lunedì, novembre 18, 2019

Roberto Michelangelo Giordi: vivere a Parigi con Napoli nel cuore


di Fabio Antonelli

Il 12 aprile scorso, è uscito IL SOGNO DI PARTENOPE (Disques Dom) del cantautore napoletano Roberto Michelangelo Giordi, un disco che l’ha visto impegnato nel ruolo d’interprete, trattandosi sostanzialmente di un omaggio alla canzone classica partenopea con l’aggiunta di qualche nuova storia scritta dallo stesso Giordi. Un disco che non è passato inosservato, non solo al sottoscritto, poiché è finito dritto tra i finalisti per l’assegnazione delle Targhe Tenco 2019 nella sezione Interpreti, quale migliore occasione allora per fare con lui il punto della situazione.



Nello scegliere un disco, spesso è proprio la copertina a colpire l'attenzione del possibile acquirente, partirei allora proprio da quella, in cui vi è dipinta Partenope che dorme con il capo reclinato sul Vesuvio. Ci sono almeno tre cose che vorrei chiederti, il titolo Il sogno di Partenope com'è nato? Il sottotitolo Chansons sur Naples non è né in italiano né in napoletano, ma in francese, come mai? Chi è l'autore del dipinto che dona un'atmosfera onirica al disco?

Il titolo del disco viene da uno dei brani inediti da me scritti, Il sogno di Partenope appunto. Si tratta di una canzone che racconta il sogno che la sirena Partenope, fondatrice di Napoli, fa su un evento particolarissimo della storia della città: l’esperienza intensa e breve della Repubblica giacobina del 1799. Il sottotitolo in lingua francese serve a dichiarare agli acquirenti che si tratta principalmente di un disco di canzoni tradizionali napoletane. La scelta di usare il francese è dovuta al fatto che la mia etichetta è parigina e il disco è ben distribuito su tutto il territorio nazionale francese. L’autrice del dipinto in copertina, invece, è un’artista e illustratrice napoletana che vive e lavora a Napoli, Clelia Le Boeuf; a lei vanno ancora i miei complimenti e la mia gratitudine per avermi fatto dono di questo suo splendido lavoro.



Ciò che mi ha colpito subito di questo lavoro di ripresa di brani appartenenti alla canzone tradizionale napoletana è la ricerca musicale che hai messo in campo per dare nuove chiavi di lettura, spesso attingendo a sonorità tipicamente jazz ma non solo, senza però stravolgere anche melodicamente le canzoni. La ricerca di equilibrio fra tradizione e modernità è stata davvero la tua stella polare in questo progetto o è solo una mia impressione?

Mi fa piacere che si sia intuita la mia volontà e quella del mio produttore artistico Piero de Asmundis di voler coniugare la tradizione con uno stile più moderno e più vicino ai nostri gusti e ai nostri studi musicali. Abbiamo lavorato con estrema libertà e gioia stravolgendo le armonie e divertendoci a viaggiare per territori ancora inesplorati dalla canzone partenopea. Abbiamo fatto ricorso a strumenti finora inutilizzati dalla tradizione, come il sax in “Fenesta vascia” e il duduk armeno in “Mmiez’ô ggrano”. Credo che questa nuova epoca globale abbia il dovere di ridare dignità alla forma canzone attraverso il recupero della tradizione dei popoli per rimodernarla in qualche modo e regalarle nuove consapevolezze. È l’unica maniera che abbiamo per evitare l’opprimente omologazione imposta delle grandi produzioni mondiali tutte uguali tra loro, nelle forme plastificate e nei contenuti sonori e letterari, frammentati e senza senso, a Occidente e a Oriente.

Ascoltando il disco, in effetti, si apprezzano con grande piacere i diversi contributi strumentali ma mi chiedevo, tenuto conto anche dell'attuale condizione economica non certo rosea, come potrai conciliare questa ricchezza strumentale con le disponibilità economiche messe a disposizione dagli organizzatori di eventi durante l'attività dal vivo, è un problema reale?

C’è spesso una differenza notevole tra la musica suonata su disco e la stessa musica suonata a un concerto, appunto a causa dell’esigua disponibilità di fondi messi a disposizione dalle istituzioni in ambito culturale. Conosco artisti che preferiscono rimanere minimalisti nel disco proprio per poter riprodurre fedelmente la loro musica dal vivo da soli, in duo o al massimo in trio. Io personalmente preferisco non risparmiarmi mai nella fase creativa pur sapendo benissimo che suonare il mio disco dal vivo diventerà un’impresa titanica. Sono però inoltre convinto che una certa originalità in concerto si possa comunque trovare riducendo di molto l’ensemble e ricercando nuove e originali sonorità ben differenti da quelle incise su disco ma comunque solide e affascinanti. Nei concerti francesi, infatti, mi presento con una formazione ridotta.



Sono pienamente d'accordo con te sul non porre limiti alla propria creatività in fase produttiva. A proposito di creatività, quando si dà alle stampe un disco, questo diventa ovviamente un capitolo chiuso per l'artista, in tal senso Il sogno di Partenope, che ti vede nel ruolo d’interprete, è da intendersi un'eccezione, solo un sentito omaggio alle tue origini e stai magari già lavorando a qualcosa di tuo? Oppure non escludi che la veste d’interprete possa continuare a indossarla anche in futuro?

Io nasco come interprete ed ho sempre amato cantare le belle canzoni; la fase della scrittura in musica e parole è arrivata con la maturità. Dopo tre album di canzoni inedite però mi sono concesso una pausa da me proprio perché sentivo una necessità più o meno etica di raccontare la mia città a modo mio, secondo il mio gusto e la mia sensibilità. Io Napoli l’ho sempre vista così come l’ho cantata: onirica e trascendente, raffinata e colta, surreale e maestosa. Sarò per sempre un cantore di Napoli, perché quando ci nasci a Napoli le devi sempre e per sempre qualcosa in musica e in poesia. Orbene, è stato bello e divertente concedermi questa pausa ma per il futuro prossimo ho intenzione di ricominciare a riparlarvi del mio mondo e a cantare la mie nuove canzoni.



Questa è una bellissima notizia, perché così ti ho conosciuto e così ho cominciato ad apprezzare le tue opere, puoi in ultima battuta anticiparci qualcosa del tuo nuovo progetto o è ancora tutto a livello embrionale?

Sto affinando ancora la fase di scrittura di alcuni brani pur avendo le idee ancora confuse sulla direzione sonora da dare complessivamente al prossimo disco. Posso dirti per ora che si tratterà di un lavoro che porrà al centro varie figure umane perdute nel caos delle nuove incertezze generate dalla società capitalistica odierna e di quelle di una società di un futuro immaginato. Ho preferito lasciare ai margini il realismo per inoltrarmi in prospettive più bizzarre e sicuramente meno consuete per la forma canzone.


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