mercoledì, novembre 21, 2018

Senza farci del male per continuare a ricostruire


di Fabio Antonelli

Il titolo che ho voluto dare a questa intervista a Giacomo Lariccia, giovane cantautore che ha letteralmente trovato la sua America in Europa, basti pensare che ha già all’attivo due suoi dischi tra i finalisti per le Targhe Tenco, unisce scherzosamente il titolo del video SENZA FARCI DEL MALE, appena pubblicato per l’etichetta indipendente belga Cello Label e il titolo del suo ultimo album RICOSTRUIRE, pubblicato nel 2017 da Avventura in Musica. Il video è stato diretto, filmato, montato da Marco Locurcio, che ne è anche il produttore e vede protagonisti gli attori Federica Rizzo, Federico Lazzari, Bruno Gonzales. Ho colto l’occasione per fare un po’ il punto della situazione sulla sua attività musicale.



E’ appena uscito il video SENZA FARCI DEL MALE per l'etichetta indipendente Cello Label, il video è nuovissimo, mentre la canzone, invece, è una delle più belle del tuo ultimo album RICOSTRUIRE uscito nel 2017. Come mai questa scelta? Per segnare in modo tangibile il passaggio alla nuova etichetta?

Da quando è uscito il disco RICOSTRUIRE avevo ben chiaro in testa che sarebbe stato un lavoro al quale bisognava dare l'opportunità di giocare tutte le carte. Diverse canzoni di Ricostruire meritano, secondo me, più attenzione di quella che sono state in grado di ottenere fino ad ora. Un modo per accendere i riflettori su una canzone oggi è il videoclip. Un accompagnamento in immagini che può riuscire anche a dare un senso ulteriore alla canzone. Ho sentito dire che il ciclo di vita di un disco sia di due anni: trovo che questo ritmo rischi di essere esagerato e addirittura sfiorare il consumismo, una sorta di bulimia culturale. Soprattutto per delle produzioni artigianali come quella di cui faccio parte, questo ritmo non è sempre sostenibile. Tutto ciò mi era ben chiaro dal primo momento di vita di Ricostruire: dalla scelta dei primi videoclip (un brano suonato live – Ricostruire – e una ballad – Quanta strada -  impreziosita dalla poesia delle immagini di Benedetta Mucchi) sapevo che Ricostruire sarebbe durato a lungo. Come bene affermi tu, nella scelta di riproporre un brano del disco Ricostruire, c'è stato anche una riflessione fatta con la Cello Label, una giovane ma dinamica label con i piedi a Bruxelles e le radici in Italia. È stato un felice incontro di questi ultimi mesi. Con loro stiamo facendo progetti via via più importanti e credo di aver trovato un valido alleato per varcare le Alpi e incontrare il pubblico italiano. Sono sempre stato sorpreso dal fatto di ricevere più concerti e riconoscimenti in Francia e Belgio piuttosto che in Italia. Sono molto soddisfatto di questo videoclip che è stato prodotto da Marco Locurcio con il quale collabora ormai da quasi due lustri. Oltre alla storia di due persone che si amano, litigano, si riappacificano - insomma, vivono - c'è anche un simbolo forte che è quello dell'orologio. L'orologio rappresenta, ovviamente, il tempo che passa, che logora le nostre vite e le nostre relazioni e anche un oggetto che, come succede alle nostre vite stanche, rischia di fermarsi, di rompersi. La seconda storia raccontata dal videoclip, magari quella più difficile da percepire, è quella di qualcuno che in solitudine, al buio, cerca di riparare quello che si era rotto, e alla fine ci riesce. Il tempo riprende a battere, le lancette si muovono, la vita riprende.

Cover singolo SENZA FARCI DEL MALE


Una cosa che mi ha colpito, di questo singolo, è la copertina che gli hai voluto dare, è molto vintage, ricorda molto i dischi della RCA Lineatre, quasi che il tempo si fosse fermato ... In fondo quella serie di dischi era stata concepita dalla RCA per poter fornire ai fruitori raccolte di brani più economiche, la tua scelta ha un legame con la crisi infinita di questi tempi?

A dir la verità l’elemento della crisi non è entrato nella mia scelta della copertina. Ero talmente affascinato da quei colori, da quella grafica che d’istinto ho chiesto al grafico di farne una simile. Mi divertiva molto fare una citazione delle copertine che giravano in casa mia quando ero piccolo. Forse, inconsciamente, c’è anche il desiderio di collegarsi ad una storia, quella della canzone d’autore, di entrare in quella scia. Un senso di appartenenza. Forse è quello che, senza volerlo, mi ha inconsciamente guidato nella scelta.



So che tu Giacomo vivi ormai stabilmente da qualche anno a Bruxelles, come percepisci da lì la situazione della canzone d'autore italiana e più in generale dell'Italia, c'è un futuro per entrambe?

La verità è che non ascolto molta canzone italiana per diverse ragioni. La più importante di queste è che non voglio in nessun modo essere influenzato da ciò che già esiste. So che ci sono tanti, tantissimi bravi cantautori conosciuti e meno conosciuti che costituiscono quindi il presente e il futuro della canzone d'autore italiana. Il futuro dell'Italia sarebbe un discorso troppo lungo da affrontare. Anche quello dell'Europa che è un continente che non mi sembra avere più tanta spinta innovativa e culturale.

Il futuro di Giacomo Lariccia? C'è già qualcosa che bolle in pentola?

Nel prossimo futuro, nei prossimi mesi, voglio continuare a proporre Ricostruire in Francia, Belgio e in Italia e far sì che la collaborazione con la Cello Label porti tanti frutti. Per il futuro più remoto ancora non so. Ma so che continuerà ad esserci tanta musica.


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venerdì, ottobre 26, 2018

Il fantasma baciatore, l’evoluzione oltre l’incorporeità internettiana


di Fabio Antonelli

Marco Ongaro è un cantautore, poeta e scrittore italiano, nonché autore teatrale e librettista d'opera. Nella sua pagina di wikipedia campeggia questa sua citazione: «Quale direzione prendere? E quando? La scelta è chiara: entrambe, sempre» tratta dal suo saggio Psicovita di Niki de Saint Phalle. L’ho voluta riportare qui, giusto per definirne la complessità. A due anni esatti dal suo ultimo disco Voce, (2016 - D'autore/Azzurra Music), ecco arrivare un nuovo progetto dal titolo Il fantasma baciatore (2018 - D'autore/Azzurra Music). Ce ne parla approfonditamente in questa intervista.

Cover cd IL FANTASMA BACIATORE


Sarà la mia passione per la fotografia ma sempre, guardando la copertina di un disco, mi domando perché sia stata studiata così, allora ti esprimo subito alcune mie curiosità. La dominante blu notte evoca per caso una natura più notturna delle canzoni di questo nuovo lavoro? L'immagine di te che suoni il pianoforte è ripresa allo specchio, c'è forse un gesto narcisistico dell'autore, un compiacimento del livello di maturità stilistica e contenutistico raggiunto in questo ultimo disco? Quanto c'è di te in quel Fantasma baciatore che sembra essere l'anello mancante dopo il Salvatore delle donne tristi e Il sostegno alle massaie?

Lo specchio in realtà è quello del piano, la mia immagine è riflessa nel mio pianoforte mentre lo suono, cosa avvenuta nell'album precedente, Voce, ma non in questo, dove ad accompagnarmi ci sono fior di musicisti e le canzoni sono state tutte scritte alla chitarra. Ma poco importa, giacché il Fantasma è un doppio, viene dall'altra dimensione, quella speculare, visibile ma intangibile. Se tocchi la superficie del pianoforte in corrispondenza della mia testa non senti la mia carne, senti la lacca dello strumento. Se tocchi la copertina senti la carta. Lo specchio era nero come la lacca del piano. Virarlo in blu è stratagemma unificante che dalla notte coglie l'aspetto fantasmatico dei sogni quanto dei desideri. La mano in primo piano è quella dell'autore che suona il piano, ma l'autore nel disco non lo suona, dunque è l'immagine di un'immagine ectoplasmatica come qualunque copertina in fondo si riduce a essere. In questo caso la mise en abyme era troppo invitante per resistere: il fantasma è là, dentro al pianoforte, è pura immagine. Lo si può intravvedere, ma soprattutto sentire (con l'ascolto). Il Fantasma baciatore è l'evoluzione naturale del personaggio creato con Il Salvatore delle donne tristi, che già derivava dal Landru di Archivio Postumia e si proiettava nel Sostegno delle massaie di Canzoni per adulti. Nessuna opera è compiuta, questo permette all'artista di continuarla finché vive, pescando dai propri discorsi per continuare la narrazione. Il Sostegno delle massaie collocava il Salvatore nell'ambito della prestazione sindacalmente inquadrata. Il Fantasma baciatore entra in una dimensione parallela, impalpabile, una presenza senza pretese, un aiuto forse immaginato, una speranza oltre l'incorporeità internettiana.

Nel rispondermi hai citato ben quattro tue canzoni, percorrendo circa vent'anni di canzoni (perché quel gioiello di Archivio Postumia è stato pubblicato nel 2005 ma nasce nel 1990, da due lavori distinti, a dire il vero). Spesso le canzoni di valore attraversano indenni il passare del tempo, anche quando sono solo degli abbozzi, mi riferisco a Star Strek, il brano che chiude il disco, di cui vorrei parlassi per primo, per sovvertire l'ordine delle cose ma soprattutto perché personalmente mi ha commosso da subito, uno di quei brani che ti si infilano subito sotto pelle, risalgono al cuore e allora sono guai... Non te ne liberi più.



La canzone nasce dalla semplicità di una poesia catalogo, la forma più elementare di poesia che però in buone mani può sortire effetti sorprendenti, in questo caso le mani da cui l'ho presa, e rimaneggiata in sua compagnia, sono quelle del poeta Nicola Saccomani, già frontman dei Ratatuja che vinsero Arezzo Wave nel 1997. La sua umoristica desolazione, la grottesca dignità dell'uomo sfiduciato eppure resiliente all'amore si è unita nell'elenco alla mia ossessività per il dettaglio, puntando a creare in effetti una sorta di correlativo oggettivo che esprime il clima da smantellamento con cui il brano chiude il disco. La farmacia dell'ultima strofa, pensata nella vita e nella testa di Saccomani, per me non è lontana da quella in cui Mick Jagger incontra Mister Jimmy in You can't always get what you want. Un'idea di benessere conservato al prezzo dell'invasione degli alieni, il tempo sfasato dall'arredamento e dall'equipaggio dei venditori di medicine: una non soluzione all'elenco di cose presenti in casa a rappresentare quelle mancanti nella vita. Una non soluzione è meglio di qualsiasi soluzione. Magari una soluzione al 70%. 

Torniamo, se sei d'accordo, al concetto che nessuna opera può dirsi mai compiuta per analizzare meglio due canzoni Menelao e Paride, che chiudono il cerchio ideale con Elena, canzone già inserita nel tuo penultimo disco Voce. I personaggi di questa epica vicenda sono evidentemente tre, come tre sono le canzoni, ma in fondo è sempre solo lei il vero soggetto, il fulcro di tutto, sbaglio?

Non sbagli, è lei, Elena, l'unica, la regina che ha tutte le colpe e niente a discolpa, quindi è innocente. Non ha neanche responsabilità per la sua bellezza, che Gainsbourg definiva "la sola vendetta della donne". I vari punti di vista vengono esaminati nelle tre canzoni, sebbene quello di Elena, nella canzone eponima, sia osservato in terza persona. La bellezza non può essere vista dal suo interno, nemmeno da colei che ne è portatrice: per avvertirla ha bisogno di specchi, e comunque di vedersi da fuori. Il marito Menelao ha osato troppo sposandola, la bellezza non si può sposare se non a prezzo altissimo, e il rischio di svilirla è immenso. Paride l'ha rapita, cioè l'ha fatta innamorare, vittima egli stesso di una bellezza che comunque non può possedere. La bellezza fa infuriare e fa perdonare. Il grande equivoco, quando c'è di mezzo la bellezza, è l'amore. Si può considerare tale il desiderio di possedere la bellezza? Di tenerla per sé? O di conservarla su di sé? La bellezza può essere una grande corruttrice, va trattata con cautela, richiede un equilibrio da illuminati.

Abbiamo parlato di Menelao, non posso non chiederti del video che è stato realizzato per promuovere il brano, realizzato da un ottimo Oscar Serio con la straordinaria partecipazione della splendida Jesusleny Gomes. Come mai nel realizzare un videoclip è stato scelto proprio questo brano e com’è nata l'idea di realizzarlo così?

Ogni tanto sfrutto la fortuna di pubblicare per un'etichetta discografica, Azzurramusic, che ha un fondatore e leader, Marco Rossi. Nell'ascoltare il master per decidere la pubblicazione, gli ho chiesto due cose che ci tenevo fosse lui a stabilire, è bello che qualcosa del proprio lavoro sia deciso da qualcun altro. Un punto di vista esterno e professionale. Le due questioni riguardavano il titolo dell'album, che lui ha scelto opportunamente dalla terzultima traccia, e quale canzone fosse indicata per il video, da lui individuata in Menelao. Sono stato d'accordo su entrambe le scelte. La sceneggiatura del video è del suo realizzatore, Oscar Serio, con cui già girammo a Parigi il clip di Essi vivono. Jesusleny Gomes è un'amica imprenditrice che stimo molto. Ha fatto il cammino di Santiago da sola due volte e l'anno scorso ha percorso a piedi il Veneto incontrando gente in tutti i Comuni, un'impresa che la colloca tra le più interessanti figure integrate nel panorama sociale italiano pur non avendone la cittadinanza. Bellissima e molto spiritosa, già si era appassionata alla canzone Elena del precedente cd, nella quale un po' civettuola si riconosceIl suo senso dell'umorismo le ha permesso di interpretare l'Elena della mia Menelao con la giusta dose di ironia. I suoi trascorsi di modella si sono riaccesi per un attimo nel ruolo dell'irresistibile cui il marito resiste. Non ho sbagliato a chiedere a lei: in questa pantomima che rievoca un po' le scaramucce alla Mondaini/Vianello, ha dosato una perfetta miscela di squisitezza, innocenza e nonchalance.



Le donne, ancora una volta, sono le grandi protagoniste delle tue canzoni, che si tratti delle amanti desiderate e amate "Anche se rispetto ad altre arrivano seconde" o di donne quasi ossequiosamente dipendenti dall'uomo, che ostenta sicurezza sapendo che "Non le importano i divi le scarpe il paté A lei importa soltanto di me". Certe donne si amano e Non le importa, le due canzoni che aprono il disco, come sono nate? Quanto attingono al proprio vissuto?

Va sempre tenuto conto dell'ironia, soprattutto nel caso del secondo brano.
Come spiego nelle note di copertina, il testo di Non le importa prende spunto da My Baby Just Cares for Me, brano del 1930 di Gus Kahn su musica di Walter Donaldson, ascoltato nella toilette di un ristorante a Montparnasse nella versione di Frank Sinatra. Il ritratto in terza persona di una donna da parte di un osservatore esterno mi ha rimandato automaticamente nell'immaginario a She belongs to me di Bob Dylan. In quella canzone però lei era speciale e distaccata, imprendibile e artistica, qui invece più che una descrizione della donna c'è una descrizione bidimensionale del protagonista che la canta. Convinto un po' come l'eroe di Non è Francesca di Mogol che lei viva per lui, non con la stessa disperazione sommersa ma con un attacco di maniacalità non meno grave, il protagonista se la racconta un po' e non sapremo mai se effettivamente le cose stanno come lui dice. L'insistenza sull'assolutezza di quell'amore univoco pone riserve istantanee con un tono che a me suscita ilarità, allegria. È bello essere del tutto convinti di qualcosa, è già un premio. In Certe donne si amano l'ironia c'è ma in misura ridotta. Il problema della donna che arriva cronologicamente prima di un'altra e per questo dovrebbe vedersi dedicato tutto l'amore per sempre è questione in cui già s'ingamberava Molière nel suo Don Giovanni. Vale per le donne come per gli uomini: non esiste soluzione alle scelte in amore, per questo ho messo all'inizio questa canzone. Si sbaglia sempre comunque e l'errore potrebbe portare fortuna. C'è una lista infinita di possibilità lasciate inesplorate, e a esse il brano è dedicato. Quanto attingono al mio vissuto? Basta pensare una cosa e diventa parte del proprio vissuto. Nella vita ci sono più pensieri che azioni. Anche se sono sempre un po' gli stessi, come peraltro le azioni.

Ci sono altri elementi che ricorrono ormai sempre più frequentemente nei tuoi dischi e che apprezzo molto, data la mia poca dimestichezza con la lingua inglese, sono le traduzioni di canzoni di altri, ancora una volta c'è l'amato Cohen con la sua famosa The stranger song qui diventata La canzone dello straniero, troviamo Simpathy for the devil dei Rolling Stones che si trasforma in Comprensione per il diavolo e infine i Dire Straits con la loro Romeo and Juliet, qui Romeo e Giulietta. Quest'ultima traduzione credo sia stata quasi una conseguenza logica dopo tante tue attività legate al capolavoro shakespeariano, ma forse anche la più difficile da rendere in italiano oppure quale tra le tre è stata la più ardua? Quale quella che ti ha lasciato più soddisfatto?

Sono tre storie diverse e questo è il bello. Comprensione per il diavolo è un atto d'amore per i Rolling Stones e per una delle loro canzoni più efficaci. Non facile da tradurre per la ritmica serrata e il numero di tronche che la lingua inglese permette e l'italiano mal sopporta. Il trucco è essere fedeli allo spirito sfuggendo alla letteralità, richiede innanzitutto una buona comprensione del testo che si va ad adattare. Se lo si è ben interpretato, poi le parole giuste vengono. Insegno songwriting al CSM College di Verona, e l'esperienza mi ha mostrato che chiunque abbia gli strumenti tecnici indispensabili, partendo dallo stesso testo, se l'ha ben capito, trova un'infinità di soluzioni individuali per tradurlo restando fedele a quello che dice l'originale. Ho fatto tradurre la Ballad of absent mare di Cohen ogni anno e ogni anno allievi diversi hanno trovato diverse soluzioni per dire le stesse cose. Le possibilità sono quasi infinite. La canzone dello straniero di Cohen, che nel disco è suonata con maestria alla chitarra dall'amico Max Manfredi, è quella che ha richiesto maggiore impegno a livello esegetico, uno sforzo superiore in principio per decifrarne le nuanceRomeo e Giulietta dei Dire Straits è il risultato di un compito che ho dato alla mia classe di songwriting due anni fa. Non do mai un compito che io non possa eseguire. Mentre loro lavorano, lavoro anch'io. Alla fine ho integrato il mio testo con quello dell'allievo Michele Gelmini, che aveva escogitato in alcuni punti delle soluzioni che ho ritenuto migliori delle mie, e l'abbiamo firmato insieme. Un lavoro di bottega, come si usava nel Rinascimento. Tutte e tre le traduzioni mi soddisfano, ciascuna per queste differenti ragioni, la soddisfazione è pari alla fatica compiuta. Tutto può essere tradotto, e ascoltare una canzone straniera comprendendone il senso è un regalo che non voglio rinunciare a offrire a chi mi ascolta.


In un disco dove il rock la fa da padrone c'è però spazio per una canzone più intimista come Irriconoscibile al mattino, la si può definire la canzone dell'amore nonostante tutto, nonostante la fatica, nonostante il tempo che passa?

È una canzone d'amore-passione, un sentimento che non ha a che fare con il tempo, quanto invece con l'attimo che tutto trasfigura. La passione che irrompe nella vita, se vogliamo, il pensiero speso per la persona amata perché non si può fare diversamente, il pensiero è monopolizzato. Quando si arriva tardi, dopo che sono passati altri, con gli altri ci si misura. Si arriva per ultimi e si punta a essere i primi, si punta a restare. Si spera di essere in grado di rimanere a dispetto dell'effimero intrinseco nella passionalità del sentimento. Niente di facile nel voler durare laddove l'attimo è ciò che maggiormente conta. Ciò che resta è il premio da conseguirsi costantemente nel concorso mai vinto del tutto, un concorso con prove d'esame continue, una lotta per essere sempre all'altezza unita al languore di abbandonarsi al fatalismo. L'amore-passione è una brutta bestia che quando manca fa sentire un vuoto e quando c'è riempie troppo.

Colgo l'occasione offertami dal parlar di concorsi e premi per affrontare l'ultima canzone di cui non abbiamo ancora parlato, Ciascuno ha il proprio festival, ironica riflessione sui tanti premi concorsi festival esistenti in Italia, i rancori per le esclusioni e magari il desiderio di rifarsi a proprio modo... Sai che i versi "Pagatemi e non vengo / Pagatemi e ci sono" mi ricordano un po' la morettiana questione: “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?” Un domani ci sarà un tuo festival? 

È vero, l'esempio di Moretti è incistato nell'archetipo dell'individuo che non sa come emergere con le proprie forze in un contesto sociale competitivo sebbene ludico. Invitati alle feste o invitati ai Festival, cambia poco. Una questione di visibilità. Essere ignorati è la cosa che pesa di più, per cui i festival proliferano, e sono interessanti a mio avviso soprattutto i direttori artistici, che nei festival trovano la loro visibilità tirannica, e i Patron, che nella fondazione di raduni su materie in cui talvolta non eccellono ottengono finalmente un riscontro a velleità in passato deluse. Uno non sa scrivere canzoni e fa un festival canoro, oppure sa scriverle ma non ha successo, e si fa il suo festival dove invita artisti di maggiore successo con una sorta di vampirismo bonario, il "positioning" che favorisce un'effimera illusione di luminosità personale. Trattasi spesso di riflessi che si spengono insieme ai riflettori. Non ho un mio festival e spero nessuno ne inventi uno a mio nome dopo la mia morte. Ma quanto della volpe e l'uva c'è in un'invettiva? Ciascuno ha il proprio festival in fondo, ridacchiando un po', è la mia Avvelenata.

Credo che ogni opera musicale sia fatta per essere rappresentata soprattutto dal vivo, questo nuovo disco, a differenza del precedente Voce non è però nato per sola voce e chitarra, ma è nato con sonorità rock e per essere suonato da una bella band, una bella sfida direi. Ci sarà la possibilità di ascoltarti in concerto o dobbiamo lanciare un appello?

I dischi in studio sono fatti per vivere come dischi in studio, secondo me. La ripetizione pedissequa dal vivo, quella in cui mai incorre Dylan per esempio, è atto feticistico più che riproposizione del gesto musicale in sé. Il gruppo di questo cd si chiama le Quotazioni, ed è pronto a suonare per Halloween, in occasione dell'uscita dell'album Fantasma, dal vivo, in teatro. Il concerto di presentazione è fissato a Verona al Teatro Laboratorio. Il resto è nelle mani di chi lo vorrà. Al di là degli appelli, i musicisti vanno pagati, e io pure. Se siamo pagati suoniamo, altrimenti facciamo dell'altro. L'idea diffusa nei club che i musicisti suonino per il loro piacere va scoraggiata con lo sciopero. "Pagatemi e non vengo, pagatemi e ci sono". Ore di prove, anni di preparazione, tutto questo richiede un riconoscimento in denaro, nessuno lo fa per puro diletto, almeno qui da noi.
Viva i cachet, abbasso le compresse. 




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mercoledì, luglio 04, 2018

Gerardo Pozzi vs Gerardo Pozzi, una guerra senza fine


di Fabio Antonelli

Gerardo Pozzi, nasce a Bergamo il 23 giugno 1972, cresce in provincia di Milano, studia fisioterapia a Lecco, e si trasferisce a Vittorio Veneto (TV) nel 2002, ha il cuore nomade… Così, si evince dalla sua biografia. Un tipo originale potrei aggiungere io, se ripenso a come nel 2011 mi fece avere per posta il suo primo magnifico disco “Sconosciuti e imperfetti” con appiccicato un Post-it in cui mi invitava ad ascoltare quelle che lui riteneva solo canzonacce…  Mai dare retta agli artisti, sono solo emeriti puzzoni, parole sue …

Cover cd "Sono una brava persona"


Direi, se sei d'accordo, di cominciare proprio come se io fossi uno che non sa nulla di te e rimanesse, ovviamente, colpito dalla copertina del disco, una fotografia stupenda che ti ritrae seduto dentro una vecchia vasca da bagno, con tanto di cappello, sigaro, calice di vino e fiori di campo tra i quali spicca un girasole che richiama Van Gogh, insomma un po' da matto del paese, uno di quei tipi che definiresti un po' naif ma che, in fondo, di se stesso direbbe "Sono una brava persona". Com'è nata questa idea di copertina e perché questo titolo?

La copertina è nata da una mia "idea": volevo far passare una sorta di senso di "caducità" della vita. Infatti in copertina ci sono io nella vasca, mentre nel retro c'è la vasca vuota. All'inizio io pensavo a me sdraiato su un divano, in un campo /prato. Poi l'illuminazione della vasca è venuta a Franco Bonato, amico carissimo, chitarrista e fotografo. Aveva una casa abbandonata, con questa vasca da bagno e tutto è andato di conseguenza! A parte il freddo boia, abbiamo scattato le foto in inverno, la casa era senza finestre ed io ero in mutande! Il vino nel calice è l'ultimo goccio rimasto! Il resto è andato per scaldarmi! Il titolo, invece, è conseguenza di una seduta con la psicologa, quando avrei dovuto, per esercizio, dire ad alta voce questa frase. Essendo andato in panico totale, ha pensato bene di "costringermi" (amorevolmente) a dare il titolo al mio nuovo album proprio con questa frase. Anche solo pensarmi una "brava persona" è imbarazzante ed impossibile da credere...

Sai che discorso della vasca vuota in retro copertina l'avevo notato anche io e d avevo pensato a questo messaggio? Comunque è vero, non posso dire che tu sia una brava persona! Tutte le volte che ascolto un tuo disco finisco per piangere... anzi questa volta da subito, sin dalla prima traccia "Quando è notte". Al solo pensare quel verso "Le lacrime di tutto il mondo, le bevo ogni mattina", mi vengono ancora i brividi...  Parlami di questa canzone che apre il disco, che sembra svelare l'incapacità di contenere nel proprio cuore tutto il dolore che si prova... o sbaglio?
E' esattamente così... C'è la malinconica celebrazione di ciò che si ha e che ci fa percepire fortunati, ed al contempo il sentire, come dici tu, nel proprio cuore sia il proprio dolore che quello che, di riflesso, ci arriva dal mondo che ci circonda, che sia il nostro infinitesimo metro cubico o quello più esteso dell'umanità. Il dolore umano ha una radice comune. Ci rende simili. Lo percepissimo un poco più spesso, forse non vivremmo così isolati.

Questa canzone credo faccia il paio con "La vita mi fa un po' male", con quella metafora che solo tu avresti potuto usare in una canzone "Ahi ahi la Vita mi fa un po' male / come una botta sulla testa / la fortuna che va via ... / Come la luna che ulula. / Come una rettoscopia" ... Deformazione professionale?

Yes...!!!



Saltiamo un po' di palo in frasca, ma neanche troppo, perché il dolore è sempre presente e qui nelle sue svariate forme, mi riferisco allo "Stabat Mater", un brano che in realtà è un recitato, che vede nella doppia veste, di autore e interprete, un grande Natalino Balasso, com'è nata questa collaborazione?

Balasso è una persona eccezionale e densa di umanità. Ci siamo "conosciuti" qualche anno fa, grazie alle canzoni ed a scambi di "opinioni sulla vita"... Questa sua poesia è disarmante. Ogni volta che la ascolto, nei suoi spettacoli, mi commuovo tantissimo. Qualche mese prima che io decidessi di incidere l'album, mi scrive dicendomi che, in caso di album nuovo, mi avrebbe donato volentieri questa sua poesia. E così è stato. E' venuto a registrare le voci (bellissima, l'idea di inserire più voci con toni differenti) ed io ho messo un sottofondo rispolverando il mio sassofono tenore, che non suonavo da tempi immemori...!

Ed è un peccato che tu non lo suona più spesso... In ogni caso questa collaborazione ha dato buoni frutti, secondo me dovresti perseguire questa strada... anche se magari la trovi difficoltosa, dico così pensando ai versi "Quando canto faccio uscir la mia follia / che tanto son perdonato. / Tutto il resto della vita a trattenere / per non essere internato"... Quanto la musica è per te un ancora di salvataggio?

La musica è ancora oggi, per me, un'ancora di salvataggio. L'arte tutta lo è. Mi permette di vivere. Di sentirmi ancora vivo. A volte un sopravvissuto, altre una specie di "eletto". Eletto non so a cosa però. Perché il pensiero non sempre è un amico facile... E l'arte è pretenziosa. Ti vuole per sé. A volte ti provoca. Comunque ti ama. Sempre. Esattamente come sei.

A proposito di arte, o meglio di artisti, mi pare però di capire che bisogna diffidarne, questo almeno il tuo consiglio. In "Noi 4 artistucoli" canti addirittura che tra artisti "Ci si bacia sulla bocca / ci si sputa sulle spalle", allora anche gli artisti sono esseri umani...

Soprattutto gli artisti! Diffidare di noi! Assolutamente! Siamo degli emeriti puzzoni! L'Arte in sé è stupenda e innocente... L'unico neo è che è fatta dagli esseri umani: e loro sì che sono sbagliati... Siamo narcisi affamati ed assetati di popolarità... Che poi, stringi stringi, siamo dei poveri cristi che hanno un bisogno enorme di affetto! Poi c'è l'arte fatta dalla Natura (un orizzonte, il mare, un bosco) e lì sì, rasenta la perfezione. Certo che l'arte (che è ciò che più differenzia l'uomo nel mondo animale) è un Dono preziosissimo. Ma davvero prezioso. Nessuno può farne a meno.

Gli artisti non sono affidabili, questo lo abbiamo capito bene, allora possiamo fare affidamento su chi? Su se stessi? Mi pare anche questa una via ardua, sempre in salita, in "Reflex" dici "Mi vien facile odiarti così / perché me l'hanno insegnato / quand'ero bambino guardandomi dentro / e ti odio con tutto me stesso / ieri come adesso / come odio lo specchio / come il mio specchio". Com'è realmente questo rapporto?

Il rapporto con se stessi è, credo, una delle cose più difficili in assoluto per l'essere umano. O almeno lo è per me. Eppure è anche l'unico viaggio veramente degno di questa esistenza. Ognuno può viaggiare dove e come gli pare. Ma il vero Viaggio è "dentro". Il mio rapporto con me è ancora in un mare piuttosto alto... Ma da tempo almeno ho una zatterina che mi tiene a galla. È fatta di tutto ciò che di positivo ho imparato a costruire dentro di me. Ho buttato giù una casa pericolante e pericolosa. E con fatica ne ho costruita un'altra. Purtroppo le fondamenta sono le stesse, non si possono cambiare. L'importante è non scendere sempre in cantina per aprire la botola delle fogne. Ogni tanto va fatto, ma per spurgare...



Una risposta a questo disagio è anche la bellissima preghiera laica "Faccio il bravo", una serie di buoni propositi che mi ha fatto venire in mente quei versi di Bertoli "Se indosso il paraocchi, / mio padre mi ha giurato, / mostrandomi una carta, / posso tornare a casa / insieme alla mia mamma, / a vedere la tivù!". Bisogna per forza snaturare se stessi per vivere un po' di serenità o c'è un'altra via?

Per quello che è la mia esperienza, la vera serenità la si potrà provare (fugace forse, come è sua caratteristica, ma comunque potente) soltanto quando smetteremo di snaturarci. E, almeno nel mio caso, quando ci concederemo anche quel perdono che non ci siamo mai dati. Quel perdono per fatti nemmeno commessi, il più delle volte. Quando riusciremo a concederci un poco di amore. E' pazzesco, perché spesso questa rigidità di giudizio nei nostri stessi confronti, è un retaggio cultural-religioso (che affligge anche moltissimi atei, proprio perché innestato anche nella cultura e nella società). Cioè: la religione che predica l'Amore, è la prima ad aver mietuto vittime di odio, per se stessi e quindi per gli altri... La vera rivoluzione sarebbe amare se stessi, in profondità. Ma noi qui oscilliamo tra due estremi: l'odio profondo per noi stessi e il narcisismo più cieco (che poi è un altra forma di odio per se stessi, in fondo) ...

Assolutamente d'accordo, ma allora? Di questo passo, si può anche rischiare una "Pirlata dei caraibi" che, al di là del titolo e, di una certa ironia di fondo, non è qualcosa di cui ridere... vero?

Ho detto, dico e dirò tantissime Pirlate... Mi piacerebbe trovare sempre, nelle mie tasche bucate, un briciolo di verità, ma trovo solo domande e domande... E le domande sulla caducità della vita (ritorniamo alla copertina), al trucco della vita e della morte, come una colomba nel cilindro di Silvan, alle zoppie degli affetti e dei rapporti di coppia, sono domande che ustionano l'anima. Credo di avere l'anima ustionata su almeno il 90% del suo corpo. A farmi domande sarei pure bravissimo, mi mancano le risposte. Ma forse dare risposte non è compito degli artisti... Mi salvo, così?

Cosa potrei dirti? Che "Ta sèt ù bàmbo"?

Sì!!! E' il titolo che avrei voluto dare all'album... Sono un bamboccio, un ingenuo, uno stupido... ma forse la mia psicologa ha la vista lunga, e chissà che, a furia di dover citare il titolo vero, una piccola parte di me non cominci a prendere in considerazione che siamo belli così come siamo, e si può essere brave persone anche sbagliando di continuo. Anzi, forse di più proprio per questo.

Eppure, in mezzo a così tanta sofferenza una luce in fondo al tunnel filtra, così almeno voglio intendere quel dolente brano conclusivo "Esperanto" che già dal titolo suggerisce speranza, malgrado quel "Se piangi ridi / se ridi soffri"... E' realmente così?

C'è una sorta di "miseria", che ci brucia dentro, e non sappiamo "quando la smetterà"... ma la speranza è che la vita è fatta di un susseguirsi di momenti, i quali, essendo tali, per definizione finiscono (o finiranno). Quelli belli, certo, ma anche quelli brutti. Perciò a volte bisogna soltanto "starci dentro", a questi momenti, ed aspettare. Un po' quella sorta di "allearsi col nemico se non lo puoi combattere", che è un proverbio che odio, ma che forse si riferisce proprio ai momenti di difficoltà: se non riusciamo (in quel momento) ad affrontarli, possiamo solo stare lì con loro ed aspettare. Un giorno si stancheranno e se ne andranno. La mia speranza è questa.



Se sei d'accordo, chiuderei il discorso disco con questo spiraglio... lasciando al lettore / ascoltatore il desiderio di approfondire le altre tracce, piuttosto mi piacerebbe sapere come hai intenzione di far conoscere questo prezioso lavoro, hai già in mente un percorso live?

D'accordissimo! Ho fatto (a mie spese ed a spese di una persona che mi ha aiutato economicamente) due serate di presentazione. Lo stato dell'arte oggi è ridotto ai minimi termini, e ci si ritrova a pagare per suonare... Ho altri live in programma, spero di poter girare ed uscire anche dalla regione, per incontrare più persone possibili. La Musica mi aiuta a superare la timidezza ed ha lo splendido scopo di farmi incontrare anime simili...!

Un'ultima domanda, a proposito di anime simili. Anche se magari le tue canzoni ti sembrano così personali da sembrare impossibile condividerle con altri cantanti, ci sono artisti con i quali vorresti duettare? Che in qualche modo stimi particolarmente?

Ci sono tantissimi artisti che stimo. Erica Boschiero, Massimiliano Cranchi, due nomi tra i numerosissimi artisti veneti, per parlare della mia regione. Ma anche Francesca Incudine, Giovanni Del Grillo, e soprattutto la scena giovane di oggi, che è molto più avanti di quel che si creda. I giovani che si trovano oggi a fare musica loro, la sanno molto più lunga di quei discografici che pensano di colpirli con fenomeni tipo Young Signorino, che invece dissetano solo la curiosità morbosa e dissociata di adulti con la sindrome di Peter Pan...


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mercoledì, giugno 27, 2018

Syncretica, il mondo custodito in un cassetto


di Fabio Antonelli
Gerardo Balestrieri, laureatosi all'Istituto Universitario Orientale di Napoli con una tesi sperimentale sul sincretismo e la spiritualità nella musica popolare brasiliana, nel suo sito si definisce cantautore apolide, polistrumentista. Per lui parlano soprattutto i suoi dischi, sempre densi come la sua voce, sempre pieni di influenze lontane, sempre così diversi fra loro. Da poco è uscito il suo nuovo progetto discografico, “Syncretica” (2018 - Smart & Nett Entertainment), definito da lui stesso “canzoni scritte da tempo e il tempo non esiste”.
Cover cd "Syncretica"

E' un po' di giorni che il tuo disco gira nel mio lettore e ancora sono affascinato dalla mescolanza di suoni, dall'incontro di mondi musicali diversi presenti in esso. Potrebbe, ad un ascolto superficiale, sembrare una raccolta casuale ma non credo proprio lo sia, forse la chiave di lettura sta nel titolo di questo nuovo lavoro "Syncretica", che unisce tutte queste diversità. Un disco attualissimo a dispetto della natura dei brani provenienti da tuoi periodi musicali diversi. Il collante di questo progetto? Tu stesso e lo dimostra il fatto di esserti messo in copertina. Ho detto fesserie?
Perfetta analisi scriverei. E' stato un album, da una parte ben pensato e dall'altra, come in maieutica, ha visto nascere da sole certe cose, anche la logica sequenza delle canzoni al di là dello stile che varia sempre nei miei dischi. Un viaggio che parte da Creta, passa da Venezia (a cui Candia è appartenuta), arriva in Francia e poi prende il largo, dal Medio Oriente e altrove, un viaggio a porti aperti.
Lascio volutamente cadere il discorso porti e resto sulla struttura del disco. Il fatto di averlo spesso ascoltato in auto mi ha come portato in luce un aspetto che, inizialmente, mi era sfuggito, il disco ha una struttura circolare e non mi riferisco certo al supporto fisico, ma alle tracce. Si apre, infatti, con un rebetiko dal titolo "Vieni vieni da Thomà" e si chiude con un altro rebetiko nascosto (bonus track), quasi si ispirasse ad un vecchio film da me visto al cineforum, mi riferisco a "Lo sguardo di Ulisse" di Theodōros Angelopoulos. Quindi la Grecia come culla della civiltà occidentale e, non credo a caso, in particolare Ulisse, del quale noi occidentali forse abbiamo mantenuto la stessa furbizia nei confronti del mondo fuori le colonne d'Ercole e così, mi riallaccio anche alla tua provocazione ... Che ne pensi?
E' stato l'ultimo film del più grande attore italiano a mio parere. Sì, la circolarità che non si chiude, in realtà una spirale ... Kundalini. Eh sì, io sto con Polifemo. Una volta, col "mio" contrabbassista, eravamo in una stazione a Nord Est, " Cos’è quello?" chiede un signore, riferendosi al contrabbasso, " E' la chitarra di Polifemo" gli rispondo, lui in bici si avvicina e fa "Allora gli sarà costata un occhio".

Cerchiamo di smontare un po' questo cerchio o se preferisci spirale. Nel disco, ad esempio, ci sono canzoni come "Gabbiano Bar" dove le lingue si mescolano e si confondono come fossero schakerate, credo sia il termine più adatto vista anche l'alcolicità del testo, in cui in fondo il testo sembra quasi più un pretesto a servizio della magnifica atmosfera, quasi da film e canzoni, come "La sinistra dalla erre moscia", in cui è il testo a dominare, fino alla chiosa finale "sa qual è stata la disattenzione ... / Aver confuso come chi attende il Sipario / la Rappresentanza con la Rappresentazione", un vero atto d'accusa, no?
“Gabbiano Bar” l’ho scritta durante una stagione canoro pianistica all’Hotel Cipriani, osservavo e ascoltavo i clienti e i barman, i camerieri, ecc. Il pianoforte nel mix è lontano, come se a parlare fosse appunto il barman e, di fronte nella sala, "Suonala ancora Sam" un po' come al Ritz di Casablanca. “La sinistra dalla erre moscia” non la vedo come un atto d' accusa, semmai un sogno sarcastico, attualissimo di queste ore, seppur scritta nel 2008, un destino tracciato di una realtà che ha dimenticato i deboli, gli ultimi, confondendosi, attraverso la Rappresentazione coi forti e coi primi. L’accusa se c’è non è mai diretta alla persona, ma al Potere.
In questo tuo navigare per mari lontani, vai ad affrontare anche canzoni non tue. Partiamo da una tua personalissima e libera traduzione di "Je bois" di Boris Vian, che leggo esser stata scritta quasi dieci anni fa, com'è nata? Cela anche un riferimento a Piero Ciampi, vero?
La traduzione fa parte del progetto di quindici anni fa legato a Boris Vian, ho tradotto un bel po’di canzoni sue che poi han fatto parte dei miei dischi, un giorno magari le raccoglierò tutte e ne farò un album dedicato al patafisico del jazz. E anni fa avevo scritto "L’amore è lo sposo della vita" su un foglio di carta, parole che ricordavo di Piero Ciampi ma non ne sono sicuro, ho cercato ma non sono attribuite a lui, forse era un live in cui ha detto questa frase, forse è mia, non ricordando esattamente ho preferito attribuirla a lui, anche perché “Je bois” avrebbe potuto benissimo scriverla Ciampi stesso, gran bevitore...
Ah, sicuramente. Le altre reinterpretazioni, invece, appartengono alla musica popolare, parlo di "Cielito Lindo" e del canto popolare "La strada nel bosco". Direi che mi ha colpito soprattutto l'originalità e l'accuratezza musicale della prima che mi sembra esaltare ancor più, se possibile, la composta fierezza del popolo messicano, esagero?
In realtà, la musica stravolta di “Cielito Lindo” in tonalità minore e in 5/4 è stata pensata in chiave molto mediorientale, tanto da essere stata registrata a Izmir da musicisti curdi e azeri, riprendendo una versione incisa insieme al più importante cantautore persiano vivente con cui ho collaborato. E’ un Mexico ben lontano che porta la sua poesia, invece, che la musica, ma la fierezza che hai intravisto penso ci sia, come di rimando. Di ritorno in questa spirale... 
Non mi riferivo tanto al vestito musicale, stravolto si ma con una ricercatezza e gusto sublime, bensì al significato dell'operazione.
Sì, un’operazione che tende a questo, anche per com’è cantata probabilmente.

Direi che il medio oriente è comunque sempre molto presente, mi sovviene ancora alle orecchie la splendida atmosfera di "Se eredito la tua stanza", quei versi iniziali "Mirabile visione a Malamocco: il vento al tuo incedere da bora si fa scirocco", allora tutto è possibile, anche un ribaltamento della propria esistenza, di luoghi geografici, quel Malamocco così vicino ma etimologicamente così lontano.
“Se eredito la tua stanza” è la canzone di “Syncretica” cui son più affezionato, avevo scritto il testo e per anni ho pensato (immaginato spesso prima di dormire) una batteria rock in 9/8. E' stata una bella sensazione e soddisfazione sentirla finalmente incisa, quando, come scrivo nella presentazione, hai l’esigenza di liberarti da qualcosa che ti appassiona e ossessiona... Una canzone scritta su un solo accordo, un altro gioco più che scommessa. A Malamocco ci son stato domenica scorsa, un posto senza tempo, un acquarello di Hugo Pratt. Sto scrivendo un concept album dedicato a Corto Maltese e cerco luoghi a lui cari, son passato da Scarso prima di andare al mare. Un ribaltamento, un cambio improvviso di vento ... Parola e luogo antico, c’era già in epoca romana prima che i barbari determinassero il nascere della città in laguna, ho trascorso un'estate intera in questo borgo, in attesa di mio figlio. C’è un Campiello dei Meloni adatto a pancioni da ottavo mese.



Senza voler passare in rassegna proprio tutte le tracce del disco, vorrei però soffermarmi su "Tango del Rosso e del Nero", magnifico tango, per almeno un paio di motivi, l'uso di strumenti come daf e tombak e il fatto di essere stato scritto nel 1996, come mai è rimasto sepolto così a lungo, lo trovo meraviglioso ...
Grazie dell'apprezzamento. Vivo un tempo discografico in netto ritardo rispetto a quello reale. Ho scritto una sessantina di canzoni quando avevo poco più di vent' anni, ma son riuscito a pubblicare il primo disco che ne avevo trentasei, per cui tante canzoni nel carrozzone. Non è male che abbia inciso “Tango del Rosso e Nero” adesso, in quegli anni non conoscevo il daf e il tombak, strumenti magici in questo album. Ho scritto tanto in passato e questo mi ha permesso di poter dedicare tanto tempo a fare il manager e promoter di me stesso, nonché produttore. La scrittura ovviamente non è comunque mancata, a sprazzi ho composto qualcosa anche negli ultimi dieci anni. “Canzone nascosta” è il brano che sento più attuale. Adesso scrivo su Corto Maltese e son felice di aver quasi svuotato la carrozza di "robivecchi" per dar posto a storie nuove.
Per concludere, del tuo lavoro futuro hai già accennato, vorrei invece chiederti come sarà promosso e fatto conoscere questo tuo "Syncretica", sarà portato in giro con quale formazione vista anche la vastità e complessità di sonorità che lo contraddistinguono? E supponiamo che qualche avventore, vedendo magari la tua locandina appesa in un locale, incuriosito dal titolo del tuo lavoro, ti chiedesse di che musica si tratta, come gli risponderesti?
E' sempre un'incognita il tour e la band post disco. Non avendo mai avuto strutture (booking, ufficio stampa, manager, ecc.) ho fatto sempre tutto da solo, per cui niente di programmato a lungo termine e concerti con una band ridottissima. Quest' anno, ho firmato con etichetta e agenzia tedesca, sono previsti concerti con esclusiva in Germania, Austria e Svizzera, tutto da programmare, intanto ho spedito un po’ di dischi per cercar di creare una cartella stampa utile alla ricerca di concerti. Per poter davvero presentare i miei album dal vivo avrei necessità di un'orchestra, ma da solo, senza strutture è quasi impossibile. A volte capita...oggi trovare visibilità per me è difficilissimo. Ho avuto la fortuna di essere arrivato alle orecchie di Renzo Fantini che apprezzava molto ma ci ha lasciato troppo presto...
Hai volutamente glissato la domanda del curioso di turno?
No, scusa, hai ragione, gli direi semplicemente che sono canzoni che fanno ballare e pensare, musiche del mondo, molto varie nei ritmi e nelle lingue, negli strumenti e nelle melodie. A volte in tempi dispari per inciampare un attimo col gusto di essere vivi... Inviterei poi anche all’acquisto del cd, per leggere con attenzione i testi e guardare i disegni del booklet, oltre ovviamente un invito al riascolto.



venerdì, maggio 25, 2018

Se per arrivare “In testa alle classifiche” … allora …


di Fabio Antonelli

Carlo Mercadante, per chi non lo conoscesse, è un cantautore siciliano, per la precisione di Barcellona Pozzo di Gotto, ma un cantautore decisamente fuori dagli schemi, basti pensare che nel 2014 pubblica a “rate” l’album “7 briciole lungo la strada” (Isola Tobia Label 2014). Direi che è un cantautore difficilmente classificabile ma per questo ancor più interessante ed eccolo ora mettersi in gioco con un nuovo sorprendente album “In testa alle classifiche” (Isola Tobia Label 2018). Ce ne parla qui, in maniera originale, come non poteva esserlo?

Cover CD "In testa alle classifiche"


Direi di partire, come mia consuetudine, dalla copertina, una foto con un primo piano su fronte ed occhi. Sulla fronte vi campeggia un bel codice a barre con il tuo nome e il titolo dell'album "In testa alle classifiche", gli occhi sembrano un po' quelli tanto espressivi di un Carmelo Bene. Direi che il protagonista ha un unico chiodo fisso nella testa?

Paragone meravigliosamente pesante! È un concept sull'ossessione del successo, sull'arrivismo. Mettere da parte le proprie idee e diventare accondiscendenti, facendo quello che gli altri vogliono ascoltare pur di ottenere fama. Mettersi in vendita. Il codice a barre mi sembrava rendere l'idea.

Giusto, un concept album. Già questa è quasi una novità nel panorama musicale attuale, per lo più questo disco è davvero musicalmente vario perché in questo concept il protagonista, un povero cantautore che vuole raggiungere a tutti i costi la cima delle classiche, si trova a dover dare ascolto ai consigli di molti personaggi, alcuni davvero bizzarri e non mancano neppure alcuni nomi importanti ad interpretarli, vero?

Sì. Prima di ogni canzone c'è un personaggio che mi consiglia sul brano giusto che dovrei proporre per scalare le classifiche. L'ufficio stampa (Daniela Esposito, il mio vero ufficio stampa) colleghi, gente che ascolta la radio, e qualche voce nota come quelle di Elena Ledda e Caparezza. E io ... che accetto tutti i consigli man mano che scorre l'ascolto pur di essere quello che gli altri vogliono che io sia.

Carlo Mercadante - Foto di Tamara Casula


Io ho trovato il disco molto intelligente, profondo, ma anche, grazie a questa sorta di sceneggiatura che lega i brani fra loro, molto divertente. Credi però che questa compattezza dell'intero progetto possa finire per danneggiare ogni singola canzone? Nel senso che i vari pezzi, ascoltati singolarmente, potrebbero perdere l'intrinseco valore?

Dubbio che mi sono posto. Ma alla fine mi interessava raccontare più la storia. Anche per la pubblicazione in digitale ero in difficoltà. Poi ho stabilito che l'ironia, l'autoironia dovevano rimanere per dare il senso che avevo in mente. C'è un gioco di fondo. Perché toglierlo?

Assolutamente d'accordo. Nell'altrettanto ironico libretto che accompagna il disco, sono riportate alcune tue riflessioni che si concludono con "Niente di impegnativo. Solo musica ... E' solo un gioco" che ricorda tanto il “sono solo canzonette” di Edoardo Bennato, ma io ci credo poco. Mi spiego meglio, le canzoni è vero sono molto ironiche, anche auto ironiche, ma dietro questa veste anche un po’ scanzonata e divertente, secondo me si cela un'acuta analisi e una forte critica che non riguarda solo il mondo musicale, quello è forse solo un pretesto, ma che ha come bersaglio la nostra realtà sociale. Dico una fesseria?

Dire cose sorridendo è il mio modo di comunicare. Mi piace giocare. Sta a chi ascolta stabilire se dietro un messaggio apparentemente comico c'è una verità importante. Contrariamente al ruolo del cantautore disperato che cerca il consenso ritengo che l'ascoltatore debba sforzarsi di comprendere il gioco e metterci il suo nell'interpretazione della proposta. Quello non è ruolo mio. Lo lascio a chi ha voglia di essere attivo nell'ascolto.

Entrando un po' più nel disco, ad un certo punto al protagonista viene proposto di fare un po' come nei talent, il suggeritore di turno gli dice che in fondo se non è nessuno, non può permettersi di scrivere in maniera credibile canzoni d'amore e allora tanto vale affidarsi ad una cover ... nello specifico una splendida interpretazione di "Ma che sarà" di Edoardo Bennato (guarda caso). Cosa ne pensi sia dei talent televisivi sia delle tante cover band che riempiono locali e piazze?

Non demonizzo i talent ma fare una distinzione tra persona di spettacolo e artista è importante. Nessun artista si sottoporrebbe a un giudizio o alla gogna di un televoto perché un artista dice il suo e basta. Chi fa spettacolo, invece, è completamente sottomesso al gradimento, ne dipende. Inoltre delegare al pubblico la responsabilità di votare il talento è il più grande atto di codardia discografica degli ultimi anni, ci si toglie la responsabilità di scegliere testando direttamente prima ancora il gradimento del prossimo "prodotto". "Se papa Giulio avesse delegato per far prima / al televoto il nome del pittore per la sua Sistina / di certo Michelangelo sarebbe andato a casa / ma oggi ammireremmo tanti bei gattini in posa", l'ho scritto in versi quello che penso. Le cover band sono un discorso a parte, sono una palestra per tanti e che ben vengano, il discorso riguarda l'impossibilità di distinguere un dopolavorista da un operatore dello spettacolo, ovvio che l'hobbista si svenda per due birre e metta in crisi chi fa questo lavoro h24. Per quel che mi riguarda ho fatto tour meravigliosi in stalle e mulini pur di evitare locali e adesso mi sto approcciando al teatro. La musica d'autore deve avere spazi e attenzione. I locali, com'è giusto che sia, devono vendere birra e risparmiare sulla musica. Anche se nessuno li obbliga a fare live.

Hai parlato di locali, di teatro? Quale ritieni possa essere la giusta collocazione per le date di presentazione del disco che immagino tu stia predisponendo? Come sarà dal vivo lo spettacolo vista anche la particolarità del disco con i vari interventi "esterni" alle canzoni?

Lavoro ormai da anni per portare la mia musica fuori dai locali. Niente contro, ci sono cresciuto come tutti ma ho anche l'esigenza di raccontare con piccoli monologhi le cose. Ho presentato il disco al teatro Kopò seguendo un canovaccio e proponendo per la prima volta dei monologhi, tra l'altro accompagnato da una band che mi ha garantito un muro sonoro eccezionale (Giuseppe Scarpato, Marco Polidori, Paolo Baglioni). Ho avuto un ottimo riscontro e ho tolto le paure di dosso per poter adottare questa formula. Quando la gente ti dice che due ore sono passate in un attimo è confortante. Adesso sto lavorando per un tour teatrale da portare in giro. Vediamo che succede …

Carlo Mercadante - Foto di Tamara Casula


Io spesso ho avuto occasione di guardare i tuoi video interventi presenti su Facebook o YouTube e non avevo dubbi sulle tua capacità di far volare due ore di spettacolo ... Se sei d'accordo, vorrei farti un'ultima domanda, tesa a incuriosire un po' chi ci legge. Del disco ho apprezzato tantissimo la tua personalissima interpretazione di "Vitti na crozza", proprio perché così diversa dalla versione di Modugno, vorrei però mi dicessi a quale delle tue creature sei più affezionato o meglio ti rappresenta. Io credo di saperlo, però a te la parola.

Oddio ... è la domanda alla quale si risponde "non posso sceglierne una, sono tutte figlie mie". In realtà il gioco delle opinioni degli intermezzi mi permette di spaziare tantissimo. "Gli amanti di Galway" mi ha permesso di scrivere una canzone d'amore che ho sempre fatto fatica a proporre. "Non bisogna credere al cantante" è intimamente mia. Se ne devo citare una cito la ghost track "Era settembre" perché è la conclusione del disco e dà il senso al concept. Sono io nella mia stanza a scrivere solo per me e non per gli altri e poi perché è il mio gancio con il prossimo album. Come? non ve lo dico … giochiamo insieme.

Accidenti, avessi scommesso avrei vinto! Lasciamo allora aperta questa porta sul futuro e direi godiamoci il presente, ok?

C'avevi azzeccato? Eheheheh



mercoledì, maggio 23, 2018

Lucina Lanzara dà voce e suono a Salina


di Fabio Antonelli

Nella biografia di Lucina Lanzara troviamo scritto: cantautrice, sperimentatrice vocale, produttrice musicale e teatrale. Di sicuro è artista mai propensa a ripercorrere strade già battute, se nel 2015 realizza il disco “Lucina canta e racconta De Andrè” (Kelikon Edizioni 2015), una rivisitazione in chiave mediterranea di vita e opere di Fabrizio De Andrè in realtà nata nel 2007, eccola ora proporci il suo “Isòla” (Nota Preziosa Edizioni 2018), un opera strumentale, sperimentale tra vocalizzi e jazz, tutta da ascoltare, nata come sonorizzazione live del documentario "Il resto dell'anno". Come resistere alla tentazione di saperne di più …

Cover cd "Isòla"


Sono sempre attratto dalle copertine dei dischi, in fondo sono il biglietto da visita di un progetto. La copertina di "Isòla" ti vede fasciata da un bellissimo abito e un altrettanto bel turbante in testa, com'è nata l'idea della copertina e perché quell'Isòla con evidenziato l'accento sulla o?

Rosa è il colore dominante di Isòla. Isòla è femmina. L’abito rosa evoca il viaggio in un mondo fatato, in un mondo di sogni ed emozioni. Il turbante mi restituisce il sapore d’oriente, il gioco di perle in mano come se con loro fossi stata germinata dalle acque. Isòla con l’accento sulla “o” come se fosse un neutro plurale: le cose che si fanno da sola, Isòla con un chiaro richiamo all’isola, al sole, al sale, alla completezza della donna.

Isola è un disco, per chi ti avesse conosciuta per il tuo progetto su De Andrè, decisamente spiazzante, tu qui è come se fossi completamente un'altra artista, compositrice raffinata sperimentale ma se poi ne conosci la genesi diventa tutto più comprensibile, me ne parli approfonditamente?

Nella mia rivisitazione di De Andrè c’è la donna, la donna amante, l’innamorata di De Andrè. C’è tutta l’acqua del Mediterraneo. Io sono Isòla, Isòla è la mia poetica. Il mio primo disco edito dalla RAI nel 2003 fu “Il canto del Sole”, un concerto per la Pace per voce sola e percussioni, scritto a margine dello scoppio della guerra in Iraq. Prima ancora, 1997, vivevo a Genova, intrisa dell’odore dei carruggi di Faber, e scrissi “De Mare”, assolutamente cantautorale, dopo alcuni anni (2006) edito ancora dalla RAI. Alcuni produttori mi chiesero di rispettare il mio pubblico, così lo avrei spiazzato ed io risposi che sono questa: in eterna evoluzione. Oggi sono felice di avere avuto il coraggio delle mie scelte: 6 dischi, 12 opere, tutte apparentemente diverse. Cerco sempre e solo il Suono e le Emozioni, nel Mediterraneo.

Credo tu sia riuscita pienamente ad essere te stessa ma come classificheresti, operazione orribile a dire il vero, questo tuo nuovo progetto? O meglio, come lo presenteresti ad un potenziale fruitore?

Lasciati prendere per mano e ti condurrò nel mondo dei sogni, tra Word Music jazz e New Age.
Hai visto, a proposito, questo post di Andrea Podestà "Dopo di che è successa la magia..."


in cui parla di me a Pieve Ligure accompagnata dagli straordinari Edmondo Romano al clarinetto e Riccardo Barbera al contrabbasso e loop station?

Si, ho visto, credo sottolinei soprattutto la dimensione concertistica di questo lavoro discografico, un'opera che è nata proprio per essere eseguita dal vivo vero? Qual è stata la genesi di questo bellissimo lavoro?

Ti ringrazio! Per la verità il disco ed il live sono due mondi a se stanti. Nel disco, Daniele Camarda, lo straordinario bassista cosmopolita, utilizza una loop station anni’70 che segue un algoritmo per cui il Suono si evolve e diventa irriproducibile, sempre diverso. In più il suo strumento è un basso a 7 corde che si è fatto costruire apposta e che Camarda utilizza talvolta come liuto, talvolta come contrabbasso, talvolta come Arpa. Non esisterà mai un live uguale al disco ma ciò che conta è il racconto e come il pubblico diventa parte integrante del racconto stesso. La genesi è la colonna sono del Documentario “il resto dell’anno”, di cui ho curato la colonna sonora, di Michele Di Salle e Luca Papaleo: mi fu chiesto di essere, con la mia voce, l’Isola di Salina. Così è stato. Una colonna sonora minimalista. Molta voce sola. Poi il giro del mondo per i Festival più importanti del Documentario. Nicchia. Sempre meravigliosa nicchia …

Lucina Lanzara - foto di Giuseppe Sinatra


A proposito di nicchia, c'è un artista di nicchia uomo o donna con cui vorresti collaborare ed unire la tua creatività, la tua voglia di sperimentare cose nuove?

Patrizia Laquidara, Max Manfredi, il compositore violoncellista Giovanni Sollima.

Tornando al tuo disco credi che in qualche modo il fatto che sia un lavoro puramente strumentale possa in qualche modo aprire le porte ad un ascolto oltre i confini nazionali? È vero che risuona di Mediterraneo ma è pur vero che la musica di qualità quella capace di emozionare supera ogni barriera, no?

Oh! Grazie! Si! Lo penso, lo vivo così. Non sono arrivata a pubblicare i testi nel Booklet in inglese ma on line lo è già. Alla presentazione del disco a Palermo ho avuto contatti con Roma Milano Genova con la traduzione estemporanea in inglese. Ho avviato una serie di contatti con l’estero ma non posso sbilanciarmi ancora. 

Nel citare tre artisti con i quali gradiresti collaborare hai fatto nomi molto interessanti, chissà che da ciò non possa nascere davvero un qualcosa di nuovo. Quando un artista pubblica un disco è come se mettesse la parola fine, il sigillo definitivo ad un proprio progetto e comincia a guardare oltre. Hai già in cantiere qualcosa di nuovo, nel caso si può già parlarne?

Esatto!!! Dovrei registrare tre lavori teatrali di cui esistono i DVD live, sono oratori moderni sperimentali: “Dies Natalis”, “Canto della Santuzza”, “Canta San Mercurio”. Dovrei finire il libro sulle “Voci Vicine” ma soprattutto registrare e pubblicare il nuovo disco da cantautrice! Già ho le canzoni! Mi manca il tempo!