Intervista a Patrizia Laquidara
di Fabio Antonelli
Ai
fans di Patrizia Laquidara, agli internauti più incalliti, ai rabdomanti sempre
in cerca di musica di qualità non sarà certo sfuggita l’apparizione sul sito
dell’artista, nel mese di novembre dell’anno appena concluso, di “Cara!”,
un’autoproduzione indipendente in edizione limitata prodotta dall'Associazione
culturale Luna Nordestina e messa in vendita solo online e solo per un mese. Una
meteora di rara luminosità. Ecco, per chi se la fosse persa, un’intervista con
l’autrice di questo prezioso disco.
Com’è
nata l’idea di realizzare “Cara!”, un disco che ti vede per la prima volta in
veste d’interprete e non di cantautrice?
Devo anzitutto premettere che io amo interpretare
nella stessa misura in cui amo scrivere. A volte, anzi, l'essere solo
interprete mi dà la sensazione di poter vivere il mio canto con maggior
libertà. Cantare cose che io non ho scritto, storie che non conosco, che non so
come sono nate, mi dà la possibilità di inventare mondi sempre diversi.
Scrivere è un lavoro creativo, ma cantare è inventare. Se canto ciò che è stato
scritto da qualcuno che non sono io, quella storia è un territorio
completamente inesplorato, è come addentrarsi in un sentiero sconosciuto che
non sai mai dove ti porta.
Di là di questo, ho
tutta l'intenzione di scrivere ancora e molto. Quest’album, “Cara!”, è stato
una specie di felice parentesi, quasi un appunto durante un periodo che mi vede
invece concentrata sulla scrittura del mio prossimo album, che vorrei uscisse
quest'anno. Ho sempre avuto tempi lunghi di gestazione. Sono molto meticolosa e
critica con me stessa. “Cara!” invece è arrivato più facilmente, per questo
parlo di parentesi felice. Mi sono seduta ad ascoltare e ho ripreso in mano
cose che avevo già registrato in passato e che volevo far riascoltare e poi ho
aggiunto brani nuovi, reduce anche dalla mia terza tournée in Brasile, che mi
ha dato nuovi spunti, nuove conoscenze. Io, che come ho detto amo interpretare,
ho trovato in Brasile un bacino immenso di perle preziose. Ne è uscito così un disco piuttosto
eterogeneo e “sui generis” dove la ricerca di un suono unico che accompagni
tutto il disco non è una prerogativa. S’incontra invece una voce che si muove,
che cambia nel tempo e che è cambiata dal tempo, che muta in base agli spazi e
a dove risuona. Alcune cose sono state registrate in casa, altre in un eremo,
altre in studio, altre ancora nelle stanze di una villa. E' soprattutto un
lavoro autoprodotto che ho reso acquistabile solo per un mese sul mio sito
ufficiale. Una sorta di regalo per le persone che mi seguono e che spesso negli
anni mi chiedevano di poter ascoltare dei classici brasiliani da me
interpretati. Tutto questo per far capire che “Cara!” è un progetto particolare
e non il nuovo disco ufficiale con il quale presentarmi al pubblico dopo “Il
canto dell’Anguana”.
In
proposito, se però qualcuno leggendo questa intervista fosse interessato
all’acquisto di “Cara!”, non può più farlo perché il disco era acquistabile
solo fino alla fine di novembre? O si faranno delle eccezioni?
Si faranno delle
eccezioni, perché la gente continua a richiedere il disco, perché è stato
venduto bene ed è stato richiesto anche all’estero. Sono arrivate richieste dal
Giappone, dalla Francia dal Brasile stesso ... quindi ho deciso di venderlo ai miei concerti
e di venderlo allo stesso prezzo con cui è stato venduto online nel mio sito.
Questo perché una parte dei proventi sarà devoluta a un orfanotrofio che si
chiama Copame e che ho visitato quest'anno durante il mio tour in Brasile e
piu' precisamente a Santa Cruz do Sud. Con Giancarlo Bianchetti, che mi ha accompagnato
durante tutta la tournée, abbiamo suonato all'interno dell'orfanatrofio ed è
stata un’esperienza meravigliosa cantare di fronte a quei bambini che ci
ascoltavano rapiti, assetati di musica, assetati di altro ... L'orfanotrofio
ospita 42 bambini tra gli 0 e i 12 anni. E' un'esigenza forte per me mantenere
un contatto con questa istituzione, con questi bambini, che mi permette anche
in qualche modo di ricambiare, nel mio piccolo, il tanto che ho ricevuto da
questo paese e da quest’ultimo viaggio.
Questa
tua passione per la musica brasiliana nasce dalla lunga esperienza del triplice
tour in Brasile o era una passione che avevi già dentro e, anzi, il tour in
Brasile ne è stata la logica conseguenza?
(ride) No, sicuramente
è la seconda che hai detto, il tour è stato una conseguenza. Infatti, come ti
dicevo, le prime canzoni le ho registrate nel 2000 ...
Partono
da lontano dunque.
Si, assolutamente. E’
anche vero che sono stata in Brasile per la prima volta nel ’91, ma quello è
stato un viaggio che non aveva niente a che fare con la musica e anzi neppure
conoscevo la musica brasiliana. E’ stata un'esperienza molto particolare, molto
dura anche e in alcuni momenti drammatica, infatti, durante quel viaggio, ho
visto gente morire, gente portata in prigione, ho visitato le favelas più
povere del nordest ed era il periodo degli squadroni della morte. Durante la
mia permanenza una notte uccisero diversi bambini nelle strade di Recife, sono
stata vicina a chi lottava per la riforma agraria e ho visto i lavoratori della
canna da zucchero dentro le piantagioni che lavoravano dalla mattina alla sera,
senza alcun diritto, veri e propri schiavi. Sono poi tornata in questi luoghi,
ma molto più avanti e già io ero cambiata, più pronta a vedere tutto ciò. Quel
primo viaggio, invece, fu molto duro per me, molto penoso, anche se lo ricordo
ora come un'esperienza preziosa e formativa per me, per la mia vita, per la mia
visione del mondo. Dopo quel viaggio, al ritorno in Italia ho messo per molti
anni da parte il ricordo di ciò che avevo visto e vissuto, tutto ciò che era
così inconciliabile con la vita che vivevo ... che erano così penoso da ricordare. Grazie alla musica poi mi sono riavvicinata a
quel paese lontano, feroce e pieno di bellezza, espressa con la musica che fa e
che dona al mondo. Mi sono così nuovamente riavvicinata a quel primo viaggio,
che ormai avevo metabolizzato e a quel paese. In seguito il Brasile è sempre
stato nei miei interessi e ci sono tornata spesso, portata soprattutto dalla musica
fino alla mia ultima tournèe di quest'anno, durata un mese e mezzo, lunga seimila
chilometri.
Tornando
al disco, oltre a bellissimi brani pescati dalla migliore tradizione, troviamo
splendide illustrazioni, dei veri e propri ritratti di te.
Si, le illustrazioni
sono state realizzate da Miriam Pertegato, le ho chiesto di disegnare per me
lasciandole però la massima libertà. Sapevo che lei avrebbe fatto un lavoro
cosi bello. E poi ho chiesto a Giuli Barbieri, un'altra cara amica, di
occuparsi della grafica. Cosi com’è successo per “Il canto dell'Anguana”, ci
tengo ad avere l'ultima parola su ciò che poi uscirà, su ciò che mi
rappresenterà. Seguo i miei lavori in toto perché la copertina, la grafica,
come le foto, i colori, sono per me un prolungamento di ciò che si trova
all'interno, della musica. Sapevo che con queste due amiche donne non avrei
avuto nessun problema e che mi ero affidata a buone mani, a chi con me è capace
di risuonare.
Una
volta tanto non sei fotografata, ma ritratta attraverso dei disegni.
Volevo un lavoro più
“poetico”, più evanescente e sapevo che potevo ottenerlo affidandomi ai disegni
di Miriam, che potevo ottenerlo “rimandando” alla mia immagine invece che
fotografarla. Tutto questo rispecchia anche l'idea di un disco “trasversale”
rispetto ai miei lavori precedenti. Inoltre mi piace mettere insieme più forze,
lavorare a un progetto comune dove c'e' spazio anche per la creatività altrui,
com’è stato per questo lavoro e anche per "Il canto dell'Anguana".
Questa volta però è' stato più facile ottenere il risultato, forse perché siamo
donne, forse perché c'è una sensibilità comune, forse perché anch’io sapevo di
potermi fidare della competenza e dell'arte di queste due donne. Alla fine la
grafica mi ha ringraziato dicendomi che avevo svolto molto bene il mio ruolo di
“direttore d'orchestra”. Ecco posso dire di essere soddisfatta, i disegni poi
mi piacciono molto.
Anche
a me, perché direi che s’inseriscono perfettamente in un libretto decisamente
minimalista.
Si, hai ragione. E’
molto minimalista. L'ho voluto cosi. Infatti, non ho inserito nemmeno i testi,
sebbene un testo, che ho cantato in italiano sia stato tradotto da me. Ho
invece inserito alcune mie poesie che, chiamarle poesie, io che per la poesia
ho un rispetto assoluto, mi sento sempre in imbarazzo. Li chiamo quindi testi
poetici. Un testo che nasceva già in portoghese due anni fa e altri brevi
appunti che si sposavano bene con ciò che volevo comunicare con la voce. Ho
sempre un po’ di ritrosia nel far leggere le cose che scrivo se non sono dentro
a una musica ma questa volta sono stata dolcemente spinta dalla mia grafica
che, lette alcune mie cose, mi ha spronato a pubblicarle. D'altronde scrivo
molto, racconti, fiabe, appunti, testi poetici e più volte mi è stato chiesto
di pubblicarli. Credo che un giorno lo farò, dato che ho scritto sempre,
ricordo il mio primo diario all'età di 8 anni. Ho almeno dieci scatoloni pieni
di fogli, quaderni, diari su cui ho appuntato storie, impressioni, sogni,
testi.
Di
solito chiedo subito il perché di un certo titolo dato a un disco, non l’ho
fatto fino ad ora, rimedio subito, perché “Cara”?
Lo spiego nel libretto.
Lo
so lo so (rido), vorrei però lo spiegassi a chi ci legge.
Hai ragione. Beh,
innanzitutto “cara” è una parola presente sia nella lingua italiana sia in
quella brasiliana, anche se con significati totalmente diversi. In quest’ultimo
tour, ho cantato anche in comunità che avevano una discendenza italiana, con
figli e nipoti d’immigrati italiani. Spesso le persone che incontravo in questi
posti mi facevano leggere le lettere dei primi immigrati e queste iniziavano
tutte con “cara”: “cara moglie, cara fidanzata”, ecc. . Cara inoltre, come mi è
cara la musica brasiliana, fonte di tanta gioia e conforto per me. Ma,
soprattutto, “cara” in brasiliano significa “faccia” e in questo disco mi sono
esposta soprattutto con la voce e la mia voce è la mia faccia, la mia identità.
Ecco dunque perché “Cara!”.
Si
può dire che quasi ti sei messa più a nudo qui, in veste d’interprete, che non
nei tuoi dischi precedenti dove eri anche autrice dei testi?
Beh, in un certo senso
si, quelle di “Cara!” sono tutte canzoni meravigliose che lasciano il segno.
Alcune, essendo dei classici, sono anche molto difficili da interpretare perché
hai alle spalle grandissime interpretazioni. Mi sono ritrovata spesso con la
voce messa a nudo, accompagnata da una sola chitarra, da un pianoforte e un
violoncello, da un'orchestra dove ho cantato in presa diretta, non potendomi
permettere correzioni. E’ chiaro che la voce è così molto più “scoperta”.
Si,
è proprio quello che intendevo dire. A tratti è quasi come se camminassi
sospesa su un filo, soprattutto in quei passaggi più difficili, quando magari
ti avventuri con la sola voce.
Si, anche se comunque
penso che, in alcuni episodi, la voce venga fuori con una potenza che non ho
usato nei miei dischi come “Funambola” o come “Indirizzo portoghese”.
Indubbiamente,
potenza mista a fascino ed eleganza.
Grazie. Devo dire però che sono stata
ottimamente accompagnata: con me nel disco compaiono musicisti come Paolo
Birro, Giancarlo Bianchetti, Marumo Sasaki, solo per citarne alcuni ...
Ci
sono date previste in cui presenterai questo disco?
No, nel senso che
adesso sto già facendo delle date e anzi sto partendo con un tour
prevalentemente teatrale che giungerà fino a quasi fine febbraio. Da marzo in
poi si aprirà una nuova stagione, con delle novità. In questi concerti
sicuramente inserirò qualcosa in più di brasiliano, per ricordare che esiste
“Cara!” e per dare un filo logico a quello che sto facendo, però non saranno
mai concerti che parlano solo del disco.
Tornando
per un attimo alle tracce del disco, vuoi forse aggiungere qualche altra
considerazione?
Questo è un disco in
cui mi sono esposta tanto, è come un excursus. La prima registrazione è fatta
nel 2000, l’ultima nell’ottobre del 2003. Si sente una voce che nel tempo è
cambiata moltissimo. Quest’aspetto è per me interessante, perché contiene anche
imperfezioni, contiene anche cose che possono risultare non sempre piacevoli.
Per esempio, ho scelto alcuni pezzi, tra quelli cantati 10 anni fa, in cui ho
messo in primo piano l’orchestrazione e non la voce, perché la voce era ancora
immatura per interpretare certe cose. Però ho voluto ugualmente inserirle,
perché si capisse come una voce, nel tempo, possa cambiare. Da questo punto di
vista mi sono sentita molto scoperta, E’ stato dunque un modo per tornare in
contatto con me, con la mia voce, un guardarmi allo specchio. C’è poi anche
questa caratteristica del disco, di essere stato registrato in tempi e luoghi
diversi. Qualcosa è stato registrato in uno studio di registrazione ma altre
cose sono state registrate, come ho detto prima, in luoghi come una stanza
della villa Sesso Schiavo a Sandrigo, la Chiesa dell'Eremo di Santa Maria di Isola
Vicentina. Quasi tutti luoghi che non sono prefissati alla registrazione e
quindi devo ringraziare la disponibilità delle persone che mi hanno concesso
questi spazi. Oltre a ringraziare il chitarrista con cui collaboro, Giancarlo
Bianchetti che ha fatto alcune riprese audio in maniera ottimale e che ha anche
mixato alcuni brani, oltre ad aver suonato magistralmente, grazie anche al suo
profondo amore per la musica brasiliana.
Scusa
se riprendo un concetto già espresso, mi pare di aver capito che questo disco è
stato il tuo modo di allontanarti dalla musica brasiliana per intraprendere un
percorso totalmente diverso, puoi già anticipare qualcosa di ciò che sarà il
nuovo disco o è un po’ presto?
Si, fare questo disco è
stato una specie di catarsi, dove in qualche modo mi sono “liberata” di tanto
materiale sonoro, nel senso che l'ho cantato, l'ho messo in circolo, l'ho
liberato da me e da questo mi sono anche in qualche modo “smarcata”. Parlare
del lavoro prossimo invece è prematuro, anche se, ascoltando i provini per il
nuovo album, mi rendo conto che lì di brasiliano non c'è più niente ed è anche
per questo che ho voluto fare un disco di cover brasiliane, per non portarmi
poi questo materiale nel prossimo lavoro. Preferisco però non anticipare nulla
perché ho bisogno di rifletterci ancora, capire quali nuovi percorsi
intraprendere e, questo, si vedrà soprattutto con gli arrangiamenti e con chi
li farà. E' una scelta che voglio fare in maniera accurata.
La tempistica?
Beh, anche qui è
difficile fare previsioni, mi ritengo molto fortunata perché spesso mi
richiedono collaborazioni, nell'ambito teatrale soprattutto. La conseguenza è
che spesso mi trovo ad avere poco tempo per me, per lavorare sulle mie cose. Ad
aprile ci sarà poi un progetto molto interessante, dove mi esibirò con
un’orchestra. Sarò accompagnata da venti elementi e sarà un’esperienza molto
bella, ma dovrò lottare con le unghie per ritagliarmi spazi da dedicare alla
scrittura del mio nuovo disco e riuscire a canalizzare le energie necessarie
alla realizzazione dell’intero progetto, che nei prossimi mesi diventerà
assolutamente prioritario, se davvero vorrò uscire con il nuovo disco entro la fine
del 2014.
Sito
ufficiale di Patrizia Laquidara: http://www.patrizialaquidara.it
Patrizia
Laquidara su Facebook: http://www.facebook.com/patrizia.laquidara.ufficialeAscolta Traccia 11. Io so che ti amerò : Eu sei que vou te amarhe-ti-amer-eu-sei