di Fabio Antonelli
Sono ormai passati dieci anni
da “Anche oggi piove forte…” (2014 - Farfavole), il disco d’esordio della
cantautrice e clarinettista romana Agnese Valle. In questi dieci anni Agnese ha
pubblicato altri due album “Allenamento al buonumore” (2016 – Autoprodotto) e Ristrutturazioni
(2020 - Maremmano Records/Ird), nel 2016 ha vinto il Premio della critica al
Bianca d’Aponte, nel 2018 la sua “Come la punta del mio dito”, scritta a
quattro mani con Pino Marino, è finita tra le cinque più belle canzoni in lizza
per la Targa Tenco “Migliore canzone”, nel 2020 ha ricevuto il Premio della
critica Amnesty International Emergenti, dal 2020 conduce un suo programma
radiofonico su Radio Elettrica ed è Vocal Coach nella scuola di Amici di Maria
de Filippi. Una vita intensa, che ruota intorno alla musica. Ed ora eccola, in
questo inizio di 2024, impegnata in veste d’interprete con “I mie uomini” (2023
- Maremmano Records/Ird).
È innegabile che ci sia molto
rispetto verso gli autori che chiamo a raccolta in questo disco, lo stesso che
ho avuto nel rimaneggiare le loro canzoni. Credo però che per questo non sia
necessario farsi piccoli, scendere di un gradino, ma al contrario guardarsi
occhi negli occhi e scambiarsi tutte le ragioni che hanno fatto di quei nomi
proprio “I miei uomini”. La stima, la gratitudine, il rispetto sì. Sono
accovacciata, raccolta ma con il mento alto e lo sguardo vivido verso chi avrà
tra le mani questo disco. Sono in ascolto, in scambio e la posizione che assumo
in quella foto in copertina è quella che riservo alle persone più intime a cui
non ho bisogno di mostrare la mia altezza.
Già nei tuoi precedenti tre album avevi iniziato ad affiancare alle tue canzoni, un brano scritto da altri. Nel disco d'esordio Anche oggi piove forte… reinterpretasti Io e te di Enzo Jannacci, poi fu il caso di Maledette malelingue di Ivan Graziani in Allenamento al buonumore fino a Ventilazione di Ivano Fossati in Ristrutturazioni, quindi diciamo che con questo album hai voluto dedicare interamente un disco ai colleghi uomini che stimi maggiormente. Com'è hai scelto questi nove brani? Avevi già delle idee precise o sei partita con lo scegliere ogni singolo artista e da lì hai effettuato una cernita?
Questo quarto album a mio nome
chiude un po’ il cerchio di una tradizione che vede ospitare in ogni album una
reinterpretazione di un brano nato al maschile: È con lui che festeggio il mio
decennale discografico ed è di per sé “eccezionale”: è il primo album da
interprete, ha una struttura a specchio rispetto ai precedenti, ospita infatti
(oltre allo strumentale in testa e al recitativo finale) otto brani editi ed un
solo inedito mentre gli altri lavori contenevano tutti inediti e un’unica
rilettura.
È un concept album che scandisce
fasi e tipologie del sentimento amoroso costruendo traccia per traccia un
percorso a capitoli: si parla di colpi di fulmine al bivio di una statale, di
attaccamento alla vita, di testamenti etici e affettivi, del prezzo da pagare
per una passione alla quale non ci può sottrarre e a rischi e alle scelte che
questa stessa passione propone.
Il criterio per la selezione dei
brani è stato quello di costruire questa narrazione ed affidarla ad artisti
uomini che sono stati per me un modello, un’ispirazione e spesso dei compagni
di viaggio nelle varie fasi della mia vita, da ascoltatrice e da cantautrice.
Nella maggior parte dei casi la canzone e l’autore di riferimento sono comparsi
già per mano, come binomio indissolubile; in altri, la canzone scelta è stata
quella che in passato mi aveva folgorata, incuriosita e mi aveva permesso di
approfondire la conoscenza dell’uomo che l’aveva composta, un po’ come uno
sguardo ben assestato al primo appuntamento a cui sai che ne seguirà un
secondo.
Così dalle vecchie conoscenze,
agli amori adolescenziali, a quelli di donna.
In questa sorta di unico racconto che si sviluppa attraverso le canzoni scelte, La fioraia, l'inedito scritto da Pino Marino per te, mi sembra inserirsi alla perfezione. Questa fioraia che si ritrova in mano l'ultima rosa e, vedendosi improvvisamente riflessa in una vetrina di un bar rilegge la propria esistenza, assomiglia tanto a te, che dopo dieci anni di dischi e concerti in giro per l'Italia ti guardi indietro e, con questo album da interprete, fai un bilancio dei tuoi primi dieci anni d'artista. È così? Come sono stati questi primi dieci anni?
Con La fioraia appare lo
stelo di quel fiore i cui petali rappresentano gli uomini e le canzoni
sfogliate una ad una in questo viaggio; li sostiene, li tiene insieme così come
rappresentato nell’artwork dell’album curato da Giulia Valle.
La fioraia è uno dei personaggi
che tiro fuori dalla “valigia dell’attore", è una donna che nella vita ha
camminato tanto ed ha fatto della pazienza e dell’attesa la virtù che muove i
suoi passi. Vede il mondo cambiare attorno a sé e procede e persevera nel
dispensare bellezza anche dove non riconosciuta, dove non meritata. È disposta
a distribuire i suoi fiori fino all’ultima rosa, che tiene per sé come gesto
d’amore e gentilezza auto rivolto in attesa di trovare chi davvero sarà pronto
ad accoglierlo. È l’ennesima declinazione d’amore di questo disco, è la storia
di una donna che ho imparato a conoscere e nella quale mi sono riconosciuta, in
questo cammino lungo dieci anni ricco di incontri, di mode, di assensi e
dissensi.
Un bilancio? Sono stati anni
pieni di vita, di esperimenti, di alleanze, di viaggi verso nuovi palchi, più o
meno convenzionali: abbiamo suonato in strada, in carcere, nelle case di cura,
nei chioschi dei parchi a Parigi; abbiamo percorso chilometri in macchina,
preso aerei, traghetti.
Sono cresciuta con la mia musica
e la mia musica è cresciuta con me, ho spesso cambiato pelle e questo non è
sempre stato facile. Nel bene e nel male però, sono stata libera, condizione
per me imprescindibile, che mi ha permesso di seguire la mia necessità
artistica e mi ha tenuta costantemente connessa al motivo per cui ho scelto
questa vita.
Hai parlato di esperimenti e,
in fondo, anche questa tua avventura da interprete sembra essere un esperimento
pienamente riuscito, si può dire che attraverso un preziosissimo lavoro di
riscrittura musicale e una serie di arrangiamenti molto moderni hai dato, ad
esempio, nuova vitalità ad una canzone come Autogrill di Francesco
Guccini ed hai fatto emergere tutta la poeticità del testo di Altrove di
Morgan, giusto per citarne due. Ho letto poi, che il tutto confluirà in uno
spettacolo teatrale che debutterà questa primavera. Sarà una forma di teatro canzone?
Mi puoi anticipare qualcosa?
Sì, sarà esattamente questa la
forma che si occuperà di raccontare il disco, uno spettacolo di teatro canzone,
nato parallelamente all’album. Andando nel retro di copertina infatti si
potranno rintracciare, affiancati ad ogni titolo, i capitoli e quindi gli atti
che comporranno questa mise en scène, proprio ad indicare come i due percorsi,
quello teatrale dal vivo e quello del lavoro in studio su supporto, siano da
considerarsi un tutt’uno.
Debutteremo nella primavera 2024
partendo proprio da Roma e con me sul palco ci sarà la mia band: Annalisa Baldi
alla chitarra, Luca Libonati alla batteria e Fabrizio Fratepietro, produttore
artistico dell’album, che si occuperà dell’elettronica e dei synth.
Parte integrante
dell’allestimento scenico saranno gli scatti di Giovanni Canitano, selezionati
dal suo vastissimo archivio fotografico, che andranno a comporre una sorta di
album di famiglia de I miei uomini.
Ringrazio molto Giovanni per aver
voluto partecipare al progetto e per avermi guidata in questo viaggio temporale
nel mondo della fotografia analogica… non vi dico altro, altrimenti sveliamo
tutte le sorprese!
Lo spettacolo inoltre
riconnetterà la mia parte autoriale con quella da interprete: se infatti lo
spettacolo, così come il disco, è composto da canzoni scritte da altri e
cantate da me, il copione mi vedrà nuovamente con la penna in mano a cucirle
tutte insieme.