lunedì, marzo 21, 2016

Folco Orselli, outsider da sempre, con “Outside is my side” lo è per scelta

di Fabio Antonelli


Folco Orselli
A distanza di quattro anni da “Generi di conforto” (Muso Records/Venus - 2011), Folco Orselli cantautore milanese che iniziò a calcare le scene musicali come componente del duo Caligola, partecipando a Sanremo Giovani nel lontano 1995, è appena tornato con un nuovo affascinante album dal titolo “Outside is my side”, il quinto della sua carriera, ormai sempre più consapevole di essere outsider, indipendente, estraneo, cane sciolto, ma per questo ancor più libero.

La copertina del tuo nuovo disco mostra una porta dischiusa e, sotto questa porta, il titolo "Outside is my side". Perché hai scelto questo disegno e questo titolo in inglese?

E’ una porta che si apre verso l’esterno ed è un invito all’”outsiding”, all’uscire dalle convenzioni, al proclamare la propria indipendenza intellettuale intesa come rifiuto al pecorame del pensiero unico ribassato; un invito al piacere che si prova nel sentirsi investiti della responsabilità di fare ognuno qualcosa per migliorare noi stessi e l’aia in cui viviamo; il rifiuto del modello imperante riaffermando la propria indipendenza, sapendo che dagli “insider” non possiamo aspettarci quasi nulla. Chi sono gli insider? Tutti quelli che hanno costruito e imposto lo sbilanciato ossimoro in cui viviamo, sbilanciato sul fattore negativo. Il titolo “Outside is my side” è anche un omaggio a Woody Guthrie e alla sua "This land is your land”, land intesa come terra fisica e mentale per me.

Il disco si apre con "Legato a un palo della luce", una canzone che musicalmente si stacca molto dalle sonorità del tuo precedente disco, quasi volessi spiazzare l’ascoltatore ...  in realtà la canzone si muove quasi su due piani, diversi e contrastanti fra loro un po' come il rapporto che ti unisce e ti divide dalla tua Milano, o sbaglio?

Il titolo esatto è "Legato a un palo della luce / Gattorotto ouverture" e, come suggerisce, è una commistione tra due cose. E’ un cortometraggio in musica. Avevo questi due pezzi nel cassetto da un po’ e, come succede nei cassetti, si sono mischiati, imbastarditi dal tempo e dalle altre cose abbandonate con loro in un luogo chiuso e piccolo. L’ho aperto e li ho raccolti smunti ma ancora vivi. Li ho portati a casa di Enzo Messina, il co-produttore artistico insieme a me del lavoro, il mio pard musicale. Li abbiamo massaggiati per bene per ridargli tonicità e forma. Certo, non mi aspettavo che qualche giorno dopo mi proponesse quest’arrangiamento in 7 della prima parte, ne avevo un’idea diversa. Mi ha spiazzato. Per circa … 40 secondi! Poi ho capito che aveva colto nel segno e aveva ridato “pellicola” al pezzo. Da li abbiamo proceduto alla “visione" della parte centrale che in realtà avrebbe dovuto avere lo stesso passo dell’inizio. Con la sua chitarra acustica nel suo studio, in cui abbiamo lavorato alla pre-produzione di tutto l’album, mi è venuto in mente di cambiare totalmente atmosfera e accordi e di portare il pezzo a un’atmosfera più “Floydiana”. Enzo ha raccolto immediatamente e con la sua faccia illuminata si è buttato a capofitto nell’arrangiamento del mood, è venuta fuori “Sbarra”, la sbarra che c’è tra i due titoli. “Gatto rotto” era già previsto che fosse il secondo pezzo unito al primo, non ci aspettavamo diventasse il terzo del primo, infatti, la canzone ha tre atmosfere completamente diverse. E’ una marcia semi-trionfale che porta al riscatto dopo l’analisi amara. La strada è nera ma i gatti sanno come vederci, ne usciranno vivi dormendo sereni in mattinata. Menzione speciale per Matteo Agosti, il sound engineer (o ingegnere del suono che è più nostro) che ha lottato come un leone su questo flusso prog, dandogli un’unità sonora davvero eccellente. Milano è madre, ma non mi da pace e non mi lava.

Il disco prosegue con "Una vecchia storia d'amore (di noi)". Si ritorna a sonorità più familiari e il brano sembra essere quasi il sequel di "L'amore ci sorprende" ma qui il verbo è al passato, "L'amore ci ha sorpresi in pieno con le sue illusioni", è quello stesso amore ma ormai finito? Splendido poi l'Hammond che la introduce e la conduce per mano ...

L’amore ci sorprende (cd “La spina”) è una canzone di attesa, la condizione in cui ci si trova tra una storia e un’altra, quando dopo esserti leccato le ferite ti senti pronto a infliggertene delle altre pur di vivere la fase dell’incanto."Una vecchia storia d’amore" può essere quello che era successo prima o quello che potrebbe succedere dopo. Dove va chi se ne va? E cosa lascia? Il pezzo non lo dice. Il prezzo è l’onestà di capire che mollare a volte è meglio che trattenere. Le cose rotte hanno un fascino solo se non si hanno semi in tasca da piantare nel futuro. E’ un blues. Abbiamo pensato a "Mad dog & Englishmen", è un omaggio al sound del primo Joe Cocker, al quale va tutta la mia riconoscenza e quella di Enzo che, su questi mood, ci sguazza d’Hammond e di piano come se fossero prolungamenti del sistema nervoso.

Folco Orselli
Si può dire che in questo disco prevalga l'ambientazione notturna? Quella in cui esce anche il lato più oscuro e incontrollabile del comportamento umano? Sto pensando a due canzoni come "Il lupo" e "Hooligan", mi parli di loro, della loro genesi?

Non so, sicuramente è il disco più dark che abbia fatto. Ci sono gli aspetti più intimi della mia vita e scavando ho scoperto di avere un’anima controversa e a tratti scura, nonostante mi senta una persona solare e positiva. Per quanto riguarda “Il lupo” ho scritto questo blues dopo aver letto dell’uccisione di alcune pecore fatta dai lupi in Garfagnana l’anno scorso. Si è alzato un coro di allevatori che chiedevano a gran voce di uccidere tutto il branco famelico e mi sono detto che, se un lupo non può più attaccare qualche pecora per fame, pena lo sterminio, forse dovremmo chiederci cosa stiamo distruggendo noi per “sete” di potere e quale punizione meriteremmo. Ho dato parola al lupo che racconta il suo punto di vista scimmiottando i peggiori lati umani, un lupo che vuole essere come un uomo e somma le negatività delle due nature, antropomorfico come pezzo. “Hooligan” è Il pezzo più violento del disco. Una di quelle notti che sembrano tre insieme (e ce ne sono state) in cui non saprai mai cosa è successo, nessuno avrà il coraggio di dirtelo e ti svegli con un maiale nella testa … parlante. Pare che una parrucchiera abbia finito tutti i tuoi soldi, la Bestia si sia rivelata, qualcuno voleva uccidere il tuo nome e tutto è un fischio insopportabile nelle orecchie. L’unica cosa che ti ricordi è un sudamericano sudato che ti raccoglieva e ti metteva su un taxi guidato da un tizio che somigliava a Predator.

Se "Holigan" è la canzone più dura di questo album, credo che "Piove" sia la più intimista e struggente, sostenuta splendidamente dal flicorno di Daniele Moretto. Sembra nascere da un vecchio disco che gira su un grammofono e poi, piano piano, si dispieghi lenta e sinuosa, com'è nata?

“Piove” è il pezzo forse più fragile del disco, una canzone cui sono particolarmente affezionato perché mi riporta a una crisi molto profonda vissuta qualche anno fa, in cui la solitudine mi stava per schiacciare e che ora, finalmente, riesco a pubblicare. Ho utilizzato degli schemi mentali per parlarne, immagini e suoni. La pioggia che apre era necessaria perché mi rimanda a ore buie e solitarie per strada, con lo sguardo perso in un vuoto che non mi dava sollievo, con un ombrello, gli ombrelli sono uno dei modi migliori per avvicinare il suono della pioggia. Poi c'è un uomo che scappa da se stesso ma, arrivato da qualche parte lontano da casa, ha bisogno di telefonare da una cabina per parlare con nessuno, in quella casa che ha lasciato, a una segreteria telefonica a cassetta, sapendo che la sua voce risuonerà in una stanza in cui è stato felice. Bellissimo il piano di Enzo, le spazzole di Diego Corradin, il contrabbasso di Piero Orsini e, naturalmente, la “voce” di Daniele Moretto, che fa da contraltare alla mia. Apre con un quartetto da camera … vuota.

Forse la solitudine e la disperazione di “Piove” sono le stesse del protagonista di "Quello che canta onliù", lo splendido omaggio che hai voluto fare a un milanese doc come Enzo Jannacci. Come la sua musica è entrata a far parte della tua vita? Credi che in qualche maniera abbia potuto influenzare il tuo modo di scrivere canzoni?

Quando ero ragazzino, mio padre mi portava la domenica a fare delle gite fuori Milano. Quelle domeniche che partono presto, passano pigre e sonnolenti, statiche; tra campagna stinta e osterie, pesca sportiva e zucchero filato. In macchina una musicassetta. Rossa. Fissa: “Ci vuole orecchio” di Enzo Jannacci. Il ritorno era il momento in cui l’assaporavo di più. Cotto e semi addormentato sul sedile dietro, vivevo come un film tutte quelle parole, meravigliose, vere e surreali nello stesso tempo. Non capivo, ero giovane … ma capivo. “Quello che canta onliù” era tutta la malinconia che percepivo esistesse, ma non potevo ancora tastare realmente. La solitudine di un commesso viaggiatore? Il tarlo roditore del senso di colpa? L’amore che crolla e tu che ti affanni a tamponare le falle con la sabbia? Amo non averla ancora capita. Jannacci è uno stregone. Mi ha insegnato l’arte della “visione” in senso psichedelico. I suoi testi sono cangianti, dipenda da come li guardi, come li ascolti, chi sei, chi sei stato. Purtroppo l’ho incontrato una volta sola al teatro Dal Verme per una beneficenza, stavo provando il pezzo che avrei cantato in serata “La ballata del Paolone”, che potrebbe essere una deriva di “El purtava i scarp del tennis”, se non fosse una storia vera; lui era seduto in quarta o quinta fila con un suo collaboratore, il teatro vuoto. Finita la mia prova, vedo che si alza, fa per andarsene, torna indietro e dice al suo collaboratore: ” Ma chi è quello li?”, indicando me e, senza aspettare risposta, se ne va. Fantastico.

Una canzone quasi magica, con quella sua delicatissima intro del pianoforte è "Artisti di strada", dove "ogni ragazza anche se non sarà bella avrà un fiore fatto apposta per lei". Quanto ti senti artista di strada con le tue canzoni?

Gli artisti di strada, insieme ai pittori, sono i miei eroi. Sin da piccolo sono attratto da qualunque forma d’arte per la strada: madonnari, mimi, giocolieri, cantastorie, musicisti. Mi hanno sempre dato un senso di protezione, come la se la strada ti garantisse la carezza materna perduta. Forse è un punto d’arrivo a differenza di quello che si pensa. C’è un carillon che aleggia su tutto il pezzo, è la “pura parte da non fare mai da parte”, come cantavo in una canzone di un po’ di tempo fa (“Paladino” – cd “La Spina”). L'arrangiamento di Enzo, qui, diventa davvero la cifra del racconto, volevo una cosa alla Prokof'ev tipo “Pierino e il lupo”, con tutti gli strumenti a descrivere la storia da protagonisti narranti e così è stato, grazie alla sua magnifica sensibilità.

Se sei d'accordo, vorrei abbandonare il disco, lasciando ai lettori il gusto di scoprire il resto, Chiuderei affrontando la dimensione live, quella che credo tu ami maggiormente. So che ti stai attualmente dividendo tra teatro e concerti, racconti cosa stai realizzando e cosa hai in mente per il futuro? Ci sarà anche un seguito di "Scuola milanese”?

Si, come sempre sono in tour continuo, mi divido tra quello che c’è da fare, suonando ovunque: teatri, club, case. Dove c’è un pubblico e dove mi pagano, io vado. Questi sono tempi in cui bisogna risaltare sui treni con la chitarra e andare in giro a raccontare storie. L’aspetto più interessante di questo crollo del mercato discografico è che ci ha costretto a rimetterci tutti (chi lo sa fare) sulla strada. Ho appena finito il tour teatrale con Gino e Michele per i loro quarant’anni di spettacolo per i quali ho composto le musiche e sono alla ricerca di date per me. Ho lanciato da qualche tempo il Facebooking tour (cioè se mi vuoi nel tuo locale, scrivimi e ci mettiamo d’accordo), che sta funzionando molto bene. Le agenzie non si rendono conto che devono fare un passo indietro e lavorare anche con artisti come me, che non fanno (per ora) il grande pubblico, ma che ovunque vanno buttano le basi per un ritorno. Così facendo mi sto creando un ottimo giro in tutta Italia. Per il futuro ho un po’ d’idee, starò a New Orleans per tre mesi a scrivere il mio prossimo disco tra febbraio e aprile del prossimo anno, voglio andare alla radice del sincretico blues di quelle parti, incontrare e suonare con musicisti del luogo e registrare lì, per catturare quel suono. Il disco credo che s’intitolerà “BLUES IN MI”, dove MI sta per la tonalità del blues più utilizzata, la sigla della targa di Milano, il suono del pronome ME in inglese, ma anche in dialetto milanese. La Scuola Milanese si sta rianimando, a breve metteremo a disposizione, tramite un canale Youtube, le 60 ore di girato che abbiamo realizzato durante le due stagioni alla Salumeria della Musica, montate per bene; poi da ottobre molto probabilmente ripartiremo con un progetto radiofonico.





martedì, marzo 15, 2016

E improvvisamente … ecco Giua portarci una ventata di buona musica

di Fabio Antonelli

Giua


Maria Pierantoni Giua, in arte semplicemente Giua, è una cantautrice ligure nata si può dire con la chitarra in mano, perché ancora bambina è avviata dai suoi genitori alla musica e ben presto diverrà allieva del chitarrista Armando Corsi e dell'insegnante di canto Anna Sini. Dopo aver vinto alcuni importanti premi musicali tra cui Sanremo Lab, Castrocaro, Lunezia e due album all’attivo (Giua 2007 e TrE 2012), si propone ora al pubblico con “E improvvisamente” (uscito il 26 gennaio 2016), un progetto musicale nato da una collaborazione con Stefano Cabrera, violoncellista e arrangiatore degli Gnu Quartet.

E improvvisamente, a voler giocare con il titolo del tuo nuovo progetto discografico, si potrebbe dire che è arrivato questo tuo terzo disco, dopo quello d’esordio "Giua" e "TrE", scritto in coppia con il grande Armando Corsi. La copertina del disco ti coglie con il viso fotografato di profilo, da cui emerge comunque un bel sorriso. E' un sorriso che nasce dalla soddisfazione di aver realizzato, con "E improvvisamente", tutto quello che ti eri prefissata?

E' il sorriso di chi guarda con gusto e fiducia alle tante cose che mi sono capitate in questi anni, belle, difficili, inaspettate e al futuro, con speranza e voglia di costruire. “E improvvisamente” è una frase da completare, sapendo cogliere per la propria vita il lato positivo di quello che accade, anche quando non siamo pronti o non sarebbe quello che vorremmo.

"E improvvisamente" è anche il titolo della canzone che ha anticipato l'uscita del disco, in cui canti insieme a Zibba, una delle voci più calde e affascinanti che ci siano in Italia. Com’è nata questa canzone? È stata da subito pensata per questo magnifico duetto?

Conosco Zibba da tempo e la sua voce mi ha sempre emozionata, portata lontano. Quando ho scritto questa canzone, ho subito pensato a lui, a quello che avrebbe aggiunto, alla forza che gli avrebbe dato e Zibba mi ha fatto davvero un regalo dicendomi di sì!

Zibba, però, non è l'unico ospite del disco. In "Scivola sud", il cui testo è una poesia di Pier Mario Giovannone, troviamo un'altra splendida voce a giocare con te, quella di Pilar. E’ un vero piacere sentirvi evocare questa calda atmosfera, cui contribuisce anche l'inconfondibile chitarra di Armando Corsi. Anche quella con Pilar è una collaborazione partita da lontano? Ci sono altre voci femminili o maschili con cui in futuro vorresti magari collaborare?

Anche la collaborazione con Pilar nasce da un'amicizia e dal fatto che la sua voce, il suo lirismo, la sua sensualità e la sua ironia, mi sembravano perfette per questa poesia in musica rotolante di Sud, miraggi e Ruchè. Sono molto fortunata ad avere amici così! Una voce femminile che da sempre amo è di Ornella Vanoni, di un disco in particolare, 'Argilla' prodotto da Beppe Quirici e Paolo Fresu, ho sempre sognato di poter cantare con lei. Una voce maschile, invece, è quella di Caetano Veloso, una voce che definirei 'oltre', oltre il tempo oltre il sesso oltre la parola; una voce strumento, suono, una voce che mi piace tantissimo. Si può sognare, desiderare, giusto?

Assolutamente si, anzi credo che sia giusto il desiderio di vedere nel futuro realizzati i propri desideri, a muovere ad esempio le donne protagoniste di "Da lontano" e anche coloro di cui parli in "Tutti vanno via dall'Italia". Due canzoni musicalmente diversissime fra loro ma forse con un comune destino?

Un destino molto diverso in realtà. "Tutti vanno via dall'Italia" parla della così detta "fuga dei cervelli" e di una riflessione che ho fatto e sto facendo sull'opportunità di rimanere in Italia e costruire nuove possibilità per un presente e futuro migliore per tutti. E' anche un invito a unire in questo senso le forze (non è semplice sintetizzare su un argomento così complesso...). "Da lontano” è una canzone che nasce dopo aver conosciuto alcune donne che speravano che venire in Italia fosse l'occasione che cercavano e così non è stato. E' una canzone sulla speranza e sull'amarezza ed è anche una preghiera, affinché certi destini trovino protezione, giustizia, aiuto.

Con destino comune, in realtà, intendevo la risoluzione forzata di abbandonare la propria patria, ma hai fatto bene a sottolineare i diversi intenti delle due canzoni. In questo tuo nuovo progetto c'è, però spazio anche per l'ironia, mi riferisco ad esempio a "Disamore infinito / #taggo voluto bene", canzone che prende il via con toni melodrammatici a descrivere la fine di un amore, per poi ... ma lascio raccontare a te.

...per poi arrivare a scoprire che non ci si può più lasciare come un tempo, perché qualcuno ha inventato i social e quindi non è più così facile tagliare i ponti con l'altro, perdersi di vista, dimenticarsi ... È una canzone ironica nata dalla lettura di un articolo di giornale in cui si parlava appunto di come l'avvento di Facebook, Twitter, ecc., abbia modificato i rapporti tra le persone, le modalità, i tempi. Forse però bisognerebbe riappropriarsi di una realtà un po' meno virtuale.

Lo credo anch'io, la vita reale è un'altra, quella magari anche difficile da affrontare, in cui ci sono padri che "ti mettono nomi / per tutta la vita / ti mettono i piedi / ti fanno la strada / e ti tolgono nomi / per tutta la vita / ti tagliano l'aria", come canti in "L''albero di manghi", una di quelle canzoni in cui gli arrangiamenti di Stefano Cabrera più ti hanno allontanata dai suoni latini cui eri abituata, ma è un bel sentire. Perché hai voluto aprire il disco proprio con questa canzone e com’è stato collaborare con Stefano?

Potrei definire 'L'albero di manghi' una specie di manifesto, del mio modo di scrivere, pensare, vivere e desiderare che una canzone, sia ponte tra me e qualcun altro. Mi sembrava un bel modo di cominciare, anche per la veste sonora che con Stefano abbiamo scelto di dargli e che, come tu stesso dici, prende una strada diversa dal mio disco precedente. Lavorare con Stefano è stato bello, arricchente, facile, mi ha permesso di trovare cose inaspettate, di imparare ed essere libera di cercare cose nuove, mi ha permesso di realizzare idee che avevo e non ero in grado di sviluppare da sola. Sono davvero felice di quello che è venuto fuori da questa collaborazione!

Giua


Un'altra canzone che a me piace molto è "Fragole e vento", l'ultima però di cui vorrei parlare anche per lasciare a chi legge la curiosità di cercare e conoscere il resto del disco. E’ una canzone dove la musica emerge come assoluta protagonista della tua vita, riporto solo un'immagine "la musica aggiunge lo zucchero e il sale". Quanto è importante per te la musica e, oggi come oggi, credi sia ancora possibile vivere di musica?

La musica mi accompagna da sempre. C'è anche quando non suono, canto o scrivo, perché è un modo di pensare, di vivere. Trasformarla poi in un lavoro ha fatto sì che fosse tutto più complesso, ma anche più bello e ogni giorno è buono per crescere, inventare cose nuove e nuovi modi di realizzarle. In generale viviamo un momento in cui è un lusso avere un lavoro, figuriamoci fare la musicista, ma con tenacia, passione e tante idee ci si può ancora riuscire. Lo spero e lo auguro a me e a tutte le persone che fanno questo da sempre.

Ho visto che il tuo disco è entrato, a buon diritto, tra i dischi consigliati nel sito della trasmissione televisiva “Che tempo che fa”, una bella notizia sicuramente non credi? Immagino poi che stia anche allestendo un tour di presentazione, hai già qualche data da segnalare? Concluderei cosi, se dovessi pubblicizzare il tuo progetto discografico che parole useresti?

Sono molto felice di questa segnalazione, è una bella soddisfazione. Certo, sarei ancora più felice se Fazio m’invitasse a cantare una canzone dal vivo nel suo programma, chissà, magari prima o poi! Con Egea stiamo ancora definendo le date del nuovo tour, per cui non posso darvi anticipazioni, ma le vedrete presto sul mio sito www.giua.it e sui social (prima data 17 marzo Teatro dell’Archivolto - Genova). Se dovessi pubblicizzare il mio progetto discografico, direi 'e improvvisamente, un disco e un concerto che ha voglia di andare lontano con chi ha voglia di andare lontano e di avvicinarsi alle cose che sembrano piccole per scoprire che sono molto di più di quello che potevamo immaginare'.

Copertina CD "e improvvisamente"


Sito ufficiale di Giua: http://www.giua.it/
Pagina personale di Giua su Facebook: http://www.facebook.com/maria.giua/
Canale di Giua su Youtube: http://www.youtube.com/user/mariagiua



sabato, marzo 05, 2016

Quando la poesia incontra la musica, a volte, è magia!



di Fabio Antonelli

Patrizia Cirulli - Foto di Ottavio Tonti

Patrizia Cirulli, cantautrice milanese dotata di una voce tanto particolare quanto affascinante, ha appena dato vita a un nuovo progetto discografico dal titolo “Mille Baci”. Un disco particolare, in cui sono grandi nomi della poesia italiana e internazionale a firmare i testi delle canzoni, nel senso che alcune poesie accuratamente scelte da Patrizia, sono diventate vere e proprie canzoni, il tutto con la collaborazione di grandi musicisti e la produzione artistica curata da Lele Battista.

La copertina del disco è una splendida fotografia che ti riprende mentre sei letteralmente baciata dal sole e, seppure a occhi chiusi, sorridente. A me piace molto questa immagine, perché credo rifletta pienamente il contenuto del disco? Sei d'accordo? Racconta poi la scelta del titolo "Mille baci".

È vero, è un'immagine che emana una sorta di "calore", è stata fatta a Milano al tramonto e si, riflette un po' il contenuto del disco. "Mille baci" si riferisce al famoso testo di Catullo, che è presente nel disco in forma canzone. Ho voluto poi chiamare così anche il disco perché i testi dei brani del disco sono poesie di grandi poeti e le loro parole sono come carezze, come baci che ci donano.

Il disco, come hai accennato tu, è un disco diverso, almeno nella genesi, nel senso che sei partita dai testi, tutte poesie più o meno note ma di poeti molto conosciuti, che tu hai musicato e quindi cantato. Com'è nata questa idea e com’è stata questa esperienza?

È nata nel 2010, dopo aver vinto il Premio Lunezia per aver musicato "Forse il cuore" di Salvatore Quasimodo, la mia prima poesia in musica. È successo qualcosa di molto bello, non me lo aspettavo. Solitamente, come cantautrice, partivo sempre dalla composizione della musica per poi arrivare al testo. Qui succede il contrario, si parte dal testo e si arriva alla musica, ma il testo ha già dentro di sé una musicalità. Mi sono appassionata molto a questa nuova modalità (che fra l'altro ho scoperto essere molto naturale per me) e così sono andata avanti scegliendo testi di altri poeti.

Nell'ascoltare la prima volta il tuo disco ho come avuto l'impressione che questi testi poetici, in molti casi a me sconosciuti, fossero stati da sempre delle canzoni, nati con quelle musiche e con quelle sonorità. C’è un desiderio di cantare, di liberare la voce, di lasciar suonare questi testi che è incredibile, è un'impressione che condividi?

Assolutamente si!!! La sensazione è proprio quella. Infatti, per me ormai sono "canzoni".  La mia intenzione è stata proprio questa, trasformare testi poetici in canzoni. Pensa che alcuni testi ho iniziato a canticchiarli così, in modo naturale, la musica prendeva forma in modo spontaneo. Infatti, non sento una “divisione” fra il testo e la musica, si fondono l'uno nell'altra. E' molto bello quello che dici “... ho come l'impressione che fossero stati da sempre delle canzoni”. E' proprio così, la sensazione è quella.  Non ho scelto testi molto famosi, solo un paio sono molto conosciuti. Sono canzoni a tutti gli effetti, si canticchiano, possono piacere o meno, e il valore aggiunto è che gli "autori" dei testi sono grandi poeti.

Nell'affrontare i testi di poeti stranieri come Oscar Wilde, Federico Garcia Lorca, Charles Baudelaire, Frida Kahlo e Fernando Pessoa hai, secondo me giustamente, optato per l'utilizzo del testo in lingua originale. E’ stato molto difficile affrontare questi testi?

Ho voluto cantarli in lingua originale per rispetto verso l'opera e gli autori. Il senso autentico delle parole scritte dell'autore si trova lì. Mi sono avvicinata con rispetto e curiosità. Mi sono fatta aiutare per la pronuncia da persone madrelingua, su alcune cose ho fatto più fatica rispetto ad altre. Alcune forme di pronuncia non sono molto semplici, ma alla fine è andata bene. Alla fine del disco, ho comunque aggiunto i brani con i testi di Oscar Wilde e Frida Kahlo cantati in italiano.

Ecco, hai citato Frida Kahlo, credo tu abbia fatto molto bene ad aggiungere come bonus track la canzone "Poema para Diego Rivera" cantata in italiano, perché questa poesia che tu hai musicato è per me una delle più belle e toccanti tra le canzoni di questo disco. L’uso dell’italiano, questa versione, aiuta ad apprezzarne maggiormente la bellezza. Perché però Frida Kahlo è perché questo poema?

Anche qui sono d'accordo con te. È uno dei testi più belli e toccanti. Frida Kahlo è nel mio cuore da sempre. Non avrei mai immaginato di poter musicare un suo scritto. Poi per una serie di circostanze, sono andata a rivedere dei libri che avevo in casa da tempo e ho ritrovato questo testo. È nata subito la canzone. Il testo è dedicato a Diego Rivera, suo marito, e parla del grande amore che aveva per lui. Non solo, fa un elenco di tutto ciò che Diego era per lei e di quanto Diego facesse parte di lei. Conoscendo la sua storia e la loro storia, ho pianto molto mentre musicavo il testo. E ho pianto mentre la riascoltavo ... a volte anche mentre la cantavo. Ho ritenuto opportuno per questo mettere anche la versione in italiano.

Allora mi consolo, non sono l'unico a piangere ascoltando una canzone che tocchi le corde dell'anima ... A proposito di corde, in questo brano, come anche in "Deseo", "Primavera" e "Mille baci" troviamo alla chitarra Massimo Germini. La sua, però, non è l'unica collaborazione musicale di rilievo vero?

È vero, hanno suonato tanti grandi musicisti. Andrea Di Cesare, Tony Canto, Luigi Schiavone, Fausto Mesolella, Davide Ferrario. In "Mille baci" canta con me Giancarlo Cattaneo, speaker di Radio Capital e grande anima poetica, che apre anche il disco con due frasi di Oscar Wilde e recita nella traccia n.6 il testo in italiano di Baudelaire, prima del brano cantato da me in francese. In "Deseo", invece, canta con me l'attore spagnolo Sergio Muniz.

Patrizia Cirulli - Foto di Renzo Chiesa

A "Deseo", poesia di Federico Garcia Lorca, hai regalato una veste musicale molto latina e, come hai appena detto, hai duettato con Sergio Muniz, com'è nata questa collaborazione da cui è nato anche un bel video?

L'arrangiamento del brano è stato curato da Lele Battista, così come il resto del disco. Sentivo la necessità di avere una voce maschile nel brano “Deseo”, volevo la voce di un attore ed essendo il brano in lingua spagnola, pensavo quindi a un attore spagnolo. Parlando con un amico di questa mia intenzione, ci sono venuti in mente dei nomi e Sergio era il più indicato, in quanto è un grande appassionato di musica, suona e canta. L'ho contattato, gli è piaciuto molto il brano e l'idea della poesia in musica e così è nata questa collaborazione. Abbiamo poi girato il relativo video con la regia di Lorenzo Vignolo ed è stato un momento molto bello ... c'era "poesia" nell'aria ... e il mare della Liguria ha creato una bellissima cornice.

Facciamo un salto spazio-temporale. Nel disco, tra le varie chicche letterarie da te raccolte, trova spazio anche un testo di Eduardo De Filippo. E’ stata una scoperta casuale o era un frammento che già conoscevi prima di realizzare questo disco? Rispetto alla citata "Deseo", si cambia totalmente luogo, lingua e registro musicale, è indubbiamente un disco dai molteplici volti?

Si, è un disco che contiene molti mondi musicali. Questo rispecchia comunque il mio essere, mi piace comporre in questo modo, ogni brano ha una sua storia e un suo colore. Il testo di Eduardo non lo conoscevo, ho fatto una ricerca perché volevo cantare anche un suo testo, ma ne cercavo uno in italiano.  Alla fine è successo qualcosa di magico che mi ha portato a "Quanno parlo cu te" e una sera, un venerdì sera, lo ricordo ancora con emozione perché davvero è successo qualcosa di magico per me, è nata la canzone.  È stato poi per me un grande onore e una gioia immensa avere il permesso, l'approvazione e i complimenti da parte di Luca De Filippo per il brano realizzato.

Pur presentando sonorità molto varie, credo che il disco sia in fondo "trasportabile" durante i lives anche in una versione snella, voce chitarra o poco più, mantenendo comunque la propria integrità, non credi? Hai in allestimento un tour?

Si, è così! I brani sono assolutamente fruibili in versione acustica, anche voce e chitarra, che è poi il modo in cui nascono, al di là degli arrangiamenti realizzati in studio.  Stiamo organizzando serate e concerti, da fine marzo si comincia.

Un'ultima curiosità. Visto che il disco è in termini musicali molto generoso, ben 16 tracce e 2 bonus tracks, c'è un brano cui più di tutti sei affezionata?

Più di uno!!! Frida Kahlo ed Eduardo come ti dicevo. Ma anche "Stringiti a me" di D'Annunzio.

Hai introdotto il nome di D'annunzio, ma allora direi che possiamo citare anche Trilussa, Umberto Saba, Alda Merini. In questo tuo nuovo progetto c'è un ricco mondo poetico-musicale, in attesa di essere ascoltato dagli amanti della musica di qualità. Credo che la tua voce particolare, quanto affascinante, meriti di essere ascoltata.

Grazie! In effetti li avrei citati tutti i poeti, amo ogni brano del disco e tutti questi poeti straordinari.

Copertina cd "Mille baci"
 Video canzone “Deseo”




Video canzone “Mille baci”: http://youtu.be/jmimRHOm5E0

Sito personale di Patrizia Cirulli: http://www.patriziacirulli.com/
Pagina personale su Facebook di Patrizia Cirulli: http://www.facebook.com/patrizia.cirulli.3
Pagina pubblica su Facebook di Patrizia Curulli: http://www.facebook.com/patrizia-cirulli-61967007544/?fref=ts