lunedì, marzo 24, 2014

Finardi torna a fare Finardi in un disco davvero fibrillante



di Fabio Antonelli

Negli ultimi anni ci siamo abituati a vedere un Finardi dalle molteplici sfaccettature, sempre curioso di provare e sperimentare situazioni diverse. L’abbiamo così visto affrontare il blues in “Anima blues”, il fado in un album d’indubbio fascino come “Il silenzio e lo spirito”, le liriche del poeta russo Vladimir Vysotsky in “Il cantante al microfono”. Ora è tornato sulle scene con “Fibrillante”, un nuovo album di sue canzoni inedite, scritte in italiano. Ecco cosa ci racconta in proposito.



Sono passati un po’ di anni dal tuo ultimo disco d’inediti che, se non erro, è “Accadueo”.

Si, diciamo d’inediti in italiano, perché “Anima blues” in realtà era un disco di canzoni inedite, sebbene in inglese e di altro genere.

Esatto. Diciamo però che, dopo quella parentesi blues, il disco "Il silenzio e lo spirito" dedicato al fado e “Il cantante al microfono” che ti vedeva in veste d’interprete di canzoni del poeta russo Vladimir Vysotsky, disco che ti è valso anche una Targa Tenco, sei tornato a realizzare un disco di canzoni tue e scritte in italiano. Come mai questo ritorno, anche come sonorità, alle origini?

E' venuto naturale, a un certo punto sono cominciate a nascere le canzoni, ho sentito l’esigenza di commentare questo periodo storico terribile che stiamo attraversando, poi la scelta delle sonorità in parte era già insita nelle canzoni, in parte è dovuta al fatto che i due produttori, cioè Max Casacci chitarrista e produttore dei Subsonica e Giovanni “Giuvazza” Maggiore il mio chitarrista, hanno deciso che sarei tornato a fare Finardi, volevano sentire Finardi come lo avevano in mente loro, il Finardi degli inizi, quelli della Cramps.

Un Finardi che in questo disco mette in pieno la sua faccia, sin dalla copertina che ritrae il tuo volto in un’immagine un po’ caleidoscopica.

Si, è una faccia che sta esplodendo, ma direi che è così. Un’immagine che ha creato lo Studio Convertino & Designers e che, secondo me, è molto adatta a sottolineare i contenuti di questo disco.

Detto della copertina, passiamo al titolo del disco “Fibrillante”, che poi è anche il titolo della canzone forse più personale della track-list, no?

Si, fibrillante, è una condizione medica, è una condizione cardiaca ed io, l’anno scorso, ho sofferto di fibrillazione atriale. Fibrillante, però, è anche una delle parole più usate per descrivere questo momento storico, in ogni telegiornale si sente sempre che qualcuno è in fibrillazione, la politica, la Russia, l’Ucraina, la UE, è una condizione generalizzata. Tornando alla sfera personale è successo che un giorno, recandomi dal cardiologo per un controllo, ho visto la mia cartella clinica e sulla copertina di cartone c’era scritto “Eugenio Finardi Fibrillante” e mi sono subito detto, questo è il titolo del disco.

Sei riuscito quindi a trovare ispirazione da un episodio negativo della tua vita.

Si, perché poi, per fortuna, dalla situazione di fibrillazione atriale si esce con una semplice scossa elettrica, non ti devono né tagliare né operare, devono applicare solo questa piccola procedura non invasiva, per cui ti addormenti che sei malato e ti svegli che sei guarito, una cosa molto bella.

Foto Chiara Mirelli
Beh, è forse più facile guarire da una situazione di fibrillazione atriale che non guarire il nostro paese, come si evince anche dalle tracce del disco.

Questo di sicuro. Temo che per il paese e in generale per il mondo, in questo momento storico ci voglia una cura ben più potente.

In proposito si può dire che “Fibrillante” è un disco che guarda molto alla situazione politica attuale o, meglio, al sociale.

Si, più che politico direi appunto che è un disco sociale, che guarda, che fotografa attraverso alcune storie, alcune istantanee una realtà che, purtroppo, è di molte persone in questo triste momento storico.

In questi giorni ho ascoltato più volte il disco e penso che il brano forse più emblematico, in questo senso, sia “Cadere sognare”, uno dei pezzi più belli in assoluto.

Si, una canzone che anche dal vivo rende tantissimo, ci sono delle ovazioni quando la faccio …

E che ha un tema attualissimo …

Purtroppo si, il tema dei licenziamenti e della perdita del lavoro senza colpa, perché il protagonista della canzone non è licenziato perché non sa lavorare ma perché la finanza ha deciso che il suo lavoro non conta più.

In questo pezzo usi parole molto forti contro questo concetto di economia.

Si, purtroppo stiamo subendo questa subdola ideologia liberista che è poi la perversione dell’ideale liberale che, invece, è un ideale alto, che ci ha dato la libertà, la libertà di stampa, la democrazia, la modernità. Invece il liberismo ci sta togliendo tutto questo, in nome dell’idolatria del profitto, del denaro.

Anche se credo che “Cadere sognare” non sia una canzone totalmente pessimista.

Beh, insomma … è vero che, inizialmente, io avevo messo un finale molto più duro, direi quasi violento, poi mi hanno suggerito di ammorbidirlo un po’ …

Si forse ho colto proprio questo cercare di ammorbidire quella che è in fondo una tragedia.

Si, anche se in fondo si parla sempre di questo mettersi in riva al fiume ad aspettare che passi il cadavere del proprio nemico, in una situazione non esattamente morbida.

E’ comunque un Finardi molto combattivo quello che esce da questo disco, basta ascoltare in tal senso il brano “Come Savonarola”, no?

Io penso che in questo momento si debba smettere di subire e si debba, invece, reagire in maniera anche molto forte a quello che stiamo vivendo.

Accanto a questi temi sociali c’è, però, sempre una tua particolare attenzione verso l’universo femminile, sto pensando a due canzoni bellissime come “Lei s’illumina” e “Le donne piangono in macchina”.

Si, anche se io ne aggiungerei una terza che è “Fortefragile”. Diciamo che la speranza o, meglio, la consolazione per l’uomo resta sempre la famiglia e le donne sembrano, con il passare del tempo, diventare sempre più forti e più sicure. E' un po' come se con il crescere dell’età si passasse un po’ il testimone, prima sono gli uomini a essere il pilastro intorno al quale ruota la famiglia poi, a un certo punto, il testimone passa alle donne e gli uomini, che in questo periodo oltre alla perdita del lavoro stanno subendo anche una perdita di senso, di dignità, si devono appoggiare alle donne, che diventano l’ancora di salvezza di tutta la famiglia.

Hai citato appunto, oltre alle due canzoni che dicevo, “Fortefragile”, per la quale hai voluto coniare un neologismo, unendo questi due aggettivi normalmente in antitesi.

Si, in realtà non sono ossimori, non sono l’uno il contrario dell’altro, il vetro per esempio è sia forte sia fragile, la pietra è sia forte sia fragile se colpita nel punto giusto ed io credo che gli uomini siano proprio così, rispetto alle donne che sono più duttili, più elastiche. Gli uomini sono forti, ma se colpiti nel punto giusto cadono in mille pezzi e il fortefragile nasce dalla consapevolezza che, io senza mia moglie sarei finito, mentre lei, senza di me, probabilmente se la caverebbe benisissimo.

Un’altra storia di grandissima attualità cantata nel disco è “La storia di Franco”, com’è nata questa canzone? Si base su una storia reale?

Beh, fotografa una storia ahimè fin troppo comune, ma è nata proprio da un incontro reale fuori dal ristorante cinese dove ogni giovedì pranzo con Elettra, mia figlia maggiore. Un giorno uscendo da lì, ho incontrato un uomo che chiedeva l’elemosina, era seduto per terra e, quando gli sono passato vicino, mi ha chiamato “Eugenio Eugenio, non ti ricordi?”. L’ho guardato bene e così ho riconosciuto un uomo che, negli anni ’80, lavorava in una casa discografica, faceva le promozioni, era uno di quelli che portava in giro gli artisti stranieri quando venivano in Italia a far televisione e a promuovere il loro disco. Gli ho chiesto come stava, cosa fosse successo e lui mi ha raccontato che era stato lasciato dalla moglie, che da quel momento la sua vita si era disintegrata, che aveva poi perso il lavoro, ma la cosa che più mi ha colpito è stata quando mi ha detto “Sai non vedo più mia figlia da cinque anni”. Questa cosa mi ha toccato profondamente. Chiaramente la storia che canto non è la sua storia, ma quell’episodio è stato il punto di partenza per creare la storia di un padre che si trova a dover spiare da lontano propria figlia.

“Moderato” invece è invece un’accusa rivolta a chi, soprattutto politicamente, non prende mai una posizione?

No, la prendono anche una posizione, ma quelli che si definiscono moderati sono in realtà la rovina dei nostri tempi, incarnano un peccato capitale come l’accidia, sono quelli che avrebbero potuto fare, ma non hanno fatto e poi, in realtà, sono degli estremisti liberisti. Monti si definisce un moderato, Berlusconi stesso si definisce un moderato, ma non hanno fatto proprio nulla di moderato, anzi hanno portato alla rovina tantissime persone. Io poi, in generale, detesto la moderazione, la trovo la virtù dei vecchi. Io sono costretto, adesso, avendo avuto questa fibrillazione atriale, a essere moderato, posso bere solo un caffè al giorno, devo mangiare poco, bere poco, fare tutto poco …

E’ quasi una negazione del vivere?

Si, personalmente provo un forte disprezzo verso la moderazione. Gli artisti non sono mai moderati, nessun grande artista è mai stato un moderato. Non era moderato Mozart, non era moderato Caravaggio, né Picasso, né Bernstein, né Stravinsky, né Jimi Hendrix, tanto per citarne alcuni, nessuno di loro è mai stato moderato.

Si può dire che la moderazione vada di pari passo con la mediocrità?

Si, si può dire che è la virtù dei mediocri.

Per chiudere questo micro tour tra le tracce del disco, ci restano due brani, proprio quelli che aprono e chiudono questo nuovo lavoro. Partiamo dall’apripista “Aspettando”, un pezzo che ancora una volta sembra voler rilevare come, in una fase di eterna attesa che qualcosa possa realmente cambiare, siano sempre gli affetti a noi più cari le sole ancore di salvezza.

Si, ma è soprattutto il voler rimarcare questo senso di attesa tanto presente oggi. In realtà stiamo sempre aspettando che cambi qualcosa ma non cambia mai nulla. “Me ne vado”, invece, la canzone che chiude il disco è un omaggio alla Cramps, alla storica etichetta che pubblicò i miei primi album, l’etichetta degli Area, di Camerini, di Claudio Rocchi, di tanti personaggi, la prima vera etichetta alternativa italiana, che aveva una sua sonorità, un suo modo di dire le cose. “Me ne vado” è quasi una micro conferenza in musica, che racchiude i temi del disco e da finalmente una spiegazione del perché è successo tutto quello che io canto nelle canzoni del disco.

Mi ricordo che, in un’intervista rilasciatami in occasione del disco “Il cantante al microfono”, mi dicesti di essere molto soddisfatto di quel disco anche per il fatto di esserti finalmente sentito libero dall’onere di dover scrivere dei testi, com’è stato allora tornare a scrivere e soprattutto a scrivere in italiano, è stato un qualcosa di difficoltoso o il tutto è avvenuto, invece, quasi di getto?

Guarda, devo dire che il disco è nato abbastanza in fretta, i testi sono stati scritti nell’arco di un paio di mesi con l’aiuto anche di qualche amico come Gigi Giancursi e Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione, che mi hanno dato una mano in due pezzi, Max Casacci stesso. Devo però dire che la maggior parte del disco è farina del mio sacco. Era semplicemente arrivato il momento giusto. Dischi come “Anima blues”, quelli sul fado e su Vysotsky, mi hanno aiutato a liberarmi del fardello Finardi, dandomi il gusto di tornare a Finardi quando era il momento giusto.

Ti senti soddisfatto del Finardi scrittore, di essere tornato alla scrittura in italiano e con un disco così attuale?

Mah, si mi sento molto soddisfatto di questo disco, sono veramente molto contento.

Per altro è stato accolto molto bene dalla critica.

Certo. Posso dire, con soddisfazione, che ha avuto delle recensioni veramente stupende.

Sta avendo successo anche da un punto di vista live?

Molto, credo che i concerti fatti fino ad ora siano stati tutti molto belli, vissuti con molto entusiasmo, concerti rock molto vivaci.

L’invito che rivolgo a tutti, quindi, è quello di non perdere l’occasione di ascoltarlo dal vivo. Le date del tour le trovate tutte sul suo sito ufficiale.



Sito ufficiale di Eugenio Finardi: http://www.eugeniofinardi.it/
Il canale Youtube di Eugenio Finardi: http://www.youtube.com/user/eugeniofinardi

giovedì, marzo 20, 2014

NOIR & SONG Incontro con Rocco Rosignoli

di Fabio Antonelli

Il protagonista di questa nuova puntata della rubrica NOIR&SONG è il giovane cantautore parmense, Rocco Rosignoli, classe 1982.

Chitarrista e polistrumentista (mandolino, bouzouki) impegnato in diversi progetti, dalla canzone popolare, alla musica folk, alla canzone d'autore di propria produzione (testi e musiche). 

Nel 2008 è stato finalista al concorso MusicaControCorrente, semifinalista al concorso Botteghe d'Autore e terzo classificato al concorso I have a dream - una canzone per la pace. Nel 2010 ha composto ed eseguito la colonna sonora originale del film documentario A passo d'uomo, di Sara Bonomini e Maria Teresa Improta. È stato vincitore del LetterarioMusiContest 2010.

Nel 2011 pubblica “Uomini e bestie - una sinfonia dell'orrore”, un concept album dedicato all'immaginario horror da lui scritto, arrangiato e prodotto. Nello stesso anno si esibisce come solista ai Faber Days udinesi, organizzati dallo storico Folk Club Buttrio; alla rassegna D.O.P. organizzata dalla Biblioteca Civica di Parma; alla rassegna Sotto il cielo di Parma sul prestigioso palco allestito nel cortile del palazzo della Pilotta.

Nel 2012 collabora in qualità di chitarrista con Lee Colbert, cantante della Moni Ovadia Stage Orkestra, dapprima curando la parte musicale dello spettacolo Rosa rossa senza spine, dedicato a Rosa Luxemburg, e poi sviluppando un repertorio live vasto e vario che va dalla folksong americana, alla canzone sudamericana, alle songs di Brecht e Weill.

Lo stesso anno nasce la Rigoletto Records, associazione culturale volta alla salvaguardia e alla divulgazione della canzone d'autore. Rocco ne è fondatore insieme ad altri musicisti e cantautori parmigiani.

Durante il 2012, grazie a Rigoletto Records, nasce “Ascolti l'Autore”, iniziativa in partnership con la Biblioteca Civica di Parma. I cantautori della Rigoletto Records organizzano lezioni-concerto sui grandi cantautori. Rocco Rosignoli cura le lezioni su Leonard Cohen, Francesco Guccini e Jacques Brel.

Il 28 giugno 2013 Rocco Rosignoli presenta il suo terzo cd “Testuggini” al Mulino di Torrechiara (PR), locale storico e punto di riferimento per gli amanti della canzone d'autore. Successivamente parte per un tour promozionale estivo che, oltre che in Emilia, lo vedrà impegnato in Veneto e in Lombardia, dove tra l'altro si dà al busking per le strade di Milano.

Nel 2011 hai dato alla luce "Uomini e bestie", un disco o meglio un concept album che è un viaggio all'interno del genere horror. Quella congiunzione “e” presente nel titolo vuol forse unire questi due gruppi o non sempre uomini e bestie sono davvero distinguibili?

Nella testa ci riecheggiano sempre alcune parole chiave. Credo che il titolo mi sia stato suggerito da Steinbeck, ho un vivido ricordo d'infanzia del trailer di un film tratto dal suo "Uomini e topi". E come alcuni uomini per Steinbeck facevano una vita misera, paragonabile a quella dei roditori, così io trovo che alcuni uomini sappiano essere bestiali più delle bestie stesse. Ma alla fine, la congiunzione "e" rimanda anche alle storie che racconto nell'album: dalla Bestia del Gevaudan al dottor Frankenstein, racconto sia l'una che l'altra categoria - che come tutte le categorie, sono fallaci.

Già, il disco sembra sposare la tesi che non sempre è facile dirimere ciò che è bene da ciò che è comunemente considerato male, esemplare in tal senso il brano “Frankenstein conversazione fra Victor e la creatura” in cui i ruoli sembrano scambiarsi di posto. No?

Assolutamente. La chiave di lettura che scelgo (e non sono il primo a farlo) è quella di un rapporto padre-figlio tra lo scienziato pazzo e la sua creatura. Un rapporto da cui la creatura esce devastata, allontanata dalla freddezza del padre, che dopo averla messa al mondo rifiuta di darle la sua autorizzazione a vivere. Chi è l'uomo, chi è il mostro, in questo caso? Sembrerebbero la stessa persona. Ma allora, cos'è la creatura? Uomo o bestia? Non lo sappiamo, e nemmeno lei lo sa. E questo non le fa bene...

La stessa cosa accade in fondo nella canzone “La strega”, la più antica tra tutte, mi pare di capire, in cui il soggetto è tra i più classici della storia umana. Oggi magari ci fa sorridere pensare all’idea che una donna potesse essere considerata una strega e per questo finire al rogo, però nei secoli bui del medioevo tantissimi “femminicidi” sono stati considerati dall’uomo opere di bene, tanto che il brano si chiude con questi versi “pensavi che il diavolo dava la vita e che invece per mano di un uomo saresti poi morta”. Quella che in apparenza poteva essere una storia legata al passato, sembra invece ripetersi all’infinito, sbaglio?

Non sbagli. Oltretutto, quello che oggi è definito "femminicidio" è l'ultima propaggine di una cultura che ai nostri occhi risulta (si spera) terrificante. Quante canzoni popolari sono piene di riferimenti a stupri, che trattano in modo gioioso... qualche esempio? "Veniva giù dai monti tutta spettinata, me l'hanno rovinata, la chitarrina"... O ancora, "La Gigiassa nel canale a gambe all'aria, le erano addosso in sette o otto..." (questa è in dialetto parmigiano, non so se ne esistano varianti nel resto d'Italia). E c'è anche "Il cacciator nel bosco", in cui allo stupro si rimedia con un matrimonio finale, che riappacifica l'animo della violata, e che fino a un tempo spaventosamente recente (anni '60, il caso Franca Viola fu la prima donna a rifiutarlo) era ancora un'usanza. Se il canto popolare è espressione dell'anima di un popolo, lo è nel bene come nel male. Insomma, se questo era l'inconscio narrativo cui facevano riferimento i nostri antenati, disgusta ma non sorprende la violenza che ancora è perpetrata ai danni delle donne. "La strega" di cui canto ha veramente sposato il diavolo, o almeno lei lo crede. Ma la pena che patisce è certamente più grande di qualsiasi sua colpa, e a infliggergliela non è il diavolo, che ne avrebbe pur sempre il compito, ma gli uomini stessi.

Ascoltando con attenzione i testi delle tue canzoni, ci si accorge subito della tua estrema familiarità con la letteratura e in più passaggi si coglie anche il prezioso lavoro di ricerca svolto, mi riferisco ad esempio ai brani “Il corvo” e “Il mio funerale”, il primo una poesia di Edgar Allan Poe, qui nella traduzione del poeta Ernesto Ragazzoni, il secondo una poesia dello stesso Ragazzoni. Come hai conosciuto l’opera di questo poeta e perché hai voluto musicare proprio questa sua poesia?

Ragazzoni è un poeta vissuto tra otto e novecento, che di solito è schedato come l'ultimo dei poeti scapigliati. Lombardo, vizioso, coltissimo, fu in qualche modo riscoperto da Vittorio Gassman, che recitò spesso sue poesie in pubblico. A me l'ha fatto scoprire l'amico poeta Andrea Peracchi, con cui ho collaborato a lungo. La poesia "il mio funerale" capitava a fagiolo per affrontare in maniera scanzonata quello che è l'orrore supremo, ossia la morte. "Il corvo" invece è un classico della letteratura horror (ma anche della letteratura tout court), e la traduzione di Ragazzoni, che non è letterale, rispetta la metrica dell'originale, dunque si prestava particolarmente a essere musicata. Il poemetto è lunghissimo, e non l'ho musicato integralmente; nel disco è diviso in due parti, che hanno la stessa melodia ma un arrangiamento completamente diverso; la parte prima è swing, la seconda invece l'ho suonata con oud arabo e bouzouki, suoni un po' esotici che rendono il pezzo abbastanza straniante.

Un’ultima domanda forse un po’ provocatoria, frugando nel tuo subconscio, in questo tuo disco dedicato all’immaginario horror, c’è un personaggio che più di altri magari anche solo lontanamente, ti somigli? Ti senti in qualche modo membro di questo immaginario?

Probabilmente il personaggio cui somiglio di più è proprio la creatura di Frankenstein. Tant'è che, anche se giudico il brano uno di quelli che ho arrangiato meglio, è forse quello che ascolto con maggior fatica... ma ci sono cose di me in ogni personaggio: forse in particolare ne "L'Uomo Lupo", che in uno scorcio di vita notturna descrive molto bene quello che era il mio universo esistenziale qualche anno fa (la canzone è del 2008, credo). Pur non concedendomi agli eccessi ogni sera, uscivo molto di notte, e (beata gioventù) mi rimanevano le forze per lavorare tutti i giorni. Non andavo mai a ballare, non mi diverte; ci si trovava a casa di amici, musicisti e non, a parlare fino a notte fonda. Andavo a letto sempre tardi, e pur non accoppando nessuno la mia vita notturna mi faceva sentire simile a un licantropo... che il giorno dopo smetteva i panni del nottambulo e andava a far lezione in classe! Sono stati anni divertenti, e molto formativi. E ovviamente, oggi mi mancano: anche se sono ancora giovane, non lo sono più così tanto. A volte si parla di gioventù spensierata. Io non credo di essere mai stato spensierato, quello che mi manca a pochi anni di distanza sono le energie cui potevo dar fondo allora!

Sito ufficiale di Rocco Rosignoli: http://www.roccorosignoli.altervista.org

venerdì, marzo 14, 2014

Andrea Celeste, dal jazz al cantare la “sua” amata Genova.

di Fabio Antonelli

Andrea Celeste, toscana d’origine, ma ormai genovese d’adozione da sette anni, dopo aver debuttato nel 2008 in ambito jazz con “My Reflection”, un album che ha riscosso ampi consensi della critica, tanto da essere paragonata ad Anita Baker, Diana Krall e Eva Cassidy, seguito da “Enter Eyes” (209) in duo con il pianista Andrea Pozza e “Something Amazing” (2012), ha voluto omaggiare Genova con il disco “Se stasera sono qui”, che la vede interprete di canzoni note e meno note di alcuni tra i più importanti protagonisti della “scuola genovese”.



Andrea, tu musicalmente vieni da un trascorso, seppur breve di grande soddisfazione ma legato al mondo del jazz, in veste anche di compositrice. Come mai ti sei voluta avvicinare alla canzone d'autore in veste d’interprete, per la prima volta cantando in italiano?

E' nato tutto da un viaggio che ho fatto a NY nel 2012. Sono stata lì un mese, ho cantato, ascoltato tante cose e ho capito che a me mancava esprimermi nella mia lingua madre. Soprattutto ho rivalutato il mio retaggio culturale, il mio essere italiana e ho deciso di tornare a cantare per la mia gente. Tornata da NY, ho ricevuto a grande sorpresa il Premio Via Del Campo e l'ho preso un po' come un segno visto che non avevo ancora pubblicato album in italiano. Ho deciso di partire studiando la canzone dei cantautori genovesi perché ritengo che questo gruppo di artisti abbia donato moltissimo alla musica italiana, sia in quantità sia in qualità. Essendo ormai genovese da sette anni, mi sembrava giusto così. Da lì il passo per uno spettacolo dedicato ai cantautori, è stato breve e dopo il tour dell'estate scorsa, il disco.

Come mai hai voluto intitolare il disco proprio con il brano "Se stasera sono qui" di Luigi Tenco, che qui condividi con la voce calda e scura di Zibba? Sembra quasi che ti sentissi dentro che quello era un duetto con chi di lì a poco avrebbe trionfato nella sezione giovani a Sanremo? Scherzi a parte, immagino sia stata una scelta ragionata?

Ahahha!
In verità ho pensato alla frase "se stasera sono qui" come a una sorta di frase di presentazione... Se stasera sono qui è perché ... Ho qualcosa da raccontare, da cantare, da condividere... E poi adoro Luigi Tenco.
Ho chiamato Zibba perché avevo avuto l'idea di riarrangiare il brano in chiave jazz manouche e sentivo la bellissima voce calda di Zibba fin dall'inizio. Ho fatto una scelta puramente artistica e sono felice del risultato.

Lo immaginavo, la stessa copertina, che ti immortala con quell'aria fresca e sbarazzina, sembra voler dire proprio, eccomi qua a cantare canzoni non mie, in parte note, ma rivestire di nuova vitalità, piene di fragrante bellezza.

Grazie, sono felice che il messaggio sia così chiaro e pulito.



Tornando proprio alla canzone che da il titolo al disco, giustamente hai detto della scelta di riarrangiare il brano in chiave jazz manouche, quanto credi ci si possa spingere nel rimaneggiare una canzone non propria senza rischiare magari di "tradirla"?

Io credo che chi si prende la briga di ripresentare il brano di un altro artista sia "obbligato" a farne una propria lettura. Personalmente non amo sentire "cover", ovvero brani semplicemente risuonati e cantati esattamente come l'originale, ma preferisco sempre "sentire una nuova visione" dello stesso messaggio, qualcosa che lo rinnovi o lo complichi o lo renda anche diverso, perché no? Altrimenti mi ascolto l'originale. Questo è l'approccio che cerco di mantenere come interprete.

Mi trovi pienamente d'accordo e tra i brani presenti nel disco, forse uno dei più belli in questa chiave di lettura è la swingheggiante versione di "La ballata dell'amore cieco", non sei d'accordo?

Grazie Fabio. Trovo che il testo di quella canzone sia di una bellezza crudele e profonda, è stata una grande sfida cantarlo.

C'è un brano che più di tutti ti ha lasciato pienamente soddisfatta e appagata, magari proprio per come sei riuscita a creare qualcosa di nuovo da un brano non nuovo?

Devo dire che uno dei brani di cui sono più soddisfatta è "Sera sul mare". Per prima cosa credo che il testo, una poesia del grande poeta genovese Riccardo Mannerini e riadattato in alcuni punti con grande arte e altrettanta poesia da Marco Ongaro, sia straordinario. Credo che tutti dinanzi alla potenza del mare ci sentiamo così ... Il brano è stato musicato da Vittorio De Scalzi e fa parte dell'album "Gli Occhi Del Mondo". Ti dico solo che la versione originale è talmente perfetta e ben suonata che mi sono chiesta mille volte "ma perché ho deciso di cantare proprio questo brano!?!?!". Poi sono arrivata ai ferri corti con me stessa e ho detto "ok, adesso ti siedi al piano e trovi un'idea!". La potenza del testo e la perfezione della melodia hanno fatto si che decidessi di suonarla io stessa spogliandola totalmente dal portamento ritmico e armonico dell'originale e lasciando che i tasti del piano e la voce semplicemente riportassero le cose allo stato "nudo e crudo". Ne sono molto orgogliosa, ci tenevo a cantare un testo di Riccardo Mannerini e volevo che fosse diverso da tutto quello che avevamo fatto fino ad allora.

A proposito di Vittorio De Scalzi, c'è anche un suo brano inedito che hai avuto la fortuna di cantare qui, com'è andata la questione? Come hai avuto “Mentre cadiamo giù”?

Chiesi a Vittorio di scrivere un brano per me perché due anni fa volevo provare Sanremo. Dopo due giorni venne in studio e aveva scritto questa bellezza dal titolo "Mentre cadiamo giù". Che dire, Sanremo non l'abbiamo sicuramente vinto, ma il brano resta una perla rara e dimostrare la grande maestria di chi ha fatto la storia della musica italiana, quella bella. Ho deciso poi di inserirlo in "Se stasera sono qui" per rendere omaggio a un artista che non ha mai smesso di evolversi e che è stato così generoso da regalarmi un così bel brano e addirittura venirlo a cantare con me in studio. La vita è piena di sorprese, non bisogna arrendersi mai...

Vittorio De Scalzi è, in effetti, il secondo ospite di questo disco, mi permetto ora di chiederti una cosa, nel caso ci fosse un seguito a questo disco, un nuovo omaggio alla canzone d'autore genovese, l'ipotesi di cantare un brano di un artista colto e raffinato come Max Manfredi la vedresti operazione possibile?

Certamente! Abbiamo parlato tempo fa di una collaborazione, ma poi non realizzammo niente. Max è un artista davvero unico, sarebbe bello collaborare.

Ma una Andrea Celeste in veste di cantautrice?

Sulla carta sarei già una cantautrice, anche se in Inglese. Diciamo che sto lavorando a un disco in Italiano, scrivendo in collaborazione con Karen Ciaccia e altri bravissimi artisti genovesi.

Bella notizia, godiamoci intanto questa stupenda interprete, stai portando in giro il disco in questo periodo? Dove è possibile vederti dal vivo?

Per adesso abbiamo in programma uno showcase al Fim - Fiera Internazionale della Musica a Maggio e stiamo lavorando per il tour estivo sperando di poter portare in tante piazze questa musica.

Te lo auguro di cuore, perché c'è tanto bisogno di musica di qualità.

Grazie per la definizione, ne sono lusingata.



Sito ufficiale di Andrea Celeste: http://www.andreaceleste.it/
Andrea Celeste su Facebbok: http://www.facebook.com/andreacelestemusic
Canale Youtube di Andrea Celeste: http://www.youtube.com/user/andreacelestemusic