Settembre è tempo di
vendemmia, si raccolgono i frutti di un’intera stagione vinicola, ma anche “Settembre
è il mese del ripensamento …” cantava Guccini nella sua “Canzone dei dodici
mesi” e, estrapolato da quel contesto, il verso calza a pennello con l’attività
di ascolti e riascolti di dischi in vista del voto per l’assegnazione delle
Targhe Tenco.
Si sa che non è mai
compito facile cercare di trarre il meglio da una vasta produzione di dischi
che, per quanto riguarda il Premio Tenco, copre l’arco temporale che va dal 1.8.2011
al 31.7.2012, c’è sempre il rischio di dimenticarsi di qualche ascolto
meritevole.
Non mi dilungherei quindi
oltre in preamboli e affronterei subito la Targa più importante quella del
Migliore album dell’anno.
Targa
Tenco Migliore album dell’anno
Scelta più che mai
ardua direi quest’anno e non per penuria di opere meritevoli, semmai per
abbondanza e questo non è certo un cattivo segno, partendo dai dischi usciti
nel 2011, direi che merita ancora attenzione Vitamia il nuovo disco di Gianmaria
Testa, senza dubbio meno coeso del precedente, si attesta comunque su un
livello molto alto, presenta alcune chicche già entrate a buon titolo fra la
sua produzione migliore.
Tra le novità più
interessanti in assoluto, citerei il fresco progetto TrE che vede protagonisti in un ipotetico triangolo la brava Giua, un veterano come Armando Corsi e il loro amore per la
musica, ironia, leggerezza ed eleganza sono le cifre stilistiche di questo
magnifico lavoro.
Più che una conferma è Respiro il nuovo disco di Joe Barbieri, come il respiro
impalpabile ma necessario, direi “vitale”, c’è poi eleganza, un amore viscerale
per la musica, un tono confidenziale come non mai. Da ascoltare in intimità per
apprezzarne ogni minima sfumatura.
C’è poi il ritorno del Fabularasa, il gruppo pugliese con D’amore e di marea vola alto, molto
alto, nel disco ci sono autentiche perle musicali ma ho come la sensazione che
il loro disco d’esordio fosse meno pensato e ripensato e, forse proprio per
questo, più immediato. A differenza di altri dischi probabilmente necessita
forse di più ascolti. Riascoltiamo.
Un outsider, che mi ha
lasciato esterrefatto per la bellezza cristallina del suo nuovo disco Generi di conforto, è il milanese Folco Orselli, per anni accomunato a
Vinicio Capossela (nel solito gioco dei rimandi tutto italiano) che questa
volta si è voluto regalare un disco con tanto di orchestra e il risultato si
sente. Atmosfere segnate da jazz, blues e, testi ispirati e … la sua splendida
voce.
Voce? Beh allora come
si fa a non citare Zibba, io dico
sempre che con quella voce potrebbe cantare anche l’elenco telefonico, ma Zibba
va oltre la sua voce, con quella sua scrittura densa ma capace di mirare dritta
al cuore di ognuno, il suo disco Come i
passi sulla neve è opera più che meritevole.
Altrettanto meritevole
è il nuovo disco di Pippo Pollina
intitolato Süden, certo è un disco
un po’ particolare, essendo nato dalla forte amicizia che unisce Pippo a Werner
Schmidbauer e Martin Kälberer, due musicisti bavaresi. Le canzoni sono quindi
parte in italiano e parte in tedesco, però le difficoltà linguiste sono
abbattute dalla bellezza delle melodie e dall’universalità dei valori cantati
nel disco, dedicato a ogni sud del mondo.
In chiusura, ma non
certo in ordine di valore, un altro disco che è più che una conferma di un
ottimo artista, mi riferisco a Ennio
Rega che con Arrivederci Italia
ha sfornato un gran bel disco, un titolo che la dice lunga sulla sua
originalissima visione del nostro tarlato mondo italico. Ironico, sarcastico,
pungente, da ascoltare con attenzione.
Le donne? Tre su tutte.
Una è Fiorella Mannoia che, finalmente, con Sud (ma toh, lo stesso titolo del disco
di Pollina e in fondo lo stesso tema) ha deciso di scriversi da sola le canzoni
e direi con ottimi risultati, una via da continuare a percorrere con fiducia,
molto bello anche dal punto di vista musicale.
Poi c’è Pilar, voce meravigliosa ma anche abile
scrittrice dei propri testi (le musiche sono di Bungaro tranne una canzone
musicata da Tony Canto), muovendosi tra italiano, francese e spagnolo dona pure
emozioni. Sartoria italiana fuori
catalogo è un disco che per il suo stile tra retrò e classicismo potrebbe
varcare senza problemi i confini dell’Italia.
Come non citare poi una
giovane come Micol Martinez, penso
che il suo La testa dentro oltre ad
essere una conferma di quanto mostrato con il suo disco d’esordio dimostri che
la cantautrice milanese abbia le idee molto chiare e sappia proporre un
linguaggio musicale originale e direi inconsueto nel panorama musicale
italiano, provare ad ascoltare per credere.
Targa
Tenco Migliore Opera prima
Quest’anno mi trovo a
segnalare ben pochi dischi e mi sono chiesto se ciò sia dovuto al fatto che la
messe sia stata meno abbondante degli altri anni, se ho prestato meno
attenzione alle novità o se incida sempre più il fatto che le nuove proposte
siano spesso poco e mal distribuite.
Passando ai nomi
estrarrei dal cilindro un’autentica sorpresa, il giovane Giacomo Lariccia, romano ma emigrato a Bruxelles e che, senza
soldi, è riuscito a farsi produrre da un centinaio di amici, in una sorta di
microazionariato, il suo bel disco d’esordio Colpo di sole, un sapiente mix di mediterraneità, freschezza e
impegno.
Un’altra novità m’è
giunta dall’estremo nordest, si tratta della friulana Elsa Martin che con vERsO
ha voluto “giocare” sin dal titolo che, partendo dalla parola giunge al senso della
propria storia (ERO), continuando poi a mescolare ancor le proprie carte da
gioco, attingendo da versi della tradizione, scrivendo testi propri sia in
italiano sia in friulano, insomma un rompicapo che l’ha portata a essere
inserita in questa categoria anziché in quella dialettale, ma che importa se il
disco vale?
Un’altra voce
femminile, piena di grazia, mi ha colpito sin dal primo ascolto, mi riferisco a
Roberta Barabino e il suo Magot, un disco all’insegna della
delicatezza, virtù sempre più rara ai giorni nostri. E’ un disco da ascoltare lontani
dal rumore di fondo che ci circonda, allora libererà tutta la sua bellezza.
Tra le novità non posso
non citare Andrea Belmonte e Valentina Pira, compagni nella vita e
artisticamente con il nome di Le canzoni
da marciapiede, con il loro Al
pranzo di nozze hanno creato una magnifica metafora del nostro vivere oggi,
opera sospesa tra cabaret e burlesque, con un po’ di Bertolt Brecht e un po’ di
Édith Piaf, con tanto Andrea e Valentina. Da gustare seduti, come a un pranzo.
Non tralascerei neppure
l’esordio discografico di Roberta Di
Mario con il suo Tra il tempo e la distanza,
ottima pianista, dotata di una voce molto interessante quasi magnetica, ha
saputo creare una mistura di canzone d’autore, raffinato pop e intrigante jazz.
Il disco si lascia apprezzare da subito ma non è segno di banalità, non ci
credete? Ascoltatelo.
Targa
Tenco Migliore Opera in dialetto
Anche questa categoria
trovo sia stata piuttosto avara di produzioni o, solito discorso, non mi è
giunta voce, forse è subentrata la pigrizia mia nel non andare a scovare dischi
in giro per l’Italia, mah vediamo cosa ho trovato.
Italia
talìa è il nuovo disco di Mario Incudine, funambolico e iper attivo musicista siciliano, è un
fervido invito a guardare i mali di questa Italia, un invito al risveglio e
all’impegno rivolto non solo alle coscienze di tanti giovani siciliani, ma alle
coscienze di tutti gli italiani, musicalmente è spumeggiante, ricco d’influenze
che vanno dal mediterraneo occidentale ai Balcani, fino al Medio Oriente.
Piacevolissimo.
La mia seconda
segnalazione è riservata a un altro disco cantato in siciliano (dovrò
trasferirmi lì?), si tratta di C'era cu
c'era a firma I Lautari, un
gruppo che partendo dalla musica popolare tradizionale reinventa un proprio
originalissimo mondo musicale, a tratti trascinate, a tratti commovente fino
allo spasimo, i testi sono attualissimi come quelli del disco di Incudine e
dietro quest’ottima produzione troviamo un nome che è una garanzia, Carmen
Consoli che per altro canta in prima persona in una traccia del disco.
Targa
Tenco Migliore Interprete
Solitamente qui mi trovavo
spiazzato, non particolarmente amante del genere ho sempre fatto fatica a
trovare i nomi da inserire nella rosa dei candidati alla Targa per interprete,
invece …
Invece, mi trovo
davanti ad un nugolo di ottime proposte che hanno saputo risvegliare l’attenzione
spesso sopita nei confronti di chi interpreta canzoni non proprie da parte del
sottoscritto.
Partirei, in ordine
rigorosamente casuale, con il disco Di
fame, denaro, passioni di Umberto
Sangiovanni e la Daunia Orchestra
dedicato ad alcuni testi immortali del cantautore e poeta pugliese Matteo
Salvatore, disco raffinatissimo in cui le liriche di salvatore si stagliano su
una scrittura musicale jazz di primissima qualità.
Totalmente diverso per
sonorità, intrise questa volta di folk americano, per certi versi immenso, per
comprenderne la portata basterebbe guardare la scaletta dei brani scelti da
Massimo Priviero e il violinista Michele
Gazich per il loro personalissimo omaggio a quelli che sono stati gli amori
giovanili di entrambi e di tanti, ma tanti cultori del folk d’oltre oceano, il
progetto s’intitola Folkrock e
contiene brani di Bob Dylan, Van Morrison, Bruce Springsteen, Neil Young, ecc..
Passiamo all’universo femminile, anche qui le offerte di valore non
mancano.
C’è il nuovo disco di Claudia
Pastorino, registrato dal vivo durante una tournée durata quasi due anni e
dedicata al maestro del tango argentino Astor Piazzolla in occasione del
ventennale dalla sua scomparsa, Tango
che ho visto ballare … è un sincero atto d’amore verso la poetica di
quest’artista argentino, tanto che per facilitarne l’accesso all'ascoltatore, è
pressoché interamente cantato in italiano, da una delle più belle voci della
canzone di qualità italiana.
Altrettanto bella è la voce di Giuliana
Bergamaschi, veronese, forse il nome ai più dirà poco o nulla ma è stata
colei che ha dato voce a uno dei più ispirati progetti del cantautore,
anch’egli veronese, Marco Ongaro, mi riferisco al suo Shakespeariana. Giuliana
ha voluto questa volta prestare la sua voce e soprattutto le sue doti
interpretative, a una manciata di cantautori veronesi tra i quali spiccano il
nome di Massimo Bubola e ancora Ongaro. Il disco s’intitola Il cielo d'Irlanda è di Verona, come
darle torto.
C’è un’altra cantante donna che è tornata all’opera ripartendo da un
progetto che è uno scarto notevolissimo rispetto al suo passato dance, mi
riferisco a Lu Colombo che ha voluto
affrontare un grande poeta della canzone come Joaquin Sabina, il disco anche
qui cantato in italiano per lo stesso motivo di quello della Pastorino,
s’intitola Molto più di un buon motivo
e c’è davvero molto più di un buon motivo per ascoltare la sua interpretazione.
Infine, per concludere, un gruppo. Un gruppo? Si, trattasi di I Luf originari della Valcamonica, il cui
leader Dario Canossi per anni è stato accostato, a volte in maniera negativa, a
Francesco Guccini (per altro suo grande amore giovanile) quasi ne avesse
volontariamente plagiato la voce. Stanco di sentirsi accostare al maestrone,
Dario s’è detto “perché non osare un disco in cui I Luf cantino le canzoni di
Guccini?”. I Luf cantano Guccini è un
gran disco che sa tanto di Guccini, ma che è altrettanto pregno delle sonorità
care a I Luf. Pregevolissimo.