lunedì, settembre 30, 2013

Intervista a Katres


di Fabio Antonelli

Dal 16 settembre è disponibile, in tutti gli store e digitastore, “Farfalla a valvole”, il disco d’esordio di Katres, nome d’arte della cantautrice di origine catanese Teresa Capuano, un nome il suo non certo nuovo agli addetti ai lavori, viste le sue numerose partecipazioni a rassegne e premi di livello nazionale. Un debutto il suo molto atteso, come rinunciare quindi alla possibilità di approfondire questo progetto? 

Fotografia di Claudia Ragusa


A me piace solitamente cominciare un’intervista direttamente dal disco, questa volta punto dritto al brano conclusivo della scaletta, che comprende nove brani, ovvero a "Bianco elettrico", forse il brano che più di tutti si stacca dall'insieme, per atmosfere e soprattutto per l'argomento trattato, ispirandosi alla figura di Bianca D'Aponte permettedomi di andare agli inizi della tua storia musicale ma, non voglio rubarti spazio ...

Non è un caso che “Bianco elettrico” chiuda il disco ... è il brano che ha segnato un inizio, l'inizio del percorso che mi ha portato fino alla realizzazione dell'intero album. Venivo da un periodo di forte avvilimento, avevo deciso di abbandonare la musica, poi ogni giorno una coincidenza diversa mi parlava di Bianca, fino al giorno in cui mi portarono a casa un disco in cui c'era una sua canzone, dopo averla ascoltata, composi questo brano ... dedicato a lei.

Un brano, che ti ha permesso di vincere nel 2008, proprio al Premio Nazionale Bianca D’Aponte, il Premio SIAE, primo di una lunga serie di riconoscimenti. Quanto ritieni importanti questi premi e quanto ti hanno aiutata ad arrivare alla realizzazione di questo tuo primo disco?

Il premio ricevuto nel 2008 mi diede un incoraggiamento che in quel momento mi era assolutamente necessario, dopo la mia esibizione Lilli Greco mi raggiunse dietro le quinte e mi disse "era da vent'anni che non sentivo una canzone così bella" ... rimasi senza parole, lì compresi che dovevo continuare a seguire e a coltivare il mio sogno.
Ogni premio ricevuto mi confermava che quello che stavo facendo era giusto, che stavo percorrendo la strada giusta ... è percorrendo quella strada che sono arrivata qua.

Torniamo dunque al punto di partenza, cioè al disco, partendo però dalla copertina. Ho tre curiosità da soddisfare: perché questa foto in cui sembri quasi non riuscire a stare dentro lo spazio a disposizione, quasi che questo disco non potesse dirci tutto di te, perché questo titolo così originale come lo è “Farfalla a valvole” e, infine, perché la scelta di Katres come nome d’arte?

Andrò a ritroso ... Katres è un nome che uso da quando avevo circa quindici anni, non è altro che una sorta di anagramma del mio nome e cognome.
Il titolo farfalla a valvole nasce da una definizione regalatami da Piergiorgio Faraglia, chitarrista che ha lavorato con me alla realizzazione dell'album. Un giorno Piergiorgio mi scrisse una mail e mi disse "tu sei una farfalla a valvole", gli chiesi di spiegarmi il perché e lui mi rispose così "un amplificatore a valvole è il migliore che ci sia per una chitarra, caldo e potente ma anche raffinato e delicato, una farfalla a valvole è tutto questo e in più è anche bella da vedere", dopo questa spiegazione, decisi che avrei chiamato così il mio disco.
La copertina del disco ... volevo che il disco, anche nella sua parte esteriore, si mostrasse subito come molto intimo, delicato, essenziale, ero consapevole del fatto che questo disco avrebbe potuto contenere solo una parte di me, sono felice di sapere che questa mia volontà sia stata colta.

Il disco però non è fatto solo di package come si usa dire nel mondo dei profumi, ma ha un suo contenuto. Ritenendo questo bel disco, un concentrato di femminilità, continuerei questo parallelo con i profumi, partendo quindi dalle note di testa, come definiresti le prime tre tracce di questo lavoro: “Coiffeur” che è stato il singolo che ha anticipato l’intero lavoro, “Conto e canto” e “Madre terra”. C’è molta Katres in questo trittico o sbaglio?

Non sbagli ... questi tre brani sono pieni di me. In “Coiffeur” sfrutto una delle caratteristiche femminili che personalmente utilizzo come filosofia di vita: l'autoironia.
In “Conto e canto” racconto una delle mie tipiche passeggiate ... cammino e conto i passi fino al momento in cui contando mi rendo conto che ho svuotato la mia mente da qualsiasi pensiero e che sono libera, libera di cantare e di non pensare a nulla ... poi c'è “Madre terra”, il mio canto d'amore per la mia terra d'origine, la Sicilia.

Delle note di fondo di questo disco-profumo abbiamo già parlato a inizio intervista, mi concentrerei più sul cuore del progetto, ci sono due brani tra questo gruppo di canzoni che mi hanno colpito molto, due pezzi apparentemente simili per l’impatto forte, quasi aggressivo, mi riferisco a “Non ho bisogno” e a “Via dalla mia vita”. Se però il primo rappresenta il senso di autosufficienza della donna quando è consapevole delle proprie forze, il secondo rappresenta, con il suo epilogo, un segno di cedimento dai propri propositi. Sono due aspetti della donna Katres o più in generale è rappresentata la complessità dell’universo femminile?

Io ritengo che siano due aspetti appartenenti alla complessità dell'universo femminile ... di cui faccio parte!
Noi donne siamo piene di sfumature, sempre imprevedibili, a volte fragili altre no ... amiamo, odiamo, perdoniamo ... il tutto con la stessa intensità.
Questi due brani racchiudono proprio questi eccessi, il passare da un estremo all'altro con estrema velocità e facilità.

In questo corpo centrale, trovano spazio due brani, uno è “Sogni e fantasmi”, l’altro “Spensierati giorni”. Il primo è un sogno raccontato fattosi canzone, un po’ come avveniva nel “Fiore delle mille e una notte” di pasoliniana memoria, in cui i sogni raccontati si facevano film, il secondo riporta in vita i ricordi di un amore estivo. Come sono nati questi due brani, quanto c’è di personale?

Sono due brani molto personali, il primo è un brano su commissione, mio padre un giorno mi disse "adesso ti racconto un sogno e tu ci scrivi una canzone ok?", rimasi piacevolmente sorpresa da questa richiesta ... la sera stessa composi “Sogni e fantasmi”.
“Spensierati giorni” racconta di un amore estivo, vissuto nell'atmosfera magica che solo gli amori estivi possono creare ... è un brano fatto d’immagini, non c'è nulla da raccontare ... è chiaro, trasparente, basta chiudere gli occhi per riconoscersi in almeno una di quelle immagini ... lo so!

Ho voluto lasciare per ultimo il brano “Gli occhi dei bambini” per un duplice motivo, primo perché si tratta di un brano non tuo ma di Stefano Rosso, secondo perché l’aver scelto un brano di Stefano credo ti renda davvero onore. E’ una scelta non certo dettata dal desiderio di farsi pubblicità, perché se c’è stato un grande cantautore pressoché ignorato, è stato proprio Stefano. Come mai hai scelto di cantare una sua canzone e perché proprio questo delicatissimo brano?

Qualche anno fa partecipai al Premio Stefano Rosso, oltre al brano in concorso ci chiesero di portare un brano di Stefano ... iniziai la mia ricerca per capire quale potesse essere il brano più adatto a me, scovai "Gli occhi dei bambini" in rete, una registrazione di un suo live a Lettere Caffè (Roma), un posto delizioso dove avevo suonato poco tempo prima ... rimasi subito incantata dalla delicatezza di quel brano così semplice e puro. Durante la serata del Premio, cantarla, mi diede una grandissima emozione, anche perché lì, tra il pubblico, c'era Stefania, figlia di Stefano ... vedere quegli occhi di donna e pensare che proprio quegli occhi bambini avessero ispirato quel brano mi emozionò molto ... pensai di voler racchiudere quell'emozione nel mio disco, per sempre.

Penso di averti già rubato troppo tempo, allora vorrei, come ho già fatto con altri artisti, che fossi tu a pubblicizzare con le tue parole questo lavoro che, con parole mie invece, magari un po’ rubate alle tue, definirei bello e leggero come una farfalla, caldo come il sud da cui provieni, pulito e potente come il suono filtrato dalle valvole. Perché dunque i lettori dovrebbero assolutamente accaparrarsi una copia di questo tuo primo disco?

Perché è un disco pieno di verità, è un disco "nudo", dove ognuno può riconoscersi e dove ogni brano riluce per ciò che è, senza sovrastrutture o mascheramento.

Fotografia di Claudia Ragusa


Sito ufficiale di Katres: www.katres.it
Katres su Facebook: www.facebook.com/katres.music
Katres su Myspace: www.myspace.com/teresacapuano




venerdì, settembre 27, 2013

Recensione CD "Petrina" di Petrina

di Fabio Antonelli

Che Debora Petrina, giovane compositrice, cantautrice e pianista di Padova sia figura dotata di originalità e forte personalità s’intuisce subito sia dalla copertina di questo suo secondo lavoro discografico dove è ritratta davanti ad un grande ventilatore con i capelli di un intensissimo color rosso tiziano letteralmente sparati verso l’alto, sia dal titolo scelto, semplicemente Petrina, quasi a voler ribadire che questa sua nuova fatica la rappresenta pienamente.

In effetti, qui Petrina sembra voler continuare e approfondire sia a livello compositivo sia di arrangiamenti quanto di buono aveva già mostrato con il suo primo lavoro In doma.

E’ sempre lei, infatti, il factotum dell’intero progetto, è lei a scrivere le partiture per i fiati e gli archi, a suonare il suo amato pianoforte, ma anche sinth e tastiere, introducendo questa volta, con maggiore decisione, anche l’elettronica.

Questa volta però, a dire il vero, non fa proprio tutto da sola, ma coinvolge nel progetto un nutrito gruppo di musicisti tra cui Mirko Di Cataldo che, oltre ad aver svolto un ruolo di supporto durante tutta la produzione del disco, ha collaborato in maniera essenziale nell’arrangiamento di alcuni brani.

Da segnalare poi tra gli ospiti, anche la presenza di John Parish e David Byrne, quest’ultimo con un piccolissimo cameo vocale in Lina, brano che inizia con il rumore della puntina su un vecchio disco in vinile, raccontandoci una storia d’amore vero, datato 1963 e, interrottosi per una parentesi di dieci anni, fino al ricongiungimento dei due protagonisti.

Sempre a Byrne, si deve l’idea di far incontrare Debora con Jherek Bischoff, arrangiatore, compositore e polistrumentista di Seattle, per la realizzazione di una versione orchestrale di Sky-Stripes in August, che va a chiudere questo disco.

Il resto? Il resto, come d’altronde il brano appena citato, che ci descrive lo smarrimento di lei bambina sotto le stelle cadenti di un lontano agosto, attinge soprattutto da sue esperienze personali, quasi a giustificare a pieno il titolo del disco. Infatti, seppure attraverso l’uso della lingua inglese, le canzoni riportano in vita episodi del suo passato, come ad esempio le gite in montagna con il padre in Princess o il ricordo del suo amato cane, ucciso da un’automobile in Dog in space, uno dei brani più belli, il tutto mescolando generi diversi dal jazz fino al rock.

Definire la sua musica è davvero impresa ardua, oscillando continuamente tra sperimentalismo, richiami al passato, influssi jazz, impennate rock e non solo.

Se dovessimo dire a chi somiglia Petrina, potremmo semplicemente dire che assomiglia maledettamente a se stessa e questo sarebbe sicuramente un gran pregio, però non possiamo nascondere che l’essere così originale e, per altro tecnicamente perfetta, è arma a doppio taglio, sempre dietro l’angolo è il rischio di risultare poco accessibili o peggio perdersi ad ammirare, un po’ narcisisticamente, la propria bravura.

Vedremo come saprà evolversi in futuro.




Artista: Petrina

Titolo album: Petrina
Etichetta: ALA BIANCA Group
Distributore: WARNER

Produzione artistica: Debora Petrina

Anno di uscita: 2013

Durata totale: 50:04
 

Elenco tracce:                                   
01. Little Fish from the Sky
02. The Invisible Circus
03. Princess
04. Niente dei ricci
05. Sky-Stripes in August
06. Denti
07. I fuochi d’artificio
08. Vita da cani
09. Dog in space
10. Lina
11. Sky-Stipes in August (orchestral version)

Brani migliori:
Lina
Dog in space
Princess


Musicisti e Ospiti:
Debora Petrina: voce, pianoforte, tastiere, synth
Mirko Di Cataldo: chitarre, basso, charanghi
Piero Bittolo Bon: sassofoni, basso
Alessandro Fedrigo: basso
Gianni Bertoncini: batteria, elettronica
Niccolò Romanin: batteria
Nicola Manzan: violino
Giancarlo Trimboli: violoncello
Carlo Carcano: elettronica
Amy Kohn: fisarmonica
David Boato: tromba
Riccardo Marogna: clarinetto
Thomas Riato: basso tuba
Arrigo Axia: percussioni
Jherek Bischoff: orchestrazione (11)

John Parish: lead guitar (03)
Davide Byrne: voce (10)
Lina: fischio (10), voce narrante (10)

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