di Fabio Antonelli
Carlo Mercadante, per chi non lo conoscesse, è un cantautore siciliano,
per la precisione di Barcellona Pozzo di Gotto, ma un cantautore decisamente
fuori dagli schemi, basti pensare che nel 2014 pubblica a “rate” l’album “7
briciole lungo la strada” (Isola Tobia Label 2014). Direi che è un cantautore
difficilmente classificabile ma per questo ancor più interessante ed eccolo ora
mettersi in gioco con un nuovo sorprendente album “In testa alle classifiche”
(Isola Tobia Label 2018). Ce ne parla qui, in maniera originale, come non
poteva esserlo?
Cover CD "In testa alle classifiche" |
Direi di partire, come mia consuetudine, dalla copertina, una foto con
un primo piano su fronte ed occhi. Sulla fronte vi campeggia un bel codice a
barre con il tuo nome e il titolo dell'album "In testa alle
classifiche", gli occhi sembrano un po' quelli tanto espressivi di un
Carmelo Bene. Direi che il protagonista ha un unico chiodo fisso nella testa?
Paragone meravigliosamente
pesante! È un concept sull'ossessione del successo, sull'arrivismo. Mettere da
parte le proprie idee e diventare accondiscendenti, facendo quello che gli
altri vogliono ascoltare pur di ottenere fama. Mettersi in vendita. Il codice a
barre mi sembrava rendere l'idea.
Giusto, un concept album. Già questa è quasi una novità nel panorama
musicale attuale, per lo più questo disco è davvero musicalmente vario perché
in questo concept il protagonista, un povero cantautore che vuole raggiungere a
tutti i costi la cima delle classiche, si trova a dover dare ascolto ai
consigli di molti personaggi, alcuni davvero bizzarri e non mancano neppure alcuni
nomi importanti ad interpretarli, vero?
Sì. Prima di ogni canzone c'è un
personaggio che mi consiglia sul brano giusto che dovrei proporre per scalare
le classifiche. L'ufficio stampa (Daniela Esposito, il mio vero ufficio stampa)
colleghi, gente che ascolta la radio, e qualche voce nota come quelle di Elena
Ledda e Caparezza. E io ... che accetto tutti i consigli man mano che scorre
l'ascolto pur di essere quello che gli altri vogliono che io sia.
Carlo Mercadante - Foto di Tamara Casula |
Io ho trovato il disco molto intelligente, profondo, ma anche, grazie a
questa sorta di sceneggiatura che lega i brani fra loro, molto divertente. Credi
però che questa compattezza dell'intero progetto possa finire per danneggiare
ogni singola canzone? Nel senso che i vari pezzi, ascoltati singolarmente,
potrebbero perdere l'intrinseco valore?
Dubbio che mi sono posto. Ma alla
fine mi interessava raccontare più la storia. Anche per la pubblicazione in
digitale ero in difficoltà. Poi ho stabilito che l'ironia, l'autoironia
dovevano rimanere per dare il senso che avevo in mente. C'è un gioco di fondo.
Perché toglierlo?
Assolutamente d'accordo. Nell'altrettanto ironico libretto che
accompagna il disco, sono riportate alcune tue riflessioni che si concludono
con "Niente di impegnativo. Solo musica ... E' solo un gioco" che
ricorda tanto il “sono solo canzonette” di Edoardo Bennato, ma io ci credo
poco. Mi spiego meglio, le canzoni è vero sono molto ironiche, anche auto
ironiche, ma dietro questa veste anche un po’ scanzonata e divertente, secondo
me si cela un'acuta analisi e una forte critica che non riguarda solo il mondo
musicale, quello è forse solo un pretesto, ma che ha come bersaglio la nostra
realtà sociale. Dico una fesseria?
Dire cose sorridendo è il mio
modo di comunicare. Mi piace giocare. Sta a chi ascolta stabilire se dietro un
messaggio apparentemente comico c'è una verità importante. Contrariamente al
ruolo del cantautore disperato che cerca il consenso ritengo che l'ascoltatore
debba sforzarsi di comprendere il gioco e metterci il suo nell'interpretazione
della proposta. Quello non è ruolo mio. Lo lascio a chi ha voglia di essere
attivo nell'ascolto.
Entrando un po' più nel disco, ad un certo punto al protagonista viene
proposto di fare un po' come nei talent, il suggeritore di turno gli dice che
in fondo se non è nessuno, non può permettersi di scrivere in maniera credibile
canzoni d'amore e allora tanto vale affidarsi ad una cover ... nello specifico
una splendida interpretazione di "Ma che sarà" di Edoardo Bennato
(guarda caso). Cosa ne pensi sia dei talent televisivi sia delle tante cover
band che riempiono locali e piazze?
Non demonizzo i talent ma fare
una distinzione tra persona di spettacolo e artista è importante. Nessun
artista si sottoporrebbe a un giudizio o alla gogna di un televoto perché un
artista dice il suo e basta. Chi fa spettacolo, invece, è completamente
sottomesso al gradimento, ne dipende. Inoltre delegare al pubblico la
responsabilità di votare il talento è il più grande atto di codardia discografica
degli ultimi anni, ci si toglie la responsabilità di scegliere testando direttamente
prima ancora il gradimento del prossimo "prodotto". "Se papa Giulio
avesse delegato per far prima / al televoto il nome del pittore per la sua Sistina
/ di certo Michelangelo sarebbe andato a casa / ma oggi ammireremmo tanti bei
gattini in posa", l'ho scritto in versi quello che penso. Le cover band sono
un discorso a parte, sono una palestra per tanti e che ben vengano, il discorso
riguarda l'impossibilità di distinguere un dopolavorista da un operatore dello
spettacolo, ovvio che l'hobbista si svenda per due birre e metta in crisi chi
fa questo lavoro h24. Per quel che mi riguarda ho fatto tour meravigliosi in
stalle e mulini pur di evitare locali e adesso mi sto approcciando al teatro.
La musica d'autore deve avere spazi e attenzione. I locali, com'è giusto che
sia, devono vendere birra e risparmiare sulla musica. Anche se nessuno li
obbliga a fare live.
Hai parlato di locali, di teatro? Quale ritieni possa essere la giusta
collocazione per le date di presentazione del disco che immagino tu stia
predisponendo? Come sarà dal vivo lo spettacolo vista anche la particolarità
del disco con i vari interventi "esterni" alle canzoni?
Lavoro ormai da anni per portare
la mia musica fuori dai locali. Niente contro, ci sono cresciuto come tutti ma
ho anche l'esigenza di raccontare con piccoli monologhi le cose. Ho presentato
il disco al teatro Kopò seguendo un canovaccio e proponendo per la prima volta
dei monologhi, tra l'altro accompagnato da una band che mi ha garantito un muro
sonoro eccezionale (Giuseppe Scarpato, Marco Polidori, Paolo Baglioni). Ho avuto
un ottimo riscontro e ho tolto le paure di dosso per poter adottare questa
formula. Quando la gente ti dice che due ore sono passate in un attimo è
confortante. Adesso sto lavorando per un tour teatrale da portare in giro.
Vediamo che succede …
Carlo Mercadante - Foto di Tamara Casula |
Io spesso ho avuto occasione di guardare i tuoi video interventi presenti
su Facebook o YouTube e non avevo dubbi sulle tua capacità di far volare due
ore di spettacolo ... Se sei d'accordo, vorrei farti un'ultima domanda, tesa a
incuriosire un po' chi ci legge. Del disco ho apprezzato tantissimo la tua
personalissima interpretazione di "Vitti na crozza", proprio perché
così diversa dalla versione di Modugno, vorrei però mi dicessi a quale delle
tue creature sei più affezionato o meglio ti rappresenta. Io credo di saperlo,
però a te la parola.
Oddio ... è la domanda alla quale
si risponde "non posso sceglierne una, sono tutte figlie mie". In
realtà il gioco delle opinioni degli intermezzi mi permette di spaziare
tantissimo. "Gli amanti di Galway" mi ha permesso di scrivere una
canzone d'amore che ho sempre fatto fatica a proporre. "Non bisogna
credere al cantante" è intimamente mia. Se ne devo citare una cito la
ghost track "Era settembre" perché è la conclusione del disco e dà il
senso al concept. Sono io nella mia stanza a scrivere solo per me e non per gli
altri e poi perché è il mio gancio con il prossimo album. Come? non ve lo dico
… giochiamo insieme.
Accidenti, avessi scommesso avrei vinto! Lasciamo allora aperta questa
porta sul futuro e direi godiamoci il presente, ok?
C'avevi azzeccato? Eheheheh