venerdì, luglio 07, 2017

“L’Ora di Mezzo” uno splendido disco in bilico tra la luce e l’ombra

di Fabio Antonelli

In questi giorni è uscito “L’Ora di mezzo” (Filibusta Records/Ed. Curci), il terzo disco (nel 2008 esordì con “Vermiglio” (CD-Album, Ed. Curci/ UNIVERSO, cui segui nel 2011 “Lo Specchio” CD-Album, Ed. Curci/ EDEL) della cantautrice leccese Francesca Romana Perrotta. Un disco che mi ha piacevolmente colpito sin dal primo ascolto per la sorprendente musicalità delle canzoni, sospese tra sonorità decisamente rock, atmosfere più cantautorali ma vi si trova anche un certo pop d’autore anni ’80. Poi, dagli ascolti successivi, è pian piano emersa la profondità dei testi e allora non ho resistito all’idea di saperne di più.

Copertina CD "L'Ora di Mezzo"


E' appena uscito il tuo terzo disco di inediti, s’intitola "L'Ora di Mezzo" e subito sono rimasto attratto visivamente dalla copertina, che ti ritrae seduta con in mano un libro, la cui copertina rappresenta la locandina pubblicitaria di "Tempus Fugit", un antico liquore china di origine svizzera. Il tempo, il suo trascorrere, è fortemente presente sia nel titolo del tuo nuovo lavoro sia nell'accuratissima foto di copertina, mi spieghi entrambe le scelte?

Acutissima osservazione, la tua. Ho scelto quella rivista di proposito, infatti. Il mio rapporto col tempo è presente ovunque, perché sono grata al trascorrere delle cose, al loro cambiare, alle trasformazioni. Questa cosa mi dà la certezza che ci saranno sempre cose nuove all'orizzonte. Inoltre, è uno stimolo a non lasciar passare le giornate sprecando i momenti preziosi in cui ho occasione di sorridere e di ricevere sorrisi.

Il disco è stato anticipato dal singolo "Le cose non accadono per caso", un brano di grande impatto, caratterizzato da una notevole cantabilità, mi ricorda un po' il miglior pop d'autore degli anni '80, com'è nato questo pezzo? Sei d'accordo però se dico che, in questo tuo nuovo lavoro, non è l'unico pezzo che vien voglia di cantare sin dal primo ascolto?

Concordo, cantabile, immediato e un po' vintage. Anche la seconda traccia, “Il grido” (con cui ho vinto il Premio Miglior Testo al Festival Musicultura nel 2016), ha queste caratteristiche. Poi ci sono brani più tipici, da cantautrice, altri con venature più rock ... Un album vario.

Si, ti do ragione anche sul vintage ... Il disco si apre con un altro gran bel pezzo "Occhi di cera", a me ha colpito subito quel verso "Ridono di me mentre lenta cado giù", me ne parli?

L'ho scritto tempo fa ... avevo smantellato tutto. Mandato via musicisti. Chiuso con un produttore fasullo, insomma, facevo forti potature e ad un certo punto ho pensato di aver chiuso con la musica ... "Occhi di cera" ha quindi un'atmosfera malinconica, ma credo che allo stesso tempo sia stata catartica per me. Ecco perché è la prima traccia!

Per fortuna che non hai chiuso con la musica, altrimenti non saremmo qui a parlare di questo tuo nuovo interessantissimo capitolo. La seconda traccia "Il grido" che, come hai già detto, ti ha fruttato un bel riconoscimento, tratta un tema di grande attualità anzi potrei dire di eterna attualità, purtroppo, vero?

Si. La canzone è, come dicevo, fresca, cantabile, un bel rock pop. Il testo in realtà tratta il tema della violenza psicologica, sottile, subdola, che spesso si subisce tra le pareti domestiche.



Che a volte è peggiore della violenza fisica, perché forse meno avvertita da chi la subisce e perciò più subdola, come hai sottolineato. Ascoltando tutto il disco, si avverte un attento e approfondito lavoro di scavo psicologico nell'universo femminile, ancora una volta hai voluto dar voce a donne del passato, Medea in “Medea”, Elena di Troia in "Il sorriso di Elena", Penelope in "Sul filo", Lucida Mansi (una contessa assassina) in "La torre delle ore", Maria Antonietta in “Maria Antonietta”. Da dove nasce questa tua forte passione per le donne che, in un modo o nell'altro, hanno lasciato una traccia viva nella storia?

Nasce da mia madre, ex accesa femminista degli anni '70. Poi si è ammorbidita nel tempo, ma a me ha insegnato la dignità femminile, il rispetto per se stesse, la lotta per i propri diritti. Certo, io non sono come le femministe di quei tempi, anzi ... Spesso mi arrabbio perché è evidente che noi siamo le prime carnefici di noi stesse.

Questa tua ultima affermazione la trovo molto condivisibile e, ahimè, lo dico con grande dispiacere. Il tuo far parlare figure femminili che hanno lasciato tracce importanti nella storia dell'umanità può essere, però, considerato un espediente per parlare anche di te, del tuo modo di sentirti donna, magari non in maniera esplicita e in forma diretta come avverrebbe in forma autobiografica?

Si. Credo di avere molto in comune con queste figure. Un misto tra decisa femminilità e una forza da amazzone ... In bilico tra la luce e l'ombra.

Francesca Romana Perrotta dal vivo - Arena Sferisterio di Macerata


A proposito di luce ed ombra, nel retro del bel libretto che accompagna il disco, c'è un tuo consiglio all'ascoltatore: "Da ascoltare preferibilmente dopo il tramonto". Sarà che il primo ascolto l'ho effettuato proprio di sera, poco prima del farsi avanti delle tenebre, ma ho trovato il disco meraviglioso, hai forse fatto qualche incantesimo?

Si ... Perché “L'Ora di Mezzo” è proprio quella: un attimo prima della sera ...

Tra le tracce del disco ve n'è una in cui per la prima volta credo, se non ricordo male, duetti con una voce maschile, la voce per altro molto bella e calda di Gianluca De Rubertis, per altro presente nel disco anche in veste di pianista in "Il sorriso di Elena". Parlami della canzone e di come è nata l'idea di cantarla con lui.

La canzone l'ho scritta e composta per me ed è molto autobiografica ... A disco quasi ultimato, ero a Milano a cena con amici vari tra cui Gianluca (con cui sono amica da anni, siamo entrambi leccesi) e, parlando di “Io sono l'egoista” ho pensato che lui poteva essere perfetto per un duetto in quella canzone. Lui è molto simile a me: uno sceso dalla luna, che però conosce la strada per gli inferi.

Che fosse tra le più autobiografiche ed intimiste l'ho pensato da subito ma c'è un'altra canzone, secondo me, molto profonda ed anche inquietante per certi versi, mi riferisco a "La stanza di dentro", soprattutto a quei versi conclusivi "Ora, senza le tue armi, muori e sei soltanto come cibo per i vermi, solo cibo per i vermi, solo cibo per i vermi ...”.

Si, è inquietante anche per me. Non è una canzone facile né da cantare né da scrivere. Non è autobiografica. È una canzone rivolta a due persone distinte e diversissime. Una mia amica che non c' è più e un uomo che conosco a fondo. Ho cercato di guardarli dentro per capire cosa spinge alcune persone ad agire in certi modi che io non capisco. Ho immaginato che dentro abbiano questa parte, questa stanza gelida, terribilmente incolore.



Credo che ascoltando si avverta davvero tutta questa inquietudine mentre, invece, "Il ballo dei fantasmi” la canzone che chiude l'album, a dispetto del titolo, non lo è per niente, anzi sembra essere quasi una sommessa preghiera, un’invocazione "Notte di luna danza sul mondo alza le vesti bianche d'argento scendi nelle stanze illumina il pianto di chi non sa sognar". Sbaglio?

Ah, si ... è un dolce abbandonarsi alla notte, per i suoi aspetti più incantati e sognanti. Una buonanotte e sogni d' oro per tutti ... anche per me.

Lo trovo un bellissimo modo di salutare chi ha avuto il piacere di seguirti lungo le tracce del disco e questa intervista ma, invece, a chi ancora non ti conoscesse cosa diresti come chiosa a questa nostra chiacchierata?


A chi non mi conosce? Alla fine dei miei concerti spesso mi sento dire che la mia musica dovrebbero conoscerla tutti ed io rispondo: tutti chi? E mi dicono: tutti gli italiani! Non lo so ... Io posso solo dire che “L'Ora di Mezzo” è un album scritto con molta verità ...



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