giovedì, marzo 20, 2014

NOIR & SONG Incontro con Rocco Rosignoli

di Fabio Antonelli

Il protagonista di questa nuova puntata della rubrica NOIR&SONG è il giovane cantautore parmense, Rocco Rosignoli, classe 1982.

Chitarrista e polistrumentista (mandolino, bouzouki) impegnato in diversi progetti, dalla canzone popolare, alla musica folk, alla canzone d'autore di propria produzione (testi e musiche). 

Nel 2008 è stato finalista al concorso MusicaControCorrente, semifinalista al concorso Botteghe d'Autore e terzo classificato al concorso I have a dream - una canzone per la pace. Nel 2010 ha composto ed eseguito la colonna sonora originale del film documentario A passo d'uomo, di Sara Bonomini e Maria Teresa Improta. È stato vincitore del LetterarioMusiContest 2010.

Nel 2011 pubblica “Uomini e bestie - una sinfonia dell'orrore”, un concept album dedicato all'immaginario horror da lui scritto, arrangiato e prodotto. Nello stesso anno si esibisce come solista ai Faber Days udinesi, organizzati dallo storico Folk Club Buttrio; alla rassegna D.O.P. organizzata dalla Biblioteca Civica di Parma; alla rassegna Sotto il cielo di Parma sul prestigioso palco allestito nel cortile del palazzo della Pilotta.

Nel 2012 collabora in qualità di chitarrista con Lee Colbert, cantante della Moni Ovadia Stage Orkestra, dapprima curando la parte musicale dello spettacolo Rosa rossa senza spine, dedicato a Rosa Luxemburg, e poi sviluppando un repertorio live vasto e vario che va dalla folksong americana, alla canzone sudamericana, alle songs di Brecht e Weill.

Lo stesso anno nasce la Rigoletto Records, associazione culturale volta alla salvaguardia e alla divulgazione della canzone d'autore. Rocco ne è fondatore insieme ad altri musicisti e cantautori parmigiani.

Durante il 2012, grazie a Rigoletto Records, nasce “Ascolti l'Autore”, iniziativa in partnership con la Biblioteca Civica di Parma. I cantautori della Rigoletto Records organizzano lezioni-concerto sui grandi cantautori. Rocco Rosignoli cura le lezioni su Leonard Cohen, Francesco Guccini e Jacques Brel.

Il 28 giugno 2013 Rocco Rosignoli presenta il suo terzo cd “Testuggini” al Mulino di Torrechiara (PR), locale storico e punto di riferimento per gli amanti della canzone d'autore. Successivamente parte per un tour promozionale estivo che, oltre che in Emilia, lo vedrà impegnato in Veneto e in Lombardia, dove tra l'altro si dà al busking per le strade di Milano.

Nel 2011 hai dato alla luce "Uomini e bestie", un disco o meglio un concept album che è un viaggio all'interno del genere horror. Quella congiunzione “e” presente nel titolo vuol forse unire questi due gruppi o non sempre uomini e bestie sono davvero distinguibili?

Nella testa ci riecheggiano sempre alcune parole chiave. Credo che il titolo mi sia stato suggerito da Steinbeck, ho un vivido ricordo d'infanzia del trailer di un film tratto dal suo "Uomini e topi". E come alcuni uomini per Steinbeck facevano una vita misera, paragonabile a quella dei roditori, così io trovo che alcuni uomini sappiano essere bestiali più delle bestie stesse. Ma alla fine, la congiunzione "e" rimanda anche alle storie che racconto nell'album: dalla Bestia del Gevaudan al dottor Frankenstein, racconto sia l'una che l'altra categoria - che come tutte le categorie, sono fallaci.

Già, il disco sembra sposare la tesi che non sempre è facile dirimere ciò che è bene da ciò che è comunemente considerato male, esemplare in tal senso il brano “Frankenstein conversazione fra Victor e la creatura” in cui i ruoli sembrano scambiarsi di posto. No?

Assolutamente. La chiave di lettura che scelgo (e non sono il primo a farlo) è quella di un rapporto padre-figlio tra lo scienziato pazzo e la sua creatura. Un rapporto da cui la creatura esce devastata, allontanata dalla freddezza del padre, che dopo averla messa al mondo rifiuta di darle la sua autorizzazione a vivere. Chi è l'uomo, chi è il mostro, in questo caso? Sembrerebbero la stessa persona. Ma allora, cos'è la creatura? Uomo o bestia? Non lo sappiamo, e nemmeno lei lo sa. E questo non le fa bene...

La stessa cosa accade in fondo nella canzone “La strega”, la più antica tra tutte, mi pare di capire, in cui il soggetto è tra i più classici della storia umana. Oggi magari ci fa sorridere pensare all’idea che una donna potesse essere considerata una strega e per questo finire al rogo, però nei secoli bui del medioevo tantissimi “femminicidi” sono stati considerati dall’uomo opere di bene, tanto che il brano si chiude con questi versi “pensavi che il diavolo dava la vita e che invece per mano di un uomo saresti poi morta”. Quella che in apparenza poteva essere una storia legata al passato, sembra invece ripetersi all’infinito, sbaglio?

Non sbagli. Oltretutto, quello che oggi è definito "femminicidio" è l'ultima propaggine di una cultura che ai nostri occhi risulta (si spera) terrificante. Quante canzoni popolari sono piene di riferimenti a stupri, che trattano in modo gioioso... qualche esempio? "Veniva giù dai monti tutta spettinata, me l'hanno rovinata, la chitarrina"... O ancora, "La Gigiassa nel canale a gambe all'aria, le erano addosso in sette o otto..." (questa è in dialetto parmigiano, non so se ne esistano varianti nel resto d'Italia). E c'è anche "Il cacciator nel bosco", in cui allo stupro si rimedia con un matrimonio finale, che riappacifica l'animo della violata, e che fino a un tempo spaventosamente recente (anni '60, il caso Franca Viola fu la prima donna a rifiutarlo) era ancora un'usanza. Se il canto popolare è espressione dell'anima di un popolo, lo è nel bene come nel male. Insomma, se questo era l'inconscio narrativo cui facevano riferimento i nostri antenati, disgusta ma non sorprende la violenza che ancora è perpetrata ai danni delle donne. "La strega" di cui canto ha veramente sposato il diavolo, o almeno lei lo crede. Ma la pena che patisce è certamente più grande di qualsiasi sua colpa, e a infliggergliela non è il diavolo, che ne avrebbe pur sempre il compito, ma gli uomini stessi.

Ascoltando con attenzione i testi delle tue canzoni, ci si accorge subito della tua estrema familiarità con la letteratura e in più passaggi si coglie anche il prezioso lavoro di ricerca svolto, mi riferisco ad esempio ai brani “Il corvo” e “Il mio funerale”, il primo una poesia di Edgar Allan Poe, qui nella traduzione del poeta Ernesto Ragazzoni, il secondo una poesia dello stesso Ragazzoni. Come hai conosciuto l’opera di questo poeta e perché hai voluto musicare proprio questa sua poesia?

Ragazzoni è un poeta vissuto tra otto e novecento, che di solito è schedato come l'ultimo dei poeti scapigliati. Lombardo, vizioso, coltissimo, fu in qualche modo riscoperto da Vittorio Gassman, che recitò spesso sue poesie in pubblico. A me l'ha fatto scoprire l'amico poeta Andrea Peracchi, con cui ho collaborato a lungo. La poesia "il mio funerale" capitava a fagiolo per affrontare in maniera scanzonata quello che è l'orrore supremo, ossia la morte. "Il corvo" invece è un classico della letteratura horror (ma anche della letteratura tout court), e la traduzione di Ragazzoni, che non è letterale, rispetta la metrica dell'originale, dunque si prestava particolarmente a essere musicata. Il poemetto è lunghissimo, e non l'ho musicato integralmente; nel disco è diviso in due parti, che hanno la stessa melodia ma un arrangiamento completamente diverso; la parte prima è swing, la seconda invece l'ho suonata con oud arabo e bouzouki, suoni un po' esotici che rendono il pezzo abbastanza straniante.

Un’ultima domanda forse un po’ provocatoria, frugando nel tuo subconscio, in questo tuo disco dedicato all’immaginario horror, c’è un personaggio che più di altri magari anche solo lontanamente, ti somigli? Ti senti in qualche modo membro di questo immaginario?

Probabilmente il personaggio cui somiglio di più è proprio la creatura di Frankenstein. Tant'è che, anche se giudico il brano uno di quelli che ho arrangiato meglio, è forse quello che ascolto con maggior fatica... ma ci sono cose di me in ogni personaggio: forse in particolare ne "L'Uomo Lupo", che in uno scorcio di vita notturna descrive molto bene quello che era il mio universo esistenziale qualche anno fa (la canzone è del 2008, credo). Pur non concedendomi agli eccessi ogni sera, uscivo molto di notte, e (beata gioventù) mi rimanevano le forze per lavorare tutti i giorni. Non andavo mai a ballare, non mi diverte; ci si trovava a casa di amici, musicisti e non, a parlare fino a notte fonda. Andavo a letto sempre tardi, e pur non accoppando nessuno la mia vita notturna mi faceva sentire simile a un licantropo... che il giorno dopo smetteva i panni del nottambulo e andava a far lezione in classe! Sono stati anni divertenti, e molto formativi. E ovviamente, oggi mi mancano: anche se sono ancora giovane, non lo sono più così tanto. A volte si parla di gioventù spensierata. Io non credo di essere mai stato spensierato, quello che mi manca a pochi anni di distanza sono le energie cui potevo dar fondo allora!

Sito ufficiale di Rocco Rosignoli: http://www.roccorosignoli.altervista.org

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