di Fabio Antonelli
Il
6 giugno 2017 esce “Mare Nero”, il terzo disco d’autore di Alessio Lega, in
realtà negli anni autore di ben otto dischi tra traduzioni, rifacimenti, live,
dunque non certo artista di primo pelo. Questo nuovo disco lo si potrebbe
definire a tutti gli effetti un disco di “avanzi” nel senso di canzoni non
entrate, per vari motivi, nei precedenti due dischi. Detto così potrebbe quasi sembrare
un disco minore ma non lo è affatto, perché si tratta di una raccolta di brani
di grande spessore in cui la storia è sempre presente, anche quando fa a pugni
con la propria coscienza. Avercene di artisti come Alessio! Il disco sarà
presentato ufficialmente a La Scighera di Milano il 9 giugno.
Copertina "Mare Nero" |
Di un disco, a colpirmi per primo, è solitamente l'aspetto esteriore, ossia
la copertina, l'abito di cui è rivestito, allora ti chiedo subito com'è nata
questa copertina apparentemente semplice ma, credo, fortemente simbolica, in
cui il tuo nome e il titolo sembrano quasi non starci e in cui una molteplicità
di lettere addensate verso il basso si diradano verso l'alto, quasi fossero
pesci che faticano ad uscire dal mare in cui sono rinchiuse ... ho detto solo
castronerie?
Direi che la tua lettura è non
solo legittima, ma per certi versi centrata. Ti racconto non tanto la mia
versione, quanto la storia di com'è nata. Di solito quando comincio a pensare a
un mio disco la copertina è una delle prime cose che mi viene in mente, ma in
questo caso essendo questo di gran lunga il disco più vario che ho fatto,
faticavo ad averne un'immagine che potesse racchiudere tutto. Avevamo pensato a
un "giudizio universale" medievale (vista l'abbondanza nelle canzoni
di angeli e demoni), ma era triste ridurre un affresco nato per le grandi
dimensioni a quelle del CD. Quando non ho idee mi lascio ispirare dai manifesti
francesi del "Maggio 68", così ne ho trovato uno che si chiamava
"Le Mur" che somigliava a ciò che volevamo ... dal muro delle parole
siamo arrivati al nostro mare delle lettere. Un'onda, un cavallone che confonde
le lettere in un mare di amore e libertà.
Manifesto "Le Mur" |
Amore e libertà ... Eri partito da "Resistenza e Amore",
diciamo che, fortunatamente, non hai perso l'abitudine di cantare la vita, la
storia, l'amore, i sentimenti, i combattenti, i perdenti, spesso in modo
ironico senza mai aver paura di attacchi e critiche, un po' come nell'ultima
traccia del nuovo disco "Petizione per l'adozione dei figli alle coppie
omosessuali", vogliamo per una volta partire dal fondo? Ho già detto
troppo, ti lascio la parola.
"Petizione" è una
canzone che viene da lontano: un tempo sentendo un dibattito a Radio Popolare
(quindi una radio caratterizzata a sinistra) venni sorpreso dal fatto che molti
ascoltatori, pur approvando le unioni civili, erano inorriditi dal pensiero di
bambini che crescessero in un ambiente familiare non-eterosessuale. Questo mi
sorprese molto, trovo tristissimo che la paura della diversità sia più forte
della capacità di autocritica per un sistema - quello delle nostre famiglie -
che non ha certo prodotto solo serenità e salute mentale. Però mi sembra che la
canzone sia una canzone gioiosa, giocosa, vitale ... forse questa è la vera
provocazione: parlare di un tema simile col sorriso.
Hai ragione, il tono della canzone è assolutamente gioioso, un po' come
quello di "Angelica matta", il brano che apre il disco con quel
titolo che appare già come un ossimoro ... Chi è Angelica matta "luce
imprevista che sorge dal niente / di niente addensata, però
intraprendente"? Il clima di questa canzone è divertito, in netto
contrasto con la seconda traccia "Canzone del povero diavolo", che
sembrerebbe essere il rovescio di una stessa medaglia. Sono state scritte nello
stesso periodo? Come sono nate?
Sono state scritte proprio
assieme e parlano assolutamente della stessa personalissima esperienza.
"Angelica matta" è un ritratto, il "Povero diavolo" un
autoritratto. Se leggessimo solo il testo della prima la troveremmo molto meno
scanzonata, così come la seconda, senza il suo suono "infernale",
sarebbe molto auto-ironica ("ti offro tutto per quasi niente / poi ti
sputtano, ti canto alla gente"). Miracoli ed equilibri della musica ...
Alessio Lega - Foto di Rosalba Amorelli |
E' vero, per questo una canzone non può essere scomposta. Spesso la
musica è fondamentale e, anzi, anche i soli arrangiamenti possono cambiare
totalmente o quasi una canzone, anche solo renderla più dolce e struggente, sto
pensando alla nuova versione della dolcissima "Zolletta", da te
dedicata a Enzo Baldoni, il giornalista free-lance ucciso dagli estremisti
islamici in Iraq nel 2004, ancora più commovente se fosse possibile ...
"Zolletta" è una
canzone che mi è molto cara, non solo per la storia specifica cui sono legato
da molti fili: ero un lettore di fumetti e conoscevo il lavoro di Enzo Baldoni
come grafico, come reporter e scrittore. Però credo anche che Enzo Baldoni sia
un "uomo del secolo" cioè uno che rappresenta appieno il nostro
sbigottimento di fronte alla contrapposta violenza dei poteri: sbigottimento
attivo, partecipe ... innamorato, mi verrebbe da dire. L'oblio in certi casi è
il nemico più pericoloso, non dimenticare Enzo Baldoni vuol dire non
dimenticare un uomo giusto e soprattutto aver rispetto di se stessi. Poi credo
anche che la canzone sia ironica e sentimentale quel tanto da valere la
diffusione.
Devo ammettere che più d'una volta il tuo studiare la storia con una
passione e una dedizione certosina, mi ha permesso di conoscere personaggi,
artisti, uomini del popolo a me ignoti. In tal senso sono per me due grandi
scoperte le due canzoni di altri che hai voluto qui inserire, mi riferisco a
"Hanno ammazzato il Mario in bicicletta", una vecchissima canzone
(1958) frutto dell'accoppiata Dario Fo e Fiorenzo Carpi e una recentissima
(2014) canzone di Paolo Pietrangeli intitolata "Fiore di Gaza". Cosa
ti ha colpito di queste due canzoni? Come le hai fatte tue musicalmente
parlando?
Una parte importante del mio
lavoro è quello di scavo e riproposizione del repertorio storico della canzone
italiana. Questo scavo ha dato origine a due fortunati spettacoli multipli:
"Cento anni di canzone d'autore" e "Vinili", quasi 300
canzoni entrate nel mio repertorio in tre anni. È la mia risposta al fenomeno
delle "cover", l'approfondimento della Storia musicale. "Hanno
ammazzato il Mario in bicicletta" è diventato un mio pallino perché è una
canzone geniale, irriverente, perfetta drammaturgicamente e sta all'origine
della Canzone d'Autore (è del 1958). Purtroppo è anche diventata un omaggio
postumo al genio di Fo, ma questo non era previsto quando l'abbiamo registrata.
Pietrangeli è il mio primo maestro divenuto amico, e le sue canzoni più recenti
(come questa "Fiore di Gaza") sono forse ancor più belle di quelle
storiche.
Hai parlato di lavoro di scavo e riproposizione del patrimonio storico
della canzone italiana ma accanto a ciò,
c'è anche sempre un tuo preziosissimo lavoro di recupero della storia in sé,
della realtà storica, anche quella che s'è cercato di celare ai più, come ad
esempio il massacro di centinaia di vecchi donne e bambini avvenuto ad opera
degli italiani in una grotta del massiccio dell’Amba Aradam col terribile gas
all’iprite e che tu hai messo in canzone per contrasto in forma gioiosa ed
ironica in "Ambaradan" o come l'olocausto zingaro cui nella balcanica
"Porrajmos" cerchi di restituire visibilità e dignità. In entrambi i
casi noi italiani non ne usciamo proprio bene, vero?
Beh... credo che uno dei compiti
degli artisti sia quello di mettere il dito nella piaga della rimozione, di
provare a divertire facendo riflettere. Il giudizio sugli italiani in quanto
popolo, nazione, politica lo lascio agli storici. Io posso solo dire che, per
quanto ho potuto documentarmi, il motto "italiani brava gente" è solo
una favola.
Mi trovi d'accordo su entrambi i temi, anzi direi che i tuoi compiti
d'artista sono da promozione a pieni voti. Però anche in questo disco un po' di
spazio per la sfera più personale ed intima lo si trova comunque in "Non
sarai più sola", in cui canti dell'epilogo del tuo matrimonio … è già una
delle mie preferite, sarà forse che sono sempre stato un sentimentale. L'ho poi
ascoltata su Youtube nella versione in cui era nata (https://youtu.be/gXOpFqiYLtk),
era ben più triste, forse il tempo ha addolcito tutto ed eccola allora nella
veste attuale, è così?
Il matrimonio in quanto
"contratto sociale" ha un epilogo, ma i rapporti sono in continua
evoluzione, e così oggi il rapporto con Patrizia, la mia ex-moglie (anche gli
anarchici hanno un cuore!) sono non solo sereni, ma di vera e propria
amicizia... anzi ci diamo reciprocamente consigli sentimentali. Però le canzoni
- se sono buone canzoni - vivono di vita propria e si evolvono per percorsi
imprevedibili anche dall'autore. La trasformazione di "Non sarai più
sola" da dolente melodia "alla Vecchioni" (tipo "Mi
manchi") a marcetta alla Beatles, è una felice intuizione di Francesca
Baccolini, bassista e co-produttrice artistica del disco, e secondo me
riequilibra il pathos del racconto con la forza dell'accompagnamento.
Alessio Lega - Foto di Gianluca Riva |
Credo che la direzione artistica di Francesca Baccolini, unita a quella
dell'amico di sempre Rocco Marchi, siano elementi fondamentali nell'ascolto del
disco. Ovvio che poi c’è tutta la grazia della tua scrittura poetica e allora
anche una canzone come "Maddalena di Valsusa", nata evidentemente con
il fine di parlare della questione No Tav, si trasforma in una struggente ballata
d'amore, con versi come questi "Che di amarti ci si accusa / nostra madre
e nostra sposa / quei vigliacchi dei signori / Maddalena di Valsusa". Una
delle tue canzoni più toccanti, di quelle capaci di far palpitare anche i cuori
più freddi, io l'ho percepita così, sbaglio?
Ho frequentato tanto la Val di
Susa, vi ho tenuto decine di concerti in supporto al movimento No Tav, di cui
sono un fiero sostenitore. Mi sono innamorato di quella zona, ma soprattutto
del rapporto di identità fra i valsusini e la loro terra. E così è nata questa
sorta di serenata, di canzone d'amore, per una terra a rischio, bella e
resistente. Ma è esattamente quello che volevo dire: la storia della Valle di
Susa è una storia d'amore.
L'amore per la terra, spesso, si interseca nelle tue canzoni con quello
per le persone che l'hanno vissuta o la vivono. In questo disco ci sono due
canzoni che parlano della tua città nativa Lecce ("Santa Croce di
Lecce") e di quella adottiva Milano ("Stazione Centrale"). Nella
prima lo fai partendo da un fatto storico per altro quasi sconosciuto a tutti (ammirabile
il tuo costante lavoro di ricerca storica), la seconda partendo da un luogo
quasi di alienazione come la Stazione Centrale così come tutte le stazioni di
Milano, una città in cui ancora fatichi a riconoscerti "Ma noi che questo
posto, si sa, non ci appartiene / nascosti come l'acqua si scorre nelle vene /
Milano ci è nemica come la nostra vita / Carica di speranze nell'aria
intirizzita". Ho voluto accostare queste due canzoni per chiederti se, in
fondo, ti senta più cittadino del mondo o alieno ad ogni luogo....
La canzone sui tre leccesi uccisi
il 25 settembre del '45 - vicenda completamente dimenticata dalla mia città - è
una delle canzoni che mi è costato più tempo scrivere, benché la melodia sia
"presa in prestito da un canto sindacale irlandese". Ci tenevo a
mantenere l'equilibrio fra la bellezza dei monumenti del barocco leccese e il
sudore e il sangue di cui sono impastate le nostre città. "Stazione
Centrale" è nata invece in pochi minuti, scritta per uno spettacolo
teatrale che in realtà era un inno d'amore per Milano ... un amore difficile se
vuoi, ma senz'altro un amore, come testimonia "La scoperta di Milano"
(canzone del mio disco precedente "Mala Testa"): io adoro Milano,
perciò ci litigo spesso!
Direi che il disco l'abbiamo solcato in lungo e in largo quasi fosse un
mare … a proposito di mare, ci resta da parlare di "Mare Nero", una
tua canzone vecchissima, che hai scelto per dare il titolo al disco, secondo me
la si può già considerare un nuovo classico della canone anarchica e non mi
meraviglierei di vederla cantata da altri fra qualche anno, un po' come accade
per le canzoni di Brel, Ferré, ecc. Non credi?
"Mare Nero" è un brano
che mi trascino dietro da quasi vent'anni nei concerti, sempre molto gradito
dal pubblico, ma ogni volta che ho provato a inciderlo mi sembrava di non
trovare il "tono" giusto ... dal vivo prendeva un tono a metà fra il
cabaret e l'inno di piazza, ma in studio s'impantanava. Finalmente, in questo
disco così eclettico, ha trovato una sua possibile anima. Resta forse
l'episodio più stravagante rispetto alla scrittura degli altri brani ... e così
gli abbiamo dato il ruolo di far da titolo al disco.
Se sei d'accordo, vorrei chiudere l'intervista approfittando del fatto
che oggi è il 25 aprile e che tra poco sarà il Primo Maggio, due date molto
importanti che però ormai per molti si sono ridotte solo a due occasioni per
scampagnate e gite fuori porta. Che ne pensi? Non credi che musica come la tua
abbia un ruolo fondamentale per non dimenticare mai e per guardare sempre i
fatti della storia con occhio critico?
Ci sono dei generi musicali -
come l'hip hop - o forme di teatro (cosiddetto) di narrazione, o ancora
inchieste letterarie che hanno preso in mano il compito di riflettere sul
rapporto fra la Storia e le storie. Io però credo che la canzone d'autore sia
una delle forme più adatte a questo compito, perché tiene assieme il personale
e il collettivo, facendo un discorso politico su un piano emotivo.