venerdì, dicembre 16, 2011

Recensione del live di Gianmaria Testa a Milano

Gianmaria Testa in concerto a Milano, poesia piena di umanità





di Fabio Antonelli

Artista
Gianmaria Testa

Luogo
Teatro Dal Verme - Milano

Data
13.12.2011


Martedì 13 dicembre, Gianmaria Testa, l'ex ferroviere di Cuneo che scrive e canta poesia, ha fatto tappa a Milano con il suo tour di presentazione del nuovo album "Vitamia", per la precisione l'ha fatto nella bella cornice del Teatro Dal Verme, ultima di una serie di date italiane e giusto prima di tornare all'estero in Austria, Germania, Svizzera, Francia, paesi che hanno ormai imparato ad amarlo più di noi italiani, forse troppo presi dalle manovre o meglio dalle tasse del nuovo governo, giacché il teatro era pieno per metà ed è stato davvero un peccato perché di concerti così non se ne vedono tutti i giorni.

Prima di tutto perché Testa è sicuramente uno dei punti cardini dell'attuale canzone d'autore italiana, sebbene sia giunto alla pubblicazione del suo primo disco "Montgolfières" (per altro pubblicato con l'etichetta francese Label Blue) solo all'età di trentasette anni, ha saputo poi recuperare il tempo "perduto" pubblicando una serie di dischi notevoli, fino alla vittoria nel 2007 della Targa Tenco come "Migliore album in assoluto dell'anno" con l'album "Da questa parte del mare", bellissimo "concept" sul tema attualissimo dell'emigrazione.

Secondo validissimo motivo è che per l'occasione era accompagnato da un quintetto d'eccezione, quei musicisti che lo accompagnano ormai da tempo e con il quale ha un affiatamento meraviglioso, una vera delizia vederli all'opera sia in veste totalmente acustica sia in quella più elettrica, nuove sonorità piano piano introdotte da Testa nel suo ultimissimo lavoro.

Devo ammettere che vederlo suonare una fender stratocaster mi ha fatto un certo effetto e personalmente continuo a preferirlo nella veste più minimalista, anche la più estrema, proprio come quando solo voce e chitarra ha voluto dedicare una toccante "Ritals" al campo rom appena incendiato Torino, dopo aver prima spiegato che il termine "rital", insegnatogli dallo scomparso amico scrittore Jean-Claude Izzo, marsigliese ma di padre salernitano, ha un po' la stessa valenza dispregiativa del nostro "terrone" e sta a indicare quei francesi di origine italiana che neppure dopo anni di vita in Francia, riuscivano ancora a pronunciare correttamente la "r" francese.


E' però, evidentemente, solo una questione di gusti e non certo di qualità, sebbene Testa, nel presentare la canzone "Cordiali saluti", un funky che è una lettera di licenziamento ispirata all'omonimo libro di Andrea Bajani, romanzo in cui il protagonista vive giornate lavorative a scrivere lettere di licenziamento, guardando i colleghi "in esubero" che ripongono gli oggetti personali dentro piccole scatole e si avviano lentamente verso casa, ha voluto scherzare sul tema dicendo che dopo quel pezzo a esser licenziato come chitarrista elettrico sarebbe dovuto essere proprio lui.

Un Testa scherzoso e molto cordiale, che ha speso belle parole per presentare alcuni passi cruciali della sua scaletta, in cui ha sapientemente miscelato i pezzi nuovi ad altri provenienti dai dischi precedenti come "Polvere di gesso", brano applaudito sin dalle prime note.

Un altro momento clou è stato quello in cui ha illustrato la genesi di "Lele", una canzone del nuovo disco scritta trentacinque anni fa, ma pubblicata solo ora, ispirata alla triste vicenda letta allora in un breve trafiletto pubblicato da un giornale che si chiamava Gazzetta del Popolo, un bel titolo, anche se il giornale non era un granché aggiunge Testa, lì chi scriveva raccontava del suicidio di una madre evidenziando due aspetti, che la donna era meridionale (allora, ha spiegato Testa, molte erano le donne del sud che salivano nelle Langhe per sposare contadini per procura) e che il suo gesto non teneva in considerazione i figli che lasciava. La canzone ha poi spiegato, è rimasta lì tanti anni ma ora è diventata di un'attualità disarmante e le donne di oggi, soprattutto le tante emigranti giunte da ogni parte del mondo, ancor più di allora sono davvero l'anello forte della società, come ha ben scritto Nuto Revelli nel suo libro "L'anello forte", però come sempre sono anche quelle che subiscono maggiormente ogni momento complicato della società.

Società attuale già complessa di suo senza che ci sia la necessità di creare ulteriori falsi problemi, ma la stupidità umana non ha limiti spiega Testa in un altro momento del concerto, quando spiega "20 mila Leghe (in fondo al mare)", non certo una trasposizione del capolavoro di Jules Verne, bensì una filastrocca che narra di come, partendo dal Capo di Buona Speranza, i mari cominciarono a volersi dividere, fino ad arrivare alla separazione finale dei due atomi d'idrogeno da quello di ossigeno perché in maggioranza, la conseguente scomparsa dell'acqua e la fine del mondo.

Non c'è alcuna speranza allora per l'uomo di oggi? Forse si, quella di aggrapparsi ai sogni come speranze, come suggerisce "La giostra", giocosa e festosa canzone scelta da Testa per chiudere il suo concerto.

Il pubblico, anche se non numerosissimo, è però calorosissimo con lui che ricambia con un primo bis in cui esegue due bellissime canzoni "Come le onde del mare" tratta dal suo primo disco "Montgolfières" e "Come al cielo gli aeroplani" l'inedito brano contenuto nel suo precedente disco live "Solo dal vivo".

Poi, richiamato ancora una volta sul palco dagli interminabili applausi del pubblico, propone una canzone solo voce e chitarra, a suggello dell'intera intensa serata e come sincero augurio in un periodo davvero amaro sotto ogni punto di vista, in cui l'unica ricetta possibile forse, è quella di cercare di affrontare la profonda crisi in atto, attraverso la vicinanza, ecco allora la magnifica "Dentro la tasca di un qualunque mattino".

E' davvero la fine, resta il ricordo di un concerto impeccabile quanto emozionante, ma ciò che più conta è che la poesia in musica di Gianmaria Testa ha fatto breccia nei cuori di ognuno, una poesia piena di umanità.

Le foto sono gentilmente concesse da Paola Mombrini.


Musicisti
Gianmaria Testa: voce e chitarra
Roberto Cipelli: pianoforte
Giancarlo Bianchetti: chitarre
Claudio Dadone: chitarre
Nicola Negrini: contrabbasso e basso elettrico
Philippe Garcia: batteria

Links

martedì, dicembre 06, 2011

Recensione CD “Sto bene” di Giorgia del Mese

Giorgia del Mese: “Sto bene”
Se non milito, io canto!

di Fabio Antonelli


Giorgia del Mese, nativa di Avellino, ma da anni a Firenze, giunge al suo disco d’esordio “Sto bene” dopo un quinquennio d’importanti riconoscimenti, nel 2006 è migliore cantautrice al Premio Nazionale per cantautori “Scrivendo canzoni”, nel 2007 vince il premio “Personalità artistica” al Concorso Nazionale per cantautori “Premio Poggio Bustone” e il “Premio della critica” al concorso nazionale per cantautrici “Premio Bianca D’Aponte”. Nel 2009 vince il Premio Nazionale per cantautrici “Tra musica e parole” e i premi della critica e “Top One Comunication” al Premio Bianca D’Aponte”. Nel 2010 si aggiudica il premio “Migliore interpretazione” al Premio Bindi.

Si potrebbe quindi dedurre che il titolo del lavoro derivi da un certo stato di soddisfazione per quanto realizzato fino ad ora ma non è per niente così, perché ascoltando il disco, ci si accorge ben presto che il titolo è un eufemismo e in realtà è espressione di una calma solo apparente.

Si potrebbe dire che è uno “sto bene” con la condizionale, anche durante la sua ottima apparizione nell’edizione 2011 del Premio Tenco (è stata chiamata anche dagli organizzatori del Premio Tenco), Giorgia ha voluto precisare che la musica per lei è un po’ come una valvola di sfogo e che, è approdata al linguaggio della canzone d’autore, come conseguenza del suo non militare più attivamente in difesa di certi ideali, un’espressione che la accomuna un po’ a quel “io canto per non ammazzare / perché se non canto mi sparo” della canzone “Arte” di Alessio Lega.

Ecco allora che, quelle che a un ascolto superficiale potrebbero sembrare canzoni musicalmente assimilabili al miglior pop d’autore, di botto rivelano tutto un mondo interiore in fermento, che a volte sfocia nel sociale altre volte si limita, invece, a rivelare le proprie difficoltà a rapportarsi con le persone che ci vivono accanto e con la società più in generale.

In ogni caso Giorgia del Mese annovera nel suo bagaglio d’artista ben più di un pregio, primo fra tutti la voce, duttile e profonda, che a tratti mi ricorda per passionalità e soprattutto personalità, quella della scomparsa Mia Martini. Dimostra poi una grinta e un’energia straordinarie nell’interpretare le proprie personalissime creazioni, canzoni che oscillano continuamente tra la migliore canzone d’autore nel senso più stretto del termine, il pop, il rock, il tutto dentro una cifra stilistica unica e riconoscibilissima.

Quali invece i contenuti di queste dieci tracce?

Si parte con “Cattivo tempo”, brano già presentato al pubblico durante la sua prima apparizione al Premio Bianca D’Aponte e che rivela sicuramente il lato più personale di Giorgia, evidente qui è il senso di smarrimento “magari mi chiamo così mi rispondo / magari mi scrivo così mi racconto / magari mi specchio riconosco il mio tratto”.

Lo stesso vale per la splendida “Non starmi a sentire” dove il disagio è quello provato dentro un rapporto a due, descritto tramite un numero considerevole di metafore “Come fosse agosto /senza un temporale / Una coperta in piuma d’oca / e fa già un caldo da morire” in cui però l’amore aiuta a guardare oltre le difficoltà “Come un amaro che se c’è va bene / Ma basta tutto il resto / per saziarmi il cuore / Non mi cambi l’umore / no no no no / Non starmi a sentire“.

Dal carattere pulsante e ondivago, in parte rockeggiante in parte melodica, “Così così” è come fosse la sua carta d’identità e ci rivela non tanto i tratti somatici di Giorgia, quanto il suo modo di essere cantautrice “Io voglio volare senza chiedere scusa / La musica la musica / è cambiata e allora osa“ e lei osa, eccome, con grande personalità.

Un suo forte sospiro, come quello emesso da chi ha ormai superato la soglia della sopportazione, introduce, dopo tre canzoni molto tese e tirate, il brano “Niente da espiare” uno dei più efficaci dell’intero progetto. Meno teso dei precedenti, permette all’ascoltatore di riprendere un po’ il fiato, ma non più di tanto, perché Giorgia ci canta decisa “L’aria crepuscolare non la reggo più e urlo / Guarda attenta c’è un cane / Amore non c’è più niente da espiare”.

“Scusa”, con il suo incedere lento, è invece un’amara riflessione su un rapporto d’amore che vien da lontano, tra tante difficoltà, come accade spesso, ora, però c’è come una maggiore maturità, che porta così a una nuova importante consapevolezza “e chiedo scusa / e non è cosa da niente / chiedere scusa / come chi non si difende / chiedere scusa non cambia il resto di niente”.

La title-track “Sto bene” mostra invece il lato più sociale di Giorgia che parte pur sempre dal proprio io, ma è soprattutto la rabbia di fronte alle mille contraddizioni del nostro paese a emergere e con vigore “io do un nome alle cose / ma mi devo calmare / conviene stare distesi / inspirare e sperare” fino all’unica sua personalissima conclusione “è una cosa normale / anch’io mi sento normale / mi assento un attimo e mi assento / ma vi giuro sto bene”.

“Odio l’estate” vola leggera come tante canzoni estive e per un attimo mi riporta alla mente, forse per il titolo forse per le sue indubbie doti vocali, l’indimenticabile Giuni Russo di “Un’estate al mare”, ma Giorgia non ci sta a certi stereotipi radiofonici, al divertimento a tutti i costi e allora canta “Estate ma ho una vendetta / basterà aspettare / il cielo grigio / si dà meno arie / mi siedo piano / e aspetto un temporale”.

“Ad alta voce” è una canzone tesa che denuncia i soprusi fatti da chi indossa una divisa e lo fa vivendo il proprio ruolo ad alta voce “Io vivo ad alta voce / Per non farmi più assordare / E sparo prima / Di restarci troppo male” e allora autogiustifica quanto accaduto a un ragazzo di Ferrara così “E poi vedessi quei suoi occhi / Pieni di fuoco rosso / Per calmarlo è stata dura / Mica è colpa mia se è morto” e quello a un altro ragazzo di Torino così “Torino si sa / è un po’ particolare / E poi non stava tanto bene / Su quella ringhiera / Io l’ho spinto e lui è volato / E’ morto solo un poco prima”.

“Io parto” invece, compassata, quasi rassegnata, sembra proprio una resa, derivante da un’insoddisfazione, una noia legata a una situazione fatta di “parole pesanti pomeriggio interminabile / lento fastidioso verso già scritto”, è la fine di un rapporto “lascio chiavi amore e un portone, / parto senza fortuna, / lascio mani sottili e tenerezza per ore, / e chiari i suoi occhi come le sue idee inattaccabili, / lascio numeri spigoli e sbagli tu cercali”. C’è ineluttabilità nel finale “un pomeriggio così te lo dovevi aspettare”.

Sembrerebbe solo una rassegnazione momentanea, il disco sembra poi chiudersi all’insegna della speranza con quel senso di leggerezza derivante dal ritmo sudamericano di “Forte dei marmi”. La canzone, invece, ci descrive il viaggio verso il mare di due innamorati, non manca anche qui l’accenno al sociale “Ma si corre bene verso l’autostrada / Non c’è fila al seggio elettorale / L’astensionismo agevola / il tuo viaggio verso il mare”, ma quel che sembra un idilliaco viaggio d’amore, al secondo ingorgo stradale muta, “Scende il tuo sorriso / e sale il mio disagio” pensa lei e finalmente trova il coraggio per dirgli “Io non ti voglio più / non ti sopporto / Fai il finto modesto Finto Ma sia tutto tu / Io non ti ascolto più / Io non ti credo più / Dici no so’ nessuno / Ma sei così fiero / Sei buono solo tu”. E’ veramente la fine di un amore e non solo, è anche la fine di questo bel disco.

Già mi viene voglia di riascoltarmelo tutto e poi ancora e ancora, ben suonato, grazie anche all’ottima regia di Gianfilippo Boni, il disco non viene mai a noia, voce originalità e personalità sono un triduo vincente, brava Giorgia!















Giorgia del Mese
Sto bene

Pains Records - 2011

Acquistabile nei migliori negozi di dischi

Tracce                                                          
01. Cattivo tempo
02. Non starmi a sentire
03. Così così
04. Niente da espiare
05. Scusa
06. Sto bene
07. Odio l’estate
08. Ad alta voce
09. Parto
10. Forte dei marmi

Crediti
Giorgia del Mese: voce, cori (10)
Bernardo Baglioni: chitarre elettriche (1, 4, 5, 7, 8, 9), chitarre acustiche (5, 7, 8, 9)
Matteo Giannetti: basso (1)
Fabrizio Morganti: batteria (1, 7, 9)
Bruno Mariani: chitarre elettriche (2, 6), programmazione archi (2), chitarre acustiche (6), programmazioni ritmiche (6)
Marco Fontana: chitarre acustiche (2), cori (10), chitarra acustica (10), chitarra classica (10)
Lorenzo Forti: basso (2, 4, 5, 6, 8, 9), basso synth (3), basso (7), bassi (10) 
Marco Barsanti: batteria (2) 
Gianfilippo Boni: tastiere (2, 3, 4, 6, 7, 8), pianoforte (3, 4, 5, 6, 7, 9), rhodes (3, 4, 6), synth (3, 7, 8), programmazioni ritmiche (3, 4, 5, 10), chitarre acustiche (4, 5), archi (5), cori (10)
Paolo Amulfi: chitarre elettriche (3)
Alessandro Potini: batteria (8) 
Davide Zilli: pianoforte (10) 
Nicola Cellai: tromba (10)

Testi e musiche: Giorgia del Mese

Produzione artistica e arrangiamenti: Gianfilippo Boni (tranne “Non starmi a sentire” e “Sto bene” arrangiamenti Bruno Mariani)

Produzione esecutiva: Marco Pini

Registrato e mixato allo studio Paso Doble di Bagno a Ripoli da Gianfilippo Boni

Mastering: Tommy Bianchi al White Sound Studio

Fotografie: Mara Mezzopane

Art Design: Federica Ficarelli

Sito ufficiale di Giorgia del Mese: http://www.giorgiadelmese.it/
Giorgia del Mese su MySpace: www.myspace.com/giorgiadelmese