non solo, senza
però stravolgere anche melodicamente le canzoni. La ricerca di equilibrio fra
tradizione e modernità è stata davvero la tua stella polare in questo progetto o
è solo una mia impressione?
Mi fa piacere che si sia intuita la mia volontà e quella del mio produttore
artistico Piero de Asmundis di voler coniugare la tradizione con uno stile più
moderno e più vicino ai nostri gusti e ai nostri studi musicali. Abbiamo
lavorato con estrema libertà e gioia stravolgendo le armonie e divertendoci a
viaggiare per territori ancora inesplorati dalla canzone partenopea. Abbiamo
fatto ricorso a strumenti finora inutilizzati dalla tradizione, come il sax in
“Fenesta vascia” e il duduk armeno in “Mmiez’ô ggrano”. Credo che questa nuova
epoca globale abbia il dovere di ridare dignità alla forma canzone attraverso
il recupero della tradizione dei popoli per rimodernarla in qualche modo e
regalarle nuove consapevolezze. È l’unica maniera che abbiamo per evitare
l’opprimente omologazione imposta delle grandi produzioni mondiali tutte uguali
tra loro, nelle forme plastificate e nei contenuti sonori e letterari,
frammentati e senza senso, a Occidente e a Oriente.
Ascoltando il disco, in
effetti, si apprezzano con grande piacere i diversi contributi strumentali ma
mi chiedevo, tenuto conto anche dell'attuale condizione economica non certo
rosea, come potrai conciliare questa ricchezza strumentale con le disponibilità
economiche messe a disposizione dagli organizzatori di eventi durante
l'attività dal vivo, è un problema reale?
C’è spesso una differenza notevole tra la musica suonata su disco e la
stessa musica suonata a un concerto, appunto a causa dell’esigua disponibilità
di fondi messi a disposizione dalle istituzioni in ambito culturale. Conosco
artisti che preferiscono rimanere minimalisti nel disco proprio per poter
riprodurre fedelmente la loro musica dal vivo da soli, in duo o al massimo in
trio. Io personalmente preferisco non risparmiarmi mai nella fase creativa pur
sapendo benissimo che suonare il mio disco dal vivo diventerà un’impresa
titanica. Sono però inoltre convinto che una certa originalità in concerto si
possa comunque trovare riducendo di molto l’ensemble e ricercando nuove e
originali sonorità ben differenti da quelle incise su disco ma comunque solide
e affascinanti. Nei concerti francesi, infatti, mi presento con una formazione
ridotta.
Sono pienamente d'accordo
con te sul non porre limiti alla propria creatività in fase produttiva. A
proposito di creatività, quando si dà alle stampe un disco, questo diventa
ovviamente un capitolo chiuso per l'artista, in tal senso Il sogno di Partenope, che ti vede nel ruolo d’interprete, è da
intendersi un'eccezione, solo un sentito omaggio alle tue origini e stai magari
già lavorando a qualcosa di tuo? Oppure non escludi che la veste d’interprete
possa continuare a indossarla anche in futuro?
Io nasco come interprete ed ho sempre amato cantare le belle canzoni; la fase della scrittura in musica e parole è arrivata con la maturità. Dopo tre album di canzoni inedite però mi sono concesso una pausa da me proprio perché sentivo una necessità più o meno etica di raccontare la mia città a modo mio, secondo il mio gusto e la mia sensibilità. Io Napoli l’ho sempre vista così come l’ho cantata: onirica e trascendente, raffinata e colta, surreale e maestosa. Sarò per sempre un cantore di Napoli, perché quando ci nasci a Napoli le devi sempre e per sempre qualcosa in musica e in poesia. Orbene, è stato bello e divertente concedermi questa pausa ma per il futuro prossimo ho intenzione di ricominciare a riparlarvi del mio mondo e a cantare la mie nuove canzoni.
Questa è una bellissima
notizia, perché così ti ho conosciuto e così ho cominciato ad apprezzare le tue
opere, puoi in ultima battuta anticiparci qualcosa del tuo nuovo progetto o è
ancora tutto a livello embrionale?
Sto affinando ancora la fase di scrittura di alcuni brani pur avendo le
idee ancora confuse sulla direzione sonora da dare complessivamente al prossimo
disco. Posso dirti per ora che si tratterà di un lavoro che porrà al centro
varie figure umane perdute nel caos delle nuove incertezze generate dalla
società capitalistica odierna e di quelle di una società di un futuro
immaginato. Ho preferito lasciare ai margini il realismo per inoltrarmi in
prospettive più bizzarre e sicuramente meno consuete per la forma canzone.
Roberto Michelangelo Giordi su Facebook
Canale YouTube di Roberto Michelangelo Giordi
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