mercoledì, luglio 25, 2012

Intervista a Pippo Pollina intorno a “Süden”

di Fabio Antonelli



Da chi è partita l'idea di realizzare questo disco a tre voci e due lingue?

Io Werner e Martin siamo diventati amici per caso, dieci anni fa e sai come?
Se ti va, t’invito a guardare questa presentazione del progetto:



Il video mi ha rubato la seconda domanda, che era appunto perché avete voluto intitolare il progetto “Süden”?

Sia io sia Werner, siamo originari dal sud delle nostre rispettive nazioni ma esiste anche il tentativo di spiegare il sud attraverso una prospettiva legata alle emozioni, c'è una canzone di Werner che s’intitola appunto “Im Süden von meim Herzen” (A sud del mio cuore) come se anche il cuore potesse avere una sorta di connotazione geografica.

Da un ascolto complessivo del disco mi sembra di poter dire che si respiri aria di anni '70, con quei cori a tre voci e melodie spesso sognanti, quasi aveste realizzato il disco in un'immaginaria Woodstock o è solo una mia impressione? Si guarda al passato ma c''è molta speranza in un possibile futuro migliore...

Hai azzeccato in pieno. Ci siamo ispirati un po’ a Crosby, Still, Nash and Young ed è stata una cosa abbastanza dichiarata, gli argomenti, ma anche gli arrangiamenti. Abbiamo deciso di fare un cd praticamente da soli, solo in tre brani v'è l’aggiunta di tre ospiti, altrimenti tutto è suonato da noi e, cantato, naturalmente.

“Passa il tempo” è il brano che apre il disco ed è uno di quei pezzi che riascolteresti all'infinito, “Passa il tempo … però non passa il mio amore” è questo il motivo per cui continuare a sperare?

Ci sono cose che "non passano", basta con le cose usa e getta, forse cambia la relazione ma il sentimento umano che sta alla base del medesimo rimane, il suo presupposto cioè l'amore non finisce, forse cambia, ma se qualcuno ti vuole bene, lo farà sempre.

Bellissimo, hai ragione, a proposito di sentimenti, di emozioni una delle canzoni più toccanti del disco penso sia “Bruno” è firmata e cantata, in parte, da tua figlia Madlaine Pollina, penso ci sia da esserne fiero no, segno che quel che si è seminato non è andato perso.

Sono felice che lei faccia le cose che più ama. Fra queste v'è la musica, scrive delle bellissime canzoni come Julian mio figlio. Se un giorno penseranno di intraprendere questa strada sarò al loro fianco, altrimenti sarò ... al loro fianco, ugualmente (sorride). Bruno è dedicata a Bruno Manser, scomparso in Borneo nel 2000, ucciso dalla lobby del legno, non so se lo conosci ... Bruno Manser, svizzero di Basilea, s’impegnò allo strenuo per salvare la foresta del Borneo, minacciata da ditte australiane che iniziarono a devastare la foresta di quel luogo. Manser si trasferì in Borneo e familiarizzò con gli aborigeni, diventando uno di loro, imparandone la cultura, la lingua e il modo di vivere. Fu accettato da quella tribù, tornò in Svizzera per organizzare delle manifestazioni che dessero risalto alla problematica della difesa della foresta in Borneo davanti all'ONU a Ginevra, insomma, si fece malvolere poi, quando tornò in Borneo nel 2000, scomparve misteriosamente e nessuno lo vide più.

La canzone gli rende merito e tocca le corde del cuore, “La vita è bella così com'è” è invece dedicata a Elke? Chi è Elke e com'è nata questa meravigliosa canzone?

Beh, questa è una storia più personale, Elke è una persona importante che non c'è più, ma la cosa che posso dire è che il nostro problema è che ci poniamo delle domande alle quali non siamo in grado di rispondere, poiché la nostra dimensione non lo consente e le persone che possono darci risposta hanno perso queste percezioni di spazio e tempo che ci governano. Entrare in contatto con loro non è facile o forse non è neanche possibile ... chissà. Non ci resta che accettare la vita nel pieno delle sue contraddizioni.

Personalmente trovo molto bella anche “Eis und Schnee”, con quel suo incedere sicuro, quell'armonica a bocca, l'intrecciarsi delle voci, il tuo ingresso che purtroppo è l'unico pezzo che capisco? Perché non avete pensato a una traduzione totale del disco nelle due lingue usate?

Sai perché Fabio? Perché non avrei mai pensato che questo cd vedesse la luce in Italia, Storiedinote ha deciso di pubblicarlo all'ultimo momento, è un esperimento ardito, in Italia c'è un provincialismo pazzesco e questo genere di cose non sono molto apprezzate, sempre che non ti chiami De André o Vasco Rossi, ben inteso.

Non tocchiamo questo tasto altrimenti apriremmo una parentesi che non chiuderemmo più, no?

Ah si, eppure queste sono le cose che fanno specie. Se ti va, sei cordialmente invitato a uno dei nostri concerti oltralpe, giacché in Italia non metteremo piede, mi farebbe piacere e penso che così riusciresti ad avere una chiara visione di come vanno le cose da queste parti.

Guarderò il calendario e ti farò sapere, grazie, intanto continuerei il percorso intrapreso lungo i solchi, pardon, le tracce del disco, “Ultima dolcezza” è davvero una piccola dolcissima canzone, stupenda con quell'immagine “Sarai un'ombra tutta / scolpita nel meriggio / sarai una lunga sete / figlia del miraggio”, com'è nata?

Ho immaginato il momento struggente dell'addio e di com’è difficile lasciar andare vie le persone cui si vuole bene, c'è qualcosa di profondamente magico nell'addio, che ci riconduce all'essenza.
Prima della vita non avevamo percezione di nulla poi, improvvisamente, questo regalo e ci accorgiamo di esserci senza che lo avevamo chiesto e senza che lo siamo guadagnato. Poi, ancora, non siamo soli ma c'è tanta gente con noi ma è tutto un passaggio, che conduce chissà dove e in questo passaggio c'è la consapevolezza di condividere.

Una canzone escatologica dunque?

Si parte dalla "banalità" dell'amore, visto come una cosa terrena, un addio non voluto ma "dovuto", per poi passare a una successiva dimensione che punta più in alto, ma sempre di "ultima dolcezza" si parla e si canta.

Si cambia registro con “Il mondo è la mia patria”, forse tra i pezzi più belli, carico di fiducia in questo mondo che dovrebbe essere la patria di tutti, bellissimo quel “lo rifarei”, il non rinnegare mai le proprie scelte.

Sono contento che ti piaccia, questa traccia è viva per miracolo, non volevo metterla, poi, però Werner e Martin mi hanno convinto. Io mi sento un cittadino del mondo veramente, con delle chiare radici italiane e siciliane, con un’identità precisa che è la e nessuno la tocca, né la discute. Tuttavia mi sento partecipe del destino di questo pianeta, certo ho delle mie propensioni, quindi ci sono luoghi dove sono più a casa che altri, in generale, ma la questione è capirsi con gli altri e non è l'appartenenza geografica che per me è fondamentale, è piuttosto l'appartenenza umana, ci sono siciliani che detesto e con cui non ho nulla a che spartire, conosco giapponesi meravigliosi con cui condivido amicizia e altro. A contrario ci sono amici inseparabili italiani. L’Europa è un progetto interessante e importante se parte dalla cultura e non dall'euro.

Pienamente d'accordo soprattutto su quest’ultimo punto e ringrazio allora Martin e Werner per averti convinto a inserire questo brano.

(sorride).

Volando ancora alto “Qualcosa di grande” è una meravigliosa preghiera, uno sguardo rivolto verso il cielo, la ricerca di un'altra vita, un canto pieno di speranza, è sta scritta e pensata con Werner? Com'è nata?

Le canzoni le abbiamo scritte separatamente, poi ciascuno di noi le ha proposte all'altro e ha aggiunto un cameo o una strofa o due nella sua rispettiva lingua. “Qualcosa di grande” è il desiderio di rigenerazione che nasce dopo un periodo di crisi, la crisi è crescita. Ogni crescita presuppone uno sforzo di superamento di difficoltà le quali spesso hanno a che fare con le abitudini alle cose e alle persone.
   
Una curiosità, la foto di copertina dove è stata scattata? In Sicilia?

Si. Siamo in cima alle colonne distrutte del tempio grande di Selinunte.

Ancora uno sguardo al passato per guardare con speranza al futuro?

Bella questa, non ci avevo pensato.
   
A proposito di presente e futuro come sta andando il tour?

Abbiamo iniziato da una settimana, 6 concerti 7500 persone finora e continueremo fino alla fine di marzo, avremo novanta date, a Praga, Vienna, Berlino, Salisburgo, Amburgo, Zurigo, ecc. Il cd è entrato nella hit parade tedesca per quattro settimane, sono fiero. Non credo che la canzone d'autore italiana abbia fatto presenza lì a parte la Nannini, sempre che si possa definire canzone d'autore, non so.

Mah ... quindi un grande successo, date ovunque, tranne che nella tua Italia ...

A ottobre anche a Washington e persino a Tirana in Albania, te ne racconto una: venerdì scorso abbiamo suonato a Monaco di Baviera, il teatro tenda era esaurito da marzo, 3800 persone. Allora chiedo al mio ufficio stampa italiano: “Perché non facciamo venire un giornalista importante a Monaco, una firma di quelle storiche, del Corriere delle Sera oppure di Repubblica oppure un settimanale di contenuti ma di larga diffusione?”. L'organizzazione era pronta a pagare le spese di alloggio, di viaggio. Dopo un mese di lavoro hanno alzato bandiera bianca … non interessava a nessuno. Eppure le notizie c'erano tutte, disco in hit parade e 4.000 persone in teatro.

Forse erano presi con le preselezioni di X-Factor o di Amici ...

Sarà …

E' davvero vergognoso, ma è lo specchio di com’è considerata la musica di qualità in Italia …




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Sito ufficiale di Werner Schmidbauer: www.wernerschmidbauer.de
Sito ufficiale di Pippo Pollina: www.pippopollina.com
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Recensione CD "Süden" di Schmidbauer Pollina Kälberer


Schmidbauer Pollina Kälberer: “Süden”
Aria di passato per continuare a sperare nel futuro, disco necessario!
di Fabio Antonelli

Questo disco è la storia di un'amicizia.
Ci sono cose che stanno scritte nell'aria e che aspettano solo di essere lette, così come ci sono tante canzoni che aleggiano nel vento in attesa che qualcuno le componga e le regali a tutti noi.
Allo stesso modo le amicizie sono quelle perle che improvvisamente arricchiscono la collana della nostra vita in maniera improvvisa ma naturale.
Cantare e suonare insieme, frequentarci con regolarità e scambiarci idee di vita e passioni è stata una cosa che fin dall'inizio della nostra conoscenza ci è sembrata ovvia e quasi scontata. Eppure parlavamo lingue diverse e provenivamo da due realtà culturali lontane …
(Pippo Pollina)

Così inizia il commento di Pippo Pollina a questo suo nuovo disco scritto a sei mani con Werner Schmidbauer e Martin Kälberer, due musicisti bavaresi conosciuti davvero per caso una sera in cui suonava in un bar e d’improvviso gli si ruppe una corda della chitarra, chiese allora se qualcuno dei presenti fosse in grado di cambiarla mentre nel frattempo avrebbe raccontato barzellette e fu così che si fece avanti Werner che, cercata la corda giusta la riparò rapidamente. Vista l’abilità dello sconosciuto, Pippo gli chiese se era un musicista e, avutane conferma, gli chiese di cantare con lui una sua canzone e così avvenne. Quella sera in sala c’era anche l’amico Martin, erano in realtà venuti entrambi per ascoltare Pippo, attirati dalle lodi tessute dal loro organizzatore a Bad Aibling nei confronti di questo cantautore italiano.

Lì, in quella sera, è nato un rapporto di sincera amicizia, di scambi d’idee, d’ideali comuni vissuti con intensità e che è confluito in questo magnifico disco.

Sembra incredibile come queste tre voci e queste lingue, apparentemente così lontane fra loro, siano riuscite a miscelarsi, a sovrapporsi, a incastonarsi creando un caleidoscopico universo dal quale ci si lascia ben presto irretire e di fronte al quale si rimane estasiati, quasi senza fiato, nel vedere come la musica sia davvero linguaggio universale.

Musicalmente il disco respira a pieni polmoni aria di anni ’70, a più riprese sembra di ascoltare quelle sonorità, quel gusto per le melodie, l’uso dei cori a più voci che caratterizzarono il magico e irripetibile sound del Festival di Woodstock, vengono così in mente nomi come Crosby, Stills, Nash & Young, è come se si facesse un tuffo nel passato per riuscire a guardare con più speranza in un futuro ancora possibile e realizzabile.

Tutto il disco è stato suonato dai tre amici musicisti, con solo pochi altri contributi e questo contribuisce a dare compattezza all’intero lavoro e allo steso tempo a conferire un’aria conviviale, gli spettatori del loro tour possono star sicuri che ascolteranno dal vivo uno spettacolo non molto lontano da quanto è stato suonato in studio di registrazione, l’impressione è che quest’amicizia, questa complicità sia rintracciabile in ogni singola nuota suonata.

Le tracce che compongono la tracklist sono ben sedici per un minutaggio di oltre 63 minuti, quasi che la copiosità della messe prodotta dai tre, fatichi a stare nello spazio consentito da un cd singolo, ma vi assicuro che di queste tracce nulla è superfluo, nulla suona inappropriato e non c’è una traccia che non emozioni profondamente.

Per motivi di spazio e anche di lingua, unica pecca è che il libretto riporta i testi delle canzoni nella lingua originale in cui sono state scritte senza traduzioni, mi limiterò a toccare solo alcuni brani, partendo proprio da quello di apertura “Passa il tempo”, una canzone di Pippo, pregna di malinconia per tutto quello che inevitabilmente passa, ma la speranza non muore mai perché “Passa il tempo … Però non passa il mio amore, lui non muore, lui non capirà qual è il senso di queste parole. E per questo sopravviverà”.

Una delle canzoni più belle in assoluto per l’intrinseca dolcezza è “Bruno” ed è firmata da Madlaina Pollina, figlia di Pippo che, oltre a dimostrarsi un’ottima autrice, ci dona un bellissimo cameo con la sua meravigliosa voce. Ancora adesso scrivendone mi vengono le lacrime agli occhi ripensando ai versi “Look at the river that flows like me / look at the sun and there I will be / forever here in the place I love / I’m here and there I’m beyond and above“ dedicati a Bruno Manser il quarantottenne speleologo misteriosamente scomparso nell’agosto del 2000 in Borneo, dopo aver vissuto, unico bianco, con la popolazione Penan, un'etnia nomade nascosta nella giungla dello Sarawak e averne difeso il territorio dall’ignobile sfruttamento delle multinazionali del legname.

“Camminando” dipinge quello che è lo stato d’animo di chi abbandona la propria patria in cerca di migliore fortuna, magari anche deludendo le aspettative nutrite da altri “Ed io penso a mia madre e con lei i suoi sorrisi, / mi vedeva dottore nei suoi sogni ormai in crisi, / ed io penso alle sue carezze e al suo pianto salato / quando venne il giorno triste in cui me ne sono andato” però sempre guardando avanti “Camminando, camminando troverai la tua strada, / sarà come la volevi e non è poi lontana, / Camminando, camminando avrai freddo alle mani / Ed allora metti i guanti ed affronta il domani”.

Un dolcissimo e suadente pianoforte apre “La vita è bella così com’è”, un’intima canzone di quelle che riguardano la sfera personale di un autore, è il canto del non detto “Cosa non mi hai detto / In questo tempo lungo e mai distratto / Cosa non ti ho detto / Lo capirai se ancora non l’hai fatto” e del non vissuto “Perché la vita è bella così com’è / E nessuno mai può dirle addio / Finché avrà i vostri occhi / A illuminarla”. Una canzone che guarda oltre la vita e che è dedicata a una persona Elke, nel libretto non è detto altro.

C’è ancora il pianoforte ad aprire “Dove sei stato”, ma qui ha un ritmo più incalzante, il brano è molto corale e lingua italiana e tedesca si contendono alla pari gli spazi per parlare del tema della lontananza, partendo dalla domanda iniziale “Dove sei stato in tutto questo tempo in cui non t'ho cercato” fino all’invocazione finale “rimani qui … geh bleib halt da…”.

E’ sempre il pianoforte a introdurci nell’atmosfera quasi impalpabile di “Ultima dolcezza”, poi entra la voce meravigliosa e calda di Pippo a cantare questi versi “Adesso che il vento si è posato su di noi / e la terra è un puntino lontano / e la pace dei tuoi occhi fra queste onde sull’oceano / ecco cosa resterà / sarai un’ombra tutta scolpita nel meriggio / sarai una lunga sete figlia del miraggio / la vita è una speranza, è il tuo sorriso acceso / la vita è l’innocenza di un bacio mai perduto”, è il momento di una fisarmonica e a chiudere ancora il pianoforte. Che cosa posso aggiungere? E’ solo puro incanto.

E’ molto diverso il sound di “Il mondo è la mia patria”, un brano molto accattivante che nei contenuti rispecchia in pieno il modo di vedere il mondo di Pippo “Il mondo è la mia patria, il mondo è la mia via / il suo canto al tramonto mi tiene compagnia / Ed ogni suo sorriso ed ogni suo dolore / E’ una ferita aperta sul mio cammino in fiore”, ideali sempre ben presenti e mai rinnegati neppure quando è avvenuto l’incontro che gli ha cambiato la vita “Poi un bel giorno guardando i tuoi occhi / così grandi e diversi dai miei / da coprire milioni di sguardi/ lo rifarei”.

E’ davvero difficile discernere il meglio tra tante gemme, proprio come quando ci s’imbatte in quella meraviglia di “Qualcosa di grande”, una canzone dall’andamento quasi epico, in cui Pippo, partendo da un’umana riflessione “E rinascerò volgendo gli occhi al cielo / come non ho fatto / un po’ perduto / un po’ distratto / e me ne andrò / per la mia strada / convinto di un’idea / di un’altra vita che mi aspetta” giunge a una fiduciosa speranza, quasi una convinzione “E sarà / qualcosa di grande / a mostrarmi quel mondo / che verrà / a bussare alla porta / la mia casa è aperta / e sorrido e rincorro parole / Il mattino è un preludio un trionfo del sole / sarà”. Splendida.

Come dicevo prima, è soprattutto dettata da motivi di spazio la scelta di non affrontare una a una anche le tracce scritte da Werner Schmidbauer perché meriterebbero altrettanto spazio di riflessione, ne cito solo una “Im Süden von meim Herzen” perché contiene in se il motivo fondamentale per cui questo disco è stato intitolato “Süden”. Basta ascoltare i versi cantati da Pippo per rendersene conto “Al sud del mio cuore c’è una casa di campagna / dove tutto è quiete riposano i pensieri / e dove il vento si è fermato in un abbraccio dolce / ed i tuoi occhi un cielo dove lo sguardo fugge”, sembra che anche il cuore abbia una sua mappa geografica e che anche lì possa esistere un sud, che non è ovviamente un luogo geografico ma un modo di vivere la vita, dove vi è ancora spazio per l’amore e soprattutto per la speranza in un futuro umanamente possibile, un futuro che non sia solo economia e finanza e dove tutto non sia usa e getta come lo è ad esempio la maggior parte della musica attuale.

Mi chiedo: è solo il disco di tre inguaribili sognatori? Non credo, penso che ci sia tanto bisogno di un disco che, guardando al passato e senza mai rinnegarlo, anzi gettandovi le fondamenta, abbia il coraggio di portare avanti i propri ideali guardando al futuro con fiducia perché sono solo le armi di sempre, amore e speranza, a poterci risollevare dopo ogni caduta.

Concludo sottolineando il bellissimo package cartonato che, almeno per la versione italiana, include un bellissimo libretto con i testi, le note di credito (unica pecca come dicevo le traduzioni) ma soprattutto con dei bellissimi scatti fotografici in bianco e nero di Andrea Bix (tranne ”Nebelmeer di U.Stolle). Nella copertina i tre musicisti sono fotografati sulle colonne del tempio di Selinunte (Trapani), quasi a voler comunicare che dalle macerie del passato si può costruire con fiducia un futuro migliore.

Non lasciatevelo assolutamente sfuggire! 


















Schmidbauer Pollina Kälberer
Süden

Storie di note - 2012

Acquistabile presso i migliori negozi di dischi

Tracklist
01. Passa il tempo
02. Die ganz groBe Kunst
03. Bruno
04. Mia san zua
05. Camminando
06. Im Süden von meim Herzen
07. La vita è bella così com’è
08. Nebelmeer
09. Dove sei stato?
10. Eis und Schnee
11. Ultima dolcezza
12. Gschenk
13. Il mondo è la mia patria
14. Zusammen-Hang
15. Qualcosa di grande
16. Zwoa Gschichtn oa Liad

Crediti
Werner Schmidbauer: voce, chitarra, guitalele, armonica a bocca
Pippo Pollina: voce, chitarra, tamburello, pianoforte (7)
Martin Kälberer: voce, pianoforte, keyboards/programming, percussioni, fisarmonica, vibrandoneon, hang, mandolino
Madlaina Pollina: voce (3)
Michael Mikes Lücker: chitarra (1, 3, 4, 5, 7, 9, 13)
Thomas Simmerl: batteria (1, 3, 4, 11, 13)

Prodotto da: W. Schmidbauer, P. Pollina, M.  Kälberer

Registrazione e missaggio: aprile/maggio 2012 presso Malawi-Mystery-Mix Studio Hemhof di Martin Kälberer

Coverdesign e foto: Andrea Brix (foto “Nebelmeer” di U. Stolle)

Sito ufficiale di Süden: www.suedenmusik.com
Sito ufficiale di Werner Schmidbauer: www.wernerschmidbauer.de
Sito ufficiale di Pippo Pollina: www.pippopollina.com
Sito ufficiale di Martin Kälberer: www.martinmusic.de


sabato, luglio 07, 2012

Intervista a Micol Martinez


Intervista a Micol Martinez
di Fabio Antonelli

Micol Martinez è una giovane cantautrice milanese che, con soli due album all'attivo, ha già messo d'accordo la critica che, dopo aver accolto molto bene il suo disco d'esordio “Copenhagen” prodotto dal catanese Cesare Basile, si appresta ora a fare altrettanto con il suo nuovo disco “La testa dentro”, un disco che è stato già definito il disco della raggiunta maturità artistica, sentiamo cosa ci ha raccontato di questo suo nuovo progetto.



Il tuo nuovo disco s'intitola “La testa dentro”, perché questo titolo?

Perché sono partita forse dall'avere la testa eccessivamente dentro me stessa tanto da non riuscire più a guardare fuori e questo disco, in realtà, mi ha aiutato ad uscirne fuori, guardando alle persone che inevitabilmente entrano ed escono dalla propria vita e vuole essere un segno positivo.

Quanto c'è di te in questo disco?

C'è molto di me, di fatto è quasi impossibile che non ci sia niente di se in una propria creazione. C'è molto di me anche se spero di essere stata il filtro tra la realtà stessa e la presentazione di una nuova realtà che è il soggetto stesso delle canzoni, spero che le persone riescano a interpretare i brani e credo che in qualche caso sono anche riuscita a trasmettere qualche messaggio universale.

Si può dire che è un disco intimista, sotto un certo punto di vista?

Si, lo è un po' come tutti i miei lavori, è un po' il mio modo di esprimermi, anche come persona devo ammettere che non sono particolarmente socievole, vivo abbastanza per i fatti miei, ho le mie amicizie strette. Quindi è già il mio modo di comunicare a essere intimista e questo si sente anche nelle canzoni.

Vi si trova anche un certo linguaggio quasi ermetico?

Mah, ermetico... si, forse in alcuni casi, mi auguro non troppo ermetico, nel senso che vorrei che quello che scrivo arrivi, chiaramente scrivo a volte in senso metaforico, ma mi auguro che metaforicamente il messaggio arrivi, se poi chi ascolta interpreta un qualcosa che è lontano dalla mia idea di partenza poco importa, è sufficiente che si trovi in sintonia con le emozioni che cerco di trasmettere.

Diciamo che più che narrare storie, nelle tue canzoni narri sensazioni.

Si sensazioni, situazioni, in questo ultimo album sono soprattutto fotografie. Nel primo disco invece c'erano canzoni più concettuali, basti pensare a “Testamento biologico” che tratta del tema dell'eutanasia o a “Mercanti di parole” che tratta del mestiere di chi scrive canzoni, poesie o altro. In questo nuovo disco, invece, ogni canzone è la fotografia di una situazione o di un luogo. Ad esempio ”A filo d'acqua” è la fotografia del Mar Morto, dove sono stata per un mese e da quell'esperienza intensa è nata questa canzone.

In questo lavoro c'è la coesistenza di più stili, in alcuni casi c'è una spinta forse verso sonorità elettriche e distorsioni accentuate fino a raggiungere attimi di stasi e di grande tranquillità.

Beh, quello è dettato soprattutto dalla scrittura delle canzoni, secondo me le canzoni quando nascono hanno già in se un'idea di come dovranno poi essere prodotte, per cui ad esempio “Haggis (la testa dentro)” me l'immaginavo già suonata con le chitarre elettriche o elettro-acustiche ma comunque arrangiate in una certa maniera.

Si può dire che dietro a certe sonorità ci sia ancora qualche eco di Cesare Basile?

Non lo so, forse non tanto dietro le sonorità. E' vero che, all'uscita del primo disco, sono stata considerata da molti l'alternativa al femminile di Cesare Basile, forse perché “Copenhagen” era stato prodotto da Cesare e s'era sentita in un certo modo la sua influenza, ma è anche vero che quando io e Cesare ci siamo incontrati per iniziare quel progetto, ci siamo resi conto subito di avere gusti simili e anche un modo di scrivere molto vicino. In questo nuovo disco però non sento particolarmente la sua influenza, anche se è vero che nel disco ha suonato Luca Recchia che è stato un collaboratore di Cesare, insomma ruotiamo intorno ancora a quel mondo.

Quindi l'humus è sempre quello?

Eh beh, si questo lo ammetto ,anche se sono contenta che questo nuovo lavoro mi rappresenti al 100% , anche se magari non sono ancora arrivata alla massima potenzialità nella scrittura ma ciò è dovuto più ad una questione personale di sicurezza o meglio di insicurezza, resta il fatto che il disco è proprio come lo volevo e ne sono molto felice.

Per promuovere il disco hai usato molto lo strumento videoclip, il disco è stato infatti anticipato dal videoclip di “60 secondi”, mentre adesso è appena uscito un secondo bellissimo video del brano “L'alveare”...

Beh, diciamo che ci sono elementi di richiamo, che non sono stati forse voluti nei due video, ma bene o male nel primo video io faccio fuori qualcuno ironicamente e nel secondo ci sono comunque immagini abbastanza forti, c'è comunque quel concetto di cui ti parlavo prima della testa dentro, dell'avere la testa così rivolta a se stessi da divorarsi. Un essere umano ha comunque bisogno di nutrirsi e si nutre con quello che è al di fuori di se, ma se non riesce a farlo perché sé troppo rivolto verso il proprio interno, finisce per divorare i suoi stessi organi interni. La stessa cosa può avvenire in una relazione quando ci si guarda vicendevolmente, dimenticandosi di se e si finisce per divorare quasi l'altro, per vivere la vita dell'altro. Nel video di “L'alveare” abbiamo cercato di rappresentare questa situazione in un modo un po' grottesco, quasi Felliniano, ricordando un po' anche David Lynch, perché comunque il brano era nato come un qualcosa di divertente, ironico, grottesco. Penso che ne sia uscito un video meraviglioso, anche grazie alla regista Alessandra Pescetta, che è una delle migliori interpreti di questo periodo storico. Ho visto molti suoi lavori, è una regista di video arte, è anche un'ottima collaboratrice quando si lavora sul set e consiglio quindi a tutti di vedere questo videoclip, non tanto per la canzone mia, ma perché è secondo me una piccola opera d'arte.

E' stato molto impegnativo realizzare questo videoclip?

Beh, diciamo che sono stata per dodici ore ricoperta da cibo, seppioline, spaghetti al nero di seppia, ho dovuto mangiare queste cose più volte nella stessa giornata, è stato ridicolo, divertente, alla fine avevo tutti i denti neri e non è che fossi così “profumata”, considerando tutto il pesce avuto addosso.

C'è un brano di questo disco cui sei più affezionata?

Dipende un po' dai momenti, in linea generale “Sarà d'inverno” perché in quel brano credo di essere riuscita pienamente ad utilizzare me stessa quale canale di trasmissione di quanto volevo comunicare all'ascoltatore.

A livello di critica, sia il primo disco “Copenhagen”, sia questo nuovo disco, sono stati ben accolti, com'è stato recepito invece dal pubblico il nuovo disco durante queste prime date?

Mi sembra bene, anche se fino ad ora non ho fatto molte date, il vero tour comincerà ad ottobre, sono però stata ospite a Lifegate, c'è stata la presentazione alla Salumeria della Musica, il live a Radio Popolare per Pachanka, la partecipazione a “Rincorro il vento”, serata dedicata a Fabrizio De André svoltasi al Carroponte il 23 giugno, qualcosa insomma s'è mosso.

Il consiglio è di seguire la tua attività concertistica attraverso la pagina ufficiale su Facebook e di andare a vedere i video di cui si parlava e non solo quelli, perché non tutti sanno ma Micol è anche un'ottima interprete di canzoni altrui.

Grazie, beh potete trovare un po' di video anche sul mio canale personale di Youtube.

Ricordo che tra le chicche c'è anche una bellissima parodia di Carla Bruni ...

(ride) in merito a quel video vorrei precisare una cosa, ho scritto un commento in cui dicevo “voglio essere Carla Bruni”, pochi però hanno capito che era stato scritto in senso ironico, anzi colgo l'occasione per ribadirlo qui a chiare lettere, è ironico! Quando ho fatto quel video mi stavo annoiando, avevo il computer davanti, mi sono truccata un po' come lei e ho pensato di fare un omaggio soprattutto a mia madre che ama tanto quel brano, tutto lì! (ride)



Micol Martinez su MySpace: www.myspace.com/micolmartinez

venerdì, luglio 06, 2012

Intervista a Giuseppe Righini

Incontro con Giuseppe Righini
di Fabio Antonelli

Il secondo personaggio che andiamo a incontrare in questa rubrica che crea un punto d'incontro tra canzone d'autore e noir, è Giuseppe Righini, che così si presenta nel suo sito ufficiale:



Sono nato a Rimini il 2 aprile 1973. Lo stesso mese e lo stesso giorno di Serge Gainsbourg, Umberto Orsini, Giacomo Casanova, Carlo Magno, Marc Caro, Marvin Gaye, Michael Fassbender e Alec Guinness, aka Obi-Wan Kenobi. Alè. Da quando avevo dodici anni me la canto, me la suono e scrivo parolacce. Il mio colore preferito è il bianco, mi piace il riso ben cucinato e Alex de la Iglesia e non ho la minima idea di chi o cosa sarò nelle prossime vite. Ma neanche fra un mese. E qui mi fermerei perché mi sembra di aver già detto un po' tutto. Ma per chiunque fosse interessato anche a dettagli tecnici, nomi, cognomi, fatti, misfatti e date la bio continua. Rigorosamente in terza persona.


Il resto lo potrete trovare tra quelle pagine, ma ora ascoltiamo cosa ci ha raccontato dei rapporti esistenti tra le sue canzoni e il genere noir.

Pensando al rapporto tra canzone d'autore e genere noir, mi sei subito
venuto in mente per il tuo affascinante disco d'esordio come solista "Spettri Sospetti", un titolo che già di suo potrebbe essere il titolo di un avvincente romanzo giallo, perché hai voluto dare proprio questo titolo a un disco che è sicuramente tra le proposte più originali degli ultimi anni?

"Spettri Sospetti" è l'inizio di un verso de "La Nave Fantasma", brano incluso nell'album. Il titolo viene da lì. "Spettri Sospetti" è anche il nome del primissimo spettacolo in cui presentai dal vivo alcune delle canzoni finite nel disco, ben prima della sua uscita e della possibilità concreta di realizzarlo. E pur non essendo propriamente un concept, certamente uno dei tre temi dell'intero lavoro è quello degli spettri, veri e presunti. Poi ci sono anche ragioni estetiche. Ho sempre subito il fascino delle parole, la bellezza della fonetica, l'eleganza delle assonanze più che delle rime. E quelle due parole specifiche, messe una accanto all'altra, mi sono sempre piaciute. Aggiungiamo poi che la numerologia mi ha sempre incuriosito e quando ho scoperto che il mio nome aveva lo stesso numero di lettere del titolo il gioco era fatto.

La seconda traccia del disco "Tango Santo" ci narra di un killer "Mi presento sono Santo / e come un nero guanto uccido a pagamento / Sono magro ben vestito / mi nascondo facilmente dietro un dito / Chi mi paga poi lo nega / e la sua coscienza non farà una piega" ma la sua storia sembra nascondere qualcosa, fantasmi del passato direi, dai versi finali "Ho guidato ed ho spinto / l'automobile in fondo al labirinto / La palude si richiude / le mie mani non saranno mai più nude", illuminaci?

Quando scrivo una storia, mi piace cercare di suggerire quel che accade piuttosto che metterlo inequivocabilmente nero su bianco. Credo fondamentale lasciare spiragli d'interpretazione personale e spazio di movimento all'immaginazione, la lettura e la sensibilità di chi ascolta. Anche quando ho le idee chiarissime, cerco sempre di nascondere con una mano e con l'altra svelare, dunque non so se faccio bene o male a spiegare nello specifico le mie canzonacce! Ma, scherzi a parte, Santo è un sicario di vecchia data che tra il risparmiare o sacrificare l'ennesima vittima commissionata sceglie la seconda opzione, senza capire che forse, questa volta, la mossa più giusta per lui sarebbe stata la misericordia. E' un uomo completamente identificato con il proprio ruolo e la propria missione, convinto di avere un'unica possibilità di scelta, convinto di essere incapace - o immeritevole - di redenzione. Quest'ultimo delitto, fortemente simbolico, rappresenterà per lui l'ultima occasione - perduta - di cambiare il destino delle proprie carte, e lo condannerà irrevocabilmente. Santo, come Jack Torrance, rimane così per sempre prigioniero del proprio labirinto, e come Norman Bates si sbarazzerà del cadavere racchiuso nell'auto lasciandolo sprofondare nella palude del proprio fato. Le sue mani non saranno mai più nude perché impossibile oramai mondarle della colpa.

Altra canzone che svela solo in parte e in tal senso considero sorprendente la tua capacità di lasciare intuire ciò che potrebbe essere, mantenendo però un alone di mistero, è "Strage di San Valentino", cito solo i brevi versi che fanno da ritornello "Scendono giù sul mondo / Scendono giù sul mondo / Il nostro girotondo non finirà" che poi in chiusura si trasformano in "Scendono giù sul fondo / Scendono giù sul fondo / Il nostro girotondo non finirà", ci spieghi cosa realmente è successo è il perché di questo cambio di versi?

Si tratta di una canzone d'amore, molto intima e, proprio per questo, credo molto ... nuda. In entrambi i casi, l'affondare di un sentimento profondo, i frammenti di una danza che diventa eco. Una fine che proprio perché insopportabile diventa indimenticabile e infinita.

"Ninna Landa" sembra essere più esplicita con i suoi versi finali "Bianco tormento / vento che spinge / contro questa porta di legno dipinto / soglia pesante che non cederà / Ma l'assassino è proprio qui / ed è davvero più pericoloso / star dentro che fuori stanotte", ma è davvero tutto così come appare?

"Ninna Landa" è una canzone d'amor dedicata a un lupo, che spesso è la presenza più amorevole, fidata del nostro sonno più intimo e disarmato. Almeno fino alla prossima luna piena.

Un'ultima domanda. Con il successivo disco "In apnea", oltre che dimostrare ottime doti cantautorali, hai fornito una valida prova nel ruolo di scrittore, infatti, nel bel cofanetto a forma di libro che racchiude il disco è contenuto un libricino con 17 racconti brevi o brevissimi, capaci però in poche righe di coinvolgere e sorprendere il lettore. Tra questi almeno due "Scarafaggi" e "L'ultimo Avvertimento" rientrano a buon titolo nel genere noir, sei d'accordo?

Si, concordo. "Spettri Sospetti", a suo tempo, fu un disco con un taglio fortemente narrativo proprio perché figlio soprattutto del desiderio di tornare a raccontare storie. E tornare a farlo in lingua madre. In quell'album personaggi, scenari e situazioni sono ricche di suggestioni certamente musicali ma anche cinematografiche, teatrali e letterarie, proprio perché ho naturalmente attinto a diversi modi di raccontare e rappresentare una storia, senza limitarmi a un solo codice, un solo modo. C'è una grandissima tradizione, cantautorale e non, che ha fatto dello storytelling un grande cinematografo, utilizzando la forma canzone come cavallo di Troia. Nel mio ultimo album "In Apnea" quest'approccio sopravvive solo in alcuni degli episodi che compongono il disco, mentre il resto della scrittura è decisamente più fotografica e pittorica. Ma ho dato corpo ai miei personaggi attraverso i diciassette racconti. E certamente "Scarafaggi" e "L'ultimo Avvertimento" sono due episodi in cui il mio gusto per il noir trova la possibilità di esprimersi. C'è poi da dire che una storia scritta su carta piuttosto che registrata per l'ascolto è una grande opportunità di esprimere con colori e toni differenti lo stesso episodio. Per un autore è questo un grande privilegio, un grande piacere e, in definitiva, anche una grande palestra. Il fascino del noir su di me ha facile presa tanto che uno dei miei progetti, già ampiamente strutturato ma ancora nel cassetto, affronterà in maniera ancora più specifica e filologica l'argomento. Aspetto solo la luna giusta.


Sito ufficiale di Giuseppe Righini

intervista tratta dalla rubrica "Noir & Song" di Orasenzombra