domenica, aprile 06, 2014

Recensione CD "Sempre avanti" di Giacomo Lariccia

di Fabio Antonelli

Non so se il migrare all’estero sia condizione, sine qua non, per trovare, musicalmente parlando, un proprio spazio vitale, ma l’esperienza vissuta dal giovane Giacomo Lariccia sembra quasi avvalorarne la tesi.

Romano d’origine, a un certo punto decide di percorrere in autostop le autostrade d’Europa e, chitarra in spalla, giunge a Bruxelles, città di cui s’innamora. Lì si diploma in chitarra jazz e pubblica il suo primo disco da jazzista (Spellbound/Label Travers). Poi nel 2011, dopo alcuni anni passati a suonare in festival in giro per il mondo, scopre l’importanza della parola e allora decide di iniziare a scrivere canzoni di cui sia autore di musica e di parole, pubblicando così, con l’aiuto di una cordata di amici Colpo di sole. In Italia il disco si aggiudica premi prestigiosi e le finali del Premio Tenco (nella categoria Migliore Opera Prima) e del Premio De Andrè.

Non male, si potrebbe dire, come esordio.

E' però della sua opera seconda Sempre avanti che si sta per scrivere e si sa che, se con il disco d’esordio l’effetto sorpresa ha il suo peso, confermarsi poi a buoni livelli non sempre è cosa facile.

Beh, dopo aver ascoltato questa sua nuova fatica, direi che Giacomo conferma quanto di buono aveva mostrato nel suo primo lavoro, anzi forse si coglie maggiore maturità e direi nessuna pecca d’ingenuità.

E’ un disco che si lascia ascoltare con piacere sin dal primo ascolto ma precisiamo subito, non è segno di banalità, è solo per dire che non è uno di quei dischi che per farseli piacere necessitano di ripetuti ascolti per poi lasciarsi sfuggire ancora dei se e dei ma.

Eppure, momenti d’impegno civile e denuncia sociale non mancano assolutamente, basta ascoltare il blocco centrale di canzoni tutte dedicate alla vita durissima degli emigranti italiani in Belgio, spesso impegnati nel durissimo lavoro nelle miniere di carbone.

Canzoni come ad esempio Sessanta sacchi di carbone, che si apre con il respiro di un minatore che sta entrando in miniera, dando così il senso angosciante dell’immergersi nelle viscere della terra e che narra di quando un uomo non valeva per legge che sessanta sacchi di carbone, di quando alcuni negozi esponevano cartelli con scritto “Interdit aux chiens et aux italiens”, tempi in cui ai minatori, per cercare di rimediare ai danni provocati loro dalla polvere di carbone, era consigliato di bere latte e cospargersi di burro.  

Lo stesso Belgio, o meglio la città di Bruxelles, è però cantata con grande affetto in Bruxelles, dolce canzone dedicata alla città “che è di tutti e di nessuno” in cui ha comunque imparato a vivere e convivere, nonostante “l’indifferenza della gente” che “poco sopporta tutta questa umanità”.

E’, però forse l’ironia a dare una vera sferzata in positivo a questo disco, come quella che si respira a pieni polmoni in La fine del mondo, un brano che è un mini tour fra i sette peccati capitali, con un'esilarante finale barzelletta in cui Giacomo immagina l’arrivo della fine del mondo per l’ex premier Berlusconi, il quale a un certo punto chiede “Posso telefonare? A Mubarak davvero … Giuro sono sincero”.

La stessa ironia, unita a una certa dose di sarcasmo, la troviamo nella rappeggiante Piuttosto in cui è preso di mira l’uso errato dell’avverbio “piuttosto”, che nel gergo soprattutto della Milano bene è oramai inutilizzato nel suo significato originale di preferibilmente.

C’è in fondo ironia anche in Il primo capello bianco, che racconta l’avvisaglia allo specchio del primo capello bianco e che forse, in un mondo dove sempre più contano bellezza ed eterna giovinezza, può sembrare paradossalmente il preambolo di un’imminente tragedia.

Divertente e più che mai ironico anche il trascinante mambo conclusivo Mambo della gonna di Marilyn Monroe, quasi un divertissement in cui però la critica al mondo circostante non manca “Se scrivessi una canzone potrei anche andare a Sanremo, io pensavo al gran successo di un bel ritornello scemo, tipo: Mambo della gonna di Marilyn Monroe”.

Beh, direi che in questo nuovo disco Giacomo ha saputo dosare sapientemente ingredienti principali e spezie, anche a livello musicale e vi è un equilibrio quasi perfetto tra la canzone più marcatamente impegnata, categoria cui farei rientrare anche le canzoni Bella è la vita e A chi e quella magari più venata d’intelligente ironia come, ad esempio, la title-track Sempre avanti.

In tal senso, mi verrebbe di paragonare questo giovane artista, per intelligenza e sensibilità, artista a Simone Cristicchi.



Artista: Giacomo Lariccia
Titolo album: Sempre avanti
Etichetta: Autoprodotto
Distributore:

Produzione artistica: Marco Locurcio
Anno di uscita: 2014

Durata totale: 41:32

Elenco tracce:                                   
01. Sempre avanti
02. La fine del mondo
03. Bella è la vita
04. Piuttosto
05. Il primo capello bianco
06. A chi
07. Dallo zolfo al carbone
08. La miniera
09. Sessanta sacchi di carbone
10. Bruxelles
11. Sotto terra
12. Due fratelli in un bosco
13. Mambo della gonna di Marilyn Monroe

Brani migliori:
La fine del mondo
Sessanta sacchi di carbone
A chi

Musicisti e Ospiti:
Giacomo Lariccia: voce, chitarra acustica, weissenborn, chitarra resofonica
Marco Locurcio: chitarre elettriche, chitarre acustiche, basso, contrabbasso, violoncello, tastiere, percussioni, cori
Fabio Locurcio: batteria, percussioni
Mathieu Maron: fisarmonica, Fender Rhodes (4, 7), pianoforte (13)
Jean-Paul Estievenart: tromba
Nicolas Kummert: sax
Pucio Diaz: voce (13)
Jennifer Scavuzzo: cori
Raphael Debacker: Fender Rhodes (5)

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