di Fabio Antonelli
Anticipato dal videoclip “La bestia” uscito nel febbraio del 2017, a
febbraio 2018 è finalmente uscito in edizione speciale “Luna nuova” (ed.
Fabrika Musica), quarto album solista di Fabrizio Zanotti, cantautore nato ad
Ivrea ma di origini pugliesi, musicista da sempre attento al sociale e che,
anche con questo suo nuovo lavoro, non smentisce la sua attenzione alla
quotidianità, ai rapporti con gli altri, alle contraddizioni e complessità che
ci caratterizzano, ne è uscito un bel quadro d’insieme, musicalmente piacevole,
che offre tanti spunti di riflessione.
Cover CD "Luna nuova" |
Al di là dei possibili contenuti, a colpire subito, di questo tuo nuovo
lavoro discografico, un po' come si usa nel campo dei profumi, è il package
realizzato in cartonato e una stupenda copertina tutta colorata, con un titolo
affascinante "Luna nuova", che forse unisce ciò che è sempre stato a
ciò che sarà? Mi parli di come è nato il tutto?
Posso dire che questo lavoro è
stato per me molto terapeutico e che senza accorgermene ho seguito un cammino
interiore. Tutto è partito con “La bestia”, in quel momento stavo faticando per
ritrovare una calma e una serenità che mi sembravano un miraggio. Dentro di me
era forte l’attrito tra la sensazione cupa che mi teneva fermo e quella che
spingeva verso l’apertura, il nuovo. Era arrivato il momento di cambiare, ogni
giorno però la bestia tornava a smorzare il mio impeto. Mano a mano la canzone
prendeva forma, l’inciso scandiva i suoi passi e “la bestia in fondo alla gola”
cominciava a stancarsi, mentre la mia voce aveva quasi trovato la quadra. A un
certo punto è arrivato il bridge dove urla il violino, l’ultima sanguinosa
lotta tra le due anime, nessuna ha avuto la meglio e ancora una volta la vita
risponde: nessun vincitore, nessun vinto, la mia verità sta nel mezzo, nel
sapersi ascoltare e accettarsi per come si è, quella è la strada che conduce
alla rinascita…poi sono arrivate tutte le altre, alcune più autobiografiche come
“Autunno”, che contrastano con l’irruenza del “Goleador” e la follia di “Konta
il greco”. “Luna nuova” nasce per ultima, e mette insieme il passato, il
presente e il futuro. Anche se sembrano così lontani, in realtà il presente li
contiene tutti. Quel momento in cui ciò che abbiamo vissuto non ci va più e il
nuovo deve ancora arrivare, quell’instante presente racchiude il significato di
ciò che siamo. “Luna nuova”, è prodotto da Fabrizio Cit Chiapello e l’abbiamo
realizzato grazie a un partecipato e sorprendente crowdfunding. A coronare
“Luna nuova” è stata la sorpresa di Ugo Nespolo che mi ha disegnato questa
copertina.
Dalle tue parole e dall'ascolto del disco mi pare di capire che questo
nuovo lavoro sia pienamente figlio di questi nostri tempi, fatti di inquietudine,
di incertezza, un sentirsi quasi sempre "Fuoritempo", dico male?
Si è vero, mi è piaciuto tirare
fuori anche il lato ironico della faccenda. Alla fine la capacità di non
prendersi troppo sul serio ti dà la possibilità di cambiare quando è necessario
e direi che di questi tempi è necessario.
Il rapporto con il tempo, un certo asincronismo, comunque emerge in più
punti nell'album, nella canzone "Una giornata piena" con i versi
"Se potessi per un momento fermare questo tempo fermarlo per capire quello
che sto vivendo" ma anche nella già citata "Konta il greco" dove
il protagonista "non va più a tempo perché il tempo non lo regge più"
ed ancora la malinconica "Autunno" che si apre così "Girano le
ore il tempo spazza via malumore tiepidi ricordi, chiacchiere". È così?
Credo che essere padroni del
proprio tempo oggi sia estremamente difficile. Se da una parte si vive con
affanno per inseguire sempre qualcosa: la visibilità, la felicità, la
sopravvivenza … dall’altra siamo molto poco capaci di stare nel nostro tempo e
con questo intendo anche vivere il presente, in ascolto di quello che proviamo,
nel bene e nel male.
C’è una canzone, “L’industriale”, che è altrettanto attuale, segno del
nostro tempo, ci racconta di un industriale vittima come tanti di questa
interminabile crisi “Distrutto dagli affari, dalla vergogna, bufera venuta
all’improvviso mormorano salotti fremono bancari l’azienda di famiglia ha
fallito”, ma anche una catastrofe a volte può forse far risorgere a nuova vita sembra
“felice spensierato finalmente ritrovato”, il tutto tra le malelingue della
gente. Credi sia davvero possibile non farsi comunque travolgere dagli eventi e
trovare una propria via di fuga? Un’alternativa al Dio denaro?
Quell’uomo tutto d’un pezzo che
in realtà è sempre stato vittima del suo potere e della sua ingombrante
posizione sociale, in verità non è mai stato felice. Grazie al crollo degli
affari, la sua immagine si sgretola, e nel momento in cui tutto sembra ormai
perduto, invece di fuggire dalla vergogna come tutti i benpensanti si
immaginavano, ritrova il suo sogno di bambino. L’industriale è una metafora,
nel dramma della crisi che ha azzerato parecchie realtà, c’è chi ha avuto la
forza di rinterrogarsi sul senso della propria felicità.
Ad interrogarsi sul senso della vita è anche il protagonista dello
splendido brano che dà il titolo al disco, cioè "Luna nuova", che poi
quella fase lunare in cui la luna non è visibile e perciò la notte più
tenebrosa, in cui il protagonista/autore canta "Forse da un'altra vita qualcuno
ci ascolta davvero mi chiedo spesso chi siamo dove veniamo". Si può
considerare questo tuo nuovo lavoro discografico il disco della maturità, senza
nulla togliere a quanto scritto fino ad ora?
E’ il frutto di un percorso anche
doloroso di “definizione di spazi” tra me e la mia coautrice Valentina La
Barbera. Con “Autunno” abbiamo messo in scena questa separazione esorcizzandola
e siamo entrati in una nuova fase. In questo album ci sono dei brani a quattro
mani e altri su cui ho lavorato praticamente da solo, scoprendo una voce che è
cambiata dopo anni di scrittura insieme. Forse con “Luna nuova” mi sono
lasciato semplicemente essere ciò che sono: per anni ho combattuto per
definirmi come uomo, come lavoratore, come marito, come figlio, poi ho capito quanto
questa lotta fosse inutile e che essere autentici sia il modo più economico per
vivere bene.
Tutto ciò credo che in un certo senso si percepisca tra le tracce del
disco, anche quando magari cerchi di dissimulare il tutto, di mescolare le
carte come in "Il goleador" usando dei parallelismi, usando la
leggerezza anziché la drammaticità. Una canzone atipica forse per come è
costruita, me ne parli meglio?
Abbiamo voluto raccontare quella
che apparentemente è la storia di un ragazzino di quartiere che vuole diventare
una celebrità del calcio, è talentuoso e ammirato da tutti. Tra le righe in
realtà scopriamo che il goleador non è un giocatore di calcio, ma un baby
killer. Musicalmente ho voluto giocare con risposte di chitarre stile pulp su
una ritmica partenopea e creare una sorta di esaltazione e onnipotenza da
stadio. Il goleador è dimostrare di valere qualcosa, voler essere importante a
tutti i costi, un fallimento della nostra società.
Il discorso da te fatto su chitarre e stili mi permette di introdurre,
dopo aver guardato più ai testi, la questione musicale, io credo sia stata una
scelta voluta quella di utilizzare stili musicali anche piuttosto diversi fra
loro passando dal blues al balcanico al folk, questa caleidoscopica musicalità
rispecchia in un certo senso la complessità del nostro vivere oggi o è solo una
scelta stilistica?
Un po’ entrambe le cose credo.
Ogni brano è un microcosmo, con la sua dinamica all'interno di questo
risveglio. La vita pulsa in molte direzioni che ho voluto evidenziare, considerando
varie ritmiche e mantenendo come filo conduttore chitarra acustica e voce.
Come sarà portato in giro questo tuo nuovo lavoro? Con la stessa
formazione del disco oppure solo tu chitarra e voce?
Dipende dai contesti, normalmente
esco con la mia band formata da basso, batteria, chitarre, violino. Quando mi
capita di fare dei concerti unplugged in situazioni più intime, mi piace
suonare i brani così come sono nati solo voce e chitarra.
Voglio chiudere con una domanda che vuole essere un po' un invito
all'ascolto di questo disco. Facciamo finta che tu sia il gestore di un negozio
di dischi e un potenziale acquirente, notato il tuo disco per la bellissima
copertina, venga da te e ti chieda di cosa si tratta, come gli risponderesti?
Di un finto disco pop che sembra
parli di altri e invece parla di te. Compralo che ha la copertina di Ugo
Nespolo!
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