lunedì, febbraio 13, 2012

Intervista a Giorgio Conte intorno a “C.Q.F.P.”

Intervista a Giorgio Conte intorno a “C.Q.F.P.”
di Fabio Antonelli

Sono passati ormai otto anni da “Il Contestorie”, l’ultimo disco d’inediti del cantautore astigiano Giorgio Conte. Il suo nuovo lavoro s’intitola, curiosamente, “C.Q.F.P.” (Come Quando Fuori Piove”) proprio come l’espressione con cui ci si può ricordare facilmente quale seme conta più di un altro nel mazzo di carte francesi (o carte da poker). Non è certo però per parlare di carte, che abbiamo preso contatto con Giorgio, bensì per ragionare intorno a questa sua, ultima fatica discografica. Ecco cosa ci ha raccontato.

 
“C.Q.F.P.” è il titolo del tuo nuovo disco, uscito a ben otto anni di distanza dal tuo ultimo disco d’inediti “Il Contestorie”, come mai è passato tanto tempo e com’è nata l’idea di questo titolo “strano”?
Otto anni dall'ultimo cd! Già, sono tanti... mi ero distratto, preso dai tanti concerti un po' dappertutto...
Finalmente mi è venuta la voglia di arricchire il mio repertorio, accantonato qualche vecchio pezzo, un po' di noia per la ripetitività dei monologhi ecc. pressato dalle istanze di Emiliano Ardini mio manager, mi sono messo all'opera.
Fortunato fu l'incontro con Walter Porro, musicista e tecnico del suono capacissimo (sua l'idea di incidere a casa mia con i miei strumenti e la mia pace). Sicché i nuovi brani son sgorgati come da una miracolosa sorgente dimenticata e si son fatti "imbottigliare" a dovere!
Come Quando Fuori Piove è un bel titolo, non trovi? Poi è il brano che apre l'album! A me piacciono le filastrocche "pro memoria" come quella che ci insegnavano alle Elementari per ricordare il nome delle Alpi: "Ma con gran pena le reti cala giù!" (Marittime, Cozie, Graie, Pennine, Retiche, Carsiche e Giulie).

“Come Quando Fuori Piove” oltre che essere la title-track, è anche la prima traccia del disco, un brano che sembra voler sottolineare il tuo amore per la famiglia, l’intimità, il chiudersi in casa quasi fosse un rifugio dalle intemperie e le avversità non solo meteorologiche, sbaglio?
Certo, quando fuori il cielo sta cadendo, l'unico rimedio è mettersi al riparo!

“Ieri si” parte da una costatazione: quando si diventa vecchi, è inevitabile che la memoria cominci a far cilecca e spesso si finisce per dimenticare quel che si è appena fatto magari il giorno prima ma, incredibilmente, non si dimentica mai ciò che più si è amato nella giovinezza, è dovuto all’inevitabile nostalgia di quegli anni che non torneranno più?
A una certa età il computer di bordo comincia a fare i capricci sull'attualità, ma il suo archivio è inossidabile e intatto!
L’amore è elemento sempre molto presente nelle tue canzoni, “Tu” e “Di vaniglia e di fior” fanno parte di questo filone inesauribile, allora è proprio vero che non si può vivere senza l’amore?
L'Amore è un meraviglioso giocattolo che Madre Natura ti regala… bisogna saperlo usare, conservarlo con cura, cercare di non guastarlo e, a volte, se ti sembra di averlo perduto, non perdersi d'animo, andare a vedere dove sia finito e riprenderselo.

“Aria, terra e mare” tratta invece un tema a te molto caro, quello dell’abbandono. Come mai è sempre l’uomo a essere abbandonato e non viceversa?
L'uomo abbandonato mi fa più tenerezza di una donna abbandonata... costei è più forte, più leonessa, ce la farà anche da sola... l'uomo, invece...
C’è ancora l’amore al centro della canzone “Gli innamorati e la marina”, è la genesi di una canzone che trae origine dalla fotografia di due innamorati se non ho inteso male…
Come sempre hai capito tutto! Niente da aggiungere!

L’ironia la fa da padrona invece in “Al museo d’Orsay”, qui protagonisti sono una donna e un uomo, dagli interessi un po’ divergenti dico bene? Mi sembra quasi il seguito ideale di “Cannelloni”, che dici?
Lo sai, spesso le mie canzoni traggono spunto da episodi di vita vissuta. Sono scenette di un film con colonna sonora. Mi trovavo a Parigi per promuovere l'album, mai uscito in Italia, "La vita fosse". Day off, il discografico mi affida alle cure di una piacente segretaria, che mi porti un po' in giro. Lei opta per il Museo d'Orsay, non batto ciglio. Coda di un'ora per fare il biglietto, finalmente i grandi pittori sono lì. Lei è preparatissima e sensualmente attratta dalle opere d'arte... io, "di media cultura, coi piedi gonfi" sto al gioco ma intanto ho adocchiato, all'interno del museo, un fantastico ristorante e le offro un pranzo da "Pascià". Siamo a Parigi, come si fa a rinunciare a ostriche e champagne?

Tralascio il divertissement “Balancer” del cui testo non so davvero cosa chiederti. A parte gli scherzi, com’è nata invece l’idea di dedicare una canzone a Geo Chavez, il primo trasvolatore delle Alpi?
In "Balancer" la musica, con i suoi continui cambi di tonalità, non poteva che richiedere un testo/ domanda pressante: "Veux tu dancer?". Non c'è finale. Rimane l'incertezza sulla risposta... ma io dico che alla fine, lei accetterà l'invito.
La genesi di "Gèo"? Ho appreso la storia di questo eroico trasvolatore sulla sua macchina volante, da Carlo Grande scrittore e giornalista de "La Stampa": me ne sono innamorato e l'ho messa in musica, tutto qui.

E’ secondo me ancora la tua grande ironia, unita a raffinatezza, a permetterti di creare una canzone come “Scaricabarile”, che ha per tema una scorreggia, senza che il testo cada mai nel volgare e anzi volando alto, con grande eleganza, musicalmente poi sa molto di canzone popolare, non trovi?
Effettivamente il tema è scabroso (?) e dopo aver tentato altre soluzioni, poco convincenti, ho fatto ricorso a Padre Dante, al suo celebre e grazioso verso.

A un certo punto del disco sembri quasi voler portare su temi più seri l’intero discorso, “Continua così” è innegabilmente un inno alla vita, una dichiarazione d’amore per la vita e i suoi piaceri, dietro l’angolo c’è però, questa volta, anche il pensiero della morte, anche se tale parola non è mai pronunciata, “La sorpresa” è invece un viaggio che è metafora della vita e in cui a un certo punto il carburante finisce. Ne esci, però da entrambe le situazioni con brillante ironia, quest’ironia è una forma di esorcismo, una sorta di potente amuleto?
La Morte, già, Lei, "la Signora vestita di nulla... ", quando verrà a prendermi, le chiederò di pazientare un attimo… "Vado a restituir la chiave e a pagare il mini bar". Uscirò dalla mia vita come da un Albergo, più che altro un 3 stelle, qualche volta a 5.

Penso che spesso ti sia capitato di dover rispondere a domande su tuo fratello Paolo, in questo caso però potrei dire che la zappa sui piedi te la sei tirata un po’ da solo. Come mai hai voluto chiudere il disco con una cover di Paolo e come mai sei andato a pescare proprio “Monticone”, un brano scritto tanti anni fa da Paolo per Gipo Farassino? Si può dire che questa canzone chiude idealmente un cerchio immaginario con “Come Quando Fuori Piove”? Anche se con stili totalmente differenti, nella tua canzone c’è l’attaccamento profondo a ciò che c’è più caro, la propria casa e i propri affetti, in quella di Paolo c’è una grande nostalgia per la propria terra d’origine provata da chi è invece ormai lontana dalla propria terra, è forse una mia forzatura?
"Non c'è mai stata invidia né rivalità tra me e Paolo. Abbiamo passato momenti esaltanti nella nostra comune avventura musicale. Gli ho chiesto di poter interpretare la sua canzone perché mi è sempre piaciuta, mi ha sempre commosso... e poi lui non l'ha mai cantata... gli è piaciuta la mia versione e questa è cosa buona e giusta!


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