lunedì, luglio 07, 2025

Ivan Francesco Ballerini: La guerra è finita, una danza continua tra realtà e immaginazione, dove la speranza è l’unico rimedio al dolore

di Fabio Antonelli

Ivan Francesco Ballerini è l’esempio di come non ci sia un limite di età per cominciare ad inseguire un proprio sogno. Del 1967 come il sottoscritto, nel 2019, forse stanco di cantare canzoni di altri, decide di scriversi in proprio le canzoni e pubblica un signor album, “Cavallo Pazzo” (RadiciMusic Records, 2019) dedicato al leggendario nativo americano della tribù degli Oglala Lakota ma, in realtà, un espediente letterario per realizzare canzoni senza tempo, che parlano dell’essenza della vita. Sono passati solo sei anni ed ecco che, sorretto da una vena creativa inarrestabile, ha appena pubblicato il suo quarto album “La guerra è finita” (RadiciMusic Records, 2025).

Presentando "Linea d'ombra"
Il 26 giugno scorso è stato pubblicato su YouTube il video di La guerra è finita, canzone che è anche la title-track del tuo nuovo album pubblicato con RadiciMusic Records ad inizio anno. Lo splendido video opera del regista Nedo Baglioni sovrappone sapientemente immagini ti te che canti accompagnandoti con la tua chitarra e di Lisa Buralli, la cui voce delicata ma allo stesso tempo intensa ed evocativa ti accompagna immersi in una natura incontaminata, a immagini dolorose di guerra. Il testo della canzone è pieno di poesia ed è sia un viaggio nei ricordi, sia un’immaginaria lettera d'amore scritta da un uomo al fronte alla propria amata. Mi racconti la genesi di questa canzone che credo sia stata poi quella che ha fatto poi nascere l'intero lavoro discografico, o almeno così mi sono immaginato?

Volevo scrivere una canzone che parlasse di un soldato qualunque che partito per il fronte scrive lettere e canzoni alla donna del cuore. Poi mentre scrivevo mi sono reso conto che quel soldato ero io. Mi sono rivenuti alla mente i giorni del mio servizio militare, effettuato nella città di Savona, in un lontano 1989. Furono giorni di grande tristezza, per la lontananza da casa, dalla mia fidanzata… e a peggiorare la situazione c’era il fatto che la mia caserma era vicinissima al mare, quasi lo potevi toccare con un dito… ma non ci potevi andare. Tuttavia, pur parlando di un soldato partito per il fronte, ho voluto dare un’impronta poetica, che parlasse d’amore, tinteggiando il tutto di malinconia, che gli anni che passano portano sempre con sé. Il video l’ho affidato alle mani esperte di Nedo Baglioni, che in questo caso, ha superato sé stesso con una regia degna dei grandi registi del cinema d’autore. Gli arrangiamenti, invece, li ho affidati alle mani di Alberto Checcacci, che credo non sia stata da meno… Nedo, Alberto, e la meravigliosa Lisa Buralli, sono grandissimi professionisti, e amici cari. Impossibile fare a meno di loro.


La guerra è finita è, come detto prima, anche il titolo del tuo nuovo album uscito a febbraio. Vorrei soffermarmi, se tu fossi d'accordo, sia sul titolo scelto sia sulla copertina del disco, una magnifica foto che ti ritrae seduto su una staccionata, pensieroso, credo in cima ad una collina toscana con, tra le gambe, la tua amata chitarra e dietro un cielo molto nuvoloso, quasi minaccioso, come è un po' il futuro di questo mondo attuale, come forse lo è sempre stato, ma in un momento storico in cui si fa molta fatica a guardare avanti non dico con fiducia ma, almeno, con speranza. Com'è stata pensata e realizzata?

Il titolo dell’album è strettamente legato al brano La guerra è finita e poi, ovviamente, agli argomenti trattati. La tua sensibilità ti ha permesso di capire nel suo intimo il valore e la scelta di quella foto. Ho voluto parlare di guerra senza mai, tuttavia, cadere nella lacrima facile, ma sfiorando l’argomento guerra e parlando, invece, di amore e di speranza. La foto della copertina è stata scattata il giorno in cui abbiamo girato il video di La guerra è finita. Ci troviamo all’Anciolina, bellissima località montana dell’immenso Pratomagno. Abbiamo girato a luglio del 2023, ma arrivati in loco faceva un gran freddo, tanto che a un certo punto ho chiesto a Nedo di chiudere tutto e tornare a casa. In quel frangente Nedo, come suo solito fare, oltre che a girare il video ha scattato alcune foto. Quella che tu dici, mi sembrava perfetta per presentare l’album, in tutta la sua immensità.


Vorrei sottolineare anche la cura e l'artigianalità del confezionamento del disco, la scelta di carta artistica italiana, l'assemblaggio realizzato a mano. Credo che in un mondo musicale sempre più orientato allo streaming, all'usa e getta, questa scelta radicale contro corrente sia un lodevole valore aggiunto. Come ti poni dinanzi a queste nuove tendenze?

La RadiciMusic Records da questo punto di vista è imbattibile. Ricordo ancora con una grande emozione il momento in cui Aldo Coppola Neri, titolare della Radici, mi portò in visione i primi CD di Cavallo Pazzo. Quel virato seppia, la qualità di quei materiali… ne rimasi folgorato. Purtroppo, oggi queste scelte non contano più, vista la velocità in cui tutto si muove. Tu fai un video che ha il valore di un film, curato nei minimi dettagli, lo lanci, e dopo tre minuti è già stato fagocitato e gettato nel dimenticatoio. Questo non invoglia certo a fare le cose per bene. Ma io, in fin dei conti, ho fatto questi dischi per me e per gioco, per divertimento. Purtroppo, è anche vero che questi lavori hanno colto l’interesse di un gruppo veramente ristretto di persone. Questo è un peccato, perché ho potuto sperimentare, che un concerto fatto con i brani che ho prodotto sino ad oggi, è veramente bello, degno di essere affiancato ai nomi più noti della musica d’autore. Ma mai disperare, perché una delle cose che ci differenzia dal mondo animale e vegetale è una cosa che solo noi abbiamo: si chiama SPERANZA.

Torniamo alle tracce, partendo precisamente dalla prima, Il mondo aspetta te (Ouverture) che, con estrema delicatezza quasi ci si trovasse in uno stato di estasi musicale, apre idealmente il disco fino a ritornare in forma di canzone completa nella omonima traccia finale, all'interno di una struttura circolare cara anche a tanti registi cinematografici. Personalmente credo siano molti i punti di contatto tra questo disco e il cinema inteso come rappresentazione della realtà attraverso gli occhi della poesia. È in fondo una canzone di speranza, nonostante tutto ciò che ci circonda e pensare che, ci hai tenuto giustamente a sottolinearlo nelle note al disco, queste canzoni sono state scritte prima degli sconvolgenti conflitti che affliggono questo nostro povero mondo. La speranza è davvero forse l'unica nostra vera "arma" di salvezza?

Domanda cruciale direi. Se uno si mette a leggere la poesia Valentino del grande Giovanni Pascoli e ne comprende il significato profondo, riesce a trovare la chiave di lettura anche di questo disco. Valentino nasce povero, non possiede nulla, nessun bene materiale, la pelle dei suoi piedini è nuda ma, nel suo cuore è accesa una cosa che nessuno può spengere, si chiama speranza. Se si perde quella, allora sì che si perde il senso della vita. Così, scrivendo questi nove brani, La guerra è finitaTra bombe e distruzioneSulle pietre del mondoIl mondo aspetta te, non ho mai perso di vista questo concetto. Speranza in un futuro migliore, dove non esista la più la povertà, non esistano i soprusi, dove gli uomini collaborino tra loro, per cercare di avere un percorso sereno della vita. È questo che il disco vorrebbe auspicare ma, se ci pensi bene, anche in Cavallo Pazzo toccai gli stessi argomenti, gli stessi concetti: cambiano le storie, cambiano i personaggi, ma il senso profondo resta quello.

Il tuo citare la poesia Valentino di Giovanni Pascoli mi porta a fare uno skip virtuale nell'immaginario lettore CD per saltare a Linea d'ombra, il riferimento letterario qui è l'esemplare romanzo breve di Joseph Conrad, bellissimo pretesto per parlare dell'ineluttabile trascorrere del tempo, dell'impietoso raffronto tra vecchiaia e giovinezza, viaggiando nello spazio-tempo pur restando immobili "inchiodati per terra mentre il resto del corpo vola". Una splendida canzone giocata su più livelli... Mi sembra ormai di aver capito che Conrad sia tra i tuoi autori letterari più amati o sbaglio?

Ho iniziato a leggere i racconti di Conrad spinto da mio fratello Antonio, che tra l’altro è uno scrittore e saggista. La lettura di Linea d’ombra non è adatta ai neofiti. Si tratta di un racconto piuttosto duro da digerire e poi i libri tradotti in altre lingue perdono sempre qualcosa nella traduzione. Alla fine, però il racconto è meraviglioso e non potevo perdere l’occasione per non fare, del racconto una canzone. Ho stravolto un po' le cose… e alla fine ho voluto che la protagonista fosse una donna, con tutte le difficoltà che la vita le pone davanti… e ancora oggi sono sempre tante. Basti pensare al fatto sconcertante che viene uccisa una donna ogni 24 ore… nemmeno nel medioevo succedeva questo. Quindi per salvare se e la sua anima, deve viaggiare, se non può farlo fisicamente, almeno con la fantasia… Anche lei sperando in un futuro migliore. Trovo che una canzone che trae ispirazione da un racconto della grande letteratura mondiale dovrebbe avere la carta per poter accedere e superare MUSICULTURA. Se non altro per il lavoro che ci sta dietro.  Un libro va prima letto e digerito, poi si deve trovare il motivo per trasformarlo in canzone. Questo dovrebbe muovere in chi ascolta la curiosità di andare a leggere il libro originale e dovrebbe essere premiante da un punto di vista culturale. Invece MUSICULTURA ha respinto al mittente tutte le mie proposte, scrivendo che sono belle e ricercate nel testo, ma non sono evidentemente all’altezza. E questo mi pone davanti tanti, troppi interrogativi. Cambierei il nome MUSICULTURA in rassegna musicale contemporanea… così da evitare pericolosi malintesi.


Evito di farmi tirar dentro in questo discorso proprio a ridosso della votazione finale delle Targhe Tenco in cui sono coinvolto personalmente e tiro dritto o, meglio, torno indietro alla traccia numero tre, ossia Tra le dita. Dolcissima canzone con splendide aperture melodiche, mi sembra parli di un amore genitoriale, di un distacco tanto inevitabile quanto ciclico, c'è ancora una volta lo scorrere inarrestabile del tempo e il desiderio di vivere appieno certi magici istanti. È così o ho preso una cantonata?

La canzone è stata arrangiata da Giancarlo Capo che a mio avviso ha saputo dargli la veste perfetta. Alla batteria Luca Trolli, turnista di Renato Zero… tanta roba. Credo che sia sbagliato dare una chiave di lettura univoca ad un racconto, sia che si tratti di prosa, di letteratura o di canzone. Ognuno deve essere libero di sentire ciò che vuole. Il tuo punto di vista è molto bello, per cui potrebbe essere proprio così.

Forse hai ragione, è proprio questo il bello delle canzoni e, a tal proposito, cito spesso questi versi "Le canzoni sono come le conchiglie, ognuno ci sente il mare che preferisce" tratte da Piano piano, una canzone di Beppe Donadio. Ascoltando la successiva Tra bombe e distruzione, dal titolo mi sarei aspettato una canzone che narrasse, quasi come una cronaca, di qualche guerra di cui la storia ne è piena e, invece, questa canzone mi ha evocato immagini in bianco e nero, quasi fossero tratte da un album di fotografie di famiglia o da fotogrammi di vecchi Super 8, con una sola macchia di colore, suggerita dai versi "la tua gonna preferita, che di rosso si è macchiata / e hai nascosto col cappotto per non essere osservata". C'è ancora il tempo che scorre, il crescere troppo in fretta e tutta l'incertezza della vita, come suggeriscono i versi finali "e non sapere se lo rivedrai, sorridente così". Trovo sia particolarmente bella perché spiazzante e, assolutamente, lontana da ogni retorica, non credi?

La prima cosa che mi viene da dire è grazie per questo bellissimo complimento. Hai colto la vera essenza del brano…  la parte profonda. Il tempo che passa, lo tratto spesso, ricordi Fabio, Il canto di mia figlia? Uno dei brani a cui sono più legato di Cavallo Pazzo. Quando Primo Levi nei suoi racconti parla della sua esperienza nei campi di concentramento, lo fa sempre con una grandissima lucidità e, soprattutto, grandissima dignità. Lo reputo uno degli scrittori più potenti del ‘900. Mai cade nel patetico… eppure di cose orrende deve averne vedute davvero molte. Avessi scritto una cronistoria dei fatti che succedono oggi, non avrei fatto che evidenziare ciò che invece non voglio evidenziare. Ho parlato di una ragazza, anche qui la protagonista è una donna che, nonostante i rischi che corre, sceglie di non abbandonare gli studi. Sa che restare ignoranti sarebbe la peggiore delle condanne, più delle bombe, più della distruzione o della morte; quindi, sceglie tutti i giorni di rischiare, nonostante la sua vita sia nel pieno, in quella che dovrebbe essere l’età della spensieratezza e dell’amore. Il finale, credo, sia molto emozionante con le parole che tu hai citato… saluta suo fratello che parte per la guerra, e non sa se sa se lo rivedrà mai sorridente così. Poi c’è questo coro, come un coro degli alpini, che ci porta lontano, tra le montagne, liberi da vincoli o da catene, un coro pieno di speranza… anche qui l’arrangiamento è stato curato da Giancarlo Capo che ha saputo cogliere l’aspetto più intimo del brano.

Ivan Francesco Ballerini in concerto a Firenze

Sulle pietre del mondo sembra proprio una di quelle canzoni da cantare in autunno davanti ad un fuoco, proprio durante quella stagione di cui tu canti "in autunno riposo il mio corpo, mi ritiro in preghiera / e a chi non ha più lacrime, non ha più parole, col vento asciugo i suoi occhi... consolo il suo cuore". La canzone come quell'olio di cui canta Max Manfredi nella sua Il grido della fata "L’olio è luce, carezza, medicamento, è sapere e sapore antico sul pane, è l’ulivo che muove il suo sistro nel tempo, questo tempo balordo che frastorna cicale”, la canzone come medicamento a chi ne ha bisogno. Non so perché ma mi ha riportato alla mente, forse musicalmente, anche la delicata poesia di Townes Van Zandt. Tutti riferimenti alti. Meglio di tanta immondizia musicale...

Non so se merito queste tue parole così belle… ma grazie. Sulle pietre del mondo parla di un uomo in viaggio, libero, senza costrizioni… cosa a cui ho sempre anelato senza successo. Siamo talmente schiavi di modi di fare, di comportamenti che ripetiamo a volte senza senso, costretti da una società frenetica che ci vorrebbe sempre giovani e performanti. Invece siamo una società di vecchi, spesso malconci, che non si sente più adeguata ai canoni che ci vorrebbero imporre. Sulle pietre del mondo, invece, parla di un uomo libero, svincolato dalle costrizioni, libero di agire e di pensare. Viaggia sulle pietre del mondo a piedi scalzi, leggero come una foglia trasportata dal vento. Nel suo cammino cerca di consolare chi ne ha bisogno e di riflettere su quello che dovrebbe essere il significato della vita, che non è certo correre, produrre e consumare… per poi finire vecchi e sfiancati, quando va bene, in una casa di riposo. Invece il protagonista va lento, pondera le cose, quando è stanco si ritira in preghiera, una sorta di purificazione dell’anima, come gli animali quando vanno in letargo. Ecco, io ascolto musica, ne ascolto molta, ma purtroppo non trovo brani così. Per ascoltare brani che fanno riflettere sulla vera essenza delle cose, devo ripescare nel passato, e detto tra noi, le cose passate mi sono venute leggermente a noia. È questo che mi ha spinto a scrivere, la noia… che è il motore propulsore della creatività. Ma per annoiarsi bisogna smettere di correre, fermarsi. Ma per annoiarsi bisogna smettere di correre, fermarsi. Ma per annoiarsi bisogna smettere di correre, fermarsi. Da ripetere come un mantra.

A proposito di mantra... La guerra è finita è il titolo dell'album e bisognerebbe sempre tenerlo a mente, come un faro puntato sull'intero lavoro e, allora, forse, si apprezzerebbero meglio canzoni come la successiva Perché mai, una splendida canzone d'amore a due voci, la tua e quella di Lisa Buralli. Un amore fatto di aiuto reciproco "Mastico il tuo pane, perché denti più non hai, / e mentre piangi asciugo gli occhi tuoi", di ascolto "Mostrami il tuo cuore per capire tu chi sei, / e raccontami le cose che non so", di ricerca dell'altro "Tendi le tue mani per stringerle alle mie / guardami negli occhi leggendomi di poesie". Perché mai ... uno non dovrebbe desiderare di vivere un amore così?

Il brano in questione l’ho scritto per il matrimonio di Nedo e Janet. Nedo mi aveva chiesto se avessi voluto suonare al suo matrimonio, cosa che a me ha fatto un piacere immenso. In questa bellissima festa non potevo non coinvolgere Alberto… Ma non mi sono limitato a questo, per questa occasione ho scritto Perché mai una canzone d’amore, quello vero, che si basa sulla stima reciproca, e sul desiderio di percorrere la vita insieme. Dal mio punto di vista, suonare per il matrimonio di Nedo è stato un regalo che mi sono fatto, perché l’amicizia, quella dettata dai sentimenti e dalla stima reciproca, è una delle cose, insieme all’amore, più potenti del mondo.

Lisa Buralli e Ivan Francesco Ballerini

Ed eccoci arrivati a Vestire di parole, canzone che trovo meravigliosa per più motivi, perché musicalmente è struggente, perché è piena di poesia e perché mi sembra rappresenti perfettamente il tuo modo di essere cantautore, un artigiano, un cesellatore che attraverso il proprio lavoro certosino riesce a trasformare in bellezza, in piccoli gioielli, anche la sofferenza, il dolore, la morte. Può essere considerata la tua carta d'identità musicale? 

Un altro complimento, così a bruciapelo… grazie, grazie davvero di cuore. Vestire di parole nasce dalla lettura di uno dei racconti più belli e commoventi della letteratura mondiale: Ferro di primo Levi, che si trova nella raccolta intitolata Il sistema periodico. In questo racconto l’autore parla della sua amicizia con il montanaro Sandro Delmastro, un ragazzo di poche parole, che lo coinvolge in alcune imprese apparentemente insensate su percorsi di montagna. Sandro Delmastro vede la fine dei suoi giorni, ucciso da una raffica di mitra, esplosi da un bambino di quindici anni arruolato dai fascisti durante il periodo della Repubblica di Salò. Primo Levi chiude il racconto con queste parole: “è impossibile riuscire a vestire di parole un uomo come Sandro, che amava poco parlare. La sua vita era racchiusa nei suoi fatti”. Ho voluto traslare questo bellissimo racconto in una canzone d’amore, cercando di esprimere il forte dolore che si prova, perdendo una persona amata. Le parole sono uscite fuori da sole, seguendo il giro armonico che magicamente la mia chitarra mi aveva suggerito, un giro che ha una impronta jazz, sognante e malinconico. Riuscire a trattare argomenti, a volte anche pesanti, che la vita ci pone davanti, cercando sempre un linguaggio appropriato, cercando di non cadere mai nel patetico o nel banale… raccontando storie appartenute ad altri, che si mescolano con le tue storie, in una danza continua tra realtà e immaginazione. Questo per me significa fare il cantautore.

Un'ultima domanda. Hai iniziato la tua attività di cantautore in tempi piuttosto recenti, era il 2019 quando pubblicasti il tuo album d'esordio Cavallo Pazzo ed ora, con La guerra è finita, sei già arrivato al tuo quarto disco. Mi sembra che tu ci abbia decisamente preso gusto. In questa tua avventura musicale, in un periodo dove la canzone d'autore è sempre meno al centro dell'attenzione, ti senti più un irriducibile Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento o un Ulisse assetato di conoscenza, alla continua scoperta di nuovi mondi?

Scrivere, se si hanno cose da dire, è molto appagante. Tuttavia, produrre dischi, come ho fatto io, oggi non ha più alcun senso. Per un album come Racconti di mare, mi ci sono voluti circa 20/22 mila euro. Questo per dire che tipo di impegno economico, oltre che intellettuale, ci sta dietro l’uscita di un disco. Non so esattamente cosa farò adesso. Cercherò di proporre le cose che ho fatto sino ad oggi nelle rassegne che ci sono in giro (sono moltissime) e tutte a caccia di soldi. Tuttavia, non restano molte altre strade da percorrere. Locali che fanno musica non esistono più, o sono rarissimi, e non cercano certo nomi nuovi da poter proporre. Questa purtroppo è la fotografia della situazione per ciò che riguarda la musica in Italia. Sto lavorando sodo sullo studio della chitarra, quando ho qualche idea la butto giù, senza nessuna pretesa. E stiamo a vedere cosa ci prospetta il futuro… a volte non si sa mai.

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