di Fabio Antonelli
È di questi giorni l’uscita del nuovo album “Detto tra noi” (Ammonia Records -2023) di Filippo Andreani. Esattamente dopo cinque anni dal precedente “Il secondo tempo” (iCompany – 2018), dopo una lunga gestazione, vede quindi la luce questa sua ultima fatica, dieci tracce che oscillano tra presente e passato, che trasudano malinconia, che lasciano intravedere sprazzi di speranza, ma anche tanta disillusione. Un disco prezioso, da tenersi stretto, che testimonia la crescita esponenziale della poetica di questo artista.
Vorrei cominciare dalla
splendida copertina del tuo nuovo disco Detto tra noi. Ti ritrae in veste
di pugile sottacqua e si ispira chiaramente al celebre ritratto fatto da Flip
Schulke a Cassius Clay. Un uomo pronto a lottare a mani nude contro le
difficoltà della vita, ma con una difficoltà in più, non può respirare. Com'è
nata l'idea di ispirarti a quel ritratto? Il titolo Detto tra noi mi dà
l'idea di confidenzialità, il mettersi a nudo davanti all'ascoltatore? È
davvero così?
Dalla prima volta che l’ho visto,
quel ritratto di Ali mi è sembrato la metafora perfetta della vita di un
artista: andare avanti ad ogni costo, perché quella è la tua natura. E non fa
niente se non riesci a respirare, non fa niente se non c’è nemmeno il pubblico
a sostenerti. Sei tu, con il tuo coraggio e con la tua paura. E con la tua
testardaggine, soprattutto. Per questa ragione ho (faticosamente!) cercato di
ripeterlo. Questa copertina mi piace da morire. I due colloquianti che
compongono il “noi” del titolo siamo io e Filippo. Avevamo bisogno di dirci
alcune cose, noi due. Ora abbiamo anche l’età per farlo. Abbiamo bisogno l’uno
dell’altro, io e lui. Abbiamo necessità di stare dalla stessa parte. Io sono
quello razionale e pauroso, lui è quello pieno di fantasia e di coraggio. Siamo
l’uomo e il bambino, siamo il padre ed il figlio. C’è stato un momento in cui
mi sembrava che mi avesse lasciato ed in quel momento è nato il testo della
prima canzone del disco: Dalla mia parte.
Eccomi offerto l'assist per buttarci a capofitto dentro il disco, a partire proprio da Dalla mia parte, la traccia che apre le danze, che ha in sé già immagini poetiche fuoriuscite dal passato, come "un pallone fatto di giornali e due giacche a vento messe lì da usare come pali..." e immagine nefaste sull'oggi, con uno sguardo disincantato sul futuro "Ora il porto si è riempito di pirati e pescecani e sono morto ogni volta che ho permesso a qualcuno di occuparsi del domani anche per me...". Si può dire che un po' tutto il disco oscilli continuamente tra ricordi, speranze e disillusioni?
Hai colto esattamente il senso
del disco, che è pieno di quella malinconia che si prova a rivedersi in certe
fotografie. Ho passato un momento un pochino buio, dove l'umore era sotto i
piedi e mi mancava da impazzire quel Filippo sorridente e pronto alla
battaglia. Per fortuna l'ho ritrovato. Per fortuna ho capito meglio chi sono,
ad accettare i miei difetti fino ad innamoramene. Credo che la mia forza sia
avere una somma di debolezze con le quali dover continuamente fare i conti. È
un grande stimolo quello di voler fronteggiare sé stessi.
Hai parlato di fotografie e di ricordi, credo che 1977 nasca proprio dal guardarsi indietro "Come siamo cambiati! Dove ci siamo persi? Tra discorsi importanti e canzoni da grandi, quanto siamo diversi!". C'è nostalgia ma mai rassegnazione "Ho trovato i miei occhi: ce li avevi tu addosso! Per te morderò fino all'osso!". È una canzone d'amore puro, ma la lei oggetto del tuo amore è una lei un po' particolare, vero?
È la più grande maledetta e
benedetta stronza che abbia conosciuto. Ci siamo messi insieme nel 1993. Avevo
16 anni e anche lei. Lei ce li ha ancora. Per lei ho fatto migliaia di
chilometri, mi ha tolto il sonno, mi ha riempito di balle e di vizi. Dovrei
odiarla, eppure ci sto ancora. Lei è la musica punk e 1977 sì, è una
canzone d’amore per lei!
Saltiamo ad una altra data
importante, Estate 90, sembra essere così lontana... "Olio e
benzina insieme al due per cento" e "mangiacassette col volume
alto". Un'altra canzone d'amore mi verrebbe da dire, se di lei dici "Non
ho mai saputo molto di te, tranne il numero di denti che hai per averti vista
ridere con me... non l'ho dimenticato mai”. Mi dici qualcosa d questa storia
indelebile?
Si, questa è proprio una canzone
d’amore. Lei era una ragazzina della quale mi ero innamorato. Poi sono finite
le medie e non ci siamo mai più visti. Quell’estate, il fatto che l’avrei persa
di vista era l’unica certezza che avevo. Non mi consolavano nemmeno i gol di
Schillaci. Peraltro, vista la mia timidezza di allora, non avevo mai avuto il
coraggio di dichiararmi e quindi non c’è mai stato proprio niente, nemmeno una
passeggiata mano nella mano. Mi restava solo il ricordo del suo sorriso, che
avevo studiato tanto da contarne i denti. È una storia ingenua e innocente. Mio
malgrado!
Beata ingenuità. Vorrei lasciare per un attimo l'amore più o meno corrisposto, per parlare di due canzoni dedicate a personaggi del calcio ma canzoni, che, come al solito, hanno il calcio solo come sfondo. Mi riferisco a 11 metri dedicata ad Agostino Di Bartolomei, indimenticabile capitano della Roma e a Celeste, credo una delle più belle canzoni dedicate a Diego Armando Maradona. Perché proprio loro e perché con questa tua poetica capace di trasfigurare la realtà. Una canzone più bella dell'altra.
Grazie! Sono contento che ti
piacciano. Quanto ad Ago, mi ha sempre impressionato molto il fatto che ha deciso
di andarsene nel giorno esatto in cui, dieci anni prima, la sua Roma aveva
perso ai rigori contro il Liverpool la finale del trofeo più importante. Oltre
a questo, Di Bartolomei aveva una faccia diversa, un sorriso a metà, qualche
ombra nello sguardo. Un personaggio che andava cantato ed una persona che
andava ricordata. Rispetto a Diego (che io porto tatuato addosso con l’aureola
e la scritta San Fútbol) ho una venerazione quasi religiosa. Per questo ho
scritto una cosa che è quasi una invocazione, una preghiera. Perché Diego è il
Dio del calcio.
Restiamo ancora in ambito calcistico, perché Sottopelle, il pezzo che chiude il tuo nuovo disco, è una dichiarazione d'amore, uno stile di vita, un DNA. "Sai che cosa c'è? C'è che niente mi fa più paura insieme a te, come se ovunque vada ti avessi accanto sulla strada!" e lei non è una donna ma...
Ma la tifoseria del CALCIO COMO
1907! Eh, cosa vuoi farci… è una vera malattia… Sono innamorato della mia
sciarpa, folle per i miei colori, orgoglioso dei miei amici di stadio. Lo so,
può sembrare qualcosa di ben poco poetico da fuori, ma in realtà “forse non lo
sai ma pure questo è amore”!
C'è, invece, una canzone che
non credo non possa non commuovere chi la ascolti, mi riferisco a Rivederti
ancora dedicata a tuo padre, che inizia con questi versi "Guarda che
stasera esco e ti vengo a cercare". A me mette i brividi, così come quel
"Chissà se è vero che può capitare...". Non aggiungo altro, vorrei
fossi tu a dire di più.
L’ho scritta in cinque minuti e
ho pianto per un giorno, effettivamente! Ma avevo proprio il desiderio di
mettere per iscritto alcune urgenze. Ho deciso di continuare ad avere
l’illusione di poter rivedere mio papà, anzi proprio di coltivare questa
illusione, di farla crescere. Sognare è gratis, intanto. E poi mi fa stare bene
pensare che un giorno torneremo a litigare per come mi vesto o per il Milan.
Vorrei tanto fargli vedere come sono diventato, presentargli le mie figlie,
stappare una bottiglia. Poi potrebbe anche tornare via. Mi basterebbero dieci
minuti.
Io credo che l'amicizia abbia
per te un valore grandissimo, almeno è quello che ho pensato dopo aver
ascoltato Compagni di banco, è vero?
Assolutamente si: gli amici sono
tutto. Con i miei, siamo compagni di banco e lo saremo sempre. I miei amici
sono la mia fortuna, al pari della mia famiglia. In qualche modo, del resto, ne
sono parte.
Brividi è un bellissimo
elenco di istanti, situazioni che ti hanno fatto venire i brividi, tra i tanti cito
"Alfredo non parla da un'ora... E allora...". Personalmente
aggiungerei "Come ascoltare una canzone di Filippo Andreani”. Come... Come
è nata questa canzone?
È nata una sera, giocando con la
chitarra. Ho cominciato a fare quei due accordi stoppati e a dirci sopra cose a
caso. Poi, in qualche minuto, sono arrivate delle frasi di senso compiuto o
meglio delle “fotografie” di attimi, di situazioni. E tutte mi davano i
brividi. Così, ho iniziato ad elencare alcune cose che danno quella emozione.
Alcuni sono brividi belli – come le “voce belle dei cantanti” – altri sono
terribili – come “gli occhi di Ilaria e quanto sono seri quando guardano dritti
negli occhi dei Carabinieri”. L’ho voluta lasciare così, anche in sede di
registrazione, esattamente com’era nata, anche per ricordarmi per sempre delle
emozioni che ho vissuto scrivendola.
Hai parlato di emozioni e devo
dire che piena di amore e di emozioni è Niente da salvare. L'ho lasciata
per ultima solo perché trovo sia una delle più belle ed intime canzoni che tu
abbia mai scritto. Melodicamente meravigliosa, non ho voluto riportare alcun
verso, perché se no avrei dovuto trascriverla tutta. Mi parli un po' di questo
gioiello?
Racconto un amore adulto,
ostinato ma annoiato. Una vita di coppia che viene tirata avanti, senza alcuna
passione, tra litigi e silenzi. Una relazione in cui non c’è più niente da
salvare. Ma anche un rapporto in cui, comunque, non c’è niente da buttare via.
L’amore non si butta mai, nemmeno quando finisce. Ti ringrazio tanto per averla
notata nel disco… anche a me piace tanto questa canzone… ho suonato quella
melodia al pianoforte per almeno due anni e non riuscivo mai a farla diventare
una vera strofa… poi, una sera, è arrivato tutto all’improvviso. Musica e
testo. Mi mancavano solo poche parole e mi suona il telefono: è mio fratello,
mi dice che gli sono scappati i cani. Io nemmeno mi preoccupo e anzi lo
ringrazio… ecco le parole che cercavo! “Dimmi se l’amore può scappare come i
cani, che poi magari finisce male, o se ritorna come dentro ai film americani”.
Il disco, lo avrai intuito anche dalle mie domande è un disco che emoziona, che oscilla tra ricordi e presente, fatto a volte di istantanee in presa diretta, a volte di trasfigurazioni poetiche. Nel Vangelo secondo Marco si legge "Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O piuttosto per metterla sul lucerniere?". Può un disco così bello, essere scritto, musicato e cantato per non essere fatto conoscere? Come pensi di promuoverlo? Ci saranno date live?
Non sono mai stato bravo a
vendermi e anche questa volta non farò un’eccezione: niente live, ad esempio! È
una scelta sulla quale ho riflettuto molto (è chiaro che diventa davvero difficile
promuoversi in questo modo) e che ho preso per due ragioni. La prima è che mi
piacciono le cose fatte bene. Solo che non ho il tempo di costruire un concerto
come vorrei, né di stare in tour. Ho un lavoro che mi toglie dieci ore al
giorno, viaggio compreso, ed una famiglia che non posso abbandonare tutti i
fine settimana. Né lo voglio fare. La seconda ragione è che per me ogni
concerto è un esame di Diritto Privato (quando ero all’Università tutti
temevano questa materia e quel professore): mi sento sempre che devo convincere
qualcuno di (eventualmente) valere qualcosa; temo il giudizio della gente, ne
ho proprio il terrore. I concerti mi creano ansia, non felicità, e non voglio
più farmi questa violenza.
Nessun commento:
Posta un commento